«Possiamo ancora fermare la macchina bellica»
Noam Chomsky sostiene che il fallimento afghano non cambierà la natura dell'imperialismo statunitense. Ma sottolinea la forza della gente comune nel cambiare il corso delle cose
Noam Chomsky non ha bisogno di presentazioni: è ampiamente considerato il principale intellettuale pubblico del mondo. È professore emerito di linguistica al Mit e autore di numerosi libri di politica interna ed estera degli Stati uniti. Ha anche un pezzo su Israele e Palestina in uscita nella rivista sorella di Jacobin, Catalyst, intitolato An Era of Impunity is Over. Chomsky è stato di recente ospite di Jen Pan e Ariella Thornhill al Jacobin show per discutere dell’impero americano, dell’11 settembre, dell’Afghanistan e del movimento contro la guerra. L’intervista completa si trova qui.
Abbiamo appena superato il ventesimo anniversario dell’11 settembre. Ci sono adulti negli Stati uniti che non erano ancora nati quando è successo l’11 settembre. Joe Biden ha ufficialmente concluso la guerra in Afghanistan ritirando tutte le truppe. Pensi che siamo arrivati alla fine di un’Era? Stiamo assistendo alla fine dell’impero americano, o almeno all’inizio di una nuova fase?
Penso che il ritiro non avrà praticamente alcun effetto sulla politica imperiale degli Stati uniti. Attualmente si discute sull’Afghanistan quasi interamente per dire quanto ci è costata la guerra. Non si trova praticamente nulla su quanto è costata agli afghani. Ci sono alcuni articoli interessanti che mostrano ciò che la stampa aveva capito molto bene vent’anni fa: non c’erano basi ragionevoli per la guerra. Osama bin Laden era solo sospettato quando gli Stati uniti iniziarono a bombardare l’Afghanistan. Se c’è un tipo sospetto che vuoi catturare, esegui una piccola operazione di polizia. Avrebbero potuto arrestarlo, così avrebbero lavorato per scoprire se fosse effettivamente responsabile, cosa che non sapevano.
In effetti, cio è accaduto otto mesi dopo. Robert Muller, capo dell’Fbi, tenne la sua prima ampia conferenza stampa in cui ha affermò – dopo quella che fu probabilmente l’indagine più approfondita al mondo – che presumevamo che al-Qaeda e Bin Laden fossero responsabili dell’11 settembre, ma non erano ancora in grado di stabilirlo. Prima bombardi, poi controlli per vedere se c’è qualche ragione per farlo.
Ora sappiamo che i talebani erano disposti ad arrendersi nel 2001. Ma il segretario alla difesa Donald Rumsfeld annunciò con orgoglio: «Non negoziamo le rese». I termini proposti dai talebani erano che le loro figure di spicco potessero vivere dignitosamente. Perché no? Non avevano fatto niente. Si diceva che avevano dato rifugio ai terroristi. Non lo facciamo anche noi? Ospitiamo alcuni dei peggiori criminali di guerra dei tempi moderni, comprese persone riconosciute come terroristi, come Orlando Bosch e Luis Posada, a cui è stato permesso di vivere felici in Florida sotto la protezione degli Stati uniti. Non c’è dubbio. Nessuno dubitava che fossero terroristi. A loro si deve, tra l’altro, il bombardamento di un aereo di linea cubano in cui morirono 73 persone. Si chiama terrorismo se lo fa qualcun altro. Se lo facciamo noi, sono divertimento e giochi.
Non c’era motivo per non permettere ai talebani di vivere dignitosamente, tranne per quanto spiegato dalla figura di spicco della resistenza afgana anti-talebana, Abdul Haq. Venne intervistato dalla stampa britannica da uno specialista molto apprezzato del Medio Oriente e dell’Asia centrale, Anatol Lieven. Haq condannò amaramente l’invasione, così come altri attivisti anti-talebani afgani. Disse: «Gli Stati uniti stanno cercando di mostrare i muscoli, segnare una vittoria e spaventare tutti nel mondo. A loro non importa della sofferenza degli afghani o di quante persone moriranno». Abdul Haq è stato ucciso dai talebani poco dopo. Chiunque condividesse il punto di vista di Haq all’epoca veniva ignorato o ridicolizzato dalla stampa mainstream. Ora stanno ammettendo che avevano ragione.
È la fine dell’impero? No. Tutto ciò che ne è derivato è il riconoscimento che la guerra in Afghanistan è stata troppo costosa per noi, quindi faremo le cose in modo diverso da qui in avanti.
Hai detto altrove che per far comprendere il ritiro dall’Afghanistan viene confrontato il costo della guerra con la potenziale spesa interna in programmi di assistenza sociale o altre cose a favore degli statunitensi. Hai sottolineato che si tratta invece di una questione etica e che lo dobbiamo agli afghani dopo decenni di terrore. Qual è il frame migliore per parlare di porre fine alle campagne militari statunitensi? Cosa dobbiamo agli afghani? E cosa può fare la sinistra per fare pressione sul governo degli Stati uniti per assicurarsi che stiamo, in qualche modo, mettendo riparo alla distruzione causata?
Hai ragione sul frame. Questo è il modo in cui viene discusso il ritiro. Ed è vero che la folle spesa per la guerra in generale – 753 miliardi di dollari di budget del Pentagono – sta, prima di tutto, mettendoci in grave pericolo. Sta anche portando via risorse che sono assolutamente necessarie per altri scopi. A parte l’Afghanistan, il punto è corretto. Sì, siamo in dovere di fare qualcosa per aiutare l’Afghanistan a fuggire dal naufragio di cui siamo sostanzialmente responsabili. Ci sono cose concrete che potremmo fare. Ad esempio, dovremmo accogliere i rifugiati afgani, e senza problemi burocratici. Dovrebbero essere trattati decentemente. La seconda cosa che dovremmo fare è porre fine a questo vergognoso programma di sanzioni contro l’Afghanistan. Non mi piacciono i talebani. Non ci piacciono. Ma questo non è un motivo per punire gli afghani. Hanno un disperato bisogno di aiuti umanitari. È il popolo afghano che muore di fame, non i leader talebani. Le sanzioni in generale puniscono la popolazione e non la loro leadership. Valeva anche per le sanzioni all’Iraq, all’Iran, a Cuba e al Venezuela.
Conosciamo le reali ragioni della sanzione. A volte vengono persino annunciate. Nel caso di Cuba negli anni Sessanta, gli Stati uniti riconobbero che Castro era molto popolare. Pensavano che l’unico modo per rovesciare il suo governo fosse fomentare il malcontento. L’idea era di rendere la vita così impossibile che la gente avrebbe rovesciato il governo. Naturalmente, non era l’unico modo: John F. Kennedy nel 1962 lanciò una grande guerra terroristica, che ha praticamente portato il mondo al disastro nucleare. Le sanzioni contro Cuba si intensificarono sotto Bill Clinton. Quando Cuba era in una posizione disperata dopo che i russi si erano ritirati, Clinton scavalcò George H. W. Bush a destra per aumentare le sanzioni in modo da affamare la popolazione e costringerla alla sottomissione in modo da rovesciare il governo. È esattamente quello che sta succedendo ora.
Per inciso, gli Stati uniti sono l’unico paese che potrebbe imporre sanzioni del genere. Queste sono sanzioni di terze parti. Tutti devono obbedire, altrimenti vengono cacciati dal sistema finanziario internazionale. Solo gli Stati uniti hanno questo potere, ed è una delle principali forme di terrorismo di stato. Il caso dell’Afghanistan è un caso ulteriore. Dovremmo anche sbloccare i finanziamenti del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. Queste istituzioni stanno bloccando i finanziamenti, ovviamente, sotto la pressione degli Stati uniti. Dovremmo dare ogni possibilità ai talebani e alla popolazione di risolvere i loro problemi.
Alla fine degli anni Ottanta c’erano soluzioni migliori. Ad esempio, ora tutti si preoccupano dei diritti delle donne. Che meraviglia e che cosa toccante. Cosa è successo alla fine degli anni Ottanta, quando i russi avevano il loro regime, il regime di Najibullah, che proteggeva i diritti delle donne? Le donne andavano all’università e indossavano i vestiti che volevano. Hanno avuto problemi: i problemi erano i maniaci islamici sostenuti dagli Stati uniti come Gulbuddin Hekmatyar, che lanciavano acido in faccia alle donne con i vestiti sbagliati. Persone molto credibili hanno scritto articoli su questo e li inviarono a riviste statunitensi che non li hanno pubblicati perché era un regime guidato dalla Russia.
Come hai detto, quando Biden ha annunciato il ritiro delle truppe, improvvisamente c’è stata un’ondata di commenti sui media che parlavano di donne e ragazze afghane e del destino che avrebbero dovuto affrontare sotto i talebani. Se c’è qualcosa che ci hanno insegnato gli ultimi decenni, è che dovremmo essere sospettosi dell’«intervento umanitario». Nel frattempo, molti progressisti stanno invocando la regola del «chi rompe paga». Non pensano che sia giusto che gli Stati uniti creino questo disastro in Afghanistan e poi facciano le valigie e se ne vadano. Alla luce di tutto questo, mi chiedo se ci sono altri progetti umanitari che i progressisti dovrebbero sostenere – oltre a porre fine alle sanzioni e ammettere più rifugiati – che non cadano nella trappola di continuare l’intervento.
Sono sicuro che ci sono brave persone sul campo in Afghanistan che si impegnano davvero per i diritti umani. Ma non sono i politici. Il primo passo nell’intervento umanitario è smettere di distruggere. Se possiamo smettere di distruggere, terrorizzare e usare i nostri muscoli per intimidire tutti, sarà un grande passo avanti. Se arriviamo fino a quel punto, allora possiamo iniziare a pensare di fare cose di valore. Prendi George W. Bush, che fu responsabile dell’invasione dell’Afghanistan e dell’invasione dell’Iraq che seguì: milioni di persone uccise, paesi distrutti, l’intera regione distrutta da conflitti etnici che prima non esistevano. Ma Bush ha fatto delle cose buone. I suoi programmi sanitari in Africa, ad esempio, sono stati molto utili. Questo è l’intervento umanitario. Potremmo realizzare un programma umanitario in questo momento rendendo disponibili i vaccini per l’America Latina, i Caraibi, l’Africa e l’Asia.
Biden ha almeno fatto qualche piccolo passo in quella direzione. Ma non i passi principali richiesti dal movimento People’s Vaccine, come liberare i brevetti da esorbitanti diritti di proprietà intellettuale. Quei diritti non solo brevettano il prodotto ma anche il processo. È qualcosa di nuovo introdotto da Bill Clinton e altri fanatici neoliberisti nell’Organizzazione mondiale del commercio. È una violazione radicale del libero scambio che non è mai esistita in passato. Ed è tutto al servizio di maggiori profitti per le aziende farmaceutiche. Bene, possiamo cancellare tutto questo e consentire ad altri paesi di produrre i vaccini, che comunque sono stati per lo più creati con fondi pubblici.
Ora andiamo a Cuba: una delle peggiori atrocità dell’età moderna. Il mondo intero – letteralmente – è fortemente contrario a ciò che stiamo facendo. L’ultimo voto alle Nazioni unite è stato di 184 a 2, a favore della fine del blocco economico di Cuba da parte degli Stati uniti. Israele è stato l’unico paese che ha votato con gli Stati uniti perché è uno stato cliente. Nessun altro l’ha fatto. Qualcuno lo nota? Il blocco riguarda la punizione a Cuba per essersi opposti a noi, ciò che il Dipartimento di Stato, negli anni Sessanta, chiamava successful defiance. Gli Stati uniti non permetteranno a nessuno di farla franca, quindi inventeranno ogni sorta di storie sui diritti umani.
Ci sono violazioni dei diritti umani a Cuba, anzi, alcune delle peggiori dell’emisfero. Si svolgono nell’angolo sud-est di Cuba in un luogo chiamato Guantanamo Bay, che gli Stati uniti hanno preso e si rifiutano di restituire. A Guantanamo si verificano forse le peggiori violazioni dei diritti umani dell’emisfero. Smettiamola di violare brutalmente i diritti umani in luoghi che abbiamo rubato a Cuba sotto la minaccia delle armi e che abbiamo mantenuto perché ospitano un porto importante. Questo sarebbe un intervento umanitario. Puoi guardare in giro per il mondo e trovare infinite cose del genere. Un vero intervento umanitario? Esiste a malapena.
È molto difficile trovare un caso autentico di intervento umanitario. Naturalmente, ogni azione di una grande potenza è chiamata «umanitaria». Questo è universale. Quando Adolf Hitler invase la Polonia, fu per proteggere le persone dal selvaggio terrore dei polacchi. Anche Attila l’Unno probabilmente disse di essere umanitario.
Hai citato George W. Bush. È stato riabilitato agli occhi dell’establishment liberal. Bush ha iniziato come l’incarnazione del male, trascinandoci in due guerre che non avevamo intenzione di iniziare. Poi è stato trasformato in una specie di imbranato che ha interferito con Dick Cheney, la vera mente dietro le quinte. Ora, Bush è diventato una sorta di figura adorabile, un pittore folk amico di Michelle Obama. Abbiamo visto i media parlare di come Biden abbia pasticciato sul ritiro dall’Afghanistan. Dicono che non può riprendersi da questo. Potrebbe schiacciare le possibilità dei Democratici nelle elezioni successive. Ma Bush è sfuggito, a quanto pare, a qualsiasi tipo di colpa per il suo ruolo di criminale di guerra. Puoi parlare di come e perché i media riverniciano la propria storia recente?
E Henry Kissinger? È onorato nonostante sia uno dei peggiori criminali di guerra della storia moderna. Nel 1970, Kissinger seguì fedelmente il suo maestro Richard Nixon e trasmise ordini di un tipo che non credo siano mai apparsi nella documentazione storica. Gli ordini all’aeronautica Usa dicevano: «Campagna di bombardamenti massicci in Cambogia. . . Tutto ciò che vola contro tutto ciò che si muove». Vedi se riesci a trovare qualcosa di simile nella storia; tra i nazisti, tra chiunque. E non erano solo parole. Ha portato a un’orrenda, orribile, campagna di bombardamenti. Vai in India. Henry Kissinger ha sostenuto la distruzione pakistana del Bengala orientale. Un numero enorme di persone sono state uccise. Forse un milione o più. E Kissinger minacciò di punire l’India se avesse osato tentare di fermare il massacro. Quali sono state le ragioni? Kissinger aveva pianificato un servizio fotografico con Mao Zedong in Cina. Si sarebbero incontrati, si sarebbero stretti la mano e avrebbero annunciato la distensione. Ma Kissinger ha dovuto attraversare il Pakistan per arrivarci. E tutto questo massacro stava minando il suo servizio fotografico. E il Cile? Kissinger era l’uomo di punta che premeva forte per il rovesciamento del governo di Salvador Allende. Lo ha fatto su due binari: uno era solo violenza, un colpo di stato militare. Poi c’è stato un soft track: «far urlare l’economia». Rendi impossibile la vita delle persone. Bene, alla fine hanno ottenuto ciò che volevano e, nel 1973, istituirono una feroce dittatura, che, per inciso, fu il primo 11 settembre. Quello che è successo nel 2001 è stato il secondo 11 settembre. Il primo è stato molto peggio, sotto ogni profilo. Tradotto in termini pro capite, sarebbe come se il nostro 11 settembre avesse visto 30.000 persone uccise sul colpo e altre 500.000 torturate. Fu rovesciato un governo, fu istituita una feroce dittatura, e abbondarono il terrore, la tortura e gli orrori. E gli Stati uniti hanno festeggiato. Hanno impiegato fondi per aiutare la nuova dittatura. Varie agenzie internazionali che avevano trattenuto fondi da Allende fecero lo stesso. I neoliberisti, che hanno governato il mondo negli ultimi quarant’anni, l’hanno adorato. Si sono trasferiti per consigliare il nuovo governo. Friedrich Hayek, il leader morale del neoliberismo, ha visitato e si è detto impressionato dalla libertà sotto Augusto Pinochet e ha detto che non riusciva a trovare una sola persona in Cile che non pensasse che ci fosse più libertà sotto la dittatura di Pinochet che sotto Allende. In qualche modo non riusciva a sentire le grida di angoscia provenienti da Via Grimaldi e da altre camere di tortura.
Questa è stata la reazione al primo 11 settembre. Sono sicuro che ci sono jihadisti che hanno celebrato il secondo 11 settembre. Pensiamo che siano terribili, ma noi siamo molto peggio. Qualcuno ne ha parlato nell’anniversario dell’11 settembre? Il primo 11 settembre è stato molto peggio di quello che è successo nel settembre 2001. Se vuoi sapere cosa possiamo fare, possiamo iniziare con l’educare noi stessi. Prendi solo il concetto di «guerra infinita». Biden ha posto fine alle guerre infinite. Quando sono iniziate, le guerre per sempre? Nel 1783. Fu allora che gli inglesi si ritirarono. Avevano impedito ai coloni di invadere quello che veniva chiamato «Paese indiano»: le Nazioni indiane a ovest dei monti Appalachi. Gli inglesi avevano bloccato quell’espansione, e i coloni no. Certamente non persone come George Washington, che era un importante speculatore terriero e voleva sterminare gli indiani, che aveva giurato di far scomparire. Immediatamente, i coloni lanciarono guerre omicide e brutali contro le Nazioni indiane. Sterminio, dispersione, trattati infranti… Voglio dire, ogni orrore che ti viene in mente. Sapevano cosa stavano facendo. La figura principale – l’architetto intellettuale – del Manifest Destiny, John Quincy Adams, nei suoi ultimi anni si lamentò del destino della «razza sfortunata… che stiamo sterminando con tanta spietata e perfida crudeltà». È stato molto tempo dopo la sua partecipazione a questo processo. Ed era prima che arrivasse il peggio. I crimini sono andati avanti in California, dove sono stati veramente genocidi. C’è una famosa storia diplomatica degli Stati uniti di Thomas Bailey, che ne discute. Dice che era sulla difensiva. Che, dopo che i coloni ottennero la loro libertà, si dedicarono al compito di «abbattere alberi e indiani» e di espandere il territorio. Si presero metà del Messico e depredarono le isole Hawaii dai nativi.
Gli Stati uniti sono stati in guerra praticamente ogni anno da quando sono stati fondati. E ci sono state vittime. Perché non chiedere loro i costi? Nessuno lo farà, non credo. Sembriamo preoccuparci solo delle guerre infinite che ci sono costate troppo. C’è un buon articolo nell’ultimo numero di Foreign Affairs. Discute il gravissimo costo della guerra in Afghanistan per gli Stati uniti. Sono stati spesi miliardi di dollari. Ma che dire delle persone che abbiamo sterminato, attaccato e distrutto per 250 anni, da quando il paese è stato fondato? C’è un articolo sul New York Times di una brava persona, Samuel Moyn, su come gli Stati uniti si stanno orientando verso guerre più umanitarie. Dice che sono ancora terribili, ma più umanitarie di prima. E fa un esempio: l’invasione del Kuwait da parte di George H. W. Bush. Dice che è stato molto più umanitario delle guerre precedenti.
Davvero? Mentre i contadini di leva iracheni si stavano ritirando dal Kuwait, l’esercito statunitense ha usato i bulldozer per spalarli nei fossi e soffocarli. L’Air Force ha completamente distrutto le infrastrutture indifese in tutto l’Iraq. Questa era, per inciso, una guerra che non doveva mai essere combattuta. C’erano molte opzioni per un accordo diplomatico. Ma la stampa si è rifiutata di denunciarlo e il governo degli Stati uniti le ha scartate. La guerra poteva essere evitata. In effetti, l’invasione irachena del Kuwait non era poi così diversa dall’invasione statunitense di Panama un paio di mesi prima. Così è andata la storia.
L’hai visto scritto sul New York Times? No. Le persone che l’hanno menzionata sono state semplicemente ridicolizzate e denunciate come antipatriottiche. Niente è cambiato. Stesse istituzioni, stesse dottrine, stesse credenze. Certo, il mondo è un po’ diverso. Una differenza è rappresentata dalla popolazione. Se le guerre di oggi sono più umanitarie è grazie a persone come voi. Il paese è diventato più civile grazie all’attivismo degli anni Sessanta. E ci sono molte prove di questo, anche se non vengono discusse. Non è la storia giusta.
Prendi le guerre centroamericane. Atrocità orribili. Centinaia di migliaia di persone furono uccise. C’erano torture, massacri, tutto quello che ti viene in mente. Ma c’erano cose che gli Stati uniti non potevano fare. Non potevano fare ciò che John F. Kennedy poteva fare nel Vietnam del Sud vent’anni prima. Ci hanno provato, ma non ci sono riusciti. Quando è entrato in carica, Ronald Reagan ha cercato di duplicare ciò che Kennedy aveva fatto vent’anni prima. Immediata fu la reazione della popolazione. Non lo accettavano più.
Quello che è successo in America Centrale è stato qualcosa di totalmente nuovo nell’intera storia dell’imperialismo. Era la prima volta in assoluto che le persone nel paese aggressore non si limitavano a protestare, ma andavano a vivere con le vittime. Ho visitato le chiese dell’America centrale dove le persone sapevano dell’America centrale più degli accademici, perché lì lavoravano. Non è mai successo. Nessuno in Francia è andato a vivere in un villaggio algerino. Nessuno negli Stati uniti è andato a vivere in un villaggio vietnamita. Era inaudito. E ha cambiato ciò che il governo degli Stati uniti può fare. Gli articoli di accademici su riviste professionali non lo hanno fatto; gli attivisti sul campo lo hanno fatto. Possono fare la differenza anche adesso. Questo è ciò che cambia il mondo.
Sei stato attivo nei movimenti contro la guerra dai tempi del Vietnam. Il movimento contro la guerra sorto dopo l’Afghanistan, e in particolare in vista dell’Iraq, non ha fermato né rallentato nessuna delle due guerre. Ma c’è ancora qualcosa che possiamo concedere al movimento contro la guerra di quel periodo?
La prima cosa che dovrebbero imparare è quanto siano efficaci. L’opinione comune è che abbiamo fallito. Non è vero. Di recente abbiamo appreso, da fonti tedesche di alto livello, che l’amministrazione Bush stava progettando di usare armi nucleari in Afghanistan. Ma non potevano farlo perché la popolazione degli Stati uniti non lo avrebbe tollerato. La guerra in Iraq ha rappresentato qualcosa di nuovo nella storia dell’imperialismo. Ci sono state proteste di massa, prima che la guerra venisse ufficialmente lanciata. In effetti, la guerra era in corso da molto tempo, da quando Bill Clinton aveva bombardato l’Iraq nel 1998, ma venne lanciata ufficialmente nel marzo 2003.
Non credo che il movimento contro la guerra sia stato inefficace. Penso che sia stato molto efficace. È un fattore reale che ha portato alla riduzione della violenza, del terrore, della distruzione che vediamo. Il giorno prima, i miei studenti al Massachusetts Institute of Technology hanno chiesto che la lezione venisse cancellata in modo che tutti noi potessimo partecipare alle manifestazioni di massa prima che la guerra fosse dichiarata ufficialmente. Una cosa del genere non è mai successa nella storia dell’imperialismo. Se quello che è successo in Iraq è stato abbastanza devastante, avrebbe potuto essere molto peggio. Se Rumsfeld, Cheney e gli altri si fossero scatenati, non sappiamo cosa sarebbe successo. Ma sono stati costretti a limitarsi dall’opposizione pubblica sul campo. È successo più e più volte. Non viene scritto, è la storia sbagliata. Ma è una storia che dovremmo riconoscere.
Quindi non penso che il movimento contro la guerra sia stato inefficace. Penso che sia stato molto efficace. La lezione è: continua più forte. Prendete la gravissima minaccia delle armi nucleari, che crebbe in modo significativo sotto Donald Trump. Finora, Biden sta perseguendo le stesse politiche. Bene, guardiamo indietro. All’inizio degli anni Ottanta, ci furono enormi manifestazioni pubbliche che condannavano il posizionamento di missili a breve distanza nella Germania occidentale. Quei missili potrebbero raggiungere Mosca in dieci minuti. Ci sono state proteste simili contro di loro in Europa, anch’esse enormi. Ciò ha avuto un effetto. Ha portato Reagan ad accettare le offerte di Mikhail Gorbaciov per stabilire il Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio. È stato un enorme passo avanti verso la pace. Ha ridotto significativamente le minacce che avrebbero potuto facilmente portare alla guerra nucleare. Come parte del suo approccio generale alla distruzione, distruggendo tutto ciò che ha valore, Trump ha smantellato il trattato. Subito dopo, nell’anniversario dell’Hiroshima Day, ha lanciato missili che violano il trattato. Le manifestazioni dei primi anni Ottanta pongono una sorta di limite a tutto ciò. Anche questa è una lezione. Possono aver luogo ora e aiutare a fermare la corsa al disastro che è in corso.
Stessa cosa con la distruzione del clima. La pressione della popolazione, soprattutto i giovani, ha spinto Biden ad approvare formalmente programmi che non sono poi così male. Alla fine sono insufficienti, ma comunque molto meglio di qualsiasi cosa apparsa prima. Il 9 agosto, il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici ha pubblicato il suo ultimo rapporto. È molto triste e non ha avuto nemmeno lontanamente una copertura adeguata [negli Stati uniti]. Era un lunedì. Cosa è successo mercoledì? Mercoledì Biden ha lanciato un appello all’Opec – il cartello petrolifero – per aumentare la produzione perché vuole che i prezzi del gas diminuiscano negli Stati uniti per migliorare le sue prospettive elettorali. Ecco perché l’attivismo sul campo fa la differenza. Gli attivisti del Movimento Sunrise hanno occupato l’ufficio di Nancy Pelosi. Hanno ricevuto supporto da Alexandria Ocasio-Cortez, e grazie a ciò non sono stati semplicemente buttati fuori. Ciò ha portato a una risoluzione effettiva al Congresso. Ocasio-Cortez e Ed Markey hanno una proposta, che ha un programma molto sensato che affronterebbe efficacemente la grave minaccia di distruzione ambientale. È una risoluzione, ma devi andare ancora avanti. Ci vorrà molto lavoro. I repubblicani, ovviamente, saranno contrari al 100%. Il loro impegno a questo punto è quello di servire le imprese e lucidare gli stivali di Trump in modo che le folle che ha organizzato non li inseguano. Questo è il Partito repubblicano. Non importa cosa succede al paese o al mondo. Sono contrari al 100% e non possono esserci deviazioni. Poi ci sono alcuni democratici che possono bloccare qualsiasi cosa. Sappiamo chi sono. Be’, questo significa dover lavorare.
Cos’è la politica estera di sinistra? Come sosteniamo la politica estera di sinistra? Come facciamo a mantenere la lucidità quando ci vengono fatte promesse rosee da cattivi attori?
Bene, pubblichi articoli su Jacobin e organizzi le persone per agire in base a ciò che imparano. Non ci sono ricette segrete. Noi sappiamo come farlo. È stato fatto più e più volte. Ogni movimento popolare, ogni causa importante che è stata vinta nel corso dei secoli, è stata vinta da persone che lavorano sul campo. Prendete il movimento per i diritti civili. Il nome che mi viene in mente è Martin Luther King, che era una grande figura. Se lo merita. Ma sono sicuro che sarebbe stato il primo a dire che stava cavalcando un’onda creata da persone di cui nessuno conosce il nome: attivisti che viaggiavano sugli autobus della libertà in Alabama, un contadino nero che ha avuto il coraggio di entrare in una cabina elettorale in un paese razzista, eccetera. Il mio vecchio amico Howard Zinn l’ha detto abbastanza bene una volta: «Ciò che conta sono le innumerevoli piccole azioni di persone sconosciute che pongono le basi per gli eventi della storia». Penso che sia questo il punto. Non conosciamo nemmeno i nomi delle persone che hanno svolto il lavoro davvero significativo e importante, così come non conosciamo i nomi delle persone all’estero che stanno lottando coraggiosamente per i propri diritti in condizioni orribili.
Possiamo aiutarli in molti modi. È stato fatto in passato e si può fare di più in futuro. Ma ora non abbiamo molto tempo. I problemi sono molto più urgenti di quanto non fossero in passato. Se non ci occuperemo del clima entro un paio di decenni, supereremo i punti critici. E i repubblicani probabilmente torneranno al potere l’anno prossimo, o forse nel 2024. Questo significa negazionismo. Ho parlato male di Biden. Ma almeno i democratici possono essere messi sotto pressione. In realtà, anche i repubblicani più giovani. Tra i repubblicani più giovani, c’è meno la dedizione codarda e brutale alla distruzione di massa nell’interesse della ricchezza privata. Questa è la parte più vecchia della leadership repubblicana: i Lindsey Graham. Ma i giovani sono un po’ diversi. Possono essere raggiunti. Possono fare la differenza.
Abbiamo davvero un enorme debito di gratitudine nei tuoi confronti per tutto e per tutti i nomi e le opinioni sconosciuti che hai portato agli occhi del pubblico.
Grazie mille.
*J. C. Pan è uno dei conduttori del Jacobin Show. Ha scritto per the New Republic, Dissent, the Nation. Noam Chomsky è professore emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology. Haymarket Books ha recentemente pubblicato dodici dei suoi libri classici in nuove edizioni. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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