
Le lobby contro la legge sulla trasparenza climatica
In California una norma chiede che i dati sulle emissioni legate a produzione e consumo dei singoli beni debbano essere divulgati: le aziende si mobilitano per impedirlo
Mentre l’amministrazione Biden ritarda le regole federali che costringono le imprese a divulgare i dati sulle proprie emissioni di carbonio, i gruppi industriali si stanno impegnando in un’altro campo per combattere le misure chiave sulla trasparenza climatica: a Sacramento i legislatori statali si preparano a votare una legge di vasta portata per combattere il greenwashing delle imprese.
Il disegno di legge della California richiederebbe alle aziende di rivelare quanto contribuiscono ogni anno al cambiamento climatico, comprendendo non solo le loro emissioni dirette, che molte aziende ora riportano annualmente, ma anche le emissioni indirette in gran parte nascoste che derivano dalla produzione e dal consumo dei loro beni. La proposta copre tutte le grandi aziende che operano nello stato e, poiché l’economia della California è sul punto di diventare la quarta più grande del mondo, diventerebbe effettivamente una politica nazionale.
Il disegno di legge ha attirato la prevedibile opposizione degli interessi del petrolio e del gas, ma non sono gli unici. Anche i gruppi di lobbying di private equity e ristoranti stanno combattendo il piano, così come le grandi società come Meta Platforms, Wells Fargo e l’apprezzata catena di hamburger californiana In-N-Out Burger, che potrebbero finire per sembrare molto meno sostenibili di quanto affermano attualmente se sono costretti a rendere pienamente conto del loro contributo al cambiamento climatico. I sistemi alimentari, ad esempio, rappresentano probabilmente più di un terzo delle emissioni globali, secondo uno studio recente.
Dopo essere passato in commissione, il disegno di legge questa settimana dovrebbe andare al Senato. Ma nella resa dei conti in preparazione, il governatore Gavin Newsom, già sotto accusa per aver tagliato la spesa statale per iniziative sul clima, è risultato vistosamente assente.
La leadership nazionale della California sul clima è in netto contrasto con le recenti leggi degli stati repubblicani, come il divieto posto dal Montana alle agenzie statali di prendere in considerazione le emissioni di carbonio nell’analisi di grandi progetti. Il disegno di legge sulla divulgazione climatica dello stato democratico, che secondo i sostenitori renderà più facile ritenere le società responsabili delle loro emissioni, va anche oltre le regole federali proposte.
Una versione precedente del disegno di legge è stata approvata dal Senato l’anno scorso, ma non è passata per poco all’Assemblea a seguito di una feroce campagna di opposizione del settore che ha portato tre Democratici a cambiare posizione all’ultimo minuto, a quanto riporta Melissa Romero, responsabile legislativa senior per California Environmental Voters eco-sponsor del piano.
Finora quest’anno, i gruppi industriali hanno riferito di aver speso quasi 2 milioni di dollari facendo pressioni sullo stato sulla legislazione, inclusa la legge sulla divulgazione climatica. «Sono le stesse entità che cercano di annacquare le regole federali [sulla divulgazione climatica] – ha detto Romero – In realtà non si tratta di una campagna sul merito della politica, ma di una campagna nazionale di negazionismo climatico».
La torre di Babele climatica
I sostenitori della misura affermano che richiedere alle aziende di rivelare le proprie emissioni di carbonio è un passo necessario per ridurle. Mentre la maggior parte dei rapporti attuali si basa su stime e medie del settore, un’industria della tecnologia di «contabilità del carbonio» ha fatto in modo che le grandi aziende possano misurare facilmente e con precisione le proprie emissioni di carbonio.
Di natura altamente tecnica, la questione è comunque diventata un punto critico politico nella guerra del Partito repubblicano agli investimenti woke. Una norma proposta dalla Securities and Exchange Commission (Sec) lo scorso marzo, che richiederebbe alle aziende di includere informazioni relative al clima nella loro relazione annuale, ha generato un record di quattordicimila commenti da un’ampia gamma di oppositori e sostenitori.
Secondo quanto riferito, per la regola finale della Sec si dovrà attendere almeno fino all’autunno. A marzo, la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren e altri quarantasei democratici al Congresso hanno inviato una lettera all’agenzia esortandola a non annacquare la proposta in risposta alle pressioni delle aziende. Laddove le regole proposte dalla Sec riguarderebbero solo le società quotate in borsa – e un insieme separato si applicherebbe agli appaltatori del governo federale – tutte le società con entrate annuali di almeno 1 miliardo di dollari dovrebbero conformarsi ai requisiti più espansivi della California.
Il disegno di legge statale è anche più ambizioso sulle tipologie di emissioni. La misura introdotta a gennaio dal senatore dello stato Scott Wiener, un Democratico, aiuterebbe a denunciare il greenwashing richiedendo alle aziende di rivelare tutte le emissioni lungo la loro catena del valore, comprese quelle dei fornitori e dei consumatori.
Le emissioni di «Scope 3» in genere rappresentano la maggior parte dell’impatto climatico di un’azienda, eclissando «Scope 1» e «Scope 2», che misurano rispettivamente le emissioni dirette di un’azienda e quelle risultanti dai suoi acquisti di energia. Quando la compagnia petrolifera ExxonMobil propaganda di avere l’obiettivo climatico zero netto, ad esempio, si riferisce solo alle emissioni coinvolte nella produzione di mezzo milione di barili di petrolio ogni giorno, non agli effetti dei clienti che lo bruciano.
La maggior parte degli impegni delle imprese sul clima continua a omettere le emissioni Scope 3. E mentre il 90% delle aziende Fortune 500 include alcune informazioni sui rischi climatici nei loro rapporti annuali, questo rapporto varia notevolmente in termini di qualità e metodologia, secondo Steven Rothstein, amministratore delegato dell’organizzazione no profit per gli investimenti sostenibili Ceres. Ciò si traduce in quella che chiama «torre di Babele climatica», che rende difficile decifrare se si stanno effettivamente facendo progressi sul clima. «Abbiamo bisogno di informazioni chiare e coerenti per gli investitori, i responsabili politici e l’opinione pubblica», ha affermato.
Ampliare lo spettro
Le regole proposte dalla Sec richiedono la divulgazione delle emissioni Scope 3 ritenute «materiali», un termine legale che si riferisce a informazioni che potrebbero influire sul processo decisionale degli investitori. Gli ambientalisti hanno affermato che lascia troppa discrezionalità nelle mani del management aziendale, che ha un incentivo a non rivelare il rischio. Il disegno di legge di Wiener farebbe un ulteriore passo avanti, rendendo obbligatoria tutta la divulgazione Scope 3 nei prossimi anni.
Non sono solo le compagnie petrolifere e del gas a opporsi a dichiarazioni più rigorose sulle emissioni. I registri statali mostrano che anche le principali industrie, tra cui cibo e bevande, trasporti e finanza, si stanno schierando per combattere la misura proposta. Scope 3 è la principale fonte di emissioni per le banche, che spesso minimizzano l’impatto sul clima dei progetti che finanziano. Wells Fargo è diventata l’ultima grande banca a fissare un obiettivo climatico nel 2021, ma rimane uno dei principali finanziatori di progetti di petrolio e gas. Finora quest’anno la banca ha riferito di aver speso più di 50 mila dollari per fare lobbing sulla legislazione della California, inclusa la legge sulla divulgazione climatica.
Per i ristoranti fast-food come In-N-Out, oltre il 90% delle emissioni proviene dallo Scope 3, che include la produzione di carne e latticini ad alta intensità di carbonio. In-N-Out dice di aver speso quest’anno 90.000 dollari per fare lobbing sul legislatore della California su due progetti di legge, inclusa quella sulla divulgazione climatica. Durante l’ultima sessione legislativa, la società ha riferito di aver speso più di 180.000 dollari facendo pressioni su progetti di legge, inclusa quella di Wiener. Né Wells Fargo né In-N-Out hanno risposto alla nostra richiesta di commento al momento della pubblicazione di questo articolo.
«Avremmo potuto approvarlo»
Dopo anni di progressi bloccati sul clima nello stato, lo scorso anno la California ha approvato una serie di leggi fondamentali, tra cui una che richiede un taglio dell’85% delle emissioni dello stato entro il 2045. Ma gli attivisti per il clima affermano che, dopo aver propagandato gli impegni dello stato in materia di clima, Newsom da allora ha fatto marcia indietro sull’azione necessaria da portare a termine.
Newsom non ha mai preso posizione sul disegno di legge sulla divulgazione, uno dei pochi elementi del pacchetto sul clima dello scorso anno a fallire nella legislatura, nonostante il fatto che gli attivisti climatici lo abbiano ripetutamente segnalato come una priorità, secondo Romero di California Environmental Voters. Un portavoce di Newsom ci ha detto che il governatore valuterà il disegno di legge nel merito, se dovesse raggiungere la sua scrivania.
Dopo che la versione precedente del disegno di legge, anch’essa sponsorizzata da Wiener, è passata facilmente al Senato lo scorso gennaio, la Camera di commercio della California, un gruppo di lobbing aziendale, ha condotto una campagna di settore definendo la misura costosa e «prematura» alla luce dell’imminente decisione sulla regolamentazione della Sec, contro la quale si sta opponendo anche la Camera di Commercio degli Stati uniti, la sua controparte federale.
Quando è stato presentato all’Assemblea di Stato lo scorso agosto, il disegno di legge mancava solo di un voto sui quarantuno necessari, secondo Romero. Se il presidente Democratico dell’assemblea Anthony Rendon, che ha votato a favore della misura, fosse intervenuto per sollecitare altri membri a farlo «avremmo potuto approvarlo in quel momento», ha detto.
Invece, quando è diventato chiaro che il disegno di legge non sarebbe passato, tre Democratici – i rappresentanti Joaquin Arambula, David Alvarez e Jacqui Irwin – hanno cambiato i loro voti da «sì» ad «astensione», secondo Romero. Arambula aveva votato a favore del disegno di legge in commissione all’inizio di quel mese. «Quando i legislatori vedono che un disegno di legge non passerà, rimuovono semplicemente il loro voto in modo da non dover rispondere a domande difficili dalla lobby del petrolio», ha detto Romero.
La potente industria dei combustibili fossili dello stato ha speso più di 34 milioni di dollari in attività di lobbing e ha consegnato quasi 3 milioni di dollari ai politici dello stato l’anno scorso, inclusi 5.900 dollari ad Arambula e quasi 25.000 dollari ad Alvarez. Nessun eletto ha risposto alla nostra richiesta di commento su questo.
Romero è ottimista sul fatto che quest’anno una coalizione più solida porterà la legge al traguardo. Una manciata di singole imprese, tra cui l’azienda di abbigliamento Patagonia, ha firmato per sostenere il disegno di legge e l’anno scorso ha visto un nuovo gruppo di candidati per la prima volta correre con successo per la legislatura statale su una piattaforma climatica.
«Avrà un impatto nazionale – ha detto Romero – Dobbiamo chiedere trasparenza a tutte le grandi aziende, perché hanno tutte un impatto enorme sul clima».
*Rebecca Burns è una giornalista di Lever, il progetto di giornalismo investigativo di David Sirota. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La tradizione è a cura della redazione.
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