![](https://jacobinitalia.it/wp-content/uploads/2024/05/assange_jacobin_italia-990x361.jpg)
Assange è sempre in pericolo
Al fondatore di WikiLeaks è stata concessa la possibilità di presentare ricorso contro l'estradizione negli Usa. Ma la sua situazione giudiziaria è ancora difficile
Lunedì 20 maggio 2024, l’Alta Corte britannica ha concesso a Julian Assange la sua prima vittoria legale in quattro anni. La Corte ha ammesso che il fondatore di WikiLeaks possa presentare ricorso contro la sua estradizione negli Stati uniti sulla base del fatto che se processato lì gli potrebbero essere negati i diritti di libera espressione e potrebbe subire discriminazioni. Nel sistema britannico, per ricorrere in appello serve questa ammissione. I tribunali precedentemente avevano rifiutato di concedere ad Assange il permesso di ricorrere in appello su questioni chiave.
Assange rimane rinchiuso nella famigerata prigione di Belmarsh. E anche se gli è stato concesso il diritto di ricorrere in appello, è ancora possibile che la corte possa pronunciarsi contro di lui. Assange potrebbe ancora essere estradato, e la libertà di stampa è in bilico.
Denunciare crimini di guerra
La guerra degli Stati Uniti contro WikiLeaks, le sue fonti e il suo fondatore è una faccenda lunga e sordida. È entrato nella fase attuale l’11 aprile 2019, quando la polizia britannica ha arrestato Assange. Gli Stati uniti hanno quindi aperto una serie di accuse contro di lui e hanno chiesto la sua estradizione. Alla fine, ad Assange sarebbero stati imputati diciassette capi d’accusa ai sensi dell’Espionage Act e uno per cospirazione per aver violato il Computer Fraud and Abuse Act. Tutte le accuse derivano dalla ricezione e dalla pubblicazione da parte di WikiLeaks di documenti segreti da parte dell’informatore Chelsea Manning.
Gli avvocati di Assange hanno sostenuto che gli Stati uniti stanno chiaramente cercando di estradare Assange per un reato politico e che la sua estradizione è vietata dalla legge britannica. Nel 2021, un giudice britannico ha respinto queste argomentazioni. Tuttavia, il giudice ha bloccato l’estradizione di Assange negli Stati uniti a causa delle condizioni carcerarie che probabilmente avrebbe dovuto affrontare. Gli Usa hanno presentato ricorso contro questa decisione. Hanno anche offerto assicurazioni diplomatiche sulle potenziali condizioni carcerarie di Assange. Amnesty International ha definito le rassicurazioni «intrinsecamente inaffidabili». Ma i tribunali del Regno unito le hanno accolte, hanno annullato la sentenza del giudice e negato ad Assange il diritto di ricorrere in appello.
Gli avvocati di Assange hanno quindi cercato di appellarsi contro le parti della sentenza che erano loro avverse. Hanno presentato nove distinti motivi di ricorso. Al centro delle argomentazioni legali della difesa c’è l’affermazione secondo cui Assange è un giornalista che pubblicava informazioni sui crimini di Stato. Il che era nell’interesse pubblico. Perseguire un giornalista per il suo lavoro di denuncia di crimini di guerra e abusi di potere è una forma di ritorsione del governo che viola i diritti di libera espressione.
L’Alta Corte ha respinto la stragrande maggioranza di questi motivi, stabilendo che la maggior parte delle accuse contro Assange riguardano crimini ordinari senza alcuna relazione con i diritti di libera espressione. Per il numero limitato di accuse che l’Alta Corte ha ritenuto toccassero i diritti di libera espressione, è stato stabilito che non vi è interesse pubblico significativo che porti a fermare i procedimenti giudiziari contro Assange. Perseguire Assange per aver denunciato crimini di guerra quindi non ha violato il diritto di Assange alla libera espressione ai sensi dell’articolo 10 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, che la corte ha ritenuto simile al Primo Emendamento degli Stati uniti.
In una parte particolarmente inquietante della decisione, l’Alta Corte ha stabilito che gli avvocati di Assange non potevano presentare ulteriori prove sul complotto della Cia per uccidere il giornalista – non perché trovassero un complotto del genere inconcepibile, ma perché l’Alta Corte ritiene che se Assange fosse estradato negli Stati uniti, la Cia non avrebbe più motivo di assassinarlo.
La sentenza non è stata una sconfitta totale per Assange. Gli Stati uniti non hanno fornito alcuna garanzia sul fatto che non avrebbero chiesto la pena di morte. Sebbene Assange non sia stato accusato di un reato che comporta la pena di morte, i suoi avvocati hanno sostenuto che potrebbe esserlo. La Corte ha ritenuto convincenti queste preoccupazioni e ha concesso il ricorso in appello per questo motivo.
Inoltre, uno dei pubblici ministeri, Gordon Kromberg, ha affermato che gli Stati uniti potrebbero sostenere che, in quanto straniero, Assange non godrebbe dei diritti del Primo emendamento. L’Alta Corte del Regno unito ha stabilito che se il governo degli Stati Uniti avesse avuto successo in questa argomentazione, Assange sarebbe stato discriminato a causa della sua nazionalità e sarebbe stato privato del diritto alla libera espressione, in violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Di conseguenza, anche Assange potrebbe presentare ricorso.
L’Alta Corte aveva lasciato agli Stati uniti una strada aperta per evitare l’appello. Se avessero fornito la garanzia che non avrebbero chiesto la pena di morte contro Assange, che Assange non sarebbe stato discriminato a causa della sua nazionalità e che Assange avrebbe potuto fare affidamento sul Primo emendamento, Assange avrebbe perso il diritto di ricorrere in appello. L’Alta Corte stava compiendo il passo inquietante e molto insolito di telegrafare agli Stati uniti cosa dire per estradare Assange.
Durante le fasi passate del procedimento di estradizione di Assange, i tribunali britannici hanno sostenuto che le rassicurazioni statunitensi dovevano essere prese per oro colato e che la difesa non poteva contestarle. Questa volta, l’Alta Corte del Regno Unito ha annunciato che avrebbe accolto una contestazione scritta alle garanzie e che avrebbe tenuto un’udienza per verificare se fossero sufficienti.
Gli Stati uniti hanno aspettato fino alla scadenza del 16 aprile per presentare le proprie garanzie. La prima garanzia era una garanzia standard sulla pena di morte, una questione diplomatica di routine dato che la maggior parte del mondo non condivide la posizione degli Usa sulla pena di morte.
La seconda diceva:
Assange non subirà nessun pregiudizio a causa della sua nazionalità rispetto alle difese che potrà opporre al processo e alla sentenza. Nello specifico, se estradato, Assange avrà la capacità di sollevare e cercare di far valere durante il processo (che include qualsiasi udienza di condanna) i diritti e le tutele garantite dal Primo emendamento della Costituzione degli Stati uniti. La decisione sull’applicabilità del Primo emendamento è esclusivamente di competenza dei tribunali statunitensi.
I diritti del Primo Emendamento
All’udienza del 20 maggio, un senso di pessimismo pervadeva i legali di Assange. Considerata la pessima valutazione dei diritti di Assange da parte del giudice, ero certo che sarebbe stata probabilmente la fine del percorso del caso Assange nel sistema legale del Regno unito. Anche tutti quelli con cui ho parlato che avevano seguito il caso da vicino, come giornalisti, attivisti o difensori dei diritti umani, credevano che le prospettive di Assange fossero desolanti.
All’inizio dell’udienza, la difesa di Assange ha annunciato di accettare pienamente la garanzia degli Stati uniti sulla pena di morte, ma che la restante garanzia resta insufficiente. L’Alta Corte aveva chiesto la garanzia che Assange potesse fare affidamento sul Primo Emendamento. Gli Stati Uniti hanno invece affermato che Assange potrebbe «cercare di fare affidamento» sul Primo Emendamento. La difesa ha anche osservato che le assicurazioni diplomatiche in caso di estradizione includono tipicamente la promessa di astenersi dal fare qualcosa, come il rifiuto di chiedere la pena di morte o di richiedere la cauzione. Nella loro assicurazione, gli Stati Uniti non hanno promesso che il Dipartimento di Giustizia non avrebbe sostenuto che Assange non avesse i diritti del Primo Emendamento sulla base della sua nazionalità. Come ha detto la difesa ai giudici, «il signor Kromberg ha provocato la preoccupazione e non ha fatto nulla per dissiparla».
Basandosi sul parere esperto di Paul Grimm, un ex giudice federale degli Stati uniti, gli avvocati di Assange hanno sostenuto che anche se i pubblici ministeri non avessero sostenuto che Assange non avesse i diritti del Primo Emendamento a causa della sua nazionalità, un tribunale avrebbe potuto prendere questa sentenza in modo indipendente. Si sono anche affidati a Grimm per sostenere che il Primo Emendamento protegge più della semplice pubblicazione, protegge anche la raccolta di notizie. Ciò sembrava inteso a contrastare la precedente conclusione dell’Alta Corte secondo cui solo una manciata di accuse avevano qualche relazione con i diritti di libera espressione.
Gli avvocati britannici, in rappresentanza degli Stati uniti, hanno tenuto pedantemente una lezione alla corte sulla distinzione tra cittadinanza e nazionalità. Qualsiasi privazione dei diritti del Primo emendamento di Assange sarebbe dovuta non alla sua nazionalità, ma alla sua cittadinanza (vale a dire, un cittadino americano nato in Australia non potrebbe essere privato dei diritti del Primo emendamento, ma qualsiasi non cittadino potrebbe esserlo). Uno degli avvocati del governo britannico che rappresenta gli Stati uniti ha affermato che Assange non sarebbe stato «discriminato a causa della sua nazionalità, ma perché per legge è uno straniero che opera su suolo straniero».
Dopo circa un’ora e mezza di discussione, gli avvocati di Assange e i pubblici ministeri britannici che rappresentano il governo Usa hanno concluso le loro argomentazioni. I giudici che esaminavano il caso, Victoria Sharp e Jeremy Johnson, hanno iniziato a sussurrare tra loro. Parte dei loro commenti potevano essere ascoltati da un microfono acceso, ma l’unica parola che riuscivo a distinguere era «discriminatorio». Sharp ha poi annunciato che la corte si sarebbe aggiornata per dieci minuti, poi i giudici ci avrebbero fatto sapere «a che punto siamo».
Nella stanza in cui si trovava la maggior parte della stampa, regnava confusione. Mentre discutevamo tra noi su cosa ciò potesse significare, un giornalista ha scherzato: «A che punto siamo? Siamo alla Royal Courts of Justice». Dopo che i giudici erano rimasti assenti per più di venti minuti, era ormai chiaro che stavano prendendo una decisione.
Sarebbe passata quasi mezz’ora prima che i giudici tornassero. Sharp ha annunciato che ad Assange è stato concesso un ricorso completo sulla questione se sarebbe stato discriminato come cittadino straniero o se gli sarebbe stato negato il diritto alla libera espressione. Sharp ha respinto il ricorso sulla pena di morte, ma tutte le parti hanno già convenuto che le garanzie fossero sufficienti.
L’Alta Corte aveva sostanzialmente detto agli Stati uniti cosa dire per spuntarla. Eppure gli Stati uniti non sono riusciti a sfruttare l’occasione. Il tribunale aveva legato le mani alla difesa. Ma nonostante le probabilità apparentemente insormontabili, hanno avuto la meglio.
La vittoria di Assange
I sostenitori di Assange hanno iniziato a radunarsi fuori dalla Corte Reale di Giustizia due ore prima dell’udienza. Quando la notizia di quanto accaduto all’interno dell’aula ha raggiunto le centinaia di manifestanti all’esterno, hanno palesemente festeggiato.
La vittoria di Assange dovrebbe essere celebrata da tutti coloro che sostengono l’importanza della libertà di stampa. Assange, tuttavia, non è fuori pericolo. I due giudici hanno riconosciuto ad Assange il diritto di ricorrere in appello, ma non si sono pronunciati a favore delle argomentazioni. E gli argomenti che gli avvocati di Assange possono sollevare sono ancora estremamente limitati.
L’estradizione di Assange è stata piena di colpi di scena, il che rende impossibile prevedere cosa accadrà dopo, la situazione è resa ancora più confusa dall’apparente indifferenza dell’Alta Corte nei confronti di molte delle questioni fondamentali relative alla libertà di stampa e ai diritti umani in gioco. Con la sentenza di marzo sembrava proprio che i giudici dell’Alta Corte volessero approvare la persecuzione di un giornalista, ma gli avvocati degli Stati uniti e del Regno unito hanno commesso un errore talmente grave da renderla impraticabile. Ora quegli stessi giudici hanno mandato un monito straordinario agli Stati uniti. I giudici che credono che perseguire Assange per la sua attività giornalistica non violi i suoi diritti di libera espressione potrebbero bloccare l’estradizione negli Stati uniti, dato che gli Stati uniti potrebbero non concedergli i diritti del Primo emendamento come cittadino straniero?
Incertezza a parte, i sostenitori di Assange hanno ragione a celebrare una rara vittoria legale. La difesa di Assange avrà un’altra possibilità per opporsi alla sua estradizione. Chiunque abbia a cuore la libertà di stampa dovrebbe fare il tifo affinché questa opposizione prevalga.
*Chip Gibbons è il direttore politico dell’organizzazione no-profit Defending Rights & Dissent. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
La rivoluzione non si fa a parole. Serve la partecipazione collettiva. Anche la tua.