Le armi a grappolo non aiutano l’Ucraina
Anche negli Stati uniti, e presso i loro alleati, cresce la consapevolezza che usare armi che violano i diritti umani non è un modo per presentarsi come paladini dei diritti umani
Fresca della decisione di sparpagliare lungo l’Ucraina orientale proiettili tossici all’uranio impoverito, l’amministrazione Biden ha appena approvato un’altra terribile idea che ci viene presentata come a favore dei cittadini ucraini: la fornitura e l’uso di munizioni a grappolo nelle regioni orientali del paese.
C’è un motivo per cui 123 paesi – tra cui il 70% degli alleati Nato di Washington e l’aspirante stato membro Svezia – hanno firmato una convenzione che vieta le bombe a grappolo e perché persino le leggi statunitensi vietano di fatto al governo degli Stati uniti di fornirle o produrle: sono terribili, oggetti feroci che uccidono e mutilano bambini e altri innocenti anche decenni e decenni dopo la fine dei combattimenti.
Le munizioni a grappolo sono una di quelle invenzioni così diaboliche da farti venire il dubbio che lo sviluppo dell’intelligenza umana sia stata davvero una buona idea: un proiettile che si spacca a mezz’aria in centinaia e persino migliaia di esplosivi più piccoli che si aprono a ventaglio su un’area grande come diversi campi da calcio e che esplodono all’atterraggio, e il cui alto tasso di distruzione assicura che se non uccidono o sfigurano nessuno quando vengono sparati per la prima volta, lo faranno anni dopo quando qualcuno sarà così sfortunato da inciamparvi.
Stanno ancora uccidendo e ferendo in Laos, dove milioni di bombe a grappolo inesplose sono rimaste dalla guerra degli Stati uniti in Vietnam e dove il 75% delle vittime sono bambini. In Kosovo, dove sono state utilizzate anche dalle forze Nato, le vittime avevano quasi cinque volte più probabilità di avere meno di quattordici anni. Anche in Siria il 40% delle vittime di munizioni a grappolo erano bambini, rappresentavano l’80% delle oltre quattromila vittime degli ordigni registrate dal 2010 al 2019. E quando non esplodono in faccia a bambini innocenti, uccidono gli stessi soldati statunitensi, sia nei paesi in cui sono stati schierati a combattere che a casa, intorno ai poligoni di tiro militari.
I funzionari statunitensi e i loro alleati sanno bene che le munizioni a grappolo oltrepassano i principali confini etici, visto che all’inizio della guerra in Ucraina hanno giustamente condannato l’uso spaventoso di quelle armi da parte delle forze russe. Quando un giornalista ha chiesto all’ex addetta stampa della Casa Bianca Jen Psaki se c’è «una linea rossa per quanta violenza sarà tollerata contro i civili in questo modo», Psaki ha risposto che «sarebbe potenzialmente un crimine di guerra». L’ambasciatore degli Stati uniti all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, ha affermato che «non devono avere posto sul campo di battaglia». Nel bel mezzo dell’invasione, il governo britannico ha chiesto di porre fine al loro impiego, riferendosi a ciò che la Russia stava facendo in Ucraina. Anche i funzionari ucraini hanno affermato che Mosca aveva «ignorato le regole della guerra» e stava «applicando mezzi e metodi proibiti».
Eppure, all’improvviso, sono venuti fuori numeri per spiegare che sporcare il suolo ucraino con queste armi ampiamente vietate e mutilatrici di bambini – in una guerra che dovrebbe servire a promuovere la causa dei diritti umani e delle regole internazionali – non è niente di grave.
«Da un punto di vista pratico, il presidente ha fatto la cosa giusta – ha recentemente dichiarato alla Cnn il tenente colonnello dell’esercito in pensione Alexander Vindman – Scende sul loro terreno. Ma staranno attenti». Il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, ha fatto eco a questa affermazione, assicurando ai giornalisti che l’Ucraina ha fornito assicurazioni scritte che «utilizzerà le armi a grappolo in modo molto attento» per ridurre al minimo i rischi per i civili.
Ma le forze ucraine hanno già mostrato la volontà di usare munizioni a grappolo in forme che mettono a rischio i civili. Human Rights Watch, che ha ampiamente documentato e condannato l’uso di munizioni a grappolo da parte delle forze russe durante questa guerra, ha raccolto numerosi casi di forze ucraine che hanno danneggiato i civili nelle regioni orientali del paese, sia durante questa guerra che prima, quando Kiev stava combattendo una guerra civile contro la regione del Donbas controllata dai separatisti. Così ha fatto il New York Times, quando ha indagato su un attacco di marzo a quello che allora era il villaggio di Husarivka controllato dai russi e ha concluso che quasi certamente le truppe ucraine hanno sparato un razzo a grappolo in un quartiere rurale.
Le assicurazioni scritte significano poco, nel frattempo, quando la leadership ucraina ha già ripetutamente violato i suoi impegni con gli Stati uniti. Sapevamo già che Washington, in privato, non era contenta degli attacchi che Kiev ha messo in scena all’interno dei confini russi e sul territorio che Mosca considera suo suolo, compreso l’attentato suicida al ponte di Kerch e, almeno secondo l’intelligence occidentale, la distruzione del North Stream.
Ma i recenti reportage di William Arkin di Newsweek illustrano quanto sia tesa la situazione, dipingendo una Washington incapace di frenare una leadership ucraina più incline al rischio, con un funzionario militare che dichiarava che era chiaro che «Zelensky o non ha avuto il controllo completo sui propri militari o non ha voluto sapere nulla di certe azioni». «Secondo la mia modesta opinione, la Cia non riesce a comprendere la natura dello stato ucraino e le fazioni spericolate che esistono lì», ha detto ad Arkin un funzionario del governo polacco.
In altre parole, ci sono poche ragioni per credere che queste armi saranno usate in un modo «responsabile» che non porti a vittime civili, se ciò fosse possibile con un’arma così indiscriminata. Sembra più probabile che in Ucraina accada la stessa cosa che è accaduta ovunque siano state usate munizioni a grappolo, con i civili che sopportano il peso della loro carneficina sia durante la guerra che negli anni seguenti.
Fortunatamente, la reazione a queste scelte sta montando. La rappresentante della squad Ilhan Omar ha presentato un emendamento al National Defense Authorization Act del 2023 che bloccherebbe il trasferimento di munizioni a grappolo in Ucraina, affermando che affinché gli Stati uniti si posizionino come leader dei diritti umani, «non dobbiamo contribuire alle violazioni dei diritti umani»: l’emendamento ha ottenuto il suo primo co-sponsor repubblicano.
Anche la deputata Barbara Lee, notoriamente l’unica a votare contro la guerra in Afghanistan e attualmente candidata al Senato, ha avvertito che «rischieremmo di perdere la nostra leadership morale» se l’amministrazione procedesse con i trasferimenti, aggiungendo che le munizioni a grappolo «non dovrebbero mai essere usate». Sono stati due dei diciannove progressisti della Camera che hanno rilasciato una dichiarazione congiunta contraria alla decisione, sottolineando che «non esiste una bomba a grappolo sicura».
Resta da vedere se questi sforzi produrranno effetti. Ma tra l’opposizione della sinistra del Congresso, le critiche diffuse da parte dei gruppi per i diritti umani e persino alleati degli Stati uniti come Regno Unito e Canada che si rifiutano di dare il consenso pubblico alla decisione, l’amministrazione Biden sembra stavolta più isolata di quanto non sia mai stata dall’inizio della guerra, il che comporta la possibilità di un’inversione di rotta.
Qualunque cosa accada, questa situazione è in parte una conseguenza diretta della decisione sbagliata, presa proprio all’inizio della guerra e raddoppiata nei mesi successivi, di abbandonare la diplomazia e respingere i tentativi di negoziare la fine della guerra: mentre tutte le guerre sono finite con mezzi diplomatici, comprese quelle che stanno accadendo proprio in questo momento, qui cercano la vittoria militare totale sul campo di battaglia. I combattimenti prolungati non solo hanno portato a enormi, anche se poco pubblicizzate, vittime ucraine, ma anche al grave esaurimento delle scorte di armi degli Stati uniti e di altri alleati della Nato. Il presidente Joe Biden ha specificamente citato una carenza di munizioni per spiegare questa ultima decisione.
Ci sono alcuni indizi che dicono che la voglia di colloqui per porre fine alla guerra stia crescendo. Aggiungere alla miriade di guai di cui soffrono gli Ucraini, in particolare quelli nell’est del paese dove la guerra infuria più ferocemente, l’imitazione delle azioni deplorevoli dell’esercito di Vladimir Putin, non è fare il loro interesse. Fingere che le munizioni a grappolo siano sicure non è una forma di solidarietà.
*Branko Marcetic è collaboratore di JacobinMag. Ha scritto Yesterday’s Man: The Case Against Joe Biden. Vive a Chicago, nell’Illinois. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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