Cosa non ha funzionato in Iowa
La clamorosa debacle organizzativa delle primarie democratiche si spiega con la questione sempre più ingombrante delle infrastrutture digitali che stanno dietro alla mobilitazione politica e degli interessi che gli ruotano attorno
La corsa democratica è iniziata con una clamorosa debacle tecnica. L’esito del caucus dell’Iowa è stato ritardato, i voti sono stati conteggiati manualmente e, al momento in cui scriviamo queste righe, contemplano solo il 97% delle preferenze. Pochi giorni dopo che Pete Buttigieg aveva sostanzialmente dichiarato la vittoria, il suo vantaggio su Bernie Sanders si è ridotto a un decimo di punto percentuale, con alcune circoscrizioni e seggi satellite non ancora segnalati – seggi che la campagna di Sanders ha volutamente organizzato [si tratta caucus ad hoc per gli elettori impossibilitati a partecipare ai meeting della sera di lunedì 3 febbraio, Ndt].
Da lunedì sui social media circolano diverse ricostruzioni. L’app utilizzata per comunicare i risultati tra i singoli caucus e il partito in tutto lo stato è stata prodotta da una società privata chiamata Shadow Inc. Shadow Inc. è composta da membri del team di campagne digitali di Hillary Clinton. Shadow Inc. è parzialmente finanziata da una società no profit chiamata Acronym. Gli ex dipendenti di Acronym sono attualmente impiegati nella campagna di Pete Buttigieg. Il fondatore di Acronym è sposato con un senior strategist della campagna di Buttigieg.
I sostenitori della campagna Sanders insinuano che sia in atto una partita scorretta da parte della burocrazia del Partito democratico, e l’hashtag #MajorCheat ha fatto tendenza per la maggior parte della giornata di martedì su Twitter. Nel frattempo, l’account Twitter dello Iowa Democrats ha diffuso i risultati, poi li ha corretti rapidamente, alimentando ulteriori dubbi.
Da qualunque parte stia la verità, ciò che è più evidente riguarda le indiscrezioni su come viene prodotta la tecnologia in generale e su come viene specificamente sviluppata la tecnologia politica.
La produzione dell’app dimostra di essere impermeabile al contesto locale, ai problemi immediati e alle caratteristiche di chi la userebbe. La questione non riguarda soltanto il cattivo funzionamento dell’app. Molti dirigenti di circoscrizione hanno telefonato per dare i loro risultati lunedì sera. Ciò ha intasato le linee del Partito democratico locale e ha causato il rallentamento delle comunicazioni e il caos. Questo perché i volontari ai seggi hanno usato il meccanismo basato sul telefono per decenni.
Come afferma il New York Times, molti volontari sono anziani e non sono a loro agio con la tecnologia. Non hanno utilizzato l’app o l’hanno abbandonata rapidamente quando hanno riscontrato problemi. Non avevano alcuna formazione su come utilizzare l’app, al di fuori delle linee guida emesse in fretta alla vigilia del caucus. I problemi con l’app erano dovuti al fatto che non era stata testata sul campo e la copertura delle linee mobili era imprevedibile. Si tratta di un problema comune con le moderne app. Ma se si fosse considerato il dove e il come sarebbe stata utilizzata, l’app avrebbe dovuto essere progettata tenendo presente fattori del genere.
Queste variabili non sono state considerate: chi avrebbe utilizzato l’app, dove l’avrebbe utilizzata e con quale probabilità sarebbe stata adottata? Un approccio di minore impatto, utilizzando un telefono, la messaggistica istantanea e un foglio di calcolo, non avrebbe creato problemi. E non è chiaro il modo in cui è stata presa la decisione e chi, a un certo punto, abbia deciso che il sistema con cui i risultati sono stati immessi per decenni costituiva «un problema» e che la soluzione era «un’app per smartphone». La domanda era posta in maniera tendenziosa e il riflesso automatico di rispondere con la tecnologia è indicativo delle soluzioni tecnocratiche che pervadono il modo in cui proviamo a risolvere a problematiche politiche e sociali. Non sarà forse che in questi casi non è un’app ciò che di cui hai bisogno?
Costruire un’app è molto più che spedire un codice e dire alle persone di usarlo. Si sta aggiungendo un nuovo fattore a un sistema sociale complesso. Richiede pianificazione, formazione e cura. Questa app è stata costruita e diffusa in tre mesi.
Le aziende tecnologiche sono esperte in questioni come la ricerca, la progettazione per l’esperienza e l’adesione alle esigenze degli utenti. In questi casi la disciplina insegna ai tecnici di prestare attenzione a come le persone reali in situazioni reali useranno il loro lavoro.
Quelli di Shadow Inc. avrebbero dovuto avere familiarità con buone pratiche di questo tipo quando hanno iniziato a costruire l’app. Fanno parte di una disciplina più ampia, pioniera nel settore pubblico digitale, chiamata service design. Tuttavia, quando i budget e le scadenze sono limitati, queste voci sono le prime a essere messe da parte. Qualcuno, a un certo punto, ha detto: «Sappiamo cosa costruire». Probabilmente hanno detto: «È banale» o «È solo un form». E quelle buone pratiche sono state abbandonate.
Lo stesso vale per i test su larga scala. Pochi ingegneri hanno il lusso di testare la propria tecnologia nel modo più rigoroso possibile. Per soddisfare le reali esigenze dell’utente invece di tirare a indovinare, ci sono modelli ben definiti. Ma quando c’è fretta e il tempo si riduce, il prodotto esce dal magazzino senza essere testato.
L’app Iowa intensifica questi problemi. È stata distribuita non tramite app store ma, sostiene una ricostruzione di Vice su Motherboard, tramite canali più complessi normalmente utilizzati solo per distribuire versioni ancora in fase di test. Non era pronta per passare attraverso i processi di verifica che Apple applica al software rilasciato attraverso il suo App Store. Shadow Inc. ha quindi utilizzato il livello più basso e gratuito della piattaforma, che copre circa 200 utenti.
Quando si ha a che fare con un evento di un solo giorno, si verificano naturalmente contingenze e situazioni impreviste. Queste possono essere prevenute, ma solo se vi si dedicano ragionamenti e tempo.
Vi sono poi importanti considerazioni sul modo in cui opera l’economia politica della tecnologia delle campagne. Come osserva questo eccellente thread di Twitter, in genere le tecnologie utilizzate nelle campagne vengono prodotte principalmente nel corso della campagna stessa e gettate via al termine di essa. Le campagne e le organizzazioni che le gestiscono nei giorni successivi al risultato si liberano di tutti gli sviluppatori che hanno impiegato. La conoscenza istituzionale della tecnologia all’interno delle organizzazioni viene completamente rimossa per poi ricominciare da zero al successivo ciclo elettorale. Con poche eccezioni, il codice stesso è tenuto chiuso per paura di favorire i rivali politici, anche una volta che la campagna è finita.
Esistono diverse tecnologie permanenti, come Ngp Van o Act Blue, ma tendono a concentrarsi sulla raccolta di fondi o sul controllo delle regole elettorali. Più si avvicinano ai soldi, più hanno successo. Al di fuori di tutto questo, esistono tecnologie come Action Network o Salsa, ma hanno problemi di sostenibilità finanziaria. La società di software NationBuilder, purtroppo, realizzano una tecnologia che può essere utilizzata da qualsiasi campagna politica, indipendentemente dai contenuti, incluso Donald Trump.
Laddove esiste un lavoro sulla tecnologia politica, spesso viene svolto da team respinti dalle campagne. Shadow Inc. non fa eccezione: i tecnici che hanno lavorato alla campagna di Hillary Clinton potrebbero aver voluto, all’indomani dell’elezione di Trump, continuare a lavorare, tenuti insieme dall’intensità di una campagna e dalle esigenze del momento.
Certamente, però, non è bello vedere che un team che fornisce tecnologia per diverse campagne poi si occupa anche della tecnologia che conta i voti. Shadow Inc. fornisce software anche alle campagne dei candidati alla presidenza Kirsten Gillibrand, Joe Biden e Pete Buttigieg.
Durante questo ciclo elettorale, Facebook verrà utilizzato da tutti i candidati politici di tutti i partiti. È ancora più opaco ma viene considerato la misura principale del successo. Nella riorganizzazione attorno alla «discussione significativa» e attorno ai gruppi, con la messaggistica privata che ha precedenza sul feed pubblico, possiamo immaginare una situazione in cui Facebook dia vita alla sua tecnologia elettorale. Già sono impegnati a incoraggiare la registrazione degli elettori. Nel 2015 Microsoft ha creato un’app di successo per la segnalazione dei caucus dell’Iowa. È meglio o peggio della tecnologia sviluppata da Shadow Inc., organizzazione che promette di offrire «un vantaggio permanente per campagne e cause progressiste attraverso la tecnologia»? Microsoft collabora con orgoglio con Ice (Immigration and Customs Enforcement) negli Stati uniti, nonostante le proteste dei propri dipendenti.
L’espressione «campagne progressiste» è una descrizione politica sottile, ma la costruzione di tecnologia per Ice è un atto politico. Shadow Inc. ha utilizzato React Native e Firebase per creare l’app, distribuendola agli utenti con TestFairy. React Native è una tecnologia open source sviluppata inizialmente da Facebook. Firebase è una piattaforma di sviluppo di applicazioni web di proprietà di Google. TestFairy è ospitato su Amazon Web Services. Anche se non direttamente coinvolto, le grandi aziende Faang (Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google) non sono lontane. Non stanno semplicemente costruendo l’infrastruttura di hosting: usano le stesse metodologie di sviluppo del software.
Microsoft ha collaborato con la consulenza UX InterKnowlogy sull’app usata in Iowa. Ci è voluto un anno per costruirla. Senza dubbio, avrebbe utilizzato le migliori tecniche di ricerca disponibili e l’implementazione e la formazione più approfondite, senza lasciare nulla al caso: Microsoft ha il tempo e le risorse per farlo. Era bipartisan: «Alcuni membri del nostro team stavano con il Partito repubblicano, altri con il Partito democratico». Non è durata fino alle prossime elezioni, né è stata reso open source, quindi vale più come esperimento di pubbliche relazioni che come contributo a un’infrastruttura democratica permanente e ben finanziata.
Hustle ha preso il via dai lavoratori della campagna dell’era Obama. È stato uno degli strumenti utilizzati dalla campagna presidenziale 2016 di Bernie Sanders. Ha raccolto fondi attraverso il tradizionale capitale di rischio di start-up. Nel suo ultimo round di investimenti, ha raccolto 30 milioni di dollari, con denaro proveniente da Google Ventures (GV) e Insight Partners, questi ultimi investitori in Twitter, Shopify e Tumblr. Tuttavia, all’inizio del 2019, Hustle ha licenziato quaranta lavoratori. Aveva lottato, tra un’elezione e un’altra, per trovare un modello di business che funzionasse o, più precisamente, che funzionasse in un modo che dai venture capitalist fosse percepito come un successo. Hustle è ancora ampiamente utilizzato durante queste elezioni, sia dalla Pac che dalla campagna di Elizabeth Warren.
GetThru (precedentemente chiamato Relay) era uno spinout della campagna presidenziale del 2016 di Bernie. Gli animatori più vecchi di GetThru – Daniel Souweine, Jon Warnow e Catherine Aronson – erano tutti volontari nel 2016, avrebbero potuto usare Hustle ma hanno deciso di costituire una propria azienda. Adottare un approccio più modesto al finanziamento, unito alla diversificazione nel servire anche le istituzioni educative, ha permesso che GetThru sia ancora a galla e che sia stato utilizzato dalla campagna di Alexandria Ocasio-Cortez. In queste elezioni, finora, GetThru ha un’utenza limitata.
Infine, Spoke è stato sviluppato da Saikat Chakrabarti e Sheena Pakanati anche per la campagna di Bernie nel 2016, ed è ora gestito da MoveOn. Spoke, a differenza di Hustle e GetThru, è open source e disponibile gratuitamente. Lo stesso Chakrabarti è emerso come capo dello staff di Alexandria Ocasio-Cortez fino al 2019. Tuttavia, la tecnologia open source non è di per sé garanzia di successo. Non è chiaro quanto sia diffuso l’uso dello strumento e se le campagne possano impegnare risorse per lo sviluppo, l’hosting e la protezione delle loro installazioni.
Nel ventesimo secolo, i movimenti sociali si impegnavano a costruire le infrastrutture necessarie per riprodursi. Nel ventunesimo secolo, devono capire come fare lo stesso in un nuovo contesto digitale. Non ci sono risposte semplici. Nel ragionare attorno a un caso come i caucus dell’Iowa, possiamo iniziare ponendo le domande giuste e anche preparandoci a considerarle anche al di fuori dei cicli elettorali.
Dobbiamo analizzare le questioni relative alle infrastrutture in modo più ampio: esaminare l’adeguatezza della tecnologia per svolgere determinati compiti politici, studiare i modelli di finanziamento e le forme istituzionali su cui si basano.
*Common Knowledge è una cooperativa di lavoratori di Londra, si occupa di costruire infrastrutture tecnologiche per i movimenti. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è di Giuliano Santoro.
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