
Sul carro del vincitore
I democratici si sono illusi che esistessero miliardari interessati a sostenere battaglie progressiste. Ora che sono tutti accanto a Trump questo mito viene sfatato: i casi di Bill Gates e del fondatore di AirBnb
Joe Biden ha detto, nel suo discorso di addio :
Voglio mettere in guardia il paese da alcune cose che mi preoccupano molto. E cioè la pericolosa concentrazione di potere nelle mani di pochissime persone ultra-ricche, e le pericolose conseguenze se il loro abuso di potere non viene controllato. Oggi in America sta prendendo forma un’oligarchia di estrema ricchezza, potere e influenza che minaccia letteralmente l’intera democrazia, i nostri diritti e le nostre libertà fondamentali, e una giusta possibilità per tutti di andare avanti.
Le dichiarazioni d’addio di Biden sono state elogiate sia dai liberal che dai progressisti per il raro riconoscimento dell’oligarchia negli Stati uniti; Bernie Sanders, ad esempio, ha elogiato il suo discorso definendolo «assolutamente giusto» e ha aggiunto che il pericolo delle oligarchie è «la questione fondamentale della nostra epoca». Ma più avanti nel suo discorso, Biden ha aggiunto un contesto cruciale a quell’avvertimento: «Sono altrettanto preoccupato per la potenziale ascesa di un complesso tecnologico-industriale che potrebbe rappresentare un pericolo reale anche per il nostro paese».
Sebbene non siano ancora disponibili dati completi sul finanziamento delle campagne elettorali, è chiaro che la Silicon Valley ha avuto un ruolo importante nella rielezione di Trump e che sta già esercitando un’enorme influenza sulla sua amministrazione. E questa, hanno chiarito i Democratici, è la loro vera preoccupazione: non per la vasta concentrazione di ricchezza del capitalismo in sé, ma per la sua specifica concentrazione nelle mani dei donatori Repubblicani.
«Ci sono molti miliardari buoni là fuori che si sono schierati con i Democratici, che condividono i nostri valori, e prenderemo i loro soldi – ha detto Ken Martin, uno dei principali candidati alla presidenza del Partito democratico, in un forum domenica – Ma non prenderemo soldi dai cattivi miliardari».
Sul piano pratico però questo approccio ha un problema perché anche i miliardari «buoni» sono alleati inaffidabili. Bill Gates, infatti, afferma oggi di aver donato, durante le elezioni 2020, 50 milioni di dollari a un’organizzazione no-profit che sosteneva Kamala Harris. Ma dopo un recente viaggio a Mar-a-Lago, ha spiegato di essersi convertito a Trump:
Ho avuto la sensazione che fosse, come dire, energico e impaziente di aiutare a guidare l’innovazione. Sapete, sono rimasto francamente colpito da quanto abbia mostrato interesse per le questioni che ho sollevato.
Allo stesso modo, il co-fondatore di Airbnb Joe Gebbia, che nel 2020 aveva raggiunto il massimo delle donazioni per Harris, ora afferma di aver votato per Trump:
Non è un fascista che punta a distruggere la democrazia… Ha molto a cuore l’efficienza del governo e la spesa pubblica. (Mi interessa anche la prossima generazione e adoro l’iniziativa Doge). A lui interessa riportare il buon senso nel nostro paese.
Biden oggi mette in guardia contro il «complesso tecnologico-industriale», ma solo pochi anni fa i Democratici consideravano i plutocrati della tecnologia come Elon Musk e Marc Andreessen dei «miliardari buoni». Anche se tutti questi uomini avessero semplicemente cambiato idea, ciò pone un serio problema all’approccio di Martin all’oligarchia: è l’intero Partito democratico che si ritrova alla mercé di signori decisamente volubili.
Ma ci sono ovviamente motivi per spiegare perché i miliardari della tecnologia hanno cambiato schieramento, al di là del puro capriccio. Come ho spiegato ampiamente nel caso di Mark Zuckerberg, i miliardari della tecnologia hanno potenti incentivi aziendali ad allinearsi con chiunque sia al potere. Vogliono contratti, vogliono evitare la regolamentazione e vogliono influenzare la politica, tutto nell’interesse del profitto. E questo incentivo è così potente che si è dimostrato più che in grado di convincere i nostri miliardari della tecnologia a cambiare i propri schieramenti di parte.
Ken Martin vuole farci credere che esista una certa fascia di «miliardari buoni» su cui si può contare per battersi per il progresso politico, ma il complesso tecnologico-industriale ci sta mostrando esattamente il motivo per cui non è così. Qualunque simpatia personale abbiano i nostri miliardari, il capitalismo li costringerà sempre a dare priorità ai loro interessi finanziari rispetto a tutto il resto. Ci sarà sempre una tendenza sistematica tra i maggiori donatori di una campagna elettorale di opporsi a regolamenti, tasse e a qualsiasi cosa tiri fuori i lavoratori e le lavoratrici dalla precarietà e dia loro un briciolo di indipendenza.
Ci sono innumerevoli riforme che il Partito democratico può attuare per limitare l’influenza dei suoi donatori miliardari, ma i ricchi hanno imparato ad aggirare le normative sul finanziamento delle campagne elettorali in passato (ad esempio tramite i Pac) e inevitabilmente lo faranno di nuovo. Ecco perché la democrazia, in ultima analisi, non può coesistere con le massicce concentrazioni di ricchezza garantite da un’economia capitalista. Invece di sperare che i «miliardari buoni» lavorino contro i propri interessi commerciali, si deve lottare per un mondo in cui non ci siano miliardari.
*Carl Beijer collabora con People’s Policy Project e In These Time e ha un sito personale. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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