Diritto all’aborto, non basta il voto
La disastrosa sentenza della Corte suprema statunitense rimanda alla necessità di lottare per diritti sanitari universali e riproduttivi a tutto tondo: questo è il modo per passare al contrattacco e non limitarsi a resistere
Sulla scia della sentenza, attesa ma schiacciante, della Corte Suprema che ha abbattuto la sentenza Roe v. Wade, Ben Burgis ha parlato con l’autrice e attivista socialista Lillian Cicerchia di come costruire un movimento vincente per il diritti all’aborto negli Stati uniti. La loro conversazione diffusa dalla trasmissione YouTube di Burgis, Give Them an Argument, è stata modificata per lunghezza e chiarezza espositiva.
Qual è lo scenario dopo la decisione della Corte Suprema?
Sta arrivando un mondo geograficamente segregato in termini di accesso ai servizi della salute riproduttiva. È già così in una certa misura. Ci sono molti stati a guida Democratica, come New York, che hanno un diritto costituzionalmente garantito all’aborto. Negli stati Repubblicani, hanno ridotto l’accesso all’aborto fino a renderlo illegale o legale in modo molto circoscritto. L’aborto diventerà semplicemente illegale, o inaccessibile, in quegli stati.
In molti posti le persone non potranno abortire e per farlo dovranno percorrere distanze molto lunghe. Molti lo fanno già. Se vivi in Sud Dakota in questo momento, c’è un solo ambulatorio per aborti nello stato e devi guidare per ore e ore per avere questi servizi. Potrà soltanto peggiorare. Si produrrà una versione esacerbata di ciò che già esiste. La situazione è deteriorata da talmente tanto tempo che, per molte persone, il mondo post-Roe è già lo status quo.
Quindi la domanda più difficile è: cosa possiamo fare?
Penso che l’unico modo per ottenere il diritto all’aborto sia una campagna che difenda senza mezzi termini questo diritto. Ci sono diversi modi per articolare questa difesa, ma penso che la campagna per l’assistenza sanitaria universale sia l’unico modo per superare, o andare contro, questo pantano stato per stato.
L’altro motivo importante è che l’emendamento Hyde del 1976 ha limitato i finanziamenti pubblici per gli aborti a meno che provvedano i singoli stati. Quindi in molti stati Repubblicani le persone non possono abortire attraverso i finanziamenti federali. Questa restrizione va avanti dagli anni Settanta e fin dall’inizio ha creato un sistema di salute riproduttiva segregato in classi.
L’unico modo per revocare queste restrizioni è avere un programma universale a livello federale. I programmi sanitari stato per stato non risolveranno questo problema. Suggerirei anche – e questo è più ambizioso – una carta dei diritti dell’assistenza sanitaria riproduttiva allo scopo di inserire l’aborto nel sistema sanitario universale.
Cos’altro dovrebbe esserci oltre al diritto all’aborto?
Disposizioni contro la sterilizzazione forzata e qualsiasi tipo di obbligo o pressione riproduttiva. I pazienti hanno una carta dei diritti e una carta dei diritti dell’assistenza sanitaria riproduttiva dovrebbe essere coerente con il tipo di cose che gli operatori sanitari stanno già facendo. Ma negli Stati uniti c’è una storia di abusi e persone costrette a prendere decisioni a causa della povertà.
Le persone dovrebbero avere l’intera gamma di opzioni a disposizione. Negli Stati uniti abbiamo un sistema sanitario spesso ti danno farmaci o qualsiasi altra cosa per cercare di risolvere il tuo problema: non si prendono davvero il tempo per darti l’intera gamma di opzioni del genere di cure di cui hai bisogno, quali sono i tuoi obiettivi, quali sono i tuoi piani, da che storia provieni. Ora vivo in Germania e quando vado dal ginecologo ricevo esami e opuscoli estremamente accurati che ti consentono di sapere cosa accade. Non è esattamente il modo in cui le persone ricevono l’assistenza sanitaria negli Stati uniti, e certamente non è il modo in cui sperimentano l’assistenza sanitaria riproduttiva. Quindi servono cambiamenti nella natura qualitativa dell’assistenza per garantire i diritti delle persone.
La seconda cosa è che tutto ciò non può avvenire solo attraverso una strategia elettorale. Ci deve essere un movimento di operatori sanitari e di organizzazioni femministe indipendenti che possano esercitare pressioni sulle organizzazioni non profit e sui Democratici più progressisti affinché approvino delle leggi. Non è possibile affrontare questo problema solo in campagna elettorale.
Che tipo di movimento occorre per creare l’ampio sostegno di cui ci sarebbe bisogno per garantire il diritto all’aborto?
Serve una combinazione di tattiche e dipende dalla zona in cui ci si trova. Alcune pensano che dovremmo ispirarci allle manifestazioni di massa delle donne per il diritto all’aborto in America latina: ci sono assemblee pubbliche in cui ci si organizza indipendentemente dalle istituzioni tradizionali. Non so quanto successo avrebbe una cosa del genere negli Stati uniti, ma dato il numero di persone che partecipano alle manifestazioni, vale la pena di vedere se qualcosa di più popolare può mettere insieme comitati disposti a lavorare su una campagna per la sanità. Penso anche che sia importante agire direttamente per difendere gli ambulatori.
Chi vive negli stati Democratici dovrebbe raggiungere le persone che sono sotto assedio negli stati Repubblicani con qualcosa di più che con semplici donazioni. Potrebbe essere possibile coordinare l’azione interstatale, sia in termini di fornitura di servizi diretti che di manifestazioni. In un certo senso è una questione di diritti civili, e mi sono sempre chiesta se fosse possibile organizzare, con il consenso e la collaborazione delle persone del Sud, delle marce per la libertà. Potremmo accompagnarli agli ambulatori e portare risorse e supporto a manifestazioni o occupazioni nei palazzi del Campidoglio.
Ma è profondamente necessario qualcosa che vada al di là del semplice convincere le persone a votare. E penso che ci sia un certo numero di tattiche che non devi tirare fuori dal cappello. Le persone hanno esperienza nella difesa di ambulatori e nel fare da supporto, persino nell’esecuzione di operazioni sotterranee per portare le persone dal punto A al punto B e nel fare pressione sul sistema sanitario. L’hanno fatto una volta e penso che possiamo farlo di nuovo, ma va fatto su basi migliori. Deve basarsi tutto sull’assistenza sanitaria e sui diritti positivi e non solo sulle libertà «negative» come la libertà di scegliere di abortire e la riservatezza della decisione con il proprio medico.
Questo è davvero il problema con Roe: l’aborto è stato legalizzato su una base molto ristretta e tutti i problemi di segregazione di classe e razziale in termini di accesso erano del tutto prevedibili sulla base dei compromessi che si sono verificati come risultato di quella stessa base ristretta.
Quindi il compito della sinistra è di essere ecumenica nelle tattiche, ma adottare un approccio offensivo per ottenere qualcosa, invece di eleggere Democratici e avere una strategia difensiva che cerca di combattere la destra nei tribunali. Non ha funzionato. Non funzionerà in futuro. E comunque i Democratici sono sempre più riluttanti a farlo.
In termini di lotta per ottenere qualcosa, e ancora in riferimento al paragone con la Germania, mi chiedo se c’è un buon modo per difendere i diritti riproduttivi in combinazione con il sostegno all’asilo nido finanziato dallo stato, il sostegno finanziario per giovani genitori e una visione generale di ciò che pensiamo sia una scelta significativa: una concezione dei diritti più ampia e socialista.
Sono d’accordo: il diritto ad avere figli in un ambiente sano e sicuro è importante tanto quanto il diritto a non avere figli. Vogliamo avere istituzioni che permettano alle persone e alle famiglie, se scelgono di averle, di prosperare.
In Germania lo stato non ti paga per abortire; è legale solo entro dodici settimane e devi essere indirizzato a un fornitore di aborti attraverso un servizio di consulenza. Quindi non puoi accedere direttamente all’assistenza sanitaria per l’aborto. Questo fa parte del compromesso fatto con la Democrazia cristiana, ci sono molte restrizioni che hanno creato un equilibrio stabile. Da un lato, non c’è una destra che metta in discussione il diritto all’aborto, ma dall’altro, se parli con le femministe tedesche, ti diranno che ci sono molti problemi.
Il luogo con le politiche sui diritti all’aborto più estese in Europa sono i Paesi Bassi. Hanno anche il più basso tasso di aborti pro capite. Non che questo mi importi moralmente, per essere chiari. Penso che ci dovrebbero essere tanti aborti quante sono le donne che lo desiderano, ma dimostra che avere un’educazione sessuale completa, un’abbondanza di servizi sociali e un accesso illimitato all’aborto riduce in effetti la probabilità che le persone siano costrette a scelte indesiderabili per le loro libertà sessuali e riproduttive. Quindi posti come Francia, Germania, Italia e Spagna non sono il modello. Ci sono configurazioni ancora più egualitarie.
*Lillian Cicerchia è una ricercatrice post-dottorato in filosofia presso la Libera Università di Berlino, con un focus su economia politica, femminismo e teoria critica. Ben Burgis è redattore di JacobinMag, professore a contratto di filosofia al Morehouse College e conduttore del programma YouTube e del podcast Give Them An Argument. È autore di diversi libri, l’ultimo dei quali si intitola Christopher Hitchens: What He Got Right, How He Went Wrong e Why He Still Matters. Questo testo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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