
Dal #MeToo al #SeAcabó
Il caso Rubiales ha permesso al movimento femminista spagnolo di uscire dalla difensiva in cui era stato costretto dall'ondata reazionaria che ha influenzato l’ultima campagna elettorale, rimettendo al centro la questione del consenso
Luis Rubiales non si è ancora dimesso. Il presidente della Real Federación Española de Futbol (Rfef), per quanto sospeso in via provvisoria dalla Fifa, non ha ancora fatto un passo indietro davanti alle insistenti richieste della società spagnola per via delle sue azioni durante la premiazione della finale dei Campionati del Mondo di calcio femminile vinti dalla nazionale iberica, ed è in attesa del giudizio del Tribunale Amministrativo dello Sport.
I fatti, che da due settimane rappresentano in Spagna il principale argomento di dibattito politico, sono noti: al termine della partita, nel momento della premiazione, il Presidente federale ha baciato sulle labbra la calciatrice Jenny Hermoso in un atto non consensuale. Oltre a ciò, Rubiales si è reso protagonista di altre azioni discutibili, come il prendere in braccio diverse calciatrici o annunciare in tono giocoso negli spogliatoi il prossimo (inventato) matrimonio tra lui e la stessa Hermoso. Questi atteggiamenti, rimasti nell’ombra in un primo momento, hanno via via generato una protesta sociale dapprima nei social network e poi nelle piazze, con una chiara richiesta: l’allontanamento di Rubiales dalla Rfef. In tal modo il femminismo ha dunque riguadagnato spazio politico in Spagna dopo mesi in cui era stato costretto sulla difensiva a seguito di un’imponente ondata reazionaria e maschilista che ha influenzato l’ultima campagna elettorale, anche a sinistra. E al centro del dibattito pubblico è tornata una questione che nei mesi scorsi è stata al centro del dibattito politico: quella del consenso nelle relazioni sessuali.
Il «manuale della reazione machista»
La vittoria del mondiale di calcio ha in un primo momento offuscato la gravità degli atti del presidente federale. Nel pieno dei festeggiamenti solo in pochi avevano denunciato l’accaduto (tra questi, la Ministra delle Pari Opportunità, Irene Montero). Tuttavia, la bolla è cresciuta rapidamente e in poche ore la richiesta di dimissioni è giunta dal Governo al completo e in generale da tutti i grandi giornali, compresi quelli sportivi. Ma se forse Rubiales avrebbe potuto salvare la sua immagine e il suo ruolo con delle scuse sincere e senza scappatoie, il fatto che abbia preferito seguire il «manuale della reazione machista», come detto dalla giornalista Ana Requena e dalla delegata del Governo per la violenza di genere Vicky Rosell, hanno reso la sua posizione insostenibile e fatto crescere l’indignazione del mondo femminista, nel web e nelle piazze.
In un primo momento Rubiales ha scelto di non dare importanza all’avvenimento considerandola una cosa goliardica. Poi, davanti alle critiche crescenti, la Federazione ha contattato insistentemente Hermoso per realizzare un video assieme al Presidente per mostrare come non vi fosse nessun problema tra di loro. Davanti al rifiuto della giocatrice, la stessa Rfef ha pubblicato delle dichiarazioni non vere della stessa, in cui si affermava che il bacio avesse il suo consenso e che tra i loro vi fosse «una grande relazione». Non intimorita, Jenny Hermoso, attraverso il sindacato Futpro, ha fatto un primo comunicato in cui ha preso le distanze dalla Rfef, ma Rubiales, quando le sue dimissioni sembravano ormai inevitabili, ha sferrato un contrattacco deciso. Rinnegando anche le generiche scuse fatte inizialmente, in una sconcertante assemblea davanti a tutto lo stato maggiore della Federazione ha di fatto rivendicato il suo comportamento, attaccato personaggi di sinistra rei di averlo biasimato, denunciato i danni commessi dal «falso femminismo» (diverso dal «vero» femminismo rappresentato ovviamente da lui e dagli uomini che lo applaudivano) e, come c’era da aspettarsi, ha preso di mira la vittima dell’aggressione. Jenny Hermoso era d’accordo, ha detto Rubiales, il bacio aveva il suo consenso, è stata lei a prendere in braccio lui e a volere quel bacio. Il tutto ricevendo gli applausi degli allenatori delle nazionali di calcio maschile e femminile.
Seguendo sempre il manuale della reazione machista, Rubiales, davanti al divieto imposto dalla Fifa di entrare in contatto con Hermoso, ha fatto ricorso alle donne della sua famiglia come arma di discredito. Davanti ai dirigenti federali si è auto esaltato come padre di tre figlie ben educate dai valori da lui trasmessi, dalle televisioni sua cugina ha attaccato direttamente la calciatrice rea di non dire «tutta la verità» e, in un momento surreale, da una Chiesa di Granada sua madre ha annunciato uno sciopero della fame in difesa di suo figlio. Assieme a Rubiales, anche tutto il mondo maschilista spagnolo dopo giorni di shock e imbarazzo è passato all’offensiva. I giornali della destra hanno cominciato a diffondere video per screditare Jenny Hermoso, colpevole di non essersi comportata come dovrebbe una persona vittima di una violenza. Ha festeggiato la vittoria del Mondiale anche dopo quel bacio – si afferma negli ambienti della destra –, non era triste, non ha sporto denuncia all’istante, è stata strumentalizzata dal suo sindacato di estrema sinistra. Insomma, non è credibile.
Ma l’unica cosa che conta, come affermato dalla Ministra delle Pari Opportunità uscente Irene Montero, è l’assenza del consenso della vittima a essere toccata e baciata. E sulla questione del consenso, in Spagna, negli ultimi mesi si è giocata una dura e crudele battaglia politica che ha visto proprio Montero come protagonista e vittima sacrificale.
La Legge «Solo Sì es Sì»
Nell’ottobre del 2022 entrava in vigore la nuova legge sulla violenza di genere, chiamata comunemente «Solo Sì es Sì», una norma che, tra le altre cose, definisce aggressione sessuale qualsiasi atto contro la libertà sessuale di un’altra persona in mancanza del suo consenso: da un’impostazione in cui il diniego a un rapporto era la chiave per individuare la violenza (il «No»), si è passati a una in cui essa è identificata nella mancata manifestazione del consenso (il «Sì»). Questa legge è nata come risposta alle enormi proteste contro la sentenza del caso «La Manada», quando, nel 2018, un tribunale aveva definito uno stupro di gruppo come abuso sessuale e non come violenza per via dell’assenza di un’esplicita resistenza della vittima. L’altro perno della legge, promossa principalmente da Montero, era l’unificazione delle fattispecie di abuso e violenza sessuale, facendo venire meno la presenza della violenza nella determinazione del reato. Ciò che conta, in pratica, è la presenza o assenza di consenso da parte della vittima.
Pochi mesi dopo l’approvazione della legge, tuttavia, alcune sentenze hanno ridotto le pene per violenze sessuali adducendone la responsabilità all’applicazione della nuova legge. Pur trattandosi di una minoranza di decisioni giudiziarie, è stata lanciata una dura campagna mediatica (fatta di falsità, aggressività e con un veto perenne alla presenza di Podemos nelle principali televisioni) che ha messo in difficoltà il Governo e il Partito socialista (Psoe), da sempre poco avvezzo ad andare contro gli umori della stampa, spingendo soprattutto per la rimozione di Montero dall’esecutivo. D’altronde non si è trattato di un caso nuovo: già la legge sulla violenza di genere del 2004, quando il capo del Governo era il socialista José Luís Rodríguez Zapatero, aveva ricevuto più di 200 ricorsi di costituzionalità da parte di una magistratura da sempre collocata su posizioni conservatrici e anche in quel caso a subire le principali conseguenze della campagna reazionaria era stata la Ministra delle Pari Opportunità, Bibiana Aído.
Dopo pochi mesi il Governo (principalmente il Psoe) ha deciso di approvare una nuova riforma che è tornata a dividere le due fattispecie penali nonostante le contrarietà della Ministra delle Pari Opportunità. E la resa del Governo non ha fatto altro che permettere una diffusione del discorso anti-femminista in settori progressisti che ne sembravano immuni. In piena campagna elettorale e alla ricerca di voti maschili, Pedro Sánchez, Presidente del Governo e capo del Partito socialista, ha affermato di avere amici di 40-50 anni spaventati dal radicalismo di Irene Montero. Da par suo, Yolanda Díaz, vice-presidente dell’esecutivo e a capo della coalizione di sinistra Sumar, alla ricerca di un’immagine amichevole e non conflittuale del proprio campo, ha posto il suo veto sulla presenza della dirigente di Podemos nelle liste elettorali e ha invocato un «femminismo conciliante» in contrapposizione a quello «da trincea». La Ministra della legge «Solo Sì es Sì», della legge per i diritti delle persone trans e di una nuova e migliore norma sull’aborto, è stata dunque abbandonata al suo destino, proprio come accadde a Bibiana Aído nel 2010, quando venne estromessa dal Governo dopo un’incessante campagna d’odio.
La vicenda di Jenny Hermoso ha permesso al femminismo di riguadagnare spazio nel discorso pubblico dopo mesi in cui era stato costretto sulla difensiva e ha anche rappresentato una rivincita per l’ormai ex-deputata ma ancora Ministra, Montero, le cui tesi sul consenso sembrano aver riguadagnato attenzione nel quadro politico. Ma non solo. La decisione di tutte le compagne di nazionale di Hermoso e di altre di mostrarsi a lei vicine e, soprattutto, di non accettare future convocazioni finché non vi saranno cambi nei vertici della Rfef, ha rappresentato un esempio di compattezza, che stride molto con lo spettacolo offerto dalla sinistra spagnola nei momenti più difficili per la Ministra della Pari Opportunità, quando a reti unificate la si è accusata di aver messo in libertà decine di violentatori sessuali.
Dal «Me too» al «Se acabó»
Nelle ore e nei giorni successivi al bacio di Rubiales, i social network si sono riempiti di nuove denunce e storie di abusi, accompagnate da un nuovo slogan, #SeAcabó (che potremmo tradurre, «finisce qua»). Trattandosi di sport sono in tante a ricordare le violenze, fisiche e psicologiche, sofferte da calciatrici da parte dei propri allenatori. Si è parlato molto di Ignacio Querada, per 27 anni allenatore della nazionale di calcio spagnola e autentico tiranno, la cui storia è stata raccontata in un documentario, e delle accuse per ragioni simili da parte di decine di calciatrici ai danni dell’attuale tecnico iberico, Jorge Videla, nei mesi precedenti al Mondiale.
Sono emerse anche storie che riguardano anche il giornalismo, specie quello sportivo, un settore nel quale, come ha scritto Marylin dos Santos, prevale «l’odore di sigaro» e dove in questi giorni si è vissuto quasi con shock l’enorme rivolta sociale seguita al comportamento del capo del calcio spagnolo. Tra le varie storie circolate in questi giorni nel web e che maggiormente stanno generando commenti vi è quella della giornalista Sara Brito, che ricorda le violenze psicologiche inferte nella redazione di un quotidiano di sinistra da parte di un giornalista che col tempo è diventato un difensore di cause femministe applicate all’arte e alla letteratura, un uomo che denunciava la scarsa presenza di opere rinascimentali create da donne nel Museo del Prado di Madrid e che nel frattempo verso la sua ex-fidanzata e collega praticava abusi e umiliazioni. Anche da ambienti al di sopra di ogni sospetto affiorano storie di violenze, umiliazioni e omertà che rendono il caso Rubiales di certo non un caso isolato al mondo dello sport.
*Nicola Tanno è laureato in Scienze Politiche e in Analisi Economica delle Istituzioni Internazionali presso l’Università Sapienza di Roma. Vive e lavora da anni a Barcellona.
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