«Stai a casa e partorisci»
Texas e Ohio hanno chiuso le cliniche per l’interruzione volontaria di gravidanza sostenendo che non forniscano servizi medici essenziali. Ecco come la destra Usa sta usando la pandemia come pretesto per negare il diritto all’aborto
Il Texas e l’Ohio hanno dato ordine di interrompere gli aborti, dichiarando che non si tratta di servizi medici essenziali, e diversi funzionari statali del Mississippi e del Maryland stanno pensando di fare lo stesso. Hanno disposto programmi di prevenzione dal Coronavirus che suonano più o meno così: «Stai a casa e partorisci».
Questi stati hanno dichiarato che l’attrezzatura impiegata negli aborti chirurgici, come le mascherine, potrebbe essere utilizzata nel trattamento dei pazienti Covid-19. E sostengono che se qualcosa dovesse andare storto sarebbe necessario ricorrere alla medicina d’emergenza, moltiplicando i rischi di una procedura di routine.
Le cliniche per gli aborti in Texas hanno intrapreso vie legali per far ritirare il decreto, e in Ohio, dove la legge era meno chiara, hanno dichiarato che la stanno già rispettando, perché gli aborti rientrano nella categoria dei servizi essenziali. Le cliniche sono sostenute dalle associazioni di ginecologia e ostetricia, che avevano già prefigurato un attacco simile e il 18 marzo avevano specificato in una dichiarazione congiunta: «L’aborto è una componente essenziale del diritto alla salute. È anche un servizio in cui la tempistica è fondamentale, e rimandarlo di qualche settimana, o in alcuni casi di qualche giorno, rischia di renderlo inaccessibile».
Ovviamente, tutto ciò non ha nulla a che fare con le mascherine. Le componenti anti-abortiste stanno usando la pandemia come pretesto, ma è un escamotage straordinariamente misero, dal momento che hanno passato vent’anni a ostacolare le procedure farmacologiche casalinghe e la telemedicina che oggi sarebbero estremamente utili.
Perché i ginecologi o i medici generali non possono prescrivere una pillola abortiva da ritirare in farmacia? Non c’è alcuna ragione di sicurezza. Quando nel 2000 è stato finalmente consentito negli Stati uniti l’utilizzo della pillola abortiva, la Fda (Food and Drug Administration) ne ha limitato l’utilizzo con restrizioni pensate per i farmaci più pericolosi. Ciò ha reso gli aborti farmacologici costosi e complicati tanto quanto gli aborti chirurgici.
La Strategia di Valutazione e Mitigazione del Rischio della Fda (Risk Evaluation and Mitigation Strategy, Rems) per il mifepristone presente nella pillola abortiva fa sì che le farmacie non possano fare scorta di pillole. Le cliniche che vogliono fornirla alle pazienti devono ricevere l’approvazione dell’Fda e mettere il proprio nome su una lista accessibile al pubblico (fantastica per gli aspiranti assassini, non altrettanto per i dottori). Inoltre, la prima pillola (il mifepristone) dev’essere data dal dottore alla paziente in persona. Le pillole successive di misoprostolo che completano l’aborto possono essere prese più tardi a casa.
Dal momento che le cliniche sono poche e i dottori che praticano l’aborto ancora meno, alcune cliniche hanno sviluppato strumenti di telemedicina. I dottori visitano la paziente online e soddisfano i requisiti dell’Fda sbloccando da remoto un cassetto con la pillola, mentre un’infermiera o un infermiere presente in loco la somministra alla paziente. Ma in diversi stati le leggi contro l’aborto hanno abolito anche questo stratagemma. Negli stati in cui è legale, è in corso uno studio di telemedicina sulle pillole abortive. Entrare a far parte dello studio è uno dei modi di ottenere la pillola.
I gruppi anti-abortisti sanno bene che durante una pandemia la loro posizione rischia di crollare. Hanno chiesto che l’amministrazione Trump «si assicuri che l’aborto per telemedicina non si diffonda durante la crisi e i limiti imposti dall’Fda sull’aborto chimico siano mantenuti».
Eppure, la fornitura di pillole abortive compatibili con le misure anti-contagio è ostacolata in tutto il paese proprio dai requisiti Rems dell’Fda. Senza di quelli, potresti chiamare un dottore o una clinica e farti prescrivere una ricetta da inoltrare direttamente alla tua farmacia, dove potresti comodamente ritirare le pillole o addirittura fartele spedire a casa.
Aid Access, un gruppo di stanza in Australia, sta provando a replicare la propria esperienza per le pazienti statunitensi. Il gruppo è un ramo di Women on Web, che fornisce le pillole abortive in tutto il mondo nelle nazioni in cui l’aborto è legale. La ginecologa Rebecca Gomperts ha dato vita a Aid Access soprattutto per le donne che devono fare i conti con le leggi restrittive degli Stati uniti. Aid Access fornisce una visita in remoto e una ricetta per il farmaco, che una farmacia in India provvede a spedire alla paziente americana. Il prezzo è di circa 85 dollari (a differenza dei 350 dollari che in media sono richiesti per un aborto al primo trimestre negli Stati uniti) ma può ridursi ulteriormente per i casi più difficili.
L’Fda ha provato a chiudere Aid Access nel marzo del 2019, che a sua volta ha assunto un avvocato americano assicurando a maggio che il servizio sarebbe continuato. Tuttavia negli ultimi giorni il Coronavirus ha impedito le operazioni, dal momento che i voli dall’India sono stati cancellati.
Le pillole si trovano anche su diversi siti nel mercato grigio di internet. Il sito Plan C ha compilato delle schede di valutazione sui siti che forniscono la pillola online. In caso di necessità, la seconda pillola del combinato disposto, il misoprostolo, è abortivo già da solo all’85% (seguendo le raccomandazioni date dall’Oms qui). Il misoprostolo è già disponibile in Messico e con prescrizione medica anche negli Stati uniti per proteggere lo stomaco in caso di assunzione regolare di anti-infiammatori non steroidei come l’ibuprofene.
Infine, ci sono siti femministi che non forniscono pillole, ma danno consigli. Oltre a Plan C, c’è Women Help Women che ha sviluppato un’applicazione per il telefono chiamata Euki. Anche Hesperian Health Guides ha sviluppato un’app, pensata per essere usata in tutto il mondo.
Una guerra generazionale
Imani Gandy ha sintetizzato efficacemente la risposta del Texas alla crisi Covid-19 con la frase «Proibisci l’aborto, ammazza la nonna», quando il vicegovernatore del Texas Dan Patrick ha suggerito che semplicemente si dovesse tornare tutti a lavoro, con i più anziani disposti a morire per «far rimanere l’America fedele a ciò che l’America ama». E ne ha sottolineato la contraddizione: quando Patrick ha difeso le leggi anti-abortiste del Texas, non faceva altro che parlare di come la vita fosse preziosa per i cristiani.
Ovviamente, il mito che si ammalino e muoiano soltanto i vecchi è sbagliato, ma i datori di lavoro che vogliono far continuare a lavorare i propri impiegati ne beneficiano – non ti preoccupare, tu mica sei a rischio! Più perniciosamente, non fa altro che sminuire quel principio di solidarietà sociale di cui abbiamo bisogno per superare tutto questo insieme.
La retorica pro-life è ipocrita, ma le sue politiche sono efficaci. Esprimono il pregiudizio dell’establishment capitalista sui bambini (una fonte di futuro lavoro e profitto) e contro i lavoratori del passato (ormai in pensione e considerati una spesa senza garanzie). Mentre il tasso di natalità statunitense negli ultimi quarant’anni diminuiva, i think tanks dell’establishment non facevano altro che lamentarsi di come il paese scivolasse nell’anzianità.
Preparando un assalto alla previdenza sociale nel 2017, l’allora speaker della camera Paul Ryan disse: «I boomers stanno andando in pensione e abbiamo sempre meno persone che li sostituiscono nella forza lavoro… Dobbiamo aumentare il tasso di natalità di questa nazione».
Scott A. McMillan, un avvocato di La Mesa, California, ha suscitato grande indignazione per il tweet del 23 marzo in cui riassumeva perfettamente i desideri dei capitalisti: «Il problema fondamentale è se decideremo di affondare l’intera economia per salvare il 2,5% della popolazione che è 1) generalmente costosa da mantenere e 2) improduttiva».
Ryan e McMillan sono espressione dell’ossessione dei think tank capitalisti che vorrebbero un aumento della popolazione giovane per stimolare la crescita economica. Nel frattempo, i programmi che garantiscono i diritti – come la previdenza sociale e Medicare – sono un costo che non vedono l’ora di tagliare.
Quello su cui non hanno voglia di investire, ovviamente, sono gli asili nido, l’assistenza sanitaria e il congedo retribuito, tutte cose che renderebbero più facile per le donne fare un figlio se lo desiderano, e interrompere una gravidanza se non lo desiderano.
*Jenny Brown fa parte del National Women’s Liberation ed è ex-redattrice di Labor Notes. È coautrice di libro di Redstockings Women’s Liberation and National Health Care: Confronting the Myth of America e autrice di Birth Strike: The Hidden Fight Over Women’s Work. Il suo ultimo libro è Without Apology: The Abortion Struggle Now.
Questo articolo è uscito su Jacobinmag.com. La traduzione è di Gaia Benzi.
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