
Prima sconfitta per Bolsonaro
Il principale sconfitto delle municipali è il presidente e l’estrema destra. Cresce la destra tradizionale mentre la sinistra si mantiene viva, con la sorpresa del Psol a San Paolo. Resta da capire se riuscirà a dar vita a un fronte comune
Sebbene di solito sia rapido e efficiente, il conteggio elettronico dei voti delle elezioni municipali brasiliane del 15 novembre ha sofferto un ritardo di tre ore e mezzo. Un incidente che non ha impedito che entro la mezzanotte fossero ormai chiare le tendenze generali di queste elezioni, che rappresentano il più importante termometro dello stato d’animo delle persone dalla tragica elezione del 2018 che ha portato Bolsonaro al potere.
Il principale sconfitto del giorno, non ci sono dubbi neanche per i suoi seguaci, è il presidente Bolsonaro con l’estrema destra, com’era prevedibile considerando la crescita dei malumori verso il suo governo da parte della popolazione delle grandi città. Sette sindaci di città capitali sono stati eletti al primo turno: a Florianopolis e a Curitiba, nel sud; a Belo Horizonte nel sud-est; a Salvador e a Natal, nel nordest; a Campo Grande e a Palmas, nella zona centro-occidentale. Sono tutti profili personali o partiti abbastanza vicini alla destra, ma nessuno dei vincitori era appoggiato in maniera diretta dal presidente e dai suoi figli.
Di 27 capitali (25 in realtà, escludendo Brasilia, che in quanto Distretto federale non ha un sindaco, e la città amazonica di Macapá, costretta da venti giorni a una crisi nell’erogazione dell’elettricità) vanno al ballottaggio solo i candidati di 18 capitali. Di queste, ci sono solo tre casi di candidati con un profilo simile o sovrapponibile a quello del campo politico del presidente neofascista: a Fortaleza, nello stato di Ceará, nel nordest (dove il candidato è il Capitano Wagner); a Vitória, nello stato di Espirito Santo, nel sud-est (col candidato Delegado Pazolini) e a Rio de Janeiro, dove il sindaco in carica Marcelo Crivella, vescovo della Chiesa Universale del Regno di Dio, corre per la rielezione. I sondaggi, sulla base dei risultati dei candidati delle elezioni di ieri, indicano che l’unico che abbia delle possibilità è Delegado Pazolini.
Non appena sono usciti i numeri definitivi dai computer del Tribunal Superior Electoral si è subito cominciato a dibattere, tra giornalisti, scienziati sociali e politici, su quale sia stato il principale messaggio uscito dalle urne. È ovvio che non c’è stato alcun cambiamento di prospettiva dell’elettorato verso nuovi personaggi o programmi che mettessero in discussione lo status quo. La risposta più sensata è che nel conflitto apertosi a marzo tra Bolsonaro da un lato e governatori e sindaci dall’altro attorno alla gestione della pandemia – che ha già ucciso 165mila persone in Brasile e ne ha contagiate più di cinque milioni – il governo federale ha ricevuto un pesante colpo. Si può dire che in Brasile c’è stato un riallineamento della destra da posizioni estreme verso posizioni più tradizionali e che la sinistra, sebbene divisa, ha dimostrato di essere viva e di avere un futuro davanti.
Hanno ottenuto la carica di sindaco, o sono stati riconfermati nei loro incarichi, quelle figure di destra che hanno seguito una politica a favore della scienza, hanno chiesto la chiusura di certe attività, come le scuole e le palestre (il Brasile non ha realizzato alcuna quarantena, in nessun momento e in nessun luogo) e hanno sostenuto l’importanza delle mascherine e del distanziamento sociale. Quelle misure contro le quali il presidente Bolsonaro ha lottato duramente, con minacce di incriminazioni, fake news, dimissioni di ministri e molti discorsi di basso livello.
L’opposizione e la sinistra
Se lo scenario politico-istituzionale non è cambiato radicalmente, tutto indica però che i gruppi parlamentari municipali del bolsonarismo più radicale siano usciti ridimensionati da queste elezioni. Inoltre i partiti di opposizione al bolsonarismo hanno ottenuto in genere un buon risultato. Bisogna però ricordare che la situazione politica rimane molto reazionaria e che sopravvive un forte odio verso la sinistra e il Partido dos Trabalhadores, il Pt, un odio ben radicato nei settori della classe media/proprietaria (sensibili alla retorica sulla corruzione degli anni in cui il Pt era al potere) e tra i più poveri (influenzati dalle chiese neopentecostali, molto vicine a Bolsonaro).
In 9 delle 18 capitali in cui si andrà al ballottaggio, c’è un candidato di opposizione in corsa. Tre appartengono al Partido Socialista Brasileiro (il Psb, un partito borghese-oligarchico, più di centro che di sinistra), che corrono a Recife, a Maceió (nordest) e a Rio Branco (nel nord amazzonico); due sono del Pt, a Vitória (Espirito Santo) e a Recife; due sono del Partido Democrático Trabalhista (Pdt, la sigla che apparteneva al nazionalista Leonel Brizola e che oggi è dominata dall’ex ministro Ciro Gomes), a Fortaleza e a Aracaju (nordest). A Porto Alegre arriva al ballottaggio la giovane candidata del PCdoB (il partito comunista) Manuela D’Avila.
Venendo alle città più grandi che non sono però capitali, il Pt ha eletto 48 consiglieri in 25 città, di cui 22 sono donne. Il PCdoB ha ottenuto consiglieri in sei città. Il Psol [Partito socialismo e libertà, nato nel 2004 da una scissione a sinistra del Pt durante il governo Lula, NdR] ha eletto consiglieri in 12 della 25 città più grandi, con un totale di 33 eletti, tra cui 17 donne, in maggioranza nere – incluse le prime due persone trans elette: la candidata più votata di Aracaju, Linda Brasil, e la trans nera Beny di Niterói, nello stato di Rio de Janeiro – oltre a due consiglieri esplicitamente eco-socialisti. Il Psol ottiene anche la vittoria in cinque municipi di piccole città: Ribas do Rio Pardo, Potengi, Janduís e Marabá Paulista.
Ma il risultato più «sorprendente» per i mezzi di comunicazione vicini alla borghesia e al mondo delle aziende è stato il successo del Psol nella città più grande del paese. Dopo essere entrato nel partito nel 2018 per le presidenziali, Guilherme Boulos, attivista e dirigente del Movimiento de los Sin techo (Mtst), accompagnato dalla sindaca Luíza Erundina, a settembre aveva solo il 4% delle intenzioni di voto, per poi salire a più del 20% e riuscire a ottenere la possibilità di giocarsi la partita al secondo turno, dove si troverà di fronte l’attuale sindaco Bruno Covas (Psdb), molto vicino alle posizioni del governatore di destra João Dória. Nella capitale, il gruppo parlamentare del Psol è passato da due a sette consiglieri.
Sfortunatamente per il Psol e per tutta la sinistra la seconda capitale del paese, Rio de Janeiro, ha vissuto uno scenario elettorale piuttosto differente e dovrà scegliere tra un sindaco bolsonarista e neopentecostale, Marcelo Crivella, e l’ex sindaco del vecchio e corrotto Mdb, Eduardo Paz. Pur disponendo di un ampio spazio politico tradizionale in città, il Psol non ha potuto contare sulla candidatura naturale del deputato federale Marcelo Freixo, che a maggio ha rinunciato a candidarsi sostenendo che, nell’impossibilità di unire tutta l’opposizione sotto il suo nome in un unico fronte, non c’erano possibilità di vittoria. Comunque la giovane deputata provinciale nera Renata Souza ha rappresentato con entusiasmo il partito e ha contribuito a garantire l’elezione (o la rielezione) di sette consiglieri.
Ci sarà un fronte di sinistra nel 2022?
L’idea di diversificare la rappresentanza politica ha guadagnato forza a sinistra e il Psol è stato il principale beneficiario di questo processo. Come ha ben messo in evidenza la Bbc, abbiamo assistito a una ricerca generalizzata di rinnovamento sotto tutti gli aspetti. Boulos, di 38 anni, e Manuela, di 39, incarnano alla perfezione questo fenomeno.
Di fatto la sinistra, intesa in un senso meno ampio (senza il centro-sinistra borghese del Pdt e il Psb) è un poco arretrata nella rappresentanza parlamentare (in ragione della caduta numerica dei consiglieri del Pt e du PCdoB, si veda al riguardo lo schema in basso). Il Psol è il partito che è cresciuto di più. Bisognerà trarre delle lezioni da questo.
La cosa più probabile è che l’elettorato cosiddetto progressista, che si interessa a questioni sociali, ambientali, antirazziste e femministe, nei prossimi anni si coagulerà attorno all’identità di un fronte antibolsonarista e farà pressione sulla sinistra (Psol, Pt, PCdoB) per formare serie alleanze elettorali utili a sconfiggere la destra nel suo complesso. L’assenza della sinistra nel secondo turno di Rio de Janeiro rinforza questa tesi. Ma sarà necessario superare lo scoglio più difficile: il rifiuto di Lula e di gran parte della direzione del Pt di negoziare alleanze quando viene meno la loro egemonia (oggi piuttosto contestata).
La cosa più importante, tuttavia, è che le piccole e grandi vittorie di questa difficile campagna siano, per la sinistra e per l’attivismo brasiliani, come gocce di pioggia che fecondano la terra. Che servano cioè a rianimare chi lotta e resiste contro i piani di Bolsonaro e dei governatori e sindaci della destra neoliberista. Sperando che la pressione per l’unità della sinistra si realizzi soprattutto dal basso, a partire dai movimenti sociali e dalle comunità, così che si possa raggiungere l’unità necessaria a sconfiggere alle prossime elezioni quel genocida a piede libero.
Municipalità vinte dalla sinistra
Partito | 2016 | 2020 | Differenza |
PT | 254 | 174 | -31,50% |
PCdoB | 81 | 45 | -45,7% |
PSOL | 2 | 4 | +100% |
Consiglieri di sinistra
Partito | 2016 | 2020 | Differenza |
PT | 2.815 | 2.584 | -8,21% |
PCdoB | 1.010 | 678 | -32,87% |
PSOL | 56 | 74 | +33,93%. |
*Ana Carvalhaes è giornalista e militante del Psol. Questo articolo è stato pubblicato su Jacobin America Latina. La traduzione è di Alberto Prunetti.
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