La sinistra dei social si è arresa?
L’attivismo online plaude a tutta la leadership democratica, a partire da Kamala Harris. Ma quante delle rivendicazioni di Occupy Wall Street o delle campagne di Sanders sono state finora realizzate?
Dall’isola felice e piena di «noci di cocco» della Convention nazionale democratica, dove Alexandria Ocasio-Cortez (Aoc) e Hillary Clinton sono accolte entusiasticamente allo stesso modo e le voci di protesta di Gaza vengono rapidamente messe a tacere, è facile dimenticare quanto velocemente si muova la Storia. Ma molto è cambiato negli ultimi anni, soprattutto nel mondo della politica di sinistra.
Nel decennio iniziato con Occupy Wall Street nel 2011 e terminato con la sconfitta di Bernie Sanders alle primarie del 2020, una nuova America si è buttata nella politica nazionale – nei comizi di piazza, nelle maratone di propaganda e, anche, nelle trincee della guerra sui social media. Se l’attenzione spudoratamente elettorale ha distinto questa generazione dai precedenti movimenti di sinistra, i «Bernie Bros», gran parte dei Democratic Socialists of America (Dsa) e la «sinistra che si sporca le mani» online hanno mantenuto un profondo scetticismo nei confronti di entrambi i partiti principali.
Scorrendo i social media nell’ultimo anno – e soprattutto nell’ultimo mese – questo non sembra più nemmeno lontanamente vero. Al posto dell’ostilità che un tempo si notava verso la leadership democratica, ora vediamo un entusiastico consenso per i principali attori e personalità del partito. Non solo per figure progressiste come Aoc o Elizabeth Warren, ma anche verso i leader mainstream del Partito Democratico realmente esistente: Kamala Harris, Tim Walz, Gretchen Whitmer, Andy Beshear e così via.
Come tutto ciò che è online, gran parte di questo è stato presentato con bonaria ironia, ma la direzione è chiara. «Socialisti per Pritzker» è stato un nome ironico, finché ovviamente non ha fatto più ridere. Con la leader della mafia bolscevica Nancy Pelosi ora schierata, dopo la spietata eliminazione di Joe Biden, solo una piccola parte dei Democratici più anziani o «centristi» sembra esente dall’amore per la leadership democratica.
Per i liberals può sembrare che la sinistra online sia cresciuta dall’era irriverente e improduttiva da «sporchi e cattivi». È interessante notare, tuttavia, che l’energia ottimista e favorevole ai Democratici proviene da una generazione più giovane di quella dei Berniecrats originali. È facile comprenderne le ragioni: la svolta apparentemente antiliberista della Bidenomics, l’ascesa di Democratici più vicini ai sindacati e, naturalmente, una generale stanchezza e disgusto per il trumpismo.
Ma guardando indietro di un decennio, vale la pena chiedersi: quanti dei problemi fondamentali del 2010 – quelli che hanno lanciato Occupy e alimentato le campagne elettorali di Bernie – sono stati affrontati dai Democratici di oggi?
Mi riferisco alle grandi questioni: l’assistenza sanitaria universale, il potere del capitale sul lavoro, la divisione in classi, i crimini della politica estera statunitense. Quanti progressi abbiamo fatto su questi temi? Il credito d’imposta per i bambini e l’aumento dei fondi per le infrastrutture verdi sono piccole vittorie meravigliose, ma stanno davvero costruendo un ponte verso la socialdemocrazia, o addirittura verso il socialismo democratico? Se sembro acido, è perché temo che alcuni dei nostri migliori giovani siano stati comprati a buon mercato.
*Matt Karp è professore associato di storia all’Università di Princeton e collaboratore di Jacobin Mag dove è uscito questo articolo. La traduzione è a cura della redazione.
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