
Il viaggio nello spazio di Xm24
Dopo lo sgombero di quest'estate e le promesse non mantenute del Comune, è stata occupata a Bologna l'ex Caserma Sani. Con gli attivisti facciamo il punto sulla «Storia Infinita» di questo percorso di resistenza, solidarietà e autogestione
La storia dell’Xm24, storico centro sociale della città di Bologna, ad Agosto di quest’anno era giunta a un bivio inaspettato: di fronte all’inevitabile sgombero, figlio delle politiche di «riqualificazione» che sta vivendo il quartiere che l’ha ospitato per più di dieci anni, la città e i suoi abitanti hanno agito, nei confronti del Comune, quella che la terza legge della dinamica definirebbe una «forza uguale e contraria».
Il 6 Agosto, alle prime luci dell’alba, le forze dell’ordine hanno fatto scattare l’operazione sgombero. La risposta si è fatta sentire nonostante una città desertificata dalle vacanze e dal caldo. Nel pomeriggio l’inaspettato accordo con il Comune: Matteo Lepore, assessore al Turismo e promotore delle attività culturali della città, posta su Facebook un foglio di trattativa. È a tutti gli effetti un patto: entro metà novembre sarebbe stato trovato per l’Xm24 uno spazio coerente con la sua storia.
In questa sceneggiatura fa la comparsa l’eterno co-protagonista di qualsiasi vicenda italiana degli ultimi due anni: l’allora Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, interviene sui social per complimentarsi con le ruspe che hanno marciato sul corpo dell’ex mercato che ospitava l’Xm. Il Pd locale, nel mezzo di una gran bella brutta figura, reagisce con una risposta del sindaco bolognese e con un post di Matteo Orfini: «Ancora uno sgombero, le ruspe, i blindati. Non può essere questa la soluzione. Si interrompa questo show e riprenda il dialogo» (sic).
Di sera, la polizia si aggira per le ormai spoglie stanze dell’ex-mercato, accompagnata dai pompieri e sostenuta da automezzi guidati da assonnati operai, mentre fuori si fa festa e immaginari da rave si fondono a contesti di sagra paesana. La battaglia di via Fioravanti pareva essersi conclusa in nome di un patto di non belligeranza: non aveva perso l’Xm (vedendo legittimata la sua ricerca di un nuovo spazio), non aveva perso il Comune (salvata la faccia). Felici e contenti?
Pare proprio di no, ce ne siamo resi conto mesi dopo. A inizio novembre, a sette giorni dalla scadenza dell’accordo, l’offerta finale di Lepore si rivela imbarazzante. Il luogo c’è ma, per dirla con le stesse parole degli attivisti, è sintomo di un «Daspo urbano». Il nuovo Xm dovrebbe nascere in Via Zanardi 378, una via lunga altamente trafficata. Lo stradone deve il suo nome non al personaggio di Andrea Pazienza tanto caro ai bolognesi, ma al primo sindaco socialista della nostra città. Via Zanardi parte da Porta Lame, ma è una coda di drago lunga una decina di chilometri: si allontana vertiginosamente dalla rotonda dei partigiani, supera il parco di Villa Angeletti e l’Ipercoop di Lame, taglia in due il quartiere Pescarola e va su un imbocco dell’autostrada e, attraversandola, supera la sede della (storica) radio Città Fujiko, addirittura fiancheggia l’aeroporto. In Via Zanardi 378 siamo a 300 metri e poco più dagli aerei e in piena campagna.
«Siamo partiti con la ruspa di Salvini e vorrei finire con la barca di Bologna», affermava l’assessore il giorno del patto. Ma non aveva detto che la barca doveva abbandonare la città, dirigersi ai confini del cosmo urbano. Nei giorni successivi allo sgombero si mette in moto il progetto «Odissea per lo spazio»: l’immaginario fantascientifico si fonde con quello di una nave di pirati anarchici che solca il mare stellare, in compagnia del cinematografico drago bianco de La storia infinita.
Uno dei modi per salvare le periferie da una destra che avanza è far nascere centri sociali nei luoghi abbandonati distanti dal centro. Il problema è che delocalizzare l’Xm24 in un luogo così distante dalle sue origini è, letteralmente, uccidere il suo spirito. Xm24 è una storia bolognese, anzi, una «storia Bolognina», che negli ultimi tempi voleva dire anche e soprattutto resistere a un modello economico esclusivamente turistico.
Un Xm così periferico significa perdere contatto con la Bolognina e con lo spirito sociale eterogeneo della sua cittadinanza, ma anche allontanarsi drasticamente dalle dinamiche sociali e politiche della città.
A volte la storia è fatta di coincidenze curiose: è tempo di campagna elettorale in terra emiliana, le elezioni regionali del 26 Gennaio 2020 avranno un peso decisivo per un governo fragile. Salvini, che ha sempre descritto Bologna come una città in mano ai jihadisti rossi dei centri sociali, si conquista una serata al Pala Dozza, luogo storico per la storia moderna bolognese: un luogo popolare, sede della Virtus e della Fortitudo, ha ospitato negli anni concerti memorabili, dedicato a un sindaco comunista che per vent’anni ha governato la città, dal dopoguerra fino alla metà degli anni Sessanta. Sembra un brutto film di Sorrentino: il pubblico leghista canta Notti Magiche, mentre sale sul palco la candidata alla regione Lucia Borgonzoni. Su tutto domina un’estetica che sta tra una puntata di Amici di Maria De Filippi e una convention repubblicana.
Fuori dal Pala Dozza la città si riempie di forze di polizia, come non se ne vedevano da un po’: ci sono tante persone per le strade che vogliono dare un messaggio a Matteo Salvini. Piazza Maggiore è strapiena per un flashmob, partecipazione che il Comune (quindi il Pd) ha supportato: nasce il movimento delle Sardine. In Piazza San Francesco un manipolo di persone riempie gli spazi di fronte all’antica basilica, si fa a sua volta massa e, verso le 19.45, si dirige verso il Pala Dozza. Qualche migliaio di umani fa rotta verso le forze dell’ordine che, prontamente, fermano l’avanzata con gli idranti. Seppur costretti a uno spazio di manovra limitato tra Via Riva di Reno e Via Lame, la folla voleva assediare il Pala Dozza: c’era il mondo dei collettivi studenteschi, gli anarchici del movimento Tribolo, gli attivisti dei centri sociali Tpo, Labàs, Xm, Vag, rappresentanti dei sindacati di base, militanti di Potere al popolo. Verso le dieci la manifestazione si conclude, sotto una leggera pioggia che concede il tempo ai ragazzi di tornare a casa.
Ma non tutti tornano a casa: a nord della Bolognina, su Via Ferrarese, gli attivisti di Xm attraversano la Chinatown della città in direzione degli edifici dell’ex Caserma Sani, luogo abbandonato per decenni, tempio segreto per writers e rifugio per diseredati. È il 15 Novembre, la mattina successiva al passaggio di Salvini al Pala Dozza e alla scadenza del «contratto» con Lepore: nasce la nuova casa di Xm24 nella ex Caserma Sani. E con essa una serie di attività febbrili di riorganizzazione e rimessa in vita dei luoghi abbandonati. Forse è utopistico considerare l’attuale giunta comunale consapevole del fatto che se c’è un’anima che un partito di sinistra non può reprimere è quella delle microculture, dell’autogestione, dell’indipendenza e dell’uguaglianza. Vuol dire saper fare i conti con le origini del mutualismo. E per dirla con un filosofo francese che oggi va tanto di moda sarebbe bello se, alla contrapposizione dell’io, si proponessero le forze dell’autoaffermazione e dell’autodeterminazione. Perché i risentimenti della piccola borghesia vengono sconfitti solo così, quando vengono delegati a essere solamente lo strumento dei salvinisti o di chi elogia la legge della giungla che contraddistingue l’etica neoliberista.
La nave spaziale è quindi atterrata ma, se l’odissea si sia conclusa o debba prendere ancora la via del viaggio non è cosa facile da prevedere. Sappiamo che uno studio, Dogma (di Bruxelles), nel 2017 ha vinto un bando di progettazione di riqualifica del posto; ma sappiamo anche che la proprietaria degli edifici abbandonati è Cassa depositi e prestiti, una SpA controllata dal Ministero dell’Economia e da banche private. Lo stato dell’arte lo apprendiamo direttamente dalla voce degli attivisti di Xm24.
Qual è la storia dell’ex Caserma Sani? All’interno dell’edificio c’è quel graffito della Madonna e di un Gesù bambino di incredibile bellezza.
Questa Caserma rappresenta la punta dell’iceberg degli innumerevoli spazi lasciati alla polvere in questa città. Si tratta di una ex-cittadella militare immensa, nel cuore del quartiere Navile, di 10 ettari, con più di 15 edifici di cui molti in buono stato, inutilizzata da vent’anni. Ospitava magazzini, palazzine ed edifici produttivi (tra i quali due silos e un fabbricato frigorifero), macchinari industriali ed è a conti fatti un meraviglioso esempio di architettura industriale. Era collegata con un binario alla rete ferroviaria e dei binari sono ancora presenti nell’area. I primi edifici risalgono a fine Ottocento-inizio Novecento, gli ultimi al dopoguerra.
Nel 2010, un primo accordo tra Demanio e Comune ha messo in vendita l’area. L’asta è andata deserta a causa della base d’asta troppo elevata. Dal 2013 la proprietà è della Cassa depositi e prestiti che sostanzialmente ha riconfermato la volontà di batter cassa, con un piano per la rigenerazione e la valorizzazione che sancisce, in caso di vendita, che il Comune abbia una percentuale del ricavato. Il Piano operativo comunale quando parla di valorizzazione intende privatizzazione degli spazi pubblici cittadini: prevede per la Caserma Sani una capacità edificatoria di circa 54.000 m² a prevalenti funzioni commerciali, abitative e terziarie. Poiché la destinazione d’uso di questi spazi è anche pubblica e ricreativa, l’acquirente, così come per i prati di Caprara [un’area verde di 47 ettari, oasi in mezzo a una zona devastata dal traffico. Il timore di molti cittadini è che quello che potrebbe essere il più grande parco del città diventi vittima dell’ennesima colata di cemento, ndr] dovrebbe garantire semplicemente la presenza di un giardino e di una scuola. Poche briciole rispetto al patrimonio oggi custodito dietro quelle mura. Insomma si tratta dell’ennesimo tentativo di lasciare il quartiere in pasto ai costruttori e mettere a profitto l’area: lo stesso Nulla che ha fagocitato l’ex mercato di via Fioravanti 24, sottraendo lo spazio alla collettività per costruire (ma chissà se lo faranno mai) un brutto cohousing per dieci famiglie.
Il 15 novembre XM24 ha restitutito alla città due degli edifici di quella enorme area dismessa, un gesto dal forte valore simbolico a fronte della gentrificazione che sta investendo il quartiere. Quel giorno la Madonna Trans sul muro della grande sala, ribattezzata «la Cattedrale», ha folgorato tutti. È un opera degli artisti Borondo e Cane Morto. Dopo il nostro ingresso i Cane Morto sono tornati a dipingere l’edificio, questa volta sul muro esterno e nel frattempo molti altri stanno dipingendo e dando nuova vita, parole e colore, a quelle mura.
Nel 2017 lo studio Dogma ha vinto un bando di riqualificazione degli stabili: perché avete scelto un posto così a rischio di interessi edilizi? Sappiamo che la proprietà non è del Comune: non sarebbe convenuto un posto con meno interessi sopra il tetto?
Premesso che quel bando promosso nel 2016 era un concorso di idee, non un progetto immediatamente realizzabile, esso andava decisamente nella direzione di collocare l’ex Caserma sul mercato, rendendola più appetibile dopo l’asta del 2010 andata deserta. Di fatto si tratta della solita «rigenerazione»: si privilegiano interessi edilizi e speculativi e non progetti che colgano le necessità del tessuto sociale. Noi respingiamo del tutto questa logica. Pensiamo che le grandi aree dismesse cittadine dovrebbero essere restituite alla città e sottratte alla speculazione. Per questo motivo avevamo inserito la caserma Sani tra le quattro proposte avanzate come Xm24 all’amministrazione e, dopo tre mesi di scuse accampate per non concederci uno spazio adeguato, abbiamo voluto mantenere noi l’impegno: riaprire presto uno spazio che fosse raggiungibile e sufficientemente ampio da poter accogliere le moltissime persone che hanno bisogno di un luogo come Xm24 e non potevano attendere oltre.
In questi mesi avete creato una narrazione basata sull’iconografia dell’odissea spaziale, un’odissea di una nave di pirati e anarchici: il popolo dell’Xm, una ciurma. Se dovessero sgomberare anche l’ex Caserma Sani, quali sarebbero le prospettive di un nuovo viaggio?
Per le navi pirata che non vogliono accettare leggi repressive e disumane non esistono porti sicuri. Alle signorie locali piacerebbe recintare anche il mare, che è uno spazio senza padroni, per venderlo al «miglioquadro», ci vorrebbero relegati su qualche isoletta deserta, lontani da approdi e rifornimenti, dove la nostra ciurma si consumi senza possibilità di scambio e di rinnovo. In questi 17 anni in Bolognina abbiamo costruito una fitta rete di relazioni sociali e politiche ed è in questa galassia che vogliamo continuare a navigare. Abbiamo chiamato questo viaggio una Storia Infinita e anche se non abbiamo alcuna certezza del domani, di sicuro la parte di città che in questi giorni anima la ex Caserma farà di tutto affinché questa battaglia possa essere lunga. Nella ex Caserma Sani si sta ponendo il germe di una nuova fase di resistenza che intende durare nel lungo periodo. Una resistenza che si attiva attraverso l’autogestione e che vuole essere un faro per illuminare i tempi bui che attraversiamo, una luce fra le crepe, che spiazza e disorienta.
Lasciare uno spazio ad Xm nella Bolognina sarebbe stato un gesto di apertura e riconoscimento della storia urbana da parte della giunta comunale: quali sono i motivi di quello che avete chiamato «Daspo»?
Bologna non è diversa da altre città d’Italia ed Europa dove gli investimenti speculativi e l’indotto generato dal turismo, con la conseguente messa a profitto di tutto il possibile, sono considerate le vie principali per sostenere i bilanci pubblici, e per questo orientano le scelte dell’amministrazione. Dalla Caserma Sani ci è ancora più chiaro: le fabbriche dismesse che circondano l’edificio, trasformate in centri commerciali (in fallimento) o semplicemente abbandonate, sono il segnale tangibile del cambiamento profondo che ha attraversato il tessuto cittadino. Spazi che vengono chiusi, abbandonati, in attesa di una messa a profitto mascherata da «lotta al degrado» o «valorizzazione». Abbiamo così da una parte la museificazione del centro città, invaso da turisti; dall’altra cantieri infiniti (come davanti alla sede storica di XM24 in via Fioravanti) simbolo di una speculazione edilizia che non sempre riesce ma che sempre assorbe spazi e denari pubblici. Non ci siamo mai fatti l’illusione che il Pd bolognese potesse dare un segnale di apertura concreta. È lo stesso partito che da anni sgombera tutte le esperienze solidali autogestite in città; è un partito che contrasta le lotte per gli spazi realmente pubblici e per la giustizia sociale. Spaventato dalla vera partecipazione, ne promuove una fasulla per indorare gli interessi speculativi che sostiene. Ed è il partito, non dimentichiamolo, dei decreti Minniti del 2017 che colpiscono i migranti, i militanti politici e i soggetti più deboli delle città.
La Lega e Fratelli d’Italia, con le parole dei consiglieri comunali Paola Francesca Scarano e Lorenzo Tomassini, hanno attaccato duramente l’occupazione, sostenendo che è stata anche conseguenza del «fuoco amico delle sardine». Ma il flashmob di Piazza Maggiore era sicuramente diversa dalla forma di protesta dei collettivi e dei centri sociali che è avvenuta dalle parti del Pala Dozza.
L’azione puntuale di contestazione mediatica può certamente avere un forte impatto, come avvenuto con la mobilitazione delle sardine. Ma il nostro approccio politico prova anche a definire una proposta alternativa. Xm24 e la sua galassia non si muovono solo contro Salvini. Si muovono a favore dell’autogestione. Autogestione significa organizzazione dal basso. Significa liberarsi, e continuare a liberarsi, del bisogno di un’autorità centralizzata che organizzi le nostre esistenze in base a interessi decisi altrove. Significa minare, attraverso tante piccole pratiche quotidiane, il senso di dipendenza, di impotenza e di immobilità che ci viene trasmesso dall’alto. Significa dare valore alla solidarietà e all’autorganizzazione delle persone. Significa passare ore a pensare insieme, pensare ad alta voce in assemblee immense e lunghe, in cui l’elaborazione collettiva dei sentimenti individuali si concretizza nell’energia con cui ci si sveglia la notte per fare i turni di guardia, nella solerzia con cui arrivano cibo, materassi, materiali. Le migliaia di persone che in questi giorni sono accorse alla ex Caserma Sani sono l’espressione più limpida del bisogno che c’è di spazi in cui potersi esprimere, esistere, incontrare, progettare futuri possibili. Dopo tutti gli sgomberi che Bologna ha subito in questi anni (tutti sgomberi «democratici», ricordiamocelo bene), quelli della ex Caserma Sani ci paiono semplicemente i metri quadri di cui abbiamo bisogno. Non basta una piazza ogni tanto. Le piazze e le strade sono importanti oggi (qua e in altre parti del mondo) come abbiamo dimostrato con una grande manifestazione il 29 giugno. La sfida è culturale e sociale: le persone che hanno dimostrato di non voler rinunciare all’esistenza di Xm24 hanno aperto la Sani per potersi mettere in gioco nell’esperienza di autogestione e per ricostruire pratiche quotidiane di contestazione, resistenza e riscatto.
*Diego De Angelis ha collaborato con Noisey, Motherboard, Esquire, Everyeye e Not, scrivendo soprattutto di cultura popolare. Quando non scrive lavora come informatico.
La rivoluzione non si fa a parole. Serve la partecipazione collettiva. Anche la tua.