La memoria di Margherita Hack affidata a Deloitte
Cosa c'entra la grande astrofisica (dichiaratamente anticapitalista) con un'azienda che si occupa di finanza e consulenza alle grandi aziende?
«Lei quale ideale ha inseguito nella sua vita?
L’ideale socialista, la volontà di dare a tutti uguali opportunità». (Annalisa Chirico intervista Margherita Hack, 2012)
«Una delle sfide più grandi è rappresentata dal miglioramento delle condizioni dal Terzo Mondo che, a causa delle politiche ultraliberiste imposte dalla globalizzazione, diventa ogni giorno più povero, più affamato e più assetato. Le tante, terribili differenze di tenore di vita che ci sono fra i paesi industrializzati e i paesi in via di sviluppo sono un pugno nello stomaco. [..] il mondo industrializzato è molto ipocrita: da una parte promuove progetti di sviluppo e gare di solidarietà, dall’altra difende un sistema economico che inevitabilmente porta a strangolare i paesi più poveri. E tutto ciò alimentato dalla convinzione secondo cui il Terzo Mondo potrà risollevarsi soltanto seguendo le ricette economiche e politiche studiate a tavolino dai nostri esperti» (Margherita Hack, 2004).
Il 19 gennaio 2022 viene presentato il progetto vincitore per la statua pubblica dedicata a Margherita Hack, che sarà collocata a Milano, in primavera, per celebrare i cento anni dalla sua nascita. Il progetto di una statua per la celebre astrofisica è stato reso noto pochi mesi fa, nel luglio 2021, portato avanti dalla consigliera comunale di Milano Angelica Vasile. Secondo le intenzioni avrebbe dovuto essere la prima statua di donna nella metropoli lombarda contro 121 dedicate a uomini: sarà infine la seconda, anticipata da quella di Cristina Trivulzio di Belgiojoso inaugurata nel settembre 2021. Ma la portata storica rimane, trattandosi per Milano e di fatto per l’Italia – secondo i dati raccolti dall’associazione Mi Riconosci –, del primo monumento pubblico dedicato a una scienziata, con la sola parziale eccezione del monumento a Maria Montessori nella sua città natale, Chiaravalle.
Ne era ben cosciente la consigliera che nel maggio 2019 al passaggio della mozione per il primo monumento a una donna dichiarava al Corriere della Sera «spero che sarà frutto di un progetto collettivo che coinvolga scuole e associazioni», come aveva già dichiarato a Milano Today, osservando anche che avrebbe potuto essere un’ottima occasione per valorizzare le periferie. Stando alla raccolta firme da lei lanciata l’8 giugno 2020 la statua avrebbe dovuto essere dedicata a Fernanda Pivano, ma poi il dibattito ha virato su altro. Il 9 aprile 2021 Notizie.it riportava che Vasile aveva coinvolto le scuole milanesi riguardo al soggetto della statua, mentre l’assessore alla cultura Filippo Del Corno cercava l’artista. Inoltre, si stava ancora cercando uno sponsor, che è stato trovato poco dopo. Il 19 luglio Vasile, intervistata dal Fatto Quotidiano, dichiarava: «Fondazione Deloitte ha fornito una rosa di nomi che hanno sottoposto a me e all’assessore alla cultura chiedendo se avevamo delle preferenze. Uno dei nomi proposti era quello di Maria Montessori che, sebbene fosse medico, si è distinta soprattutto nell’educazione. Dato che lo scopo della Fondazione è valorizzare il contributo delle donne nelle materie di Science, Technology, Engineering and Mathematics (Stem) il nome di Margherita Hack mi è sembrato perfetto. Anche per mandare un segnale alle giovani generazioni».
L’opera, dunque, non sarà a cura del Comune di Milano, ma sarà finanziata dalla Fondazione Deloitte, che donerà la statua al Comune e si farà carico della manutenzione. Il 13 gennaio sono stati presentati gli otto progetti in lizza, tutti realizzati da artiste donne, valutati da una giuria presieduta dal critico d’arte Vincenzo Trione, con tra i membri Guido Borsani, presidente della Fondazione Deloitte. L’artista vincitrice realizzerà l’opera in residenza nella Casa degli Artisti di Milano, che ha coprogettato l’iniziativa sostenuta dal Comune. Il progetto, noterete, va di fatto a ribaltare le premesse di coinvolgimento della cittadinanza dichiarate in principio, configurandosi come una progettazione e donazione privata. Nei recenti articoli sulla prossima inaugurazione dell’opera la consigliera promotrice non viene mai nominata.
Deloitte è ben felice di scegliere e finanziare l’opera. Fabio Pompei, Ceo Deloitte Central Mediterranean, rivendica «il fatto che l’opera venga collocata in una posizione centrale di Milano, in posizione visibile a tutti i cittadini e ai turisti», ribaltando l’intenzione iniziale di valorizzare le periferie, e ancora che «la ricorrenza del centenario della nascita di Margherita Hack è il doveroso riconoscimento a una donna straordinaria in grado, attraverso gli studi e le ricerche, di offrire un contributo di grandissima rilevanza alla comunità scientifica internazionale e allo stesso tempo di difendere strenuamente i diritti civili per condurre in porto conquiste altrettanto fondamentali».
Non è la prima volta che il Comune di Milano si affida a Deloitte, ma in questo caso c’è dell’altro, ed è di questo che vogliamo parlare. Margherita Hack era fortemente anticapitalista. Anzi, per due volte si era candidata con partiti comunisti. Non aveva mai nascosto quanto detestasse il sistema neoliberista e il suo amore e sostegno alla causa dei poveri del mondo. Deloitte ha un approccio decisamente diverso.
Si tratta infatti della più potente società di consulenza finanziaria del mondo, che ha costruito la sua fortuna grazie al neoliberismo e alle diseguaglianze. Accusata spesso di controlli carenti e superficiali dalla Parmalat, a Bari, o consulenze milionarie poco giustificate, da a Trento a Roma, e a volte condannata, ad esempio per aver favorito con rapporti poco chiari o fallaci l’industria del tabacco in Australia, o per aver falsificato documenti contabili in Brasile, o per condotta anticoncorrenziale in Italia. Recentemente, insieme alle Big Four della revisione contabile, è finita sul banco degli accusati in quanto non pare valutare adeguatamente, nelle sue revisioni, i rischi legati al cambiamento climatico. Come tutte le multinazionali, finanziarie e non, ha creato una fondazione per «lavarsi la coscienza» nel sociale e nella cultura.
Che il Comune di Milano cerchi uno sponsor, un aiuto per i progetti che si vogliono portare avanti è legittimo. Ma, se si tratta di celebrare una persona, non solo una persona ma una delle più grandi scienziate italiane del Novecento, con quello che sarà il primo monumento simile a Milano e in Italia, un minimo di criterio, oseremmo dire di decenza, nella scelta degli sponsor e dei progetti dovrebbe esserci. Altrimenti si rischia di passare dalla celebrazione all’offesa alla memoria. Perché Deloitte non mette in questo caso solo i soldi: gestisce il progetto e la manutenzione, e quindi gestisce, in qualche modo, la memoria pubblica, fisica e non solo, di Hack a Milano.
Margherita Hack non avrebbe voluto una statua. Ma le statue servono per i vivi, non per i morti. Le statue celebrano i morti, trasmettono valori o presunti tali. Possono valorizzarne la memoria o possono stravolgerla. Persone orribili sono ricordate come eroi da statue che adornano le nostre città. Margherita Hack meritava, e vogliamo dire ancora, merita, una statua che ne valorizzi la memoria, una statua della comunità e per la comunità. Il Comune di Milano di fatto è venuto meno ai progetti iniziali, donando a Deloitte l’opportunità di mettere in piazza e sui giornali la propria magnanimità e sensibilità verso le diseguaglianze. Consegnare il progetto a una società di consulenza finanziaria emblema della società della diseguaglianza che viviamo, non è celebrare la scienziata: è utilizzare la sua figura per creare l’ennesimo monumento aconflittuale e acritico. È quello che l’associazione Mi Riconosci ha definito monumental washing, è stravolgerne la memoria. È un fatto che chiunque abbia a cuore la memoria di Hack dovrebbe lottare per evitare.
Non abbiamo bisogno degli spiccioli delle multinazionali per i nostri monumenti, non abbiamo bisogno di consegnare nelle loro mani il ricordo delle scienziate socialiste.
«Vorrei essere ricordata come una persona libera. E poi, come una discreta atleta, oltre che scienziata» (Margherita Hack, 2012)
*Leonardo Bison è dottore di ricerca in Archeologia all’Università di Bristol. Collabora con Il Fatto Quotidiano e Finestre sull’Arte ed è attivista dell’associazione Mi Riconosci. Ludovica Piazzi è dottoressa di ricerca in Storia dell’arte all’Università di Bologna e attivista dell’associazione Mi Riconosci, per la quale ha curato il censimento dei monumenti femminili italiani.
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