L’ascesa dei bullshit jobs
Il capitalismo contemporaneo affianca a lavori utilissimi e sottopagati mansioni totalmente inutili che di fatto servono a mantenere l'ideologia del padrone e rapporti feudali. Se ne occupò David Graeber
David Graeber in Bullshit Jobs (Garzanti, 2018) ha sostenuto come molti lavori oggi siano essenzialmente inutili o, come li chiama il titolo del libro, Bullshit Jobs. Suzi Weissman di Jacobin Radio lo aveva incontrato all’epoca dell’uscita del libro per scoprire cosa sono i lavori di merda e perché sono proliferati negli ultimi anni.
Una tassonomia
Andiamo subito al punto. Qual è la definizione di un bullshit job?
Si tratta di un lavoro talmente inutile, o addirittura dannoso, che persino chi lo fa è intimamente convinto che non dovrebbe esistere. Certo, devi fingere – questo è l’elemento di merda – che ci sia una ragione per cui quel lavoro esiste. Ma segretamente, pensi che se questo lavoro non esistesse non farebbe alcuna differenza, o il mondo sarebbe effettivamente un posto leggermente migliore.
Nel libro, inizi distinguendo i bullshit jobs da quelli di merda. Forse dovremmo iniziare a farlo adesso, così possiamo parlare di quali sono i lavori di merda?
Sì, le persone spesso commettono questo errore. Quando parli di lavori di merda pensano solo a lavori pessimi, umilianti, in condizioni terribili, senza benefit e così via. Ma l’ironia è che quei lavori in realtà non sono una cazzata. Sai, se hai un brutto lavoro, è probabile che tu stia effettivamente facendo del bene. In effetti, più il tuo lavoro è vantaggioso per le altre persone, meno è probabile che ti paghino e più è possibile che si tratti di un lavoro di merda in questo senso. Puoi vederla come una contraddizione. Da un lato, ci sono lavori che sono lavori di merda ma in realtà sono utili. Se stai pulendo i bagni o qualcosa del genere, almeno hai la dignità di sapere che stai facendo qualcosa a beneficio degli altri, anche se non ne ricavi molto altro. D’altra parte, ci sono lavori in cui sei trattato con dignità e rispetto, ricevi una buona paga, ottieni buoni benefit, ma lavori sapendo che quello che fai è completamente inutile.
Dividi i capitoli in base a diverse tipologie di bullshit jobs. Ci sono flunkies, goons, duct-tapers, box-tickers, task-makers, e bean-counters. Forse possiamo distinguere queste categorie.
Ho raccolto diverse centinaia di testimonianze di persone che avevano un lavoro di merda. Chiedevo: «Qual è il lavoro più inutile che hai mai svolto? Dimmi tutto; come pensi che sia successo, quali sono le dinamiche, il tuo capo lo sapeva?». In seguito ho fatto piccole interviste con le persone, una specie di follow-up. E così, in un certo senso, abbiamo creato insieme delle categorie. Le persone mi suggerivano idee e gradualmente si è arrivati a cinque categorie.
Come dici tu, prima abbiamo i flunkies. Un tirapiedi esiste ovviamente solo per far sembrare buono qualcun altro. O a farlo sentire bene con sé stesso, in alcuni casi. Sappiamo tutti che tipo di lavori sono, ma un esempio è un addetto alla reception in un luogo che in realtà non ha bisogno di un receptionist. Alcuni posti ovviamente hanno bisogno di addetti alla reception, dove i telefoni sono sempre occupati. In altri il telefono squilla forse una volta al giorno. Ma devi ancora avere qualcuno – a volte due persone – seduto lì, dando l’idea che sia importante. Quindi, non c’è bisogno di qualcuno che risponda al telefono, ma semplicemente di qualcuno che dica: «C’è un broker molto importante che vuole parlare con te». Questo è un flunky.
Il goon è un po’ più sottile. Ma in un certo senso ho dovuto cimentarmi con questa categoria perché le persone continuavano a dirmi che sentivano che il loro lavoro era una cazzata – se erano un telemarketer, un avvocato aziendale, se si occupavano di publiche relazioni, marketing, cose del genere. Ho dovuto affrontare il motivo per cui si sentivano in quel modo. L’andamento sembrava descrivere lavori che in molti casi sono effettivamente utili per le aziende, ma chi li svolge intuisce che l’intero settore non avrebbe dovuto esistere. Fondamentalmente sono persone messe lì per dare fastidio. E che diventano necessari solo perché altri hanno figure simili. Non avresti bisogno di un avvocato aziendale se il tuo concorrente non avesse un avvocato aziendale. Non avresti affatto bisogno di un telemarketer, ma ne hai bisogno perché gli altri ne hanno uno.
I duct-taper sono messi lì per risolvere problemi che non dovrebbero esistere. Nella mia vecchia università, sembrava che avessimo un solo falegname ed era davvero difficile trovarlo. C’è stato un momento in cui lo scaffale è crollato nel mio ufficio all’università dove lavoravo in Inghilterra. Il falegname doveva venire, e c’era un enorme buco nel muro, si poteva vedere il danno. Ma non si faceva mai vivo, aveva sempre qualcos’altro da fare. Alla fine abbiamo notato che c’era un addetto seduto lì tutto il giorno a scusarsi del fatto che il falegname non fosse mai riuscito a venire. Era molto bravo nel suo lavoro, era molto simpatico e mi è sempre sembrato un po’ triste e malinconico, era molto difficile arrabbiarsi con lui visto che ovviamente quello era il suo lavoro. Era un raccoglitore di lamentele. Ma a un certo punto ho pensato che se avessero licenziato quel tizio e assunto un altro falegname, non avrebbero avuto bisogno di lui. Ecco un classico esempio di duct-taper.
E i box-tickers?
I box-tickers sono lì per consentire a un’organizzazione di dire che sta facendo qualcosa che in realtà non sta facendo. È una specie di commissione d’inchiesta. Quando il governo è in difficoltà per qualche scandalo – diciamo, i poliziotti stanno sparando a troppi cittadini neri – o c’è qualcuno che prende tangenti, formano una commissione d’inchiesta, fingono di non sapere cosa stava succedendo, e di fare qualcosa al riguardo, ma è completamente falso. Anche le aziende fanno la stessa cosa. Creano sempre commissioni. Ci sono centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo che lavorano al controllo della conformità delle operazioni bancarie, ed è una stronzata. Nessuno ha mai realmente intenzione di seguire le procedure che gli vengono imposte. Il tuo compito è semplicemente quello di approvare ogni transazione, ma ovviamente non puoi approvare tutte le transazioni perché la cosa sembrerebbe sospetta. Quindi, devi trovare delle ragioni per dire che hai dovuto esaminare alcune cose. Ci sono rituali molto elaborati nel fingere di esaminare un problema che in realtà non stai esaminando affatto.
Poi ci sono i task-master.
Sono persone messe lì per dare ad altre persone un lavoro che non è necessario o per supervisionare le persone che non hanno bisogno di supervisione. Sappiamo tutti di chi stiamo parlando. Il middle management ne sono un classico esempio. Ho trovato persone che mi dicevano semplicemente: «Sì, ho un lavoro di merda, sono nella dirigenza intermedia. Sono stato promosso. Prima lavoravo, poi mi hanno promosso e hanno detto che devo supervisionare le persone, farli lavorare. E so perfettamente che queste persone non hanno bisogno di qualcuno che le supervisioni o che glielo faccia fare. Ma devo trovare una scusa perché il mio ruolo esista lo stesso». Quindi, alla fine, in una situazione del genere, dici: «Va bene, elaboreremo statistiche sugli obiettivi, così posso dimostrare che stai effettivamente facendo quello che so già che stai facendo, in modo che possa dire che sono stato io a fartelo fare». E così le persone compilano moduli, trascorrendo meno tempo di quel che potrebbero a svolgere il loro lavoro. Ciò accade sempre di più in tutto il mondo, ma negli Stati uniti qualcuno ha fatto delle analisi statistiche e ha scoperto che qualcosa come il 39% del tempo medio che un impiegato dovrebbe passare a lavorare lo passa in realtà a lavorare per l’impiego di altri. Sempre più spesso si tratta di email amministrative, riunioni inutili, compilazione di tutti i tipi di moduli e documenti.
La bolla amministrativa
Nel pensiero radicale o marxista, c’è la nozione di lavoro produttivo e improduttivo. Mi chiedo come la categoria di bullshit job si colleghi a questa nozione.
È diversa. Perché la nozione di lavoro produttivo e improduttivo si basa su se stai producendo o meno plusvalore per i capitalisti. Nel nostro caso invece si tratta della valutazione soggettiva del valore sociale del lavoro svolto da parte delle persone che lo svolgono.
Da un lato, le persone accettano l’idea che il mercato determini il valore. Cosa vera nella maggior parte dei paesi. Non si sente quasi mai dire da persone che lavorano nel commercio al dettaglio o nei servizi: «Vendo selfie stick, perché le persone vogliono selfie stick? È stupido, le persone sono stupide». Non lo dicono. Non dicono: «Perché hai bisogno di spendere comunque cinque dollari per una tazza di caffè?». Chi lavora nei servizi non pensa di avere un lavoro di merda, quasi in nessun caso. Accettano che se c’è un mercato per qualcosa, la gente lo voglia. Chi sono io per giudicare? Comprano la logica del capitalismo. Tuttavia, poi guardano al mercato del lavoro e dicono: «Aspetta un momento, vengo pagato 40 mila dollari all’anno per sedermi e fare meme sui gatti tutto il giorno e magari rispondere a una telefonata, non può essere giusto». Quindi, il mercato non è sempre giusto; chiaramente il mercato del lavoro non funziona in modo economicamente razionale. C’è una contraddizione. E devono inventare un altro sistema, un tacito sistema di valori, che è molto diverso da quello produttivo o improduttivo per il capitalismo.
In che modo l’ascesa di questi bullshit jobs ha a che fare con quelli che consideriamo lavori produttivi?
Questa è una questione molto interessante. C’è la narrazione dell’ascesa dell’economia dei servizi dagli anni Ottanta, quando ci siamo allontanati dalla produzione. Dal modo in cui viene raccontata nelle statistiche economiche, sembra che il lavoro agricolo sia in gran parte scomparso, il lavoro industriale sia diminuito e i servizi siano alle stelle. Ma ciò risulta anche perché raggruppano il settore dei servizi in modo da includere i lavori di impiegati, manager, supervisori e amministrativi. Se li differenzi, se guardi ai servizi in senso stretto, alle persone che ti tagliano i capelli o ti servono cibo – be’, in realtà, il settore dei servizi è rimasto praticamente invariato al 25% della forza lavoro negli ultimi 150 anni. Non è cambiato affatto. Ciò che è veramente cambiato è questa gigantesca esplosione di spacciatori di carta, e questo è il settore dei bullshit jobs.
Lo chiami burocrazia, settore amministrativo, settore del middle management.
Esattamente. È un settore in cui pubblico e privato si mescolano. In effetti, un’area per la massiccia proliferazione di questi posti di lavoro è esattamente quella in cui non è chiaro cosa sia pubblico e cosa sia privato: l’interfaccia, dove privatizzano i servizi pubblici, dove il governo sostiene le banche. Il settore bancario è folle. Il ragazzo che apre il mio libro lo chiamo Kurt, non conosco il suo vero nome, e lavora per un subappaltatore di un subappaltatore di un subappaltatore dell’esercito tedesco. Fondamentalmente, c’è un soldato tedesco che vuole spostare il suo computer da un ufficio all’altro. Deve fare una richiesta a qualcuno di chiamare qualcuno per chiamare qualcuno – passa attraverso tre diverse società. Alla fine deve percorrere 500 chilometri con un’auto a noleggio, compilare i moduli, metterlo in un pacco, spostarlo, qualcun altro lo spacchetta, firma un altro modulo e se ne va. Questo è il sistema più inefficiente che potresti immaginare, ma è tutto creato da quest’interfaccia tra il pubblico e il privato, che dovrebbe rendere le cose più efficienti.
Fai notare che dall’era Thatcher-Reagan proviene gran parte dell’idea secondo cui il governo è sempre il problema, e il settore pubblico è quello in cui si trovano tutti questi lavori inutili. Tu mostri come in realtà molto di tutto di questa burocratizzazione provenga dal settore privato. La necessità di massimizzare i profitti e tagliare i costi – che è ciò a cui pensiamo in termini di capitalismo e stress da concorrenza – non opera contro la creazione di posti di lavoro inutili nel settore privato?
Si potrebbe pensare così, ma parte del motivo per cui non accade è che, quando immaginiamo il capitalismo, stiamo ancora immaginando un gruppo di aziende di medie dimensioni impegnate nella produzione e nel commercio e in concorrenza tra loro. E non è proprio così che appare il paesaggio al giorno d’oggi, specialmente nel settore di finanza, assicurazioni e immobiliare. Inoltre, se guardi a ciò che le persone fanno effettivamente, c’è l’ideologia dello snello. Se sei un amministratore delegato, vieni elogiato per quante persone puoi licenziare, ridimensionare e accelerare. A essere ridimensionati e accelerati sono i colletti blu, quelli produttivi, i ragazzi che stanno effettivamente facendo le cose, spostandole, mantenendole, che fanno il lavoro vero. In Ups, il lavoro dei conducenti viene costantemente taylorizzato. Mentre la stessa cosa non avviene con chi lavora negli uffici. Succede anzi esattamente l’opposto. All’interno della società, c’è un intero processo di costruzione di un impero, in base al quale diversi manager sono in competizione tra loro principalmente su quante persone hanno che lavorano sotto di loro. Non hanno alcun incentivo a sbarazzarsi delle persone. Ci sono team di persone il cui unico compito è scrivere i rapporti che i dirigenti importanti presentano alle grandi riunioni. Le grandi riunioni sono un po’ l’equivalente delle giostre feudali o degli alti rituali del mondo aziendale. Tu entri, e hai tutta questa attrezzatura, hai tutta questa roba, i tuoi punti di forza, i tuoi rapporti e così via. Ci sono intere squadre di lavoro che sono lì solo per dire: «Faccio le illustrazioni per i rapporti di un’altra persona», «Faccio i grafici» e «Tabulo i dati e conservo il database». Nessuno legge mai questi rapporti, sono lì solo per lampeggiare. È l’equivalente di un signore feudale: ho un ragazzo il cui lavoro è solo quello di pinzarmi i baffi e un altro che mi sta lucidando le staffe e così via. Solo per dimostrare che posso farlo.
Sostieni anche che in parallelo all’aumento dei lavori di merda c’è l’aumento dei lavori non di merda. Li definisci lavori di cura. Puoi descrivere questi lavori? Perché c’è un aumento di questi posti di lavoro e in quali settori si trovano?
Il concetto viene in gran parte dalla teoria femminista. Penso che sia molto importante, perché la nozione tradizionale di lavoro, credo, è molto teologica e patriarcale. Dalla nostra nozione di produzione deriva che il lavoro dovrebbe essere doloroso, una punizione che Dio ci ha inflitto, ma è anche un’imitazione di Dio. Che si tratti di Prometeo o della Bibbia, gli esseri umani si ribellano a Dio, e Dio dice: «Oh, tu vuoi la mia forza, bene – puoi creare il mondo, ma sarà miserabile, soffrirai quando lo farai». Ma questo business viene considerato tipicamente maschile: l’ideologia prevede che le donne partoriscono e gli uomini producono le cose. E rende invisibile tutto il vero lavoro che fanno le donne per mantenere il mondo. Questa nozione di produzione al centro delle teorie ottocentesche del movimento operaio e del valore del lavoro, è un po’ ingannevole. Se chiedi a qualsiasi marxista cosa sia il valore del lavoro, vanno sempre immediatamente alla produzione. Bene, ecco una tazza. Qualcuno deve fare la coppa, è vero. Ma facciamo una tazza una volta e la laviamo diecimila volte, giusto? Quel lavoro scompare completamente nella maggior parte di questi racconti. La maggior parte del lavoro non consiste nel produrre cose, ma nel mantenerle, nel prendersi cura di loro, ma anche nel prendersi cura delle persone, delle piante e degli animali.
Ricordo quando a Londra si aprì un dibattito a proposito dei lavoratori della metropolitana. Stavano chiudendo tutte le biglietterie nella metropolitana di Londra. Molti marxisti dicevano: «In fondo si tratta di un lavoro di merda, nel comunismo non avremmo bisogno di acquirenti perché i trasporti sarebbero gratuiti, quindi forse non dovremmo difendere questi lavori». Ricordo di aver pensato che ci fosse qualcosa di alquanto impreciso in questa idea. Poi ho visto il documento in cui i lavoratori in sciopero dicevano: «Buona fortuna nella nuova metropolitana di Londra senza che nessuno lavori nella stazione della metropolitana. Speriamo solo che tuo figlio non si perda, che tu non perda le tue cose, che non ci siano incidenti. Speriamo solo che nessuno impazzisca e abbia un attacco di ansia o si ubriachi e inizi a molestarti». Passavano in rassegna l’elenco di tutte le diverse cose che effettivamente fanno. E ti rendi conto che anche molti di questi classici lavori della classe operaia sono davvero un lavoro premuroso, che riguarda la cura delle persone. Non te ne rendi conto, ma sono molto più simili a un’infermiera che a un operaio.
Oltre la merda
Una delle cose che dici nel tuo libro è che pensavi che Occupy Wall Street potesse essere l’inizio della ribellione dei lavoratori e lavoratrici della cura.
C’è questa pagina Tumblr «We Are the 99%» pensata per le persone troppo impegnate a lavorare per prendere effettivamente parte alle occupazioni su base continuativa. L’idea era di proporgli di scrivere un piccolo cartello in cui parlare della propria situazione di vita e del motivo per cui sostenevano il movimento. Finiva sempre: «Io sono il 99%». Ha avuto una risposta enorme, migliaia e migliaia di persone lo hanno fatto.
Quando l’ho esaminato, mi sono reso conto che quasi tutti erano lavoratori e lavoratrici del settore dell’assistenza in un certo senso. O anche se non lo erano, i temi che ponevano sembravano molto simili. Fondamentalmente stavano dicendo: «Vedi, avrei voluto un lavoro che non danneggia nessuno. In realtà, avrei voluto fare bene al prossimo, aiutare le persone in qualche modo, prendermi cura degli altri, essere utile alla società». Ma se finisci a lavorare nella sanità, nell’istruzione o nei servizi sociali facendo qualcosa in cui ti prendi cura di altre persone, ti pagano così poco e ti fanno indebitare così profondamente, che non puoi nemmeno prenderti cura della tua famiglia. È ingiusto.
È stata quella sensazione di ingiustizia fondamentale che ha guidato il movimento più di ogni altra cosa. Mi sono reso conto che creano questi lavori fittizi, sei lì solo per far sentire bene i dirigenti con sé stessi. Devono recuperare il lavoro da far fare ad altre persone. Nell’istruzione, nella salute, questo è incredibilmente marcato. Lo vedi tutto il tempo. Gli infermieri spesso devono dedicare metà del loro tempo a compilare documenti. Insegnanti, insegnanti di scuola elementare, ma anche persone come me, seppur nell’istruzione superiore non è come se insegni in quinta elementare.
Tutti sogniamo una società libera da tempi di lavoro frenetici, per poter perseguire le nostre passioni e i nostri sogni e prenderci cura l’uno dell’altro. Secondo te è solo una questione politica? Una questione che potrebbe essere affrontata con un reddito di base universale?
Be’, penso che sarebbe una richiesta di transizione sensata. Marx da qualche parte ha effettivamente suggerito che non c’è niente di sbagliato nelle riforme, fintanto che sono riforme che migliorano qualcosa ma creano un altro problema, che può essere risolto solo da riforme ancora più radicali. Se lo fai continuamente, alla fine puoi arrivare al comunismo, diceva. Forse era un po’ ottimista.
Sai, sono un anarchico, non voglio creare una soluzione statalista ma una soluzione che rimpicciolisce lo stato, e allo stesso tempo migliora le condizioni materiali e rende le persone più libere di sfidare un sistema con cui è difficile discutere. Ed è quello che mi piace della proposta di un reddito di base universale.
Non voglio una soluzione che crei altri lavori di merda. La garanzia del posto di lavoro sembra una cosa buona, ma, come sappiamo dalla storia, tende a creare persone che dipingono rocce di bianco o fanno altre cose non necessarie. E tutto ciò richiede anche un’amministrazione gigante. Spesso sono i membri della classe professionale-manageriale che preferiscono questo tipo di soluzione.
Il reddito di base universale – nelle sue versioni radicali ovviamente; non sono per la versione di Elon Musk – consiste nel dare a tutti abbastanza per poter sopravvivere, dopodiché spetta a te. L’idea è di divorziare dal lavoro e dalle indennità, in un certo senso. Se esisti, ti meriti un sostentamento. Potresti chiamarla libertà nella sfera economica. Decido io come voglio contribuire alla società.
Una delle cose molto importanti dello studio che ho fatto sui lavori di merda è quanto siano infelici le persone. È emerso chiaramente in questi racconti. In teoria, stai ottenendo uno stipendio per niente, sei seduto qui e sei pagato per non fare quasi nulla, in molti casi. Ma ciò distrugge le persone. Crea depressione, ansia, malattie psicosomatiche, posti di lavoro terribili e comportamenti tossici, aggravati dal fatto che le persone non riescono a capire perché sono così turbate. Se uno si lamenta gli rispondono: «Ehi, stai ricevendo uno stipendio per niente e ti lamenti?». Ma ciò dimostra che la nostra idea di base della natura umana, inculcata a tutti dall’economia – per esempio che stiamo tutti cercando di ottenere la massima ricompensa con il minimo sforzo – non è reale. Le persone vogliono contribuire in qualche modo al mondo. E questo dimostra che se dai alle persone un reddito di base, non si siederanno a guardare la televisione, come alcuni obiettano. L’altra obiezione è che magari vorranno contribuire alla società, ma faranno qualcosa di stupido, riempendo la società di cattivi poeti e fastidiosi musicisti di strada, o quant’altro. Sono sicuro che ci sarà qualche caso del genere, ma se il 40% delle persone pensa già che il proprio lavoro sia completamente inutile, come può andare peggio di quanto non sia già? Qualunque cosa faranno saranno più contenti rispetto a dover riempire moduli tutto il giorno.
*David Graeber, professore di antropologia alla London School of Economics e autore di diversi libri, tra cui Debito. I primi 5000 anni (Il Saggiatore, 2012), è scomparso lo scorso 2 settembre. Suzi Weissman è l’autrice di Victor Serge: A Political Biography (Verso, 2014). Questa intervista è uscita su JacobinMag. La traduzione è di Giuliano Santoro.
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