A Copenaghen la sinistra ha battuto i socialdemocratici
Le recenti elezioni in Danimarca hanno visto un forte aumento di voti per l'Alleanza Rosso-Verde, diventata la prima forza politica della capitale. Un risultato che mostra che si può vincere sui temi dei diritti e della lotta per l'ambiente
Negli ultimi due anni la storia delle sinistre occidentali è stata segnata dal declino del radicalismo elettorale emerso in seguito alla crisi finanzaria. Da Syriza a Podemos, i partiti o non sono riusciti a conquistare il potere o a mantenerlo. E, come nel caso recente della tedesca Die Linke, sono scivolati indietro rispetto a posizioni già deboli. Le organizzazioni di sinistra stanno affrontando la rapida escalation delle crisi strutturali legate alla salute pubblica all’ambiente e alla geopolitica oltre a fare i conti con enormi cambiamenti nel loro raggio d’azione e coi limiti della loro attuale base sociale.
Ma c’è un’altra storia in Europa, di partiti di sinistra più piccoli in ascesa. Nelle ultime elezioni belghe, Vlaams Belang, partito anti-immigrati, è diventato il secondo partito più grande nelle ricche Fiandre, ma la regione più povera della Vallonia ha visto un’impennata per il Partito dei lavoratori belgi (Ptb). Il primo ministro svedese designato, Magdalena Andersson, richiederà il sostegno del Partito della sinistra per approvare il bilancio, e il Partito della sinistra socialista ha un ruolo altrettanto decisivo in Norvegia, anche se nessuno di questi partiti è al governo. Questo mese in Danimarca, l’Alleanza Rosso-Verde (Enhedslisten) – partito composto da socialisti, comunisti, sindacalisti e ambientalisti – ha festeggiato i suoi migliori risultati nelle elezioni municipali.
La cosa importante delle elezioni del 16 novembre in Danimarca è stata la crisi della destra tradizionale a vantaggio delle forze anti-immigrati dell’estrema destra. Ma a sinistra, l’Alleanza Rosso-Verde ha continuato la sua tendenza ad accerchiare i socialdemocratici, che guidano il governo nazionale. Nel comune di Frederiksberg, adiacente alla capitale, il partito ha battuto i socialdemocratici di centrosinistra con un distacco di oltre il 6%.
Sebbene non si sia assicurato un margine abbastanza grande per prendere il sindaco di Copenaghen, ha aperto nuovi orizzonti diventando il più grande partito unico nella capitale danese, con il 24,6% dei voti. Sorprendentemente, si è trattato della prima volta in oltre un secolo che i socialdemocratici non hanno superato il ballottaggio. In entrambe le regioni, i socialdemocratici si sono schierati con altri partiti per escludere la sinistra dal governo, ma si sono seriamente indeboliti.
«Questo significa che esercitiamo il potere in modo concreto», afferma Jakob Ruggaard, stratega di Copenhagen di Enhedslisten. Le affermazioni in consiglio comunale hanno messo Enhedslisten in posizioni di influenza su temi critici che riguardano l’alloggio, il clima e le infrastrutture della città. E in forma critica, aggiunge Ruggaard, ciò crea una «maggioranza verde» a livello politico.
Città vivibile
La casa e il clima hanno segnato la battaglia elettorale cittadina. Sebbene Copenaghen non abbia l’acuta crisi immobiliare che si vive in città come Londra o New York, vi si notano le stesse tendenze generali: speculatori con sede all’estero che acquistano proprietà, salari stagnanti e affitti in aumento che costringono alcune persone ad andarsene e costringono altri a condizioni più povere con la crescente sensazione di perdere il controllo.
L’Alleanza Rosso-Verde si è attirata le critiche dal centrosinistra per aver chiesto più alloggi pubblici opponendosi ai piani regolatori esistenti. Ma la sinistra radicale contesta fortemente questa critica, accusando a sua volta i socialdemocratici di piani abitativi che non faranno nulla per migliorare il diritto all’abitare. In queste elezioni c’erano due punti critici: una proposta di alloggi costosi costruiti in terre di proprietà del comune e nuove case altrettanto inaccessibili a Lynetteholmen, un’isola artificiale pianificata. Enhedslisten ha dettato l’agenda politica, proponendo un tetto di affitto e regolamenti sugli affitti per le nuove costruzioni, chiedendo che il 75% delle nuove abitazioni fosse accessibile e raccogliendo le proteste di massa contro quei progetti.
A Copenhagen esistono alloggi pubblici a canone controllato, ma in numero insufficiente per arginare il problema. Nel frattempo molte unità abitative a canone controllato sono state destinate alla demolizione e alla privatizzazione. Gli attivisti di Enhedslisten non hanno ancora dati concreti per essere sicuri che questo fattore abbia giocato un ruolo significativo nelle elezioni. Ma credono cautamente cha la loro crescita elettorale sia stata generata dalla convergenza tra i giovani di classe media che stanno scivolando verso il basso e hanno case precarie e i cittadini di classe operaia che vivono in alloggi pubblici a rischio.
«I giovani elettori sono terrorizzati – afferma Ruggaard – Vogliono vivere nella capitale ma le liste d’attesa sono impossibili. E le persone in alloggi a canone controllato con cui ho parlato si sono sentite stigmatizzate e isolate, stereotipate come persone che vivono in luoghi invasi da criminalità, povertà e migrazione».
Battaglia di migrazione
Da qui si evidenzia un’altra dimensione della lenta ascesa di Enhedslisten alle elezioni parlamentari e locali. Sotto i diversi leader che si sono succeduti in questi anni, tra cui l’attuale primo ministro Mette Fredriksen, i socialdemocratici si sono spostati con decisione a destra sui temi dell’immigrazione e dell’asilo politico. Anche tra i partiti di sinistra danesi che rifiutano questa posizione per motivi etici, a volte sentirete l’opinione inquietante secondo cui si trattava di impedire alla destra di prendere il potere a breve termine, anche se perdere terreno a lungo termine è peggio. E mentre Enhedslisten è un partito pro-migranti, c’è disaccordo interno sull’opportunità o meno di dare priorità a questo problema – e soprattutto come farlo – in un panorama ostile.
Ma la campagna elettorale a Copenaghen ha preso di petto la questione, criticando le politiche socialdemocratiche contro i rifugiati siriani deportati in un paese ancora dilaniato dalla guerra e chiedendo che Copenaghen li accolga, reclamando posti di lavoro e servizi migliori sia per i migranti che per gli autoctoni poveri. «Non vorrei essere troppo azzardato in questa fase, ma sembra che i socialdemocratici subiscano un contraccolpo per il loro spostamento a destra – dice Ruggaard – che è stato visto come ostile, in grado di mettere le persone una contro l’altra».
La questione dei rifugiati siriani ha ottenuto il sostegno maggioritario in tutto il paese, con il governo che affronta sfide giuridiche da parte di gruppi per i diritti e manifestazioni a livello nazionale. Di recente, una motovedetta danese ha ottenuto il plauso per aver rifiutato gli ordini di «respingere» i rifugiati durante un’operazione Frontex nell’Egeo. Nel frattempo c’è un’accesa battaglia politica sull’opportunità di far tornare a casa i figli dei danesi che si sono uniti allo Stato Islamico e che ora languono nei campi siriani.
Un altro elemento radicalizzante è stato lo sciopero degli infermieri, tema comune in Europa e Nord America, poiché gli operatori sanitari hanno affrontato il pericolo e la morte, e sono stati risarciti con paghe pietose durante tutta la pandemia. L’inflessibilità del governo danese ha recentemente innescato uno sciopero degli infermieri e delle infermiere, dopo che i risultati dei negoziati sono stati bocciati dai membri del sindacato di base.
Enhedslisten si è unito alle attiviste femministe nell’evidenziare la dimensione della parità retributiva dell’accordo salariale e chiedendo pacchetti retributivi che portino parità con le professioni mediche dominate dagli uomini. Le attiviste e attivisti del partito raccontano che le infermiere e le loro famiglie che partecipano agli scioperi selvaggi erano storicamente socialdemocratici che si sono spostati su Enhedslisten.
Raccogliere nuovi sostenitori
La parte verde dell’Alleanza Rosso-Verde è stata altrettanto importante nel rafforzare la coalizione di Enhedslisten con gli attivisti del clima più giovani e socialmente consapevoli che vedono sempre più questo partito come l’opzione più verde nella politica danese. Per molti, le battaglie per la casa menzionate in precedenza riguardavano tanto il diritto a un ambiente sostenibile quanto il diritto a un alloggio a prezzi accessibili. Questi diversi settori elettorali all’interno di Enhedslisten sono sempre stati in disaccordo tra loro, ma gli strateghi sono colpiti da quanto sia stata unificante la campagna elettorale all’interno di un partito in cui il dissenso e le critiche interne sono cosa comune.
Anche mettere i volti dei candidati sui manifesti è stato un passo controverso in questa campagna elettorale. Ma la decisione è stata aiutata dalla presenza di un’ampia coalizione di candidati: un’infermiera, insegnanti, attivisti per il clima giovanile e femministe, in quella che in gran parte era una lista di giovani. Line Barfod, il candidato sindaco rosso-verde, rappresentava entrambi i lati della coalizione: socialista di lunga data profondamente radicato nel movimento operaio danese, ex avvocato della comune autonoma di Copenaghen Christiania e dal 2001 al 2011 membro del Folketing (parlamento nazionale).
Emma Sinclair, un’attivista nell’ala giovanile del partito, sottolinea anche il ruolo della mobilitazione dei e delle giovani e studenti nella campagna elettorale attraverso un programma di eventi che includeva provviste mattutine porta a porta presso istituzioni educative e serate con pizza nelle sale universitarie. «Il risultato elettorale è più di quanto osavamo sperare. La mobilitazione giovanile che abbiamo costruito attorno a questa campagna ha giocato un ruolo importante, e nei prossimi anni, man mano che il movimento si consolida, speriamo di poter ottenere gli stessi risultati in tutta la Danimarca. Continuano a spuntare nuovi membri, i e le giovani vogliono combattere per ciò in cui credono e ora più che mai vedono che fare la differenza è possibile», ha commentato.
Se la campagna di Enhedslisten è stata positiva, quella dei suoi avversari è stata di segno opposto. Secondo un attivista rosso-verde, i socialdemocratici hanno condotto una campagna in nome dell’allarme rosso, «accusando essenzialmente Enhedslisten di voler trasformare Copenaghen nell’Urss». «Una volta era il mainstream a stabilire l’agenda politica e noi la criticavamo – ha detto Ruggaard – Questa volta abbiamo fissato l’agenda, abbiamo proposto una serie ampia e dettagliata di politiche e ci hanno criticato a margine».
È troppo presto per dire se i risultati del 16 novembre siano indicativi di una tendenza più ampia, o il risultato di fattori locali contingenti. A livello nazionale, l’aumento del 12% dei voti di Enhedslisten deriva in gran parte dai risultati di Copenhagen e Frederiksberg. E in ogni caso, il partito ha ancora molta strada da fare prima di poter implementare gran parte della sua ambiziosa piattaforma. Ma sta dimostrando che il centro non può semplicemente dare per scontati i voti alla sua sinistra e che una politica audace di redistribuzione della ricchezza e del potere può raccogliere il sostegno popolare.
*Nathan Akehurst è uno scrittore e attivista che si occupa di comunicazione politica e advocacy. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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