
Resistere in una Germania sotto assedio
Alla vigilia delle elezioni tedesche Nam Duy Nguyen, deputato al parlamento sassone per Die Linke, analizza la situazione politica segnata dal cedimento del «cordone sanitario» contro l’estrema destra
La tensione continua a salire in tutta la Germania. Il 2 Febbraio le città tedesche sono state teatro di manifestazioni di massa contro il pericolo che il «muro di fuoco» contro le possibili alleanze con le destre potesse crollare. Una sede della Cdu è stata occupata ad Hannover per protestare contro l’intesa con l’estrema destra portata avanti dal candidato cancelliere Merz. Il respingimento della proposta di legge sull’immigrazione è avvenuto, per qualche decina di voti, grazie, probabilmente, a un intervento della ex cancelliera Merkel che finora si era limitata a intervenire su questioni di politica estera dopo aver abbandonato la guida del paese. Il quadro di eccezionalità è perfettamente organico con le fibrillazioni che da ormai qualche anno pervadono la società tedesca. Sebbene tutto ciò possa apparire come una vittoria per la tenuta dell’argine contro il tracimare di partiti quali AfD, l’esiguo numero di voti con cui è stata respinta la legge da la misura di come gli attacchi al «cordone sanitario» contro l’estrema destra siano sempre più preoccupanti.
Abbiamo intervistato il giovanissimo parlamentare Nam Duy Nguyen, deputato di Die Linke al Parlamento federale della Sassonia, che dall’osservatorio particolare della Germania Est può offrire una prospettiva diretta dai luoghi in cui Alternative für Deutschland ha iniziato la sua ascesa. Lo incontriamo nel suo ufficio di Lipsia, che è anche un centro di ascolto per i cittadini del quartiere.
Sei un volto nuovo della sinistra tedesca. La campagna elettorale in cui ti sei candidato per la prima volta ha riscosso grande successo. Quali contenuti e valori avete voluto trasmettere? Da quali esperienze passate avete tratto insegnamento?
Abbiamo strutturato la campagna elettorale per il Parlamento sassone del 2024 facendo tesoro delle strategie di lotta sindacale che abbiamo sostenuto negli ultimi anni. Organizzando il lavoro in modo sistematico, siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo di bussare a 15.000 porte. Abbiamo ascoltato i bisogni reali delle persone e li abbiamo trasformati in azioni concrete. La sinistra deve rispondere a ciò che le persone chiedono, costruendo un ponte tra le loro esigenze e le nostre proposte. Dopo le elezioni, non siamo spariti: siamo tornati a bussare alla gente per verificare insieme a loro i conguagli sul riscaldamento, dato che molte società immobiliari truffano i residenti. Abbiamo scelto poi di mettere in prima linea le storie dei lavoratori che intendiamo rappresentare. Non è necessario essere laureati o professionisti della politica per identificarsi con un progetto di sinistra: sono le esperienze reali a costruire un’identità condivisa. In questo senso, la storia dei miei genitori è significativa: negli anni Ottanta, sono arrivati dal Vietnam nella Repubblica Democratica Tedesca. Quando, dopo la Riunificazione, persero il lavoro in acciaieria, per mantenere il permesso di soggiorno iniziarono a guadagnarsi da vivere vendendo frutta e verdura, fino ad aprire un piccolo chiosco. Hanno fatto tutti i sacrifici possibili per i figli, trasmettendomi un esempio di empatia e solidarietà che è stato fondamentale nel mio percorso politico.
Infine, un momento cruciale è stata nel 2017 la protesta contro il professor Thomas Rauscher dell’Università di Lipsia, noto per atteggiamenti sessisti e razzisti. Più di 1.500 persone hanno protestato e, alla fine, siamo riusciti a farlo allontanare dall’università. Questo successo mi ha motivato a organizzare altre manifestazioni e a unirmi all’Sds [Sozialistischer Deutscher Studentenbund]. Lì ho capito l’importanza di criticare razzismo e sessismo in relazione al capitalismo, trovando un ambiente di impegno collettivo che mi ha coinvolto fortemente.
Esattamente un anno fa esplose lo scandalo su Correctiv riguardo alla riunione segreta di Potsdam, dove la destra presentò il progetto della «remigrazione». Da allora si sono svolte grandi manifestazioni in Germania, ma l’estrema destra è rimasta forte. Inoltre, nelle ultime settimane la Cdu con l’appoggio di AfD e di Bsw (Bündnis Sahra Wagenknecht) ha tentato, fallendo, di far approvare una legge sull’immigrazione molto restrittiva. Quali obiettivi può perseguire un movimento trasversale di protesta contro questa deriva politico-culturale?
Queste mobilitazioni hanno già raggiunto obiettivi importanti. Scendere in strada è una scelta consapevole: significa portarsi nel cuore del dibattito reale. Partecipare a una manifestazione contro l’estrema destra è un momento di emancipazione collettiva. Il cambiamento non arriva dall’alto, da un politico in Parlamento, ma dalla capacità delle persone di riunirsi e agire insieme. Ed è qui che vedo il ruolo, ad esempio, di Widersetzen, movimento che manifesta contro i congressi e i grandi eventi di AfD: creare una coalizione che dimostri come il cambiamento passi dalla mobilitazione di massa.
In Germania e in Europa assistiamo a un rafforzamento dell’estrema destra, che cerca di attrarre elettori moderati. Manifestazioni come le ultime di questi mesi dimostrano che una parte della società è pronta a fare resistenza. Come si passa da una critica condivisa a un progetto politico comune in opposizione al populismo dell’estrema destra?
Servono confini chiari contro fascismo e razzismo. Se si permette la normalizzazione di questi fenomeni, essi guadagneranno sempre più terreno. In Germania, mentre i miliardari diventano ancora più ricchi, i salari reali stagnano. L’AfD sfrutta le contraddizioni del capitalismo per far ricadere la colpa su capri espiatori, come migranti o disoccupati. Bisogna essere chiari: AfD è di fatto un partito fortemente neoliberale che vuole smantellare lo stato sociale. Allo stesso tempo, se uscite da Lipsia e passate per una qualsiasi cittadina della Sassonia noterete che alle feste di paese è pieno di palloncini blu (colore simbolo dell’AfD). La destra si è appropriata di questi spazi per oltre un decennio: alla sinistra resta il compito di sfidare questa egemonia, come ha fatto a Riesa. In un contesto di forti diseguaglianze, è necessario trasformare il conflitto di classe in lotta di classe, offrendo risposte concrete. Dobbiamo essere presenti nei luoghi in cui il conflitto sociale è più forte, in cui la destra alimenta odio e insoddisfazione, e portare consapevolezza di classe, che è anzitutto solidarietà e coesione.
E quali obiettivi ha Die Linke in questa ottica per le prossime elezioni nazionali?
L’obiettivo principale è entrare in Parlamento. Essere in Parlamento non significa solo avere accesso a risorse finanziarie, ma anche influire concretamente sui dibattiti pubblici. Ad esempio, la narrazione razzista sulla crisi greca – «i greci sono pigri, la crisi è colpa loro» – è stata contrastata in Parlamento grazie a Die Linke, che ha criticato apertamente la Troika. Oppure, il lavoro investigativo sui processi del gruppo terrorista Nsu [Nationalsozialistischer Untergrund, Clandestinità Nazionalsocialista, gruppo terrorista di estrema destra] è stato portato avanti anche con il sostegno di Die Linke. Senza Die Linke in Parlamento, le battaglie per la giustizia sociale e contro il razzismo non troverebbero spazio, considerando che il Bsw si concentra sulla classe media e propone misure repressive verso i migranti.
Per alcuni, tuttavia, proprio il Bsw sembra essere diventata un’alternativa elettorale concreta.
È vero. Del resto, molti votano l’AfD anche perché si presenta come partito anti-establishment. La frustrazione accumulata di molti cittadini si riversa nella politica, e l’AfD ha saputo incanalarla, così come il Bsw, che si distingue soprattutto per la sua posizione netta sulla pace. In merito a ciò mi augurerei un altro atteggiamento da parte del mio partito: vorrei una Die Linke meno avvezza alle buone maniere parlamentari, una sinistra che se ne sbatte del completo elegante e che si interessa alla vita reale delle persone. Perciò si dovrebbe scegliere di tagliarsi lo stipendio parlamentare e non adeguarsi allo stile di chi governa.
Ci sono stati sviluppi dopo l’11 gennaio riguardo l’aggressione ai tuoi danni?
Die Linke ha sporto denuncia, chiedendo che i poliziotti violenti vengano incriminati. Il problema è che, se non si fosse trattato di un parlamentare, probabilmente nessuno se ne sarebbe interessato. La polizia si è giustificata etichettando l’episodio come una «misura coercitiva». Abbiamo usato questa denuncia per fare pressione politica. In Germania manca un organo indipendente per indagare sui casi di violenza delle forze dell’ordine: ad oggi, se la polizia sbaglia, bisogna rivolgersi alla polizia stessa. Inoltre, la critica a questi episodi ricorrenti è direttamente collegata al motivo per cui eravamo in piazza: manifestavamo contro l’estrema destra, che si sta avvicinando sempre più al fascismo, ed è importante continuare a farlo.
Ritieni che episodi come quello di Riesa siano casi isolati o siano sintomo di una normalizzazione della violenza nel contesto politico tedesco?
Innanzitutto, quello che osserviamo da anni non riguarda solo la violenza della polizia, ma una generale militarizzazione della società. Si investono centinaia di miliardi in spese militari. Anche la polizia sta ricevendo più fondi: il nuovo governo del Parlamento sassone (coalizione minoritaria Cdu e Spd con sostegno esterno di altri partiti) ha annunciato la creazione di un corpo di polizia per bloccare i migranti ai confini. Questo avviene in un contesto in cui l’estrema destra sposta il discorso politico verso posizioni sempre più radicali. In secondo luogo, è in aumento la violenza politica. In Sassonia, membri del mio partito, tra cui il deputato Sören Pellmann, sono stati aggrediti da neonazisti mentre affiggevano manifesti elettorali. La repressione colpisce chi si oppone all’estrema destra. Nelle cittadine della Sassonia c’è chi sfila facendo il saluto nazista e la polizia non interviene. Gli antifascisti, invece, vengono repressi. Questo è in netta contraddizione con il motto «nie wieder» [mai più], che dovrebbe caratterizzare la Germania dopo le atrocità del nazismo.
Quali sono gli obiettivi che volete raggiungere durante il mandato nel Parlamento sassone?
Prima di tutto, continuare a costruire relazioni dirette con le persone. Vogliamo che le persone percepiscano il Parlamento come un palco tramite il quale esprimere i conflitti di classe che esistono nella società. Nel mio primo discorso, per esempio, ho voluto riportare la storia di un mio amico curdo, compagno di squadra, perfettamente integrato e, nonostante questo rimpatriato forzatamente in Iraq. Un altro nostro obiettivo è portare in Parlamento le battaglie sindacali, invitando categorie in sciopero a partecipare direttamente per confrontarsi con le istituzioni. Inoltre, desideriamo rendere gli uffici di quartiere luoghi di incontro veri, accessibili a tutti, dove le persone possano sentirsi rappresentate. Non devono essere spazi per pochi attivisti, ma punti di riferimento per l’intero vicinato.
*Tommaso Scarpelli, Dottore di ricerca in Studi Orientali, vive a Lipsia e collabora con il collettivo Ostinata, che si occupa di politica, società e sottocultura. Davide Gottini, vive a Lipsia e collabora con il collettivo Ostinata. Nicola Checcoli, laureato in Lettere moderne e studente di Storia contemporanea all’Università di Pisa, collabora con il collettivo Ostinata.
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