
Amy Corey Barrett è nemica dei lavoratori
Nei giorni scorsi è stato giustamente sottolineato come la giudice della corte suprema appena nominata da Trump ha attaccato il diritto all'aborto. Qui si spiega in che modo ha aiutato i padroni
Poche settimane prima che il presidente Donald Trump, secondo le ricostruzioni, la selezionasse per ricoprire il posto vacante della Corte suprema, il giudice Amy Coney Barrett ha emesso una sentenza che potrebbe aiutare le aziende a eludere le leggi che richiedono loro di pagare gli straordinari ai lavoratori.
Questo pronunciamento rappresenta solo uno dei tanti casi in cui Barrett ha dato il suo contributo affinché gli interessi delle imprese prevalessero sui lavoratori. Secondo un recente rapporto di Alliance for justice, le sue azioni di alto profilo hanno limitato l’applicazione delle leggi sulla discriminazione in base all’età, limitato il potere delle agenzie federali di punire le aziende che raggirano i consumatori e ridotto i diritti dei consumatori nei confronti dei riscossori di credito.
La sentenza di agosto di Barrett sul caso degli straordinari è particolarmente significativa: arriva nel momento in cui le aziende tecnologiche hanno cercato di utilizzare clausole arbitrali obbligatorie per evitare di remunerare meglio i cosiddetti gig worker. Sentenze del genere spesso fanno in modo che a dirimere le controversie dei lavoratori siano mediatori privati selezionati con cura dalle società, piuttosto che da un tribunale imparziale.
I gruppi di lobbying aziendali a Washington che si occupano dei candidati ai tribunali promuovono da tempo l’arbitrato forzato come sistema per impedire ai lavoratori di esercitare i propri diritti attraverso azioni legali collettive.
Nei prossimi anni, la Corte suprema potrebbe ricoprire un ruolo fondamentale nel decidere se le leggi esistenti in materia di protezione dei lavoratori che le aziende stanno cercando di sottoporre ad arbitrato obbligatorio debbano applicarsi a una porzione sempre maggiore di lavoratori statunitensi in modo che vengano inquadrati come autonomi, anche quando lavorano a tempo pieno.
Schiacciare i lavoratori della gig economy
Nel caso August la questione ruotava attorno alle accuse dei fattorini di Grubhub, secondo i quali l’azienda aveva violato la legge federale non pagando loro gli straordinari. Comprendeva anche lo sforzo della società per negare ai lavoratori un processo imparziale e far giudicare la controversia attraverso accordi arbitrali obbligatori.
Gli autisti erano tenuti a firmare accordi con Grubhub che gli impedivano di citare in giudizio in tribunale per «qualsiasi reclamo» derivante dal loro lavoro. Quando i lavoratori hanno intentato una causa contro la società per non aver pagato gli straordinari, Grubhub ha cercato di far rispettare quel vincolo.
I conducenti hanno ribattuto sostenendo che le disposizioni non sono applicabili in virtù di una clausola contenuta nel Federal Arbitration Act (Faa) riguardante i lavoratori dei trasporti «impegnati nel commercio interstatale».
«Di sicuro, quando il Congresso promulgò la Faa, non poteva aver previsto che sarebbe stato utilizzata per impedire ai conducenti di un’importante società di consegne nazionale di contestare la violazione sistematica delle leggi salariali da parte del loro datore di lavoro», hanno affermato gli avvocati dei lavoratori.
Senza dover tenere conto delle sentenze d’appello e del pronunciamento dei tribunali di grado inferiore in materia, Barrett avrebbe dovuto prendere una decisione sulla disciplina degli accordi arbitrali obbligatori, strumenti che impediscono le cause collettive e che dunque sono l’ostacolo principale che si trovano davanti i gig-workers che tentano di far valere i propri diritti.
C’era un’unica decisione della Corte suprema del 2001 che prende in considerazione come precedente vincolante l’esenzione della Faa applicata ai «lavoratori dei trasporti». Barrett avrebbe potuto schierarsi dalla parte dei lavoratori, invece ha scelto con nettezza di stare con Grubhub. Barrett ha affermato che i conducenti non sono «una classe di lavoratori» che di solito si dedicano al commercio interstatale e quindi non sono protetti dall’esenzione che riguarda i lavoratori dei trasporti.
«I querelanti nel caso di oggi… ignorano completamente il quadro di riferimento – ha scritto Barrett – Piuttosto che concentrarsi sul fatto che appartengano a una classe di lavoratori attivamente impegnati nel movimento di merci attraverso le linee interstatali, i querelanti sottolineano che trasportano merci che hanno attraversato le linee statali e persino nazionali».
Michael Duff, professore di diritto dell’Università del Wyoming, ha dichiarato al Daily Poster che la decisione di Barrett si è dilungata sugli aspetti formali ma non ha avuto considerazione alcuna per implicazioni pratiche della sentenza.
«L’arbitrato obbligatorio ai sensi del Federal arbitration act è il “foro informale” in cui le rivendicazioni di lavoratori e consumatori comuni fin troppo spesso finiscono per morire», ha detto Duff, che è stato ispettore del National labor relations board. «L’opinione di Barrett evidenzia scarsa sensibilità politica per il fatto che entro il 2024 oltre l’80% dei lavoratori del settore privato, non sindacalizzati, potrebbero essere coperti da clausole di arbitrato forzato».
Uno studio legale che rappresenta i datori di lavoro ha salutato la decisione sostenendo che continuerà a autorizzare accordi arbitrali obbligatori per impedire ai lavoratori di citare in giudizio in tribunale per i loro diritti.
«Questa sentenza è un’ottima notizia per le imprese della gig economy – ha scritto l’avvocato di Fisher Phillips Richard Meneghello – Possono stare tranquilli: tutti i lavoratori il cui lavoro non è incentrato sul movimento interstatale di merci saranno soggetti a qualsiasi accordo di arbitrato valido».
Barrett e le questioni sociali
Barrett è stata criticata anche per le sue posizioni sull’aborto. Nel 2012, ad esempio, ha sottoscritto una lettera in cui definiva immorale il mandato per il controllo delle nascite dell’Affordable Care Act, insieme agli sforzi dell’amministrazione Obama per strappare delle eccezioni. Nei due casi per il diritto all’aborto che ha presieduto, ha biasimato l’apertura alle restrizioni.
Anche sulle armi, Barrett ha inarcato le sopracciglia. Nel caso del 2019 di Kanter contro Barr, in cui un ex criminale precedentemente condannato per frode postale ha sostenuto il suo diritto in base al secondo emendamento di possedere una pistola, Barrett ha sostenuto che, poiché non aveva commesso un crimine violento, gli doveva essere concessa l’arma da fuoco. Un parere che andava contro ogni giurisprudenza consolidata.
Alla fine degli anni Novanta, Barrett ha ricoperto due incarichi con giudici conservatori di alto profilo: il giudice Laurence Silberman della Corte d’appello degli Stati uniti per il circuito del distretto di Columbia e il defunto giudice Antonin Scalia.
Per conto di uno studio legale, ha lavorato al caso Bush vs Gore, che ha consegnato le elezioni del 2000 ai repubblicani. Da lì, è entrata alla George Washington University come assistente di diritto ed economia, una scuola uscita dall’Università di Chicago che incorpora i principi di mercato nell’analisi giuridica. A metà degli anni Zero, è entrata a far parte dell’organizzazione di destra Federalist society, che riunisce giuristi e giudici conservatori. Nel maggio 2017, Trump l’ha nominata in corte d’appello.
*Walker Bragman è giornalista. Ha scritto per Paste Magazine, the Intercept, HuffPost, the Independent, Salon, Truthout e the Hill. David Sirota lavora al progetto di giornalismo investigativo Daily Poster. Questo articolo è tratto da JacobinMag. La traduzione è di Giuliano Santoro.
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