
Il cattivo del momento
I media che oggi condannano Boris Johnson lo hanno sostenuto quando lo consideravano un'alternativa necessaria al socialismo di Jeremy Corbyn. Nonostante tutto, lo rifarebbero ancora
Tutti amano le parabole di redenzione. I media britannici non fanno eccezione. Hanno l’abitudine di salvare le persone dalle fosse della storia: i bugiardi, gli imbroglioni, i criminali di guerra. Se questi personaggi hanno qualcosa da offrire all’establishment – una condanna della sinistra; un sostegno dalla destra – la stampa che ne rappresenta gli interessi negherà i loro crimini e li riporterà, rinnovati, al loro posto.
Dopo gli eventi di questa settimana, questo sistema ha un compito da assolevere. La reputazione di Boris Johnson, come ha scritto ieri Zarah Sultana su Tribune, era ben nota prima della sua premiership. È razzista e omofobo; è un bugiardo entusiasta; è completamente egocentrico. Non è mai stato interessato a gestire il paese per il bene della gente. Questo personaggio non è apparso all’improvviso negli ultimi sei mesi: è sempre stato così, eppure è stato assolto da tutti quei colleghi che hanno appoggiato la sua candidatura per la più alta carica del paese.
In una cultura politica funzionante le reputazioni di coloro che lo hanno sostenuto e apprezzato, molti fino allo scandalo finale, verrebbero stroncate. Invece i parlamentari che hanno riconosciuto la minaccia che aveva iniziato a rappresentare per le loro carriere politiche e per la stabilità dello status quo, diventeranno i salvatori della civiltà. Il tempismo del loro cambiamento di opinione – in particolare quello di Nadhim Zahawi – non è passato inosservato (o non deriso), ma il loro ruolo nello sbarazzarsi di qualcuno che era diventato un simbolo, l’unico rappresentante di un istinto antidemocratico che in realtà contagia la politica britannica in senso molto più ampio, durerà. Boris Johnson non voleva dimettersi, ma lo farà. Il fatto che l’abbiano mostrato nel suo sfrenato interesse personale non avrà importanza per i media, perché i media stanno operando esattamente allo stesso modo.
I media mainstream hanno svolto un ruolo cruciale nel portare Johnson al potere perché funzionale a far sparire l’alternativa. Degli esempi, per lo più delle elezioni generali del 2019, sono impressi nella memoria collettiva della sinistra. Il sostegno della stampa Tory, la patria di Johnson, era da aspettarselo ma è stato l’entusiasmo riluttante di organi di stampa che si definiscono apolitici o addirittura liberali di sinistra a bruciare: Philip Schofield in posa sorridente con Johnson in This Morning; Jeremy Corbyn proiettato in grande contro le cupole a cipolla di Mosca dietro la testa di Emily Maitliss; la dichiarazione del New Statesman di non poter fare endorsement per nessuno; l’entusiasta ripetizione da parte di Laura Kuenssberg della menzogna che un attivista laburista aveva preso a pugni un conservatore fuori da un ospedale; le immagini ampiamente condivise di un uomo maldestro ma ben intenzionato che porta il tè ai giornalisti fuori dalla propria casa.
La riabilitazione di Johnson è avvenuta prima ancora che arrivasse a Downing Street. Questo comportamento supino è continuato anche per tutta la pandemia, anche se i morti «si accumulavano». Già solo questo ci dice che l’ira attuale della classe dirigente contro uno di loro è il prodotto di circostanze eccezionali, non la norma. Come ha notato Dan Hind su Tribune, gran parte delle informazioni rivelate come parte dello scandalo Partygate erano un segreto di Pulcinella, e non solo perché le reti di gossip sono evidenti, ma perché a volte le figure dei media dell’establishment erano presenti ad eventi che in seguito sono diventati «notizie» – non notizie, in effetti, ma nelle parole di Hind, «una ridistribuzione della conoscenza». Quello che stiamo vedendo è la classe dirigente che si epura da un’indulgenza che aveva cominciato a farla ammalare.
Di conseguenza, non dovremmo commettere l’errore di presumere che lo stesso Johnson sia finito. È il cattivo del momento, lo rimarrà per un po’, ma alla fine potrebbe essere riportato all’ovile come in parte autorità di Westminster, in parte come pagliaccio. Gli scandali più gravi possono essere cancellati, quelli più leggeri sminuiti. Questo futuro è forse più evidente nel fatto che le critiche che lo hanno fatto cadere hanno evitato una vera critica al modo in cui ha gestito il paese: feste, malversazioni finanziarie e scandali sessuali sono stati il fulcro delle accuse, mentre i milioni di persone in povertà, la diffusa repressione della democrazia e gli attacchi ai diritti fondamentali hanno avuto poca attenzione.
Questo non vuol dire che la violazione delle regole e le scuse addotte per le aggressioni sessuali non siano importanti. Si tratta di eventi che possono essere ricondotti a mancanze morali personali al fine di evitare una vera resa dei conti con la cultura politica che li ha prodotti – e ha prodotto Johnson – in primo luogo. La presunta attività di Pincher dovrebbe essere a sua volta inserita in un contesto politico che vede cinquantasei parlamentari indagati per aggressione sessuale: c’è un problema con il sistema, un sistema d’élite che produce individui convinti che le regole, siano le restrizioni Covid o le fondamentali delle regole del consenso sessuale – sono fatte per le piccole persone; semplicemente non sono per loro.
Qualsiasi cambiamento sostanziale di questo sistema al di là di scuse, o di un’inchiesta inefficace, è qualcosa che i media mainstream, i loro proprietari e fonti di reddito, sono desiderosi di evitare.
E la riabilitazione di Johnson, dopo quella dei suoi carnefici, è la norma per i primi ministri. Se i media avessero criticato, in modo significativo e duraturo, il modo in cui Boris Johnson ha guidato il paese, avrebbero dovuto condannare anche la loro nuova eroina Theresa May per il ruolo che ha avuto nel rinchiudere i pensionati nei centri di detenzione, o la voce della ragione Tony Blair per aver contribuito alla morte di un milione di iracheni. Se queste azioni non sono degne di riabilitazione, nemmeno quelle di Johnson lo sono. Dategli qualche anno e una nuova rubrica, o anche un programma televisivo, non saranno impossibili. Forse un podcast.
Da parte loro, i media mainstream riabilitano questi individui nell’interesse della propria longevità. Gli esperti dovranno sostenere la propria legittimità nell’aver svolto un ruolo così centrale nel sostenere Johnson e, cosa più importante, nel sostenere i suoi compari e discendenti ideologici quando arriverà il momento. Se ci fosse ancora un leader socialista del Partito laburista, i giornali si affretterebbero a radunarsi dietro qualcuno più venale di Boris Johnson per respingere la minaccia. Se ci fosse ancora un leader socialista del Partito Laburista, infatti, le cose non si sarebbero mai spinte così oltre. Le perdite sarebbero rimaste negli argini. Solo dal momento in cui la minaccia di qualsiasi cambiamento sostanziale è stata neutralizzata sotto forma di Keir Starmer favorevole agli affari e avverso alle lotte, viene considerato sicuro cercare un migliore primo ministro che prenda le redini.
Johnson si aspetta di uscire da Downing Street in autunno. Quando l’autunno si trasformerà in inverno, milioni di persone dovranno affrontare un aumento ulteriore di 800 sterline sulla bolletta energetica. I banchi alimentari sono pieni. I bambini di tutto il paese stanno soffrendo la fame. C’è solo una cosa da dire su una classe mediatica e politica che ha passato anni a cospirare per portarci a questo punto e che lo farebbe di nuovo in un secondo: non lasciare che la facciano franca.
*Francesca Newton è redattrice online di Tribune. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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