
La «denazificazione» è una scusa
Un secolo fa l'Ucraina era l'epicentro dell'antisemitismo. Oggi non è più cosi e ciò dimostra che la storia è sempre in movimento. Anche se la furia razzista si scatena contro altri soggetti
Il disastro in Ucraina è in corso e spesso mi è venuto in mente lo scrittore e filosofo ebreo-tedesco Walter Benjamin. Nelle sue ultime pagine, scritte mentre l’incubo del nazismo scendeva su di lui, Benjamin ci diceva che la storia non si muove in senso lineare verso il progresso. Piuttosto, ha scritto Benjamin, la storia è una tempesta, «un’unica catastrofe che continua ad ammucchiare rottami su rottami», e che produce un «mucchio di detriti» che «cresce verso il cielo».
Se pensiamo all’invasione russa da un altro punto di vista ebraico, questa volta dell’Europa orientale, possiamo osservare una trasformazione silenziosa ma non meno straordinaria nella vita degli ebrei ucraini.
Un secolo fa, l’Ucraina era l’epicentro dell’antisemitismo. Era l’epoca del pogrom, il capitolo più violento della storia ebraica moderna prima dell’Olocausto. La parola «pogrom» deriva dal verbo russo gromit’; depredare o distruggere. Come «kiosk», è una delle poche parole russe a contaminare la lingua inglese. E lo ha fatto proprio quando la notizia di scioccanti ondate di violenza anti-ebraica all’inizio del secolo si è diffusa nel mondo anglofono. Sulla scia della rivoluzione bolscevica, la guerra civile russa vide pogrom in cui furono assassinati almeno centomila ebrei, forse molti di più, molti dei quali uccisi dai nazionalisti ucraini che combattevano nell’esercito di Simon Petliura. C’era antisemitismo da tutte le parti, ma alla fine fu l’Armata Rossa a fermare la violenza.
I nomi dei luoghi che stiamo ascoltando nelle onde radio proprio ora – Kiev, Cherkasy, Chernihiv, Zhytomyr, Odesa, Uman – erano tutti importanti luoghi di violenza antiebraica un secolo fa. La storica Miri Rubin descrive questi luoghi come lieux de memoire (siti della memoria) della storia ebraica. Per Elissa Bemporad, la memoria collettiva ebraica è stata rafforzata da queste atrocità, poiché l’identità ebraica si è intrecciata con le catastrofi in terra ucraina all’inizio del secolo scorso.
Questo antisemitismo è stato portato avanti fino alla metà del ventesimo secolo attraverso la collaborazione del leader nazionalista ucraino Stepan Bandera e dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (Oun) nell’Olocausto. Per molti ebrei, Ucraina divenne sinonimo di antisemitismo.
Eppure oggi, mentre la Russia invade, quell’associazione non regge più. L’attuale stato ucraino è guidato da Volodymyr Zelensky. Sarebbe stato impensabile per quegli ebrei in preda alla guerra e alla rivoluzione un secolo fa immaginare un presidente ebreo dell’Ucraina. Con il passare del tempo, qualcosa di significativo è evidentemente avvenuto. Il passato è semplicemente svanito?
Non proprio; è ancora in bella vista. Ci sono strade in Ucraina oggi che prendono il nome da Simon Petliura, e c’è un monumento a lui dedicato nella città di Vinnytsia; l’eroe nazionale ucraino Bohdan Khmelnytsky adorna la banconota da cinque grivna, mentre nella memoria collettiva ebraica è associato a un massacro del diciassettesimo secolo in cui morirono decine di migliaia di ebrei; c’è un viale Stepan Bandera a Kiev e la storia pogromista dell’Oun è regolarmente rimossa dal nazionalismo ucraino ufficiale.
Eppure gli ebrei ucraini aderiscono alla nazione e lo fanno più o meno con successo. Le dichiarazioni contro l’invasione russa da parte delle principali organizzazioni ebraiche in Ucraina sottolineano questa adesione.
Ciò conferma l’assurdità della guerra imperialista di «denazificazione» di Vladimir Putin. Equiparando qualsiasi rivendicazione statuale ucraina contemporanea al nazismo, vandalizza la storia russa, ebraica e ucraina. Solo una distorsione del passato del genere, sostiene Catriona Kelly, «potrebbe consentire a Putin, che è originario di Leningrado, di infliggere a Kharkiv, Mariupol, Kiev e Mykolaiv la guerra d’assedio che devastò il suo luogo di nascita nel 1941-1945».
La storia ebraica è rimasta invischiata nei dibattiti contemporanei sulla presenza dell’estrema destra nell’Ucraina di oggi. Sebbene elettoralmente insignificante, questa esercita influenza sul fronte militare attraverso il battaglione Azov, che adesso è incorporato come reggimento ufficiale nella guardia nazionale. Ma l’offensiva di propaganda di Putin distorce le cose oltre l’evidenza. La verità è che la presenza dell’estrema destra in Ucraina è stata rafforzata dall’invasione russa.
Le realtà della vita ebraica in Ucraina oggi sottolineano qualcosa di fondamentale ma importante nella storia: ciò che adesso sembra risolto può ripresentarsi il giorno dopo. Così come l’Ucraina si è evoluta nei confronto degli ebrei, il governo di Putin in Russia diventerà un ricordo del passato. Forse prima di quanto ci aspettiamo.
Ma la guerra ha anche messo in luce le complessità della storia, comprese le interpretazioni diasporiche del passato ebraico ucraino. La versione della storia ebraica che presenta una teleologia della violenza, una narrazione del «lungo odio», ha dei limiti. Visti da una prospettiva diversa, i pogrom di ieri possono anche essere intesi come interruzioni a secoli di lotte e convivenze condivise.
Quando mettiamo l’antisemitismo dell’Europa orientale in comparazione con altri razzismi accade qualcosa di rilevante. Da qualche tempo, Ucraina e Russia sono libere dai pogrom per gli ebrei. Ma lo stesso non si può dire per tutte le comunità di minoranze della regione. Dobbiamo solo ricordare il pogrom – sì, pogrom – avvenuto nel 2018 nel parco Holosiivskyi di Kiev, non contro gli ebrei ma contro i rom – un pogrom avvenuto a poche miglia da un luogo di violenza antiebraica nel 1919. E sebbene sia poco studiato, sappiamo abbastanza sul razzismo contro i non-bianchi in Russia per sapere che il problema è serio e che la scomparsa del pogrom antiebraico non è stata accompagnata dalla scomparsa dell’ostilità della razzializzazione. Siamo stati tutti testimoni dello spettacolo del modo in cui i rifugiati sono stati classificati gerarchicamente ai confini dell’Europa orientale a causa della razza, con i migranti neri ultimi in fila. Questa storia di razzismo presente fornisce un punto di osservazione da cui considerare la storia dell’antisemitismo e, quindi, anche la storia ebraica.
Cosa ci consegna tutto ciò? Se si parte dai pogrom della guerra civile di un secolo fa, la gravitazione ebraica verso la nazione ucraina è straordinaria. Ma la storia dell’antisemitismo nella regione potrebbe essere compresa meglio mettendola in dialogo con l’impatto strutturante del razzismo passato e presente. L’attaccamento degli ebrei all’idea dell’Ucraina negli ultimi anni non significa che le forze della razzializzazione che hanno reso invivibile la vita degli ebrei in passato siano scomparse per tutti. Assumere questo punto di vista potrebbe anche aiutarci a comprendere meglio la tempesta della storia, mentre i rottami si accumulano sempre più in alto, avvicinandosi sempre di più al cielo.
*Brendan McGeever è docente di sociologia presso il Dipartimento di Studi Psicosociali di Birkbeck, Università di Londra. Lavora ancheal Birkbeck Institute for the Study of Antisemitism. Ha scrittoThe Bolsheviks and Antisemitism in the Russian Revolution. Questo articolo, pubblicato originariamente sul sito della casa editrice Verso, è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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