Com’è profondo il mare
La tragedia del Titan ci ricorda che per quanto uno possa essere ricco, non può possedere gli oceani e sfidare le regole minime di sicurezza
Parlami, o Musa, dell’uomo che si tuffò nelle profondità del mare, ascoltando il richiamo della sirena del denaro. La morte di Stockton Rush, il milionario fondatore e Ceo di OceanGate, Inc. e pilota del Titan che brandisce il controller Xbox, è stata confermata giovedì scorso, dopo che il suo sommergibile personalizzato e fuori categoria è prevedibilmente imploso sotto la pressione di milioni di tonnellate d’acqua, uccidendo all’istante lui e i suoi quattro passeggeri. Accanto a lui è morto Hamish Harding, un miliardario britannico; Shahzada Dawood, milionario pakistano, e suo figlio Suleman; e il miliardario francese Paul-Henri Nargeolet, direttore della ricerca subacquea presso Rms Titanic, Inc., la società che sostiene di essere proprietaria del relitto del Titanic, e che ha dovuto saldare i propri debiti mettendo all’asta le reliquie del sito, una pratica comunemente nota come «scavafosse».
I tentativi di salvataggio da parte della Marina degli Stati uniti e della guardia costiera probabilmente sono costati milioni di dollari, dal momento che OceanGate era del tutto impreparato per qualsiasi tipo di operazione di ricerca e salvataggio nel mare aperto: la nave non aveva un localizzatore a bordo, ed era persino dipinta di bianco, il colore delle onde che si infrangono, rendendo quasi impossibile localizzarlo in superficie. La filosofia di Rush per la sua società di esplorazione sottomarina era: «Penso di poterlo fare in sicurezza e infrangendo le regole».
David Lochridge, ingegnere sottomarino, nel 2018 la pensava diversamente: sottolineò, tra gli altri difetti, che la porta di osservazione principale era valutata per reggere una profondità di immersione di soli 1.300 metri, meno di un terzo della profondità del fondale marino sul quale dorme il relitto del Titanic. Venne subito licenziato. Quindi ora, dopo anni di avvertimenti sulla sicurezza, lettere aperte e procedimenti legali, gli statunitensi finanziano l’inutile ricerca di giorni e giorni di un ago bianco in un pagliaio bianco, anche dopo che la Marina degli Stati uniti ha sentito la nave implodere.
La crociera di piacere a dodicimila piedi di profondità attorno al relitto del Titanic è l’ultima moda tra le acrobazie altamente pericolose e costose eseguite dai super ricchi che sono alla disperata ricerca di emozioni e disposti a spendere le enormi fortune estratte dai loro lavoratori. Il prezzo dell’ingresso in questa trappola mortale era di 250.000 dollari a persona. Cercando di vivere una fantasia alla Jules Verne, i passeggeri del Titan hanno raggiunto le ricche vittime del Titanic, che, quando affondò nel 1912, morirono anch’esse divise per classe: il 62% dei passeggeri di prima classe sopravvisse all’affondamento, rispetto al solo 25% dei passeggeri di terza classe.
La tendenza a lasciare che le classi subalterne anneghino continua ancora oggi. L’esempio più recente è il terribile capovolgimento di una nave che trasportava almeno cinquecento migranti al largo della Grecia, che ha ucciso almeno settantotto persone di cui sono stati ritrovati i corpi. In netto contrasto con lo sforzo multinazionale a tutto campo per salvare il Titan, la guardia costiera greca è stata accusata di mortale inerzia dopo aver scoperto la nave alla deriva e pericolosamente sovraffollata. È solo l’ultimo episodio di una costellazione di tragedie che coinvolgono i migranti nel Mediterraneo: tra il 2015 e il 2023, si stima che oltre ventiquattromila persone siano morte o disperse dopo essere partite per l’Europa, di cui oltre 1.100 solo quest’anno. È più di un Titanic ogni anno, ma non c’è lo stesso tipo di copertura mediatica.
In un mondo in cui abbondano i naufragi, perché siamo così ossessionati dal Titan e dal Titanic? È una combinazione di ricercatezza, prestigio e quel concetto di hybris classicamente greco. Personaggi importanti sono affondati con entrambe le navi: milionari, reali, magnati degli affari. Lo splendore della Grand Staircase del Titanic è stato reso in innumerevoli dipinti, documentari e film. E, naturalmente, c’è l’epiteto che stuzzica le orecchie di Poseidone: «Inaffondabile». È difficile per la persona media immaginare di possedere sia l’arroganza di rivendicare la vittoria totale sul mare, che l’influenza basata sulla propria certezza di lesinare sulle scialuppe di salvataggio.
Le dolorose odissee delle navi migranti non fanno vendere giornali perché, per prima cosa, quei giornali di solito fanno comunella con i regimi draconiani, disumani e vendicativi che consentono che i migranti subiscano questi destini orribili; e perché la miseria colpisce la maggior parte delle persone. Non tutti sono stati rifugiati, ma la maggior parte delle persone nell’era post-Covid sa com’è quando all’improvviso non puoi più permetterti la tua casa e devi trasferirti, o quando il cibo diventa assurdamente costoso, o il tuo lavoro scompare e ti trovi di fronte a scelte difficili e all’incertezza per te e la tua famiglia. Guardando il cambiamento climatico causato dall’uomo, un costo della vita astronomico e una prospettiva economica scadente, la maggior parte delle persone riconosce di essere molto più vicina ai rifugiati disperati di quanto non lo siano i politici, gli speculatori della guerra e i rapaci capitalisti.
La morte di chiunque è una tragedia, ovviamente, ed è terribile che i passeggeri del Titan siano morti in questo modo. Ma la loro morte cade in mezzo a un’ondata molto più ampia di sofferenze evitabili inflitte da gente come quella a bordo del Titan. Forse c’è un pizzico di ironia nel guardare proprio questi miliardari, che comprano relitti e sottomarini privati con i tesori accumulati dalla nostra società, umiliati da un tratto ineludibile della proprietà: lo ius abutendi, il diritto di distruggere, che il mare oscuro mantiene su qualsiasi nave.
*Nicholas Boni è scrittore, fotografo e musicista, vive a Brooklyn. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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