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La polizia detesta Mélenchon

Harrison Stetler 18 Giugno 2022

Tutti i potenti sindacati delle forze dell'ordine francesi dicono chiaramente che se la sinistra domani vincesse le elezioni legislative per loro sarebbe un problema

«Ci saranno proteste enormi nelle fila della Police Nationale», annuncia Yves Lefebvre a Jacobin. «Ho detto che non obbedirò mai a Jean-Luc Mélenchon. La Francia verrebbe data alle fiamme, ma questa volta la Police Nationale si schiererebbe contro il potere politico del momento», afferma il segretario generale della sezione del ministero dell’Interno della Force Ouvrière, un ramo del più grande sindacato di polizia francese. «Tra la peste e il colera, preferisco la peste», continua.

Preferisco dover gestire i movimenti sociali contro la riforma delle pensioni con un governo che, qualunque cosa si possa dire a riguardo, ha sostenuto la polizia dal 2017… Con Mélenchon, non ci sarà la riforma delle pensioni, ma invece di manifestare nelle strade contro [la riforma], ci saranno proteste della polizia contro il governo in carica. E sarebbero quasi insurrezionali.

Lefebvre sostiene di essere «un uomo di sinistra». Ma è difficile da distinguere tra una minaccia e il suo avvertimento sulla reazione delle forze di polizia nel caso del conseguimento della maggioranza in parlamento della coalizione di sinistra di Mélenchon nel secondo turno elettorale di questa domenica. La prospettiva è improbabile, nonostante si trovi in vantaggio nelle elezioni del primo turno. Yves Assioma, uno dei suoi omologhi all’Alliance Police Nationale, spesso considerato il sindacato di polizia francese più apertamente di destra, è più contenuto. «Ci siamo adattati al governo – dice – E spesso sono anche i nuovi ministri che si sono adattati alla loro polizia». Assioma sta spiegando il modo in cui l’apparato di polizia ha navigato nelle precedenti transizioni politiche, ma fornisce anche un implicito riconoscimento del peso di questo collegio elettorale.

Mélenchon non è, ovviamente, il primo ministro francese. Dopo aver ottenuto il 26% lo scorso fine settimana, sembra che la sua coalizione Nouvelle Union Populaire écologique et sociale (Nupes) non riuscirà a vincere il secondo turno di questa domenica. Se è così, Mélenchon non avrà alcuna carica – ha deciso di non candidarsi come deputato – ma resterà il leader de facto tra le forze politiche di sinistra.

Mélenchon, tuttavia, si è guadagnato le ire dei sindacati francesi delle forze dell’ordine. Le dichiarazioni di Lefebvre riflettono le ansie e le preoccupazioni che attraversano un’istituzione pubblica tesa, che si trova coinvolta in dibattiti nazionali inaspriti sul razzismo, l’uso legittimo della forza letale e le tattiche di controllo della folla spesso criticate come eccessivamente repressive.

«La polizia uccide»

Queste domande sono tornate in prima pagina nelle ultime settimane e hanno lasciato il segno nella campagna elettorale stessa. La notte del 24 aprile, due persone sono state uccise a colpi di arma da fuoco da un poliziotto su un ponte nel centro di Parigi. L’ufficiale coinvolto è stato successivamente arrestato per l’uso letale della sua arma da fuoco, che avrebbe adoperato dopo che le due vittime non erano riuscite a fermare la loro auto eseguendo gli ordini dell’agente. Alcuni giorni dopo, il 2 maggio, l’Alliance Police Nationale, insieme ai Synergie-Officiers e ai sindacati di polizia dell’Unsa, ha tenuto una manifestazione vicino al Palais de Justice alla presenza di circa ottocento poliziotti. Puntando il dito contro l’accusa di omicidio dell’agente, il sindacato chiede che sia codificata una «presunzione di legittima difesa» nei casi che coinvolgono l’uso di un’arma da fuoco da parte degli agenti di polizia in servizio.

Dalla metà degli anni 2010, e in particolare durante la crisi dei gilets jaunes del 2018 e 2019, la polizia antisommossa francese e i protocolli di controllo della folla sono stati oggetto di una maggiore attenzione. Questo dibattito è stato amplificato – e internazionalizzato – dallo spettacolo della disastrosa gestione da parte della polizia della finale di Champions League allo Stade de France il 28 maggio di quest’anno. Ma invece delle immagini di giovani manifestanti che si scontrano con la polizia antisomossa, a fare notizia nella notte, non solo in Francia, è stato lo spettacolo dei tifosi del Liverpool di fronte all’uso apparentemente onnipresente dei gas lacrimogeni da parte delle forze di polizia. Gli incidenti sono stati in gran parte attribuiti da alti funzionari del ministero degli interni al teppismo calcistico e a una presunta ondata di biglietti falsi.

Il 7 giugno, un altro individuo, il passeggero di un’auto il cui autista cercava di fuggire da un posto di blocco della polizia, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco in un quartiere a nord di Parigi. L’ufficiale implicato nella morte non è stato sottoposto a controllo legale e ha ripreso servizio. Ma Mélenchon, rispondendo alle crescenti richieste della sinistra affinché la polizia francese, ha denunciato «un inaccettabile abuso di potere» da parte di una polizia che «uccide».

Per quelle dichiarazioni e per il fatto che Mélenchon ha descritto Alliance come un gruppo di pressione «fazioso», il sindacato ha intentato una causa per diffamazione contro di lui. Ma non è stata la prima volta che ci sono state tensioni tra Mélenchon e i sindacati di polizia francesi. Più di recente, all’inizio di maggio, Alliance ha lanciato un’altra denuncia legale contro l’esponente politico quando l’ha nuovamente descritta come un «sindacato fazioso» che «pretende il diritto di uccidere le persone».

La Unité Sgp Police-Force Ouvrière di Lefebvre non condivide queste reazioni. «Oggi il problema è la mancanza di risposte penali a Jean-Luc Mélenchon», afferma comunque.

Come può un uomo che ha le sembianze di un tribuno politico, e che è ultra, ultra-mediatizzato, essere autorizzato a insultare la polizia repubblicana senza esporsi a sanzioni legali? È inaccettabile. La critica deve essere costruttiva, bisogna dire che ci sono cose da migliorare. Non sono uno di quelli che nega che ci sia razzismo nella polizia nazionale. Ovviamente ci sono razzisti e uomini e donne violenti nella polizia nazionale. Ma sono una piccolissima minoranza.

«Vi sembrerò duro, ma se lo meritava», ha detto Lefebvre ai giornalisti di Mediapart all’inizio del 2019, di un manifestante dei gilets jaunes la cui mano è stata mutilata dalla polizia antisommossa.

Divisioni nella sinistra

Queste difese non si limitano ai sindacati di polizia organizzati, il cui scopo stesso è la difesa incondizionata dei loro membri. Né si limitano a politici di destra e funzionari governativi che assecondano le forze di polizia. Lo scorso marzo, il ministro degli interni di Emmanuel Macron, Gérard Darmanin, si è unito a una parata di candidati presidenziali di destra in una convention dell’Alliance Police Nationale.

Il fatto che sondaggi come quello del canale televisivo di estrema destra Cnews indichino che oltre otto francesi su dieci «hanno fiducia» nella polizia, porta Assioma a respingere le critiche alla polizia come emanazione di «una frangia di estrema sinistra che è anti-repubblicana, ai limiti dell’anarchismo».

Questa rappresentazione è grave ed errata. Uno dei segni evidenti della relativa impermeabilità della polizia alle critiche, tuttavia, è che le prime crepe all’interno della neonata coalizione di unità di sinistra riguardano proprio la questione della polizia e della violenza della polizia. Il programma di Nupes si basa sulla necessità di sviluppare nuove pratiche di polizia locale e di comunità. Ma sfugge alle critiche più frontali provenienti da attivisti che prendono di mira la natura strutturale del razzismo e della violenza della polizia.

Il Partito socialista, per esempio, ha sconfessato il concetto stesso di «violenza della polizia». Nel programma di Nupes è riuscito ad aggiungere il disclaimer che «il Partito socialista rifiuta l’uso del termine ‘violenza della polizia’» e che quindi «non sosterrà la creazione di una commissione d’inchiesta sulla violenza della polizia che ha causato la morte o mutilazione dei cittadini». Dopo aver chiesto nel maggio 2021 il reclutamento di migliaia di agenti di polizia, Fabien Roussel ha preso nuovamente le distanze da Mélenchon dopo le incursioni di quest’ultimo con l’Alliance Police Nationale, dicendo durante la campagna elettorale per le legislative che «abbiamo bisogno di una polizia più addestrata e sufficientemente numerosa, ufficiali e gendarmi per garantire la nostra tranquillità. In nessun caso parlerò così, mai».

Queste increspature riportano a galla le divisioni tra i partiti di sinistra. In un’importante dimostrazione di forza nel maggio 2021, Alliance e altri sindacati hanno tenuto una grande manifestazione a cui hanno partecipato diverse migliaia di agenti di polizia davanti all’Assemblea nazionale. Sulla scia della costante mobilitazione della polizia durante la pandemia, che a sua volta ha fatto seguito a un periodo di intensificata attività della polizia nel 2018 e nel 2019, la manifestazione ha cristallizzato una crescente irrequietezza all’interno delle forze di polizia. Dopo una serie di omicidi ad opera di agenti in servizio, il leader dell’Alleanza Fabien Vanhemelryck ha criticato il presunto lassismo del sistema giudiziario, dichiarando che «il problema della polizia è il sistema giudiziario». La France Insoumise di Mélenchon è stata l’unica grande formazione politica non rappresentata alla manifestazione, a cui hanno dovuto partecipare Yannick Jadot dei Verdi, Fabien Roussel dei comunisti e Olivier Faure del Partito socialista.

Reati in diminuzione

Non dovrebbe sorprendere che il ministero degli interni sia finora sopravvissuto indenne al recente rimpasto di Macron. Dopo aver ricoperto la carica dalla metà del 2020, la riconferma di Darmanin a ministro degli interni è stata interpretata come un segnale a quello che sta diventando un gruppo di pressione chiave. Per i critici di sinistra, Darmanin – ex sostenitore del presidente conservatore Nicolas Sarkozy – è l’incarnazione dei veri tratti autoritari del macronismo. All’interno della sua amministrazione e tra le «truppe» sotto la responsabilità del suo ministero, è ampiamente percepito come una figura che ha mantenuto la parola data in merito al crescente malcontento della polizia sulle condizioni di lavoro e ha respinto gli attacchi contro un’istituzione sotto la crescente attenzione pubblica.

Per ciascuno degli scandali ricorrenti che circondano la polizia, Darmanin è stato un difensore fedele come qualsiasi appartenente alle «forze dell’ordine» francesi. Il suo ritorno al governo è un messaggio alla polizia che nei prossimi anni si terrà conto dei loro interessi. Prima di una risposta al possibile periodo di tensione dei movimenti sociali, è anche una garanzia per la lealtà di un segmento vitale dello stato francese. «Qualunque sia il fenomeno – un problema di delinquenza, violenza urbana o mantenimento dell’ordine – chi è lì per difendere il governo in carica? La polizia – dice Assioma – La polizia è l’ultimo baluardo della Repubblica. Se un domani… tagliassimo braccia e gambe alla polizia, è il governo che crollerebbe».

«Dobbiamo ripristinare il rispetto del lavoro delle forze dell’ordine», afferma Lefebvre. Questo è un compito a cui Darmanin tiene molto, ponendosi come il flagello della «delinquenza» che si suppone «svilisca» la Francia. Contro gli attivisti di sinistra, alcuni media locali e il collettivo politico Nantes Révoltée, Darmanin ha minacciato lo scioglimento amministrativo in acrobazie pubblicitarie criticate come concessioni ai sindacati di polizia. Nuovi protocolli di sicurezza, come lo Schéma national du maintien de l’ordre del dicembre 2021, hanno ampiamente ratificato le tattiche aggressive che le forze del ministero dell’interno hanno sviluppato negli ultimi anni, poiché la polizia è stata chiamata con crescente frequenza a sostenere il peso della risposta del governo ai movimenti sociali. Approvata nel 2021, anche la «legge sulla sicurezza globale» è stata criticata per il fatto di assecondare la polizia, sebbene alcune delle sue misure più aggressive, come le restrizioni alle riprese degli agenti, alla fine siano state censurate dai tribunali.

«Più si estende la sfera di competenza della polizia, più la sua autorità ne risente», dice a Jacobin Laurent Bonelli, un sociologo della polizia. Ma è proprio questo paradosso che molte rivendicazioni dei sindacati di polizia rischiano di aggravare. La principale tra queste è l’appello dell’Alleanza a una «presunzione di legittima autodifesa», che i critici vedono come un tentativo di proteggere gli agenti di polizia da qualsiasi potenziale controllo che potrebbe mettere in discussione l’uso della forza. «I nostri colleghi dovrebbero beneficiare sistematicamente di una presunzione di autodifesa – dice Assioma a Jacobin – La seconda richiesta è che speriamo anche che gli agenti di polizia possano ricevere uno status giudiziario speciale per evitare di essere arrestati in caso di uso di armi da fuoco». «Non avrebbe valore – dice Lefebvre – La legge francese prevede già la presunzione di innocenza. La presunzione di autodifesa, è una fantasia, una posizione ultra-populista».

Una delle domande su cui queste forze sono d’accordo è nel prendere di mira una presunta ondata di «delinquenza» come il vero problema che affligge la polizia. «Se alcuni criminali fossero stati condannati con la severità che meritano, non saremmo dove siamo oggi», afferma Lefebvre, chiedendo restrizioni più severe alla discrezionalità giudiziaria nell’applicazione di condanne minime. Contrariamente a queste affermazioni fatte da Darmanin e dall’estrema destra allo stesso modo, non c’è un’ondata di criminalità violenta in Francia. Nonostante una serie di eventi altamente mediatizzati, la Francia ha effettivamente assistito a un calo dei tassi di criminalità violenta negli ultimi anni, come riferisce il New York Times.

Ma con i sindacati di polizia che si fronteggiano alle elezioni interne della professione a dicembre, non c’è dubbio che ci sia un elemento di manovra politica tra queste organizzazioni. I sindacati francesi godono di livelli di sindacalizzazione tra i più alti del paese: oltre il 65% degli agenti fa parte di un sindacato di polizia, mentre oltre l’80% tende a partecipare alle elezioni professionali. Queste cifre fanno impallidire i tassi di sindacalizzazione in altri segmenti dell’economia e persino in altre professioni del settore pubblico. «Possono affermare di avere un vero grado di rappresentatività – dice Bonelli – devono apparire ciascuno più bravo degli altri a difendere i poliziotti, il che spiega questa costante superiorità».

Una categoria protetta

Più finanziamenti, una vasta gamma di nuovi vantaggi protocollari, nuove promesse di reclutamento e attrezzature migliorate: la vicinanza e l’indispensabilità dei sindacati di polizia al potere stanno davvero dando i loro frutti. «I sindacati di polizia sono gli unici che possono difendere qualcosa senza che essere bollati di una richiesta corporativa», ha rimarcato Bonelli. Al culmine del movimento contro la proposta di riforma pensionistica di Macron (presentata nel marzo 2020), i sindacati di polizia hanno assicurato un sistema pensionistico speciale per gli agenti, contrariamente a una riforma il cui obiettivo dichiarato era la creazione di un sistema universale e unificato.

In contrasto con la tendenza all’austerità, anche il ministero dell’Interno sta godendo di un’ondata di generosità finanziaria. Presentata davanti al gabinetto nel marzo 2022, una nuova legge sul finanziamento del ministero dell’Interno assegnerà ulteriori 15 miliardi di euro di finanziamenti. I leader sindacali ora cercano di ottenere aumenti salariali migliori per compensare l’inflazione, garantire speciali garanzie abitative per aiutare gli ufficiali e arginare i suicidi all’interno delle forze armate. «La polizia come cura miracolosa per risolvere i problemi sociali è un’idea piuttosto nuova – dice Bonelli – Questo sviluppo ha, senza dubbio, rafforzato il potere della polizia all’interno dello stato».

Ma questo status eccezionale non ha impedito a quella che Bonelli chiama una «sindrome dell’assedio» di prendere il controllo dell’istituto. Tra gli appelli della nuova sinistra alla riforma della polizia e i rischi di un clima sociale turbolento nei mesi e negli anni a venire, Lefebvre ha affermato che «c’è un senso di esaurimento per gli eventi che si stanno avvicinando e la stanchezza per l’incoerenza degli ordini impartiti». Ma rispetto al «colera» del melenchonismo, la «peste» di Macron ha avuto i suoi vantaggi per la polizia francese.

*Harrison Stetler è una giornalista freelance e insegnante, vive a Parigi. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

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