La storia operaia più bella
Ingaggiare una lotta che fa saltare tutte le narrazioni dominanti, come hanno fatto alla Gkn, significa condensare collettivamente le capacità di decine di scrittori e scrittrici. Per riprendere in mano il racconto delle nostre vite
Ci vorrebbe Stefano Tassinari per raccontare l’amore degli insorti della Gkn.
Ci vorrebbe David Peace perché forse tornerà l’inverno del padronato. E rischieremo di perdere la partita. Ma dovremo ancora camminare. Assieme. Nel vento e nella pioggia. Coi nostri sogni in frantumi. Tra i muri e le divise, tra le cariche e l’asfalto bagnato. Come i minatori inglesi del grande sciopero dell’84. Eppure sapremo che mai. Cammineremo. Da soli. Mai. Cammineremo. Da soli. Perché ci siamo guardati negli occhi. Nella mensa di fabbrica. Nelle assemblee del gruppo di sostegno. A darci il cambio al boschetto. Tra le polveri di metallo e la sdraio per terra. E un giornale da leggere al freddo. Aspettando le brioche calde del fine turno. Caffè sambuca e sigarette. Ai tavolacci vicino alla portineria. Sotto la tenda, tra i bancali. Dove ci ritroviamo a guardarci negli occhi e a dirci che mai cammineremo da soli. A chiederci come stai?
Ci vorrebbe Simon Weil per farci entrare dentro alla condizione operaia contemporanea della nuova classe. Che è fatta sempre più di donne e di migranti. Ma che stupisce perché in fondo ha qualcosa ancora della classe operaia specializzata di un tempo. Quasi della vecchia aristocrazia operaia. E te lo dicono anche loro che è proprio perché avevano contratti stabili che hanno potuto difendersi meglio dei precari. Perché avevano tempo libero e quel tempo lo dedicavano chi a cucinare alla casa del popolo chi ha suonare in una band chi ad allenare i pulcini al calcio nei campi di periferia e insomma stavano dentro a reti sociali fuori dal posto di lavoro e queste reti sono state la prima base della mobilitazione perché volantinavano ai genitori dei piccoli calciatori dentro ai circoli Arci dentro a circuiti solidali fatti di sguardi di contatti di corpi di persone che si chiedono come stai?
Ci vorrebbe Hunter S. Thompson per raccontarci la summer of love della classe operaia per scrivere il gonzo reportage definitivo sulle lotte operaie la storia delle vite operaie come se fosse delirio e paura all’Osmannoro o a Campi o a Sesto insomma nei luoghi della produzione dove non arrivano i turisti per comprare e neanche i giornalisti per raccontare le vite dei facchini dell’ikea o delle operaie del tessile ci vorrebbe Thompson per raccontare insomma le vite dei nuovi operai che a volte sono stati infilati a forza in fabbrica dai babbi operai ma ai turni c’era bordello c’era la goliardia operaia si faceva banda e mi ricordo le foto del catalogo sexy degli operai (in versione etero e omo) e dei video dei cellulari della nuova classe operaia che usa l’umorismo come arma di lotta con un vecchio operaio che si presenta a un’assemblea sindacale travestito da Cristo operaio con una tunica bianca e una croce sul groppone e mentre un sindacalista parla per fare accettare un accordo al ribasso lui scaraventa la croce in sala mensa dicendo allora ci volete proprio crocifigge’ maremma maiala! Come sto? Sto uno schifo, sto!
Ci vorrebbe bell hooks per raccontarci dei lavoratori della Texprint di Prato che vengono malmenati sulla linea del colore dagli sgherri dei padroni perché sono classe operaia e sono neri e con loro si può usare la mano pesante ma arrivano dalla Gkn a dire siamo con voi e voi siete noi perché siamo la classe e chi fa un torto a uno fa un torto a tutti e se state male voi stiamo male noi.
Ci vorrebbe David Graeber per spiegarci che la working class è una caring class e quando scrive canzoni e crea un immaginario e sviluppa una cultura popolare in realtà si sta tirando su di morale è un atto di cura e di mutuo appoggio perché l’empatia è alla base della condizione operaia perché gli operai devono sempre sapere cosa sta nella testa del padrone e invece il padrone se ne sbatte di come stanno gli operai lui mica ti chiede come stai?
Ma per raccontare davvero bene la lotta della Gkn ci vogliono i lavoratori della Gkn
perché hanno scritto loro la storia operaia più bella
quella che né Tassinari né Peace né Weil né Thompson né hooks né Graeber e tantomeno io sapremmo mai scrivere
perché loro tengono i piedi dentro a quelle storie
e chiedono a noi come stiamo
e questa storia operaia l’hanno scritta in volantini e comunicati così belli che facevano piangere comunicati poetici che ti squarciavano il cuore e ti facevano innamorare della classe operaia
e l’hanno scritta in comizi che resteranno nella memoria quello davanti all’asfalto della Gkn alla manifestazione tarantolata per il caldo d’agosto e quello di piazzale Michelangelo tra il viola dei fumogeni e soprattutto quel manifesto operaio che è stato il discorso al convegno della Fiom di Bologna
hanno scritto la propria storia con le loro parole si sono raccontati con la penna con i video e con le canzoni si sono raccontati da soli per tirarsi su di morale e non farsi raccontare dagli altri e hanno fatto un lavoro sull’immaginario e sulla cultura che è stato la base su cui è cresciuto il conflitto che vuole cambiare i rapporti di forza
e vi dico una cosa io sono dieci anni che scrivo storie operaie ci ho messo dieci anni a scrivere tre libri di storie operaie e in questi dieci anni ho anche scritto migliaia di articoli e interviste ho scritto un milione di battute pestando un milione di volte i tasti sull’importanza di costruire un nuovo immaginario per la classe operaia e speravo che i miei libri potessero servire a costruire un immaginario ma in dieci anni non penso di aver spostato mica tanto le cose forse neanche di una virgola
poi quei quattro operai che vedevi sempre negli incontri su tematiche operaie in Toscana che ci si vedeva alla festa di Lari o a un evento per la Bekaert hanno detto insorgiamo
e quei quattro sono diventati quaranta poi quattrocento poi quattromila poi quarantamila
e questo dal 9 di luglio a fine settembre
e in 75 giorni un gruppo di operai ha fatto quello che né Weil né i ricercatori compagni né Jacobin né io potremmo mai fare
quello che in dieci anni e un milione di battute non sono riuscito a fare
hanno costruito un immaginario per la nuova classe lavoratrice
e poi
hanno vinto la prima battaglia di una lotta
hanno creato la mobilitazione operaia più forte da decenni
hanno scritto leggi mobilitato tecnici e scienziati preparato discorsi e canzoni e occupato rotonde
si sono presi cura della fabbrica e di voi che camminavate con loro
e vi hanno chiesto come state
e se hanno fatto tutto questo di botto e senza preavviso cosa potrebbero fare se non avessero il padrone sul groppone? E allora a che cazzo servono i padroni a parte licenziare personale rompere le scatole e chiudere stabilimenti e fare soldi con il lavoro degli operai?
E porsi queste domande coi piedi nel fango e il cuore nel vento e gli occhi sul sole
questo vuol dire essere classe operaia
che è diverso da essere un proletario
significa che la storia ti cammina sotto i piedi
che quello che non possono fare gli scrittori e i politici e i sociologi e i ricercatori e gli economisti e i giuslavoristi e i padroni e soprattutto la classe media
riesce di botto e senza preavviso ai proletari in lotta che coi loro compagni diventano classe operaia
per questo bisogna distruggere la classe operaia, pensano i padroni
ci servono operai ma divisi, mica solidali come classe, dicono i padroni
perché gli operai lavorano e questo va bene ma la classe trasforma il mondo e chiede giustizia e diritti e fa funzionare le cose in maniera giusta e quindi rompe i coglioni
e invece le cose devono funzionare in maniera storta
altrimenti che ci stiamo a fare noi che siamo i padroni di un mondo che va a rotoli? di un mondo che ci siamo messi in tasca rovinando il futuro del pianeta?
guai quindi a parlare di classe operaia
perché è l’unica che può cambiare le cose
per questo la sinistra gentrificata perde
perché ha sbattuto fuori la classe dai propri progetti
e non può succedere – mi spiace per la sinistra liberal – che a cambiare il mondo sia la classe media che è l’unica classe di cui si può parlare al telegiornale
ossia la classe che trasforma le proprie conquiste in privilegi
mentre la classe operaia è la classe che nel sangue c’ha l’universale
è il diluente che scioglie il particolare nel collettivo
e trasforma i privilegi in diritti
e dice insorgiamo
(si noti per inciso che la Gkn è anche riuscita
a riunire il litigioso movimento fiorentino
Che litigava dai tempi dei guelfi e dei ghibellini
Impresa che non era riuscita neanche a Dante… scherzo eh, si fa per scherzà…)
e apro un secondo inciso che una volta ho sentito una signora di classe media ascoltare
uno della Rsu di Gkn
e dire ma come parla bene possibile che uno così debba fare l’operaio
e questo è il classismo della sinistra gentrificata
è proprio perché è operaio che parla bene
se parlasse di operai il figlio del notaio parlerebbe uno schifo
ma l’operaio e le operaie
se trovano compagne e compagni
e il conflitto che è madre di ogni lotta
parlano bene
è proprio perché è operaio che parla bene
non perché ha talento
ma perché ha i piedi nel fango e nell’ingiustizia e nello sfruttamento
il cuore nel vento aperto alle sofferenze dei compagni e delle compagne
e gli occhi per guardare oltre il proprio orticello e i privilegi
e questo vuol dire essere classe operaia
stare coi piedi nella merda e fissare il sole
non per te ma per tutti gli sfruttati
e allora studenti e precari e ceto medio impoverito
non siete soli
smettete di sognare i privilegi dei vostri genitori
quei privilegi si sono sciolti come il ghiaccio
che i loro Suv hanno sciolto
basta vittimismo e rancore
storicizzate le vostre sfighe e socializzate la vostra rabbia
e soprattutto
innamoratevi della classe operaia
vi hanno detto che la classe media era l’epicentro del mondo
quando invece era solo l’airbag del padrone
ci han detto siamo tutti classe media
per scoprire che quel mondo di proprietari di partite iva e la fattura a sessanta giorni
era vulnerabile e debole incapace di lottare perché incapace di solidarietà
i migliori erano soli e piangevano
i peggiori imitavano i quattrinai e fottevano
ma venite nella classe operaia
date compagni alla classe operaia e la classe non morirà
anzi lotterà con voi
per voi camminerà con voi
e vi chiederà come state
a quindi insorgiamo con gli operai Gkn e con le operaie del collettivo di fabbrica
schierati a protezione di un’intesa
tra l’utopia di chi insegue gli orizzonti
e gli orizzonti stessi che si spostano per noi
come se fossero le guide di un cammino
in fondo al quale scavalcare il mare
per ritrovare lì l’amore degli insorti
che solo noi sappiamo pronunciare.
(NB: Le ultime righe sono una poesia a verso libero che sta nelle ultime pagine del romanzo L’amore degli insorti di Stefano Tassinari edito da Alegre).
*Alberto Prunetti, scrittore e traduttore, è autore di Nel girone dei bestemmiatori (Laterza, 2020), 108 metri. The new working class hero (Laterza, 2018) e Amianto. Una storia operaia (Alegre, 2014). Per Alegre dirige la collana di narrativa Working Class.
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