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Biden si insedia. E adesso?

Barry Eidlin 20 Gennaio 2021

Cosa fare per non disperdere la forza guadagnata dalla sinistra statunitense negli anni di Trump? Come evitare il doppio pericolo di venire assorbiti dalle istituzioni o di tornare marginali?

Mentre Joe Biden si prepara a prestare giuramento, quali sono le prospettive per gli Stati uniti negli anni a venire? La sinistra si trova in una situazione difficile: abbastanza forte perché le altre forze si preoccupino di ciò che pensa e fa, ma troppo debole per incidere con risultati politici. La recente raffica di scelte di governo conservatrici da parte di Biden ne sono solo l’ultimo segnale.

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da campagne e mobilitazioni impressionanti, in particolare gli scioperi degli insegnanti del 2018-19, la rinascita di Black Lives Matter e le due corse presidenziali di Bernie Sanders. Ma le mobilitazioni degli insegnanti non hanno scatenato un più ampio rilancio del mondo del lavoro, come molti avevano sperato. Gran parte dell’energia di Black Lives Matter si è dissipata in una vuota attenzione alla rappresentanza, mentre la polizia ha continuato a uccidere impunemente e i governi locali si sono rimangiati le promesse di ridurre i fondi ai dipartimenti di polizia. Inoltre, l’establishment del Partito democratico ha posto fine alla campagna di Sanders.

Allo stesso tempo, non bisogna sminuire i risultati materiali di questi movimenti. Gli scioperi degli insegnanti hanno riportato gli scioperi di massa agli occhi dell’opinione pubblica come non accadeva da decenni, rompendo il consenso generale nei confronti delle charter school e sulla privatizzazione dell’istruzione pubblica, in particolare rispetto all’idea che le charter possano considerarsi una soluzione per la giustizia razziale. Le proteste di Black Lives Matter hanno fatto in modo che richieste di giustizia razziale più sostanziali come quella di «definanziare la polizia», dai margini del discorso politico tradizionale siano arrivate fino al centro. Anche se quella rivendicazione ha suscitato grandi dinieghi, non è stato possibile ignorarla. E nonostante la campagna presidenziale di Sanders si sia arenata, ha generato una piattaforma per integrare le principali rivendicazioni di politiche universali come Medicare for All, College for All e per il condono del debito studentesco, per un salario minimo di 15 dollari l’ora e per il Green New Deal, tra gli altri.

Più in generale, la campagna di Sanders ha aperto nel panorama politico statunitense lo spazio per l’idea di socialismo su una scala che non si vedeva da almeno cinquant’anni. Ciò è dimostrato dai sondaggi, che mostrano che circa il 40% degli statunitensi ha una visione favorevole del «socialismo», comunque esso venga definito; quel dato cresce fino a quasi la metà della popolazione nel caso dei minori di cinquant’anni. A livello organizzativo, possiamo notare la crescita enorme dei Democratic socialists of America (Dsa), i cui membri sono saliti da 5 mila a 85 mila dal 2015 a oggi. Ciò rende i Dsa la più grande organizzazione di sinistra degli Stati uniti almeno dagli Students for democratic society (Sds) negli anni Sessanta, o forse dal Partito comunista degli anni Quaranta, a seconda di come si definisce l’appartenenza. Ci sono molte critiche nei confronti dei Dsa da prendere in considerazione, ma la crescita e le dimensioni dell’organizzazione sono un fatto centrale che qualsiasi discussione sulla strategia di sinistra negli Stati uniti oggi deve tenere presenti.

È fondamentale avere a mente le due facce della medaglia mentre ci prepariamo a organizzarci sotto l’amministrazione Biden. Da un lato, la sinistra resta debole. Dall’altro è più forte e opera su un terreno più favorevole di quanto non abbia fatto negli ultimi decenni, in gran parte a causa della crisi della rappresentanza politica in cui ci troviamo ora. In questo contesto, la sinistra statunitense deve affrontare una sfida con la quale non si cimenta da decenni: come impegnarsi nella politica socialista di massa. Il nocciolo del problema consiste nell’evitare il doppio pericolo della cooptazione e dell’emarginazione: fare alleanze e concessioni programmatiche nel tentativo di espandere la propria base di consenso rischiando però di danneggiare la propria capacità di far avanzare la politica socialista oppure mantenere l’indipendenza organizzativa e la coesione programmatica nel tentativo di far avanzare il progetto socialista minando la capacità di espandere la propria base di consenso.

È un equilibrio difficile da tenere. Non esiste una formula standard per determinare il giusto mix di alleanze organizzative e coesione programmatica, quella miscela corretta varia a seconda del contesto politico e storico. Inoltre, ci sono pochi modelli a cui puntare. L’attuale panorama della sinistra è pieno di organizzazioni focalizzate principalmente su mission donchisciottesche che puntano a fare pressioni sui Democratici da sinistra, così come quelle con programmi più radicali rischiano di restare relegate ai margini della politica.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a ondate di mobilitazioni di massa senza precedenti, in particolare con Occupy Wall Street e Black Lives Matter. Hanno trasformato il discorso politico sui temi della disuguaglianza e della giustizia razziale, ma hanno lottato per consolidare i risultati del movimento dopo che le mobilitazioni si sono diradate. Storicamente, peraltro, abbiamo visto alcune organizzazioni di massa come Students for a Democratic Society implodere nella marginalità. Così come la politica del Fronte Popolare del Partito comunista degli Stati uniti negli anni Quaranta lo portò effettivamente a funzionare come un satellite del Partito democratico nella sua ricerca di presentare il comunismo come «americanismo del ventesimo secolo», indebolendolo ben prima che il maccartismo lo sradicasse quasi del tutto.

Oggi, bisogna chiedersi come impegnarsi nella politica di massa socialista e ciò ha a che fare con la necessità di coinvolgere persone al di fuori del nostro gruppo auto-selezionato di attivisti e organizzatori che puntano a formare nuovi attivisti e organizzatori. Siccome l’obiettivo strategico centrale di qualsiasi cosa abbia l’ambizione di essere un movimento socialista di massa deve essere la creazione di un soggetto collettivo della classe operaia in grado di lottare per il socialismo, le persone da coinvolgere devono essere radicate in una working class ampia, multirazziale e organizzata.

Politica elettorale e Dsa

Fino a ora, il mezzo principale dei Dsa e, per estensione, della sinistra statunitense per impegnarsi nella politica di massa sono state le elezioni. Ciò include campagne basate su temi come Medicare for All o sul tassare i ricchi, nonché sforzi incentrati sui candidati, in particolare le campagne presidenziali di Sanders, ma anche campagne a livello statale e congressuale.

La maggior parte di queste campagne ha coinvolto militanti che si candidavano con il Partito democratico. Si tratta di uno schema classico per i Dsa, che, già prima della rinascita nel 2016, hanno cercato di funzionare da «ala sinistra del possibile», cioè ala sinistra del Partito democratico. I leader e gli organizzatori dei Dsa di oggi, al contrario, vedono il loro lavoro elettorale come parte di uno sforzo per ridefinire ciò che è politicamente possibile.

Piuttosto che rassegnarsi a lavorare per sempre all’interno del Partito democratico, molti membri dei Dsa sostengono che utilizzare la linea elettorale del Partito democratico sia una tattica necessaria per parlare a un pubblico di massa. Questo, ritengono, offre l’opportunità di gestire «candidati della lotta di classe» che possano acuire i conflitti, rafforzare le rivendicazioni della working class e potenzialmente vincere. Bernie, Alexandria Ocasio-Cortez e the Squad in fase di espansione sono gli esempi più importanti di questo tipo di candidati. L’obiettivo è la cosiddetta «rottura sporca» dai Democratici e l’eventuale istituzione di un partito laburista o socialista, qualcosa che agli Stati uniti è notoriamente mancato.

Questo approccio è stato criticato come se fosse una resa alla politica del male minore, essenzialmente un modo più radicale di riconfezionare la politica dei vecchi Dsa per le nuove generazioni. L’esito della campagna di Sanders del 2020 secondo i fautori di queste critiche è stato una conferma. La campagna di Sanders ha ceduto al peso dell’establishment del Partito democratico, portando Bernie a sostenere e fare campagna per Biden, il democratico delle aziende. E alcuni importanti membri dei Dsa hanno chiesto apertamente un voto per «sconfiggere Donald Trump», sostenendo efficacemente il voto per Biden. In tal modo, sostengono questi critici, hanno ripetuto lo stesso argomento sentito a ogni ciclo elettorale secondo cui «questa volta è diverso» e che sostiene che per la sinistra la sconfitta dei Repubblicani è auspicabile, chiedendo un voto per il male minore: in questo senso la strategia elettorale dei Dsa sarebbe l’ennesimo sforzo di mantenere la sinistra nell’ovile del Partito democratico.

È certamente possibile leggere i risultati della campagna Sanders in questo modo, soprattutto se si è predisposti allo scetticismo di qualsiasi forma di impegno con il Partito democratico. Tuttavia, ci sono alcune peculiarità che suggeriscono che sia all’opera qualcosa di diverso dalla minestra riscaldata del male minore. In particolare, l’adesione ai Dsa ha continuato la sua costante traiettoria ascendente. Dal momento in cui Sanders ha sospeso la sua campagna presidenziale nell’aprile 2020 fino alle elezioni generali del 3 novembre scorso, i Dsa sono cresciuti di 25 mila iscritti, passando da 60 mila a 85 mila. Gli organizzatori si aspettano un altro picco post-elettorale, subito dopo il giorno dell’insediamento di Biden.

Questi nuovi membri probabilmente non sono quadri marxisti con una profonda comprensione dell’urgente necessità di una rottura con i Democratici al fine di costituire un partito dei lavoratori (in effetti, come potrebbero esserlo senza essere stati a contatto con idee del genere prima di unirsi a un gruppo come i Dsa?). Tuttavia, è più facile rassegnarsi allo status quo che aderire a un’organizzazione socialista. La sinistra dovrebbe chiedersi se sia meglio o peggio avere decine di migliaia di nuove persone che si autoidefiniscono socialiste al punto di aderire a un’organizzazione, specialmente se si tratta di un’organizzazione in cui l’analisi della politica statunitense e la pratica marxista può essere considerevolmente approfondita.

Allo stesso modo, un principio fondamentale della critica della scelta del male minore è che l’attenzione alle elezioni distoglie dalla costruzione dei movimenti di massa che possono essere scuole di lotta di classe, alimentando invece false speranze nell’idea che un cambiamento significativo possa derivare dall’elezione delle persone «giuste». Ciò può accadere, e indica i limiti reali delle elezioni come strumento per l’organizzazione socialista.

Utilizzare il Partito democratico

Ma è ragionevole suggerire che questo è stato l’effetto complessivo dell’impegno della sinistra nella politica elettorale attraverso il Partito democratico negli ultimi cinque anni? La campagna e l’elezione di deputati che si definiscono socialisti e che si candidano con i Democratici ha portato a una maggiore fiducia nel Partito democratico come agente del cambiamento sociale? L’energia dedicata a queste campagne è andata a scapito della costruzione dei movimenti e di altre organizzazioni per il socialismo al di fuori dell’arena elettorale?

In tal caso, c’erano progetti alternativi plausibili nei quali questa energia avrebbe dovuto essere convogliata, e che avrebbe potuto fare di più per costruire ampi movimenti sociali o organizzazioni socialiste? Fondamentalmente, è plausibile immaginare la crescita esplosiva della sinistra degli Stati uniti negli ultimi cinque anni – non solo i Dsa ma l’intero ecosistema di organizzazioni, pubblicazioni, blog e podcast di sinistra – senza questo impegno elettorale?

Queste sono questioni concrete. Sono aperto a prove che suggeriscano che la risposta a queste domande è «sì», anche se sospetto sarebbero difficili da trovare. Indipendentemente da ciò, queste sono domande concrete a cui bisognerebbe rispondere per valutare i meriti della strategia elettorale dei Dsa, piuttosto che sviluppare semplicemente una critica basata sulla stretta aderenza a questioni di principio come «è sbagliato in tutte le circostanze, sempre e in tutti i modi impegnarsi con il Partito democratico».

Non significa che ignoriamo le insidie del lavoro elettorale. Il lasso di tempo relativamente breve dei cicli elettorali incoraggia una riflessione a breve termine e dà per scontato il panorama politico esistente invece di cercare di cambiarlo. Il modello delle campagne politiche statunitensi incentrato sul candidato può favorire l’illusione che il cambiamento derivi dall’elezione di leader carismatici e forti invece del paziente lavoro quotidiano di organizzazione e costruzione del movimento. Le forme primarie di attività della campagna, come le campagne pubblicitarie, le banche dati telefoniche e di testo, i raduni e le comunicazioni online, danno priorità a interazioni piuttosto superficiali, brevi e una tantum con degli estranei: fare una presentazione, ottenere informazioni e fare una domanda specifica, di solito votare. Potrebbero esserci alcune conversazioni ulteriori, ma di solito non ci sono. Non si tratta dell’attività di costruzione di relazioni a lungo termine necessaria per costruire movimenti.

Tuttavia, gli ultimi cinque anni hanno dimostrato anche che il lavoro elettorale garantisce anche alcuni vantaggi per la sinistra. Le campagne dei candidati creano un luogo relativamente organico per impegnarsi in discussioni politiche con un gran numero di persone. Mentre le conversazioni con il pubblico più ampio possono essere brevi e limitate, le organizzazioni della campagna possono riunire le persone in modo più sostenuto, creando opportunità per creare relazioni organizzative più profonde. La loro struttura relativamente formale crea opportunità per le persone di stabilire diversi livelli di impegno. Inoltre, le campagne elettorali consentono ai partecipanti di sviluppare competenze concrete trasferibili ad altri tipi di organizzazione, come organizzare dibattiti, riunioni, parlare in pubblico, scrivere in modo persuasivo, pianificare e pubblicizzare eventi, strategie, ricerche e altro ancora.

Questi successi hanno svolto un ruolo chiave nella crescita dei Dsa, specialmente se legati a candidati come Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, che possono articolare idee socialiste e politiche di classe in una forma apprezzata da milioni di persone. Inoltre spiegano almeno in parte la composizione dei membri dei Dsa, che non riflette quella della classe lavoratrice nel suo insieme. Gran parte del problema della composizione dei Dsa è un artefatto della separazione storica tra la sinistra e la working class operata all’indomani della Seconda guerra mondiale. Ma alcuni problemi dipendono anche dal tipo di lavoro svolto dai Dsa. In poche parole, i Dsa tendono ad attrarre i tipi di persone che hanno maggiori probabilità di essere coinvolti nelle campagne elettorali. Queste persone tendono a essere più bianche, più istruite e più professionalizzate. Per quanto impressionante sia stata la recente crescita dei membri dei Dsa, sarà difficile passare a una politica di massa più ampia senza superare questo elemento.

Politica socialista di massa

Questo è ciò che rende il lavoro dei socialisti nel movimento operaio un complemento essenziale al lavoro elettorale come parte di una strategia per impegnarsi nella politica di massa socialista. In effetti, non può esserci una nuova politica di massa socialista senza un movimento operaio rivitalizzato. E non può esserci un movimento operaio rivitalizzato senza una dirigenza di sinistra radicata nei luoghi di lavoro.

La ricostruzione di questo livello inizierà ad affrontare il problema della composizione dei Dsa, dal momento che aiuterà a ristabilire il legame perduto tra la sinistra e la classe operaia organizzata. Facilitare gli sforzi dei membri per trovare lavoro nei settori chiave come parte di una più ampia strategia di base può aiutare in questo processo. Ma alla fine, come ho scritto altrove, «l’obiettivo deve essere quello di espandere le forze dei militanti e dei socialisti sul posto di lavoro, non semplicemente di riallocare l’insieme esistente».

Il divario tra sinistra e lavoro è un problema che si trascina da decenni, ma assume una rinnovata importanza con il ritorno di un Democratico alla Casa bianca. Perché anche se Biden non alzerà un dito per politiche effettive a favore del lavoro, probabilmente metterà in scena il dialogo con i massimi leader sindacali. La tentazione sarà un ritorno a contrattare mezze misure migliorative con le élite politiche, ma rispondere a richieste fondamentali come adeguati sussidi per il Covid, l’accesso ai dispositivi di protezione per i lavoratori essenziali, la cancellazione dell’affitto, la distribuzione di vaccini e altro richiederà una pressione di massa dall’esterno. È troppo tardi per avere forze in campo per questa lotta immediata, ma l’esempio del Covid suggerisce come l’organizzazione sul posto di lavoro e la politica elettorale potrebbero combinarsi per far avanzare richieste politiche fondamentali.

Tenendo a mente questi limiti, ciò che è chiaro è che la sinistra dovrà organizzarsi e combattere tanto duramente o più duramente sotto Biden che come ha fatto sotto Trump. Quelli di sinistra che hanno votato per Biden nelle elezioni di novembre lo hanno fatto senza illudersi che avrebbe fatto qualcosa di lontanamente progressista o a favore dei lavoratori. Piuttosto, il loro argomento era semplicemente che era meglio organizzarsi contro un’amministrazione Biden che contro un’amministrazione Trump rieletta. Può essere vero, ma resta la questione di come sfruttare il terreno organizzativo più favorevole. Anche questa è una domanda empirica, che sarà testata nel corso delle settimane e dei mesi a venire.

*Barry Eidlin è professore associato di sociologia alla McGill University, ha scritto Labor and the class idea in the United states and Canada (Cambridge University Press, 2018). Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

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