Non siamo eroi, siamo lavoratrici della sanità
Mentre i politici francesi si mettevano in quarantena, Caroline Fiat, deputata de La France Insoumise, è tornata al suo lavoro di infermiera. Ma non c'è bisogno della retorica sugli eroi, servono ospedali che non siano aziende
Nel 2017, Caroline Fiat ha fatto la storia diventando la prima aiuto infermiera eletta all’Assemblea Nazionale francese. Ma nelle ultime settimane la deputata trentaquattrenne è tornata al suo vecchio lavoro, andando in prima linea nella lotta contro il Covid-19. Dalla fine di marzo la deputata ha lavorato a tempo pieno nell’ala adibita ai casi di Coronavirus dell’ospedale pubblico del suo dipartimento nativo, Meurthe-et-Moselle, nella Francia dell’est – una delle regioni più colpite del paese.
«È qui che devo stare», ha detto la deputata di La France Insoumise (Lfi) a Jacobin poco dopo aver iniziato a lavorare all’ospedale. «Siamo nel mezzo di una crisi sanitaria, e c’è bisogno di persone».
Almeno altri tre deputati con formazione medica, divisi tra Assemblea Nazionale e Senato, si sono arruolati per aiutare a combattere la pandemia, mobilitati dal governo all’interno del programma delle «forze di riserva» del personale sanitario.
A differenza loro, però, Fiat ha scelto di non annunciare pubblicamente che avrebbe indossato la mascherina per gettarsi nella mischia (quando la notizia del suo impegno è trapelata, ha rilasciato solo una breve dichiarazione, promettendo di informare il pubblico sui futuri dettagli solo dopo che il picco dell’epidemia fosse passato). Farlo prima, ha detto Fiat, avrebbe rischiato di concentrare l’attenzione su di lei – e distrarla dal lavoro più importante: curare coloro che ne avevano bisogno. Non era stato tanto facile nemmeno registrarsi al programma: dopo aver avuto problemi con il sito governativo ufficiale, Fiat ha contattato direttamente le autorità sanitarie regionali e gli ufficiali degli ospedali locali, che le hanno fatto un contratto di lavoro.
Quello della sanità pubblica è un campo che Fiat conosce bene – da cima a fondo. Dopo una serie di lavoretti, inclusi lavori come telemarketer, assistente esecutivo e tecnico di primo soccorso, Fiat ha iniziato la sua carriera come aiuto infermiere nel 2009. È un lavoro nel quale la paga netta mensile si aggira intorno ai 1.400 euro, meno di un infermiere. E, come molti in questa professione, Fiat ha lavorato soprattutto con contratti a breve termine. Il periodo più lungo in un posto di lavoro lo ha passato in una casa di riposo, dove ha lavorato per tre anni. «Ci dicevano sempre di fare di più con meno», mi ha detto. «Ho visto la crisi con i miei occhi».
Ma Fiat è stata anche, da sempre, un’attivista politica. Nata in una famiglia di attivisti sindacali iscritti al Partito Comunista, si è unita alla sezione giovanile dei comunisti quando aveva solo sedici anni. «Parlavamo un sacco di politica a casa, e votavamo comunista, è stato parte dell’educazione di famiglia», dice Fiat con una risata, anche se sottolinea che «anche le idee l’avevano convinta». Il suo impegno si è presto esteso al luogo di lavoro: come aiuto infermiera, è diventata un delegato sindacale all’interno della Confédération générale du travail (Cgt). E dopo aver partecipato alla campagna presidenziale di Jean-Luc Mélenchon nella primavera del 2017, il suo partito, La France Insoumise, le ha chiesto di candidarsi per un seggio in parlamento nella sua regione natale, la Lorena.
Come madre lavoratrice, Fiat ha fatto campagna elettorale con il passeggino a fianco (diceva di non potersi permettere una baby sitter). Riuscì a passare al secondo turno, dove dovette affrontare un candidato del partito di estrema destra, il Front National. In quello che un giornale locale definì come «lo scontro fra opposti», Fiat ottenne una vittoria schiacciante e conquistò l’attenzione nazionale in virtù della sue origini popolari, che la collocavano molto al di fuori degli standard dei deputati francesi.
Da quando è arrivata in parlamento nel giugno 2017, Fiat ha speso la maggior parte del suo tempo a occuparsi dei temi di salute pubblica. La presidenza di Emmanuel Macron ha fatto pressioni per tagliare la spesa statale, cosa che per Fiat ha significato fare campagna per ulteriori fondi. Nella commissioni per gli affari sociali dell’assemblea, nel 2018 Fiat ha co-firmato uno studio sul suo settore lavorativo.
Per intervenire su quella che riteneva una «crisi» delle case di riposo, ha chiesto che venissero raddoppiati gli aiuto infermieri per residente – una richiesta che alla fine non è stata accolta, probabilmente per ragioni di budget. Anche se Fiat ha riconosciuto che la sua proposta avrebbe comportato un aumento consistente delle spese, la riteneva comunque giustificata dal fatto che avrebbe risolto un’«emergenza sanitaria». Più avanti, quando gli scioperi dal basso hanno invaso i pronto soccorso francesi nel 2019, Fiat ha portato le istanze dei lavoratori in parlamento, chiedendo più soldi, più assunzioni e paghe più alte. Durante un’interrogazione parlamentare con il Ministro della salute lo scorso autunno, ha difeso lo sciopero e ha sbattuto in faccia al governo le sue politiche di «austerità».
Eppure, si lamenta del fatto che la maggioranza di Macron non dà peso alle sue critiche – qualcosa che lei ritiene collegato, in parte, alle sue origini working class. «Ascoltano quello che dico dall’alto in basso», ha detto Fiat. A un certo punto, «il Ministro della salute è arrivato al punto di dire, in parlamento, “Capisco, signora Fiat, che lei non capisce”».
Questa continua immobilità rende la crisi di oggi ancora più dolorosa agli occhi di Fiat. Il personale sanitario della Francia ha sofferto per la mancanza di mascherine ed equipaggiamento protettivo adeguato. Molti ospedali sono entrati in sovraccarico, soprattutto a est e nell’area metropolitana di Parigi. Il numero dei morti nelle case di riposo è sconcertante. E c’è una preoccupante carenza di posti letto: prima che iniziasse la crisi, la Germania aveva cinque volte i posti in terapia intensiva della Francia. Malgrado la Francia abbia un welfare state relativamente generoso, il suo sistema sanitario è stato oggetto in anni recenti di molti tagli.
«Non mi hanno mai preso sul serio quando lo dicevo, eppure tutto quello che andavo dicendo adesso si sta verificando», mi ha detto Fiat. «Se ammazzi gli ospedali – tagliando risorse e personale – in un periodo di crisi ecco quello che succede, non hai nulla per fronteggiare la situazione».
In questo senso, Fiat non è rimasta particolarmente colpita dal recente cambiamento nella retorica del governo. Il presidente Macron si è complimentato con i cittadini francesi per gli applausi serali agli operatori sanitari durante la crisi. E, in contrasto lampante con il suo famigerato appello a forgiare una nazione «start-up», ha invece elogiato il welfare state francese, definendo i dottori, gli infermieri e lo staff degli ospedali in più di uno occasione «eroi in camice bianco».
«No, no, non siamo eroi», ha detto Fiat. «Siamo lavoratori della sanità. Vogliamo semplicemente essere apprezzati per quello che siamo. Un eroe è qualcuno che indossa le mutande sopra una tutina. Non indossa un camice da laboratorio. Se avessero fatto quanto dovevano negli ultimi due anni, oggi non avremmo bisogno di “eroi”. Saremmo stati formati a dovere, con personale a sufficienza e con il materiale necessario a gestire la crisi».
Fiat ha anche ripreso le critiche condivise da tanti nel sistema sanitario pubblico contro la pressione statale sugli ospedali a fare di più con meno risorse. Considerato al primo posto nel 2000 dall’Organizzazione mondiale della sanità, il sistema sanitario francese è stato da allora sottoposto a una pressione crescente, dovendo fare i conti con riforme che tagliavano i costi e una contrazione dei fondi che è aumentata considerevolmente durante la presidenza di destra di Nicolas Sarkozy.
«Negli ultimi vent’anni, abbiamo provato a trasformare gli ospedali in aziende», sostiene Fiat. «Gli ospedali hanno bisogno di fare profitti, e il sistema sanitario è continuamente preso di mira dai tagli. Siamo passati da un sistema sanitario che ci invidiavano in tutto il mondo a un sistema che non ci invidia nessuno».
Eppure, come molti a sinistra, Fiat spera che il virus possa contribuire a scuotere il panorama politico del paese. «Credo che ci sarà un prima e un dopo il Covid-19», dice. «Resta da vedere – ci ascolteranno? Non lo so. Ma quando torneremo in parlamento, mi sentirò molto, molto legittimata, dato che avevo lanciato l’allarme già due anni e mezzo fa».
Le crisi portano spesso consenso ai leader in carica, e i primi sondaggi durante l’epidemia di Covid-19 mostrano un considerevole aumento nel supporto a Macron e al suo primo ministro, Édouard Philippe. Eppure, allo stesso tempo, sono cresciute le critiche verso la risposta ufficiale alla pandemia. Fiat spera che questo possa far sì che le autorità siano più disposte ad ascoltare quello che i lavoratori della sanità hanno da dire. «In Francia», dice, «c’è un detto: mieux vaut prévenir que guérir — prevenire è meglio che curare. Voilà».
*Cole Stangler, giornalista, vive a Parigi e scrive di politica e lavoro. Ha collaborato con International Business Times e In These Times, e pubblica anche su VICE, the Nation, e Village Voice.
Questo articolo è uscito sul n. 37 di Jacobin Magazine. La traduzione è di Gaia Benzi.
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