
Non c’è ecologia senza terra
Un anno fa le rivolte partite da Nanterre mettevano in ginocchio la Francia. A scatenarle l’omicidio di Nahel Marzouk, dopo un controllo di polizia
È passato un anno da giugno 2023, quando le rivolte partite da Nanterre, a nord di Parigi, mettevano in ginocchio la Francia intera. A scatenarle l’omicidio di Nahel Marzouk, 17 anni, ucciso il 27 giugno nella sua auto dopo essere stato fermato da due poliziotti in moto per un controllo. Un video pubblicato sui social smentiva la prima versione della polizia, secondo la quale si era trattato di legittima difesa, e mostrava l’agente sparare al cuore di Nahel mentre la macchina era già in moto e si stava allontanando dal posto di blocco. Le sommosse, partite da Nanterre, si erano poi estese a 555 comuni tra cui Marsiglia, Lione e Tolosa.
Foto di Marianna Ragone. Marsiglia, Place de la Préfecture 29 giugno 2023
Il governo francese decise in quell’occasione di adottare misure quasi controinsurrezionali, con la mobilitazione di operazioni interforze e un massiccio uso della violenza. Una politica securitaria e paramilitare con cui la Francia controlla la popolazione non bianca e afrodiscendente, fuori e dentro il continente. La strategia adottata a luglio 2023, infatti, non è molto diversa da quella che il governo francese sta ora mettendo in atto in Nuova Caledonia, nei confronti dei giovani Kanak che si mobilitano contro l’estensione del diritto di voto ai nuovi francesi, all’interno di un più ampio movimento per la lotta indipendentista.
Chi scrive al momento dei fatti si trovava a Marsiglia: qui, con il coprifuoco alle sei di sera, automezzi blindati ed elicotteri a sorvegliare le strade, la polizia faceva uso di lacrimogeni, flashball e bean-bag rounds, i proiettili antisommossa che, presumibilmente, tra la notte del 1 e del 2 luglio causarono la morte di Mohamed Brendiss, 27 anni, e il grave ferimento di suo cugino. Durante la notte centinaia di ragazze e ragazzi non bianchi sotto i 25 anni, tra cui molti di tredici e quattordici anni, si rivoltavano contro il sistema di discriminazioni razziste e le violenze della polizia a colpi di fuochi d’artificio.
Foto di Marianna Ragone. Marsiglia, Rue d’Aix 30 giugno 2023.
Rivendicavano il loro diritto a esistere, a sopravvivere e a respirare. A Marsiglia, già prima dei fatti di luglio 2023 le perquisizioni infondate e le violenze della polizia erano all’ordine del giorno. Il bersaglio era sempre lo stesso: giovani discendenti di africani «colpevoli» di muoversi nello spazio della città. La dinamica dell’omicidio di Nahel può aiutare a capire il ruolo centrale che ha la libertà di movimento.
Individui senza terra
Fatima Ouassak, cofondatrice nel 2016 di Front des mères, un collettivo di genitori nato a Bagnolet (Comune appena fuori dal XX arrondissement di Parigi) per chiedere pasti vegetariani nelle mense delle scuole, poi allargatosi ad altre tematiche riguardanti la qualità della vita di bambini e bambine dei cosiddetti «quartieri popolari»”, è autrice di Per un’ecologia pirata, appena tradotto in italiano e pubblicato da Tamu editore. Ouassak utilizza l’espressione «quartiere popolare» come categoria politica che aspira a un processo di liberazione e ancoraggio, per restituire le quartier a chi lo abita. Per l’attivista un vero programma ecologista, che cioè metta in discussione il sistema capitalista basato su sfruttamento e frontiere, deve prevedere libertà di migrare e libertà di movimento per tutte le persone, in ogni parte del pianeta, indistintamente, a partire dai ragazzi e le ragazze dei quartieri popolari. Dalle bidonvilles alle cités de transit, fino agli attuali Hlm (Habitations à loyer modéré), la Francia perpetua difatti una produzione coloniale dello spazio, trasformando larga parte della sua popolazione in individui «senza-terra», costretti a muoversi secondo traiettorie fisse, generazione dopo generazione. A queste persone viene tuttora negato di ancorarsi e configurarsi come soggetti politici dei luoghi che abitano. Da qui deriva, per Ouassak, il fallimento della lotta ecologista: occorre riconoscere che la società coloniale capitalista produce, prima ancora delle merci, una gerarchizzazione dei territori e dei gruppi su questa stessa terra, tramite l’eredità epistemica e politica del colonialismo. Secondo Ouassak, solo con l’ancoraggio gli abitanti dei quartieri popolari potranno considerare queste terre degne di essere amate e protette ed elaborare un programma ecologista perché senza frontiere.
«Tutto ciò che si fa per noi senza di noi è contro di noi»
Il 13 giugno scorso, dopo il successo del Rassemblement National alle elezioni europee e la creazione del Nouveau Front Populaire in vista delle elezioni di fine giugno, il Front de mères ha convocato a Parigi la prima di una serie di riunioni pubbliche. Sui propri obiettivi è stato chiaro: non si parla di come sconfiggere l’estrema destra alle urne, ma di come costringere la sinistra francese a diventare finalmente antirazzista, che è anche il modo per poter dare vita a una vero programma ecologista.
È infatti proprio la prospettiva ecologista a rivelare i sentimenti colonialisti della sinistra come della destra. Quando nel 2021 Front de mères e Alternatiba ottennero in gestione uno spazio di quasi mille metri quadrati e dando vita alla Casa dell’ecologia popolare di Verdragon, fu un deputato di sinistra ad attaccare per primo la decisione dell’amministrazione di concedere lo spazio. I leader della sinistra locale nei giorni successivi all’apertura dichiararono infatti che «963 metri quadri sono un sacco di spazio dato a queste signore per sorseggiare il loro tè alla menta», aprendo la strada ai più violenti attacchi dell’estrema destra razzista e islamofoba.
Anche per la sinistra, dunque, i senza-terra dei quartieri popolari sembrano non aver diritto a consumare più spazio di quello che è stato loro assegnato. Così, anche fuori dalle loro case, lo spazio pubblico non è di alcuna utilità se non quella di essere una riserva per il futuro delle classi medio alte. Questo almeno è ciò che si prospetta: con la crisi climatica alle porte e un’Europa sempre più sovranista, le classi medie e alte bianche vorranno avere più spazio e più terra per respirare e vivere meglio. L’accusa più concreta che Ouassak muove alla sinistra francese è, infatti, quella di prendere parte al pari della destra a una guerra territoriale che si tiene a livello locale prima ancora che nazionale ed europeo, ostacolando l’autonomia politica dei quartieri popolari e la loro alleanza con i quartieri residenziali e promuovendo politiche ecologiste svuotate del loro potere politico, che si traducono così in gentrificazione, ovvero nel mantenimento della storica divisione in terre e sotto-terre.
Nella riunione del 13 giugno, a cui eravamo presenti, Nahel Marzouk è stato nominato più volte.
Foto di Aura Galdieri. Parigi, Assemblea Fronts de Mères, Point Éphémère 13 giugno 2024.
Ouassak in quell’assemblea ha ricordato che i quartieri popolari sono stati i soli a mobilitarsi per Nahel, mentre la stampa parlava di «rivolte delle banlieues»: «Nel programma ecologista del Front Populaire la lotta al razzismo è al nono punto. Ma nella Francia di oggi un ragazzo viene ucciso senza alcun motivo dalla polizia e a mobilitarsi sono soltanto i quartieri a maggioranza araba: il problema razziale sta alla base della politica francese. L’ecologia bianca e cristiana è razzista, ma non c’è ecologia senza antirazzismo». Sonia Barnat, attivista e coordinatrice del Front des mères, dice: «la sinistra non può dirci come proteggere i nostri ragazzi dall’estrema destra come dal cambiamento climatico senza incontrarci e ascoltare cosa abbiamo da dire. Siamo adulte. Tutto ciò che si fa per noi senza di noi è contro di noi».
Liberare gli spazi
Se è vero che le persone e gli spazi sono valutati anche in base al modo in cui vengono razzializzati, il processo di valutazione economica, sociale e simbolica valorizza oggi i prodotti, i luoghi e le persone bianche, mentre penalizza quelli non bianchi.
Le discriminazioni esercitate sui gruppi determinano poi lo spazio discriminato: così, la stampa che durante le sommosse parla di «rivolte nelle banlieues» o di «guerriglia urbana» riduce le rivendicazioni antirazziste alla loro dimensione spaziale.
Questo non solo depoliticizza le rivolte, ma dà per scontato che parlare del quartiere significhi automaticamente riferirsi anche ai discendenti degli africani in rivolta. Quando il quartiere popolare e il gruppo discriminato vengono utilizzati come sinonimi, parlare dello spazio o del gruppo diventa la stessa cosa. A conferma che il razzismo produce lo spazio, rendendolo materialmente deteriorato e invivibile, ma anche che lo spazio stesso, razzialmente identificato, riproduce il razzismo e assegna agli individui una categoria coloniale e razziale.
Per un’ecologia Pirata dimostra bene che non può esserci lotta ecologista senza ripensare il razzismo incorporato nello spazio e nelle frontiere. Ouassak evita in modo consapevole la prospettiva unica della lotta di classe, sostituendo questo parametro con la lotta per la libertà di movimento. Questa scelta permette di includere nel discorso anche la libertà degli animali, una questione che la lotta di classe spesso trascura e che invece è stato il punto di partenza per il Front des mères: anche gli animali costretti negli allevamenti sono privati del diritto al movimento e resi funzionali alla produzione, al pari dei cittadini subumanizzati. Inoltre la lotta per la libertà di movimento può estendersi senza contraddizioni a tutte le altre forme di discriminazione e rivendicare il diritto a muoversi senza paura di essere aggrediti di tutti gli esseri umani, dalle donne alle persone Lgbtqia+.

*Aura Galdieri è laureata in Italianistica e si occupa di editoria e narrativa. Collabora con diversi giornali locali in Campania. Ha iniziato a occuparsi di politica francese dopo un periodo di lavoro in Francia come insegnante in una scuola media. Marianna Ragone è dottoranda in sociologia all’Università di Roma Tre. Si occupa di produzione coloniale dello spazio, città, migrazioni e razzismo. Attualmente le sue ricerche si concentrano su un quartiere della città di Marsiglia.
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