Da Treu a Di Maio: la parabola del collocamento pubblico
Fu il ministro del Governo Prodi a istituire le agenzie private del lavoro in competizione con i centri per l’impiego pubblici che l'attuale governo aveva promesso di rilanciare. Invece gli operatori rischiano il licenziamento
Al workshop che si è tenuto il 14 dicembre presso il Parlamentino del Cnel (Consiglio Nazionale Economia e Lavoro) “Servizi Pubblici e Politiche attive del lavoro” c’erano proprio tutti, dal presidente Tiziano Treu – “l’inventore” della precarietà con la sua legge del 1997 – agli Assessori al Lavoro di alcune regioni italiane. Grande assente, il governo. Un’influenza folgorante ha costretto il Sottosegretario di Stato, Claudio Cominardi, a restare a casa. Peccato, perché ciò che è andato in scena durante l’evento sarebbe stato utile al ministero del Lavoro. Una ventina di precari di Anpal Servizi, la società in house del ministero braccio operativo della ricollocazione pubblica, ha interrotto l’incontro issando striscioni e prendendo parola. Hanno letto le rivendicazioni che portano avanti da mesi di fronte al ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale dei governi Dini e poi Prodi (1995-1998), Tiziano Treu in persona. È stato il presidente del Cnel infatti, circa vent’anni fa, a istituire le agenzie private del lavoro (Apl) nel pacchetto che porta il suo nome e oggi la competizione tra queste e i centri per l’impiego (Cpi) pubblici è feroce. Con Treu i privati sono entrati nel terreno dell’intermediazione tra domanda e offerta: è la nascita del lavoro interinale. Dal 1997 a oggi, l’indebolimento dei Cpi ha corso parallelamente (e conseguentemente) al rafforzamento delle Apl, anche perché i compiti delle agenzie private sono aumentati. Non solo ricollocazione dei disoccupati, ma anche percorsi formativi e l’elemento più critico è che molte di queste attività sono finanziate con soldi pubblici. Ciò avviene sia nel caso del raggiungimento di un risultato (se l’utente trova lavoro) che di mancato raggiungimento. Le Apl intascano infatti sempre delle quote fisse. I privati inoltre riescono a collocare più disoccupati del pubblico perché un’agenzia, oltre a fornire lavoro in somministrazione a un’azienda, può anche assumere un utente. Ma a fronte di un privato in piena salute, cosa ne sarà del pubblico?
I precari di Anpal Servizi che venerdì hanno fatto irruzione al Cnel si definiscono “attivatori di diritti” in contrapposizione alla nomenclatura “attivatori di soggetti”, e chiedono la stabilizzazione subito. Il blitz ha chiuso l’“Activation week”, quattro giorni di agitazione nazionale degli operatori nei luoghi in cui lavorano ogni giorno, dai centri per l’impiego alle scuole, dalle regioni alle sedi Anpal. Ciò che manca adesso è un incontro ufficiale con il ministro Di Maio, che ha promesso una riforma dei Cpi da cui partirà la “rivoluzione” del reddito di cittadinanza. Ma per ora, le uniche parole del ministro sono state quelle di invocazione del famigerato “navigator”, una sorta di personal trainer dei disoccupati.
Il Navigator
Il 4 dicembre scorso, nell’arena mediatica prediletta da molti politici, lo studio di “Porta a Porta” su Rai1, Di Maio ha introdotto questa nuova figura mitologica, metà controllore metà formatore. Restando nel vago, il ministro ha definito il navigator «un controllore per chi prende il reddito, che orienti quel ragazzo che oggi sta cercando un lavoro o che vuole aprire un’impresa», ma sull’ente che lo assumerà, su chi lo formerà, sui numeri, non è emerso ancora niente. Da quel che sembra, il controllore potrà essere formato anche fuori dai centri per l’impiego, anche da un’agenzia privata. Ma il navigator alla fine controllerà gli utenti, ossia verificherà che tutti i requisiti di accesso al reddito di cittadinanza siano rispettati (e in caso contrario agirà per interromperne l’erogazione) o li formerà? Un’ambiguità non da poco, su cui poggia anche il futuro dei precari del pubblico. L’introduzione di questa figura infatti depotenzierebbe (anche simbolicamente) la riforma dei Centri per l’impiego tanto propagandata e rischierebbe di foraggiare i già sazi privati.
Ma da dove arriva questo modello? È stato Mimmo Parisi, professore di Ostuni alla Mississippi State University, a proporlo all’Italia. Con Di Maio è stato amore a prima vista, durante un convegno all’Università La Sapienza, dove il docente ha tenuto un seminario sulla Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Il Mississippi, dove vive e lavora il sociologo pugliese, è il primo stato americano ad avere sperimentato la tecnologia elaborata dal National Strategic Planning & Analysys Research Center (Nsparc), l’istituto diretto da Parisi, il “Mississippi Works system”. Il Nsparc è un centro di ricerca, che collabora con agenzie federali e con privati, per elaborare tecnologie che incrocino dati e che diano soluzioni alle problematiche sociali, tra cui la disoccupazione. Il meccanismo dell’erogazione del reddito di cittadinanza arriva proprio dallo stato americano del sud, dove tramite un’app, la domanda degli utenti viene collegata all’offerta delle aziende. Per ottenere il reddito, anche in Italia bisognerà scaricare un’app, Mr Works. Il protagonista nelle slide che il professor Parisi ha realizzato per presentare il reddito di cittadinanza è Mario, un «giovane entusiasta del nuovo programma sul Reddito». Dopo aver incontrato uno psicologo del lavoro, Mario incontra il navigator, che lo aiuta a iscriversi a un corso e a ottenere così una qualifica professionale. Leggendo con attenzione le slide, Parisi ha immaginato il navigator come una figura interna ai centri per l’impiego, mentre Di Maio non ha ancora sciolto questo nodo così centrale.
Precari che ricollocano disoccupati
E in Italia, figure di questo tipo non esistono già? I precari Anpal che hanno bloccato il convegno al Cnel si occupano proprio di realizzare le politiche attive e di ricollocare i disoccupati, ma sono precari, alcuni anche da vent’anni.
Dopo il blitz, i lavoratori Anpal hanno incontrato il portavoce del Sottosegretario, Andrea Mihaiu, che ha ribadito l’ovvio, senza dare alcuna certezza. «Abbiamo preso parola perché riteniamo questa situazione un paradosso. Basta con gli operatori precari che ricollocano i disoccupati! – dichiara Christian Sica, uno degli esponenti del Coordinamento nazionale precari Anpal – In questi mesi abbiamo avuto interlocuzioni diverse con il Ministero del Lavoro, ma non sono arrivate risposte. Ora ci troviamo a pochi giorni dall’approvazione della Legge di Bilancio e 10 milioni di euro sono a disposizione esclusivamente per Anpal Servizi». Fondi che non bastano a stabilizzare gli oltre 654 precari (su 1.103 dipendenti), circa il 60% del totale, con contratti di collaborazione e a tempo determinato. La legge di Bilancio 2019 prevedrebbe 1 miliardo di euro per il rafforzamento dei Centri per l’impiego e 10 milioni di euro ad Anpal Servizi, ma tra l’introduzione del navigator e i richiami dell’Europa, non è ancora chiara quale sarà la versione definitiva.
Sembra ieri che il ministero prometteva la valorizzazione degli operatori e dei centri per l’impiego. «Ma in che modo può funzionare questo sistema, se chi accompagna al lavoro vive con contratti intermittenti?» – continua Christian.
La protesta dei precari Anpal è riesplosa a luglio, con il licenziamento di due dipendenti, Valeria Morando e Valentina Sportelli. Non a caso donne, i soggetti su cui la scure della precarietà e dello sfruttamento si abbatte in modo più feroce. Valeria ha perso il lavoro a 35 anni, mentre era in maternità e dopo 24 mesi di contratto: l’amministratore di Anpal Servizi, Maurizio del Conte, ha deciso di non rinnovare il contratto, utilizzando strumentalmente il decreto Dignità. Da allora, i lavoratori hanno avviato una mobilitazione costante, organizzando anche degli Speakers’ Corner come momenti in cui conoscere le vite dei propri colleghi e farle conoscere all’esterno. A essere in gioco è tutto il personale di Anpal Servizi, dopo che il 12 dicembre, il governo ha cancellato dal Decreto semplificazioni, varato dal Consiglio dei Ministri, la norma per il rinnovo della governance delle politiche attive. Tante le criticità, dall’assenza di una banca dati centralizzata, che impedisce alle diverse regioni di comunicare, alla scarsità di operatori rispetto alla domanda.
La precarietà dei dipendenti di Anpal Servizi è strutturale. Anche quando rispondeva al nome di Italia Lavoro (il passaggio è stato fatto il 1° gennaio 2017), la società poggiava su un personale con contratti di collaborazione o a tempo determinato, che non ha mai avuto modo di scegliere la tipologia contrattuale e che ha preso parte, in molte occasioni, a procedure di selezione per lo stesso posto ricoperto in passato. I contratti di quasi tutti gli operatori scadranno entro il 2020, tranne sette persone che lavorano a tempo determinato e sei collaboratori, che entro la fine del 2018 dovrebbero vedersi rescindere il contratto.
La trasformazione del sistema di politiche del lavoro e di welfare che il governo vuole realizzare è incompatibile con la presenza di dipendenti precari. Un terreno troppo instabile, su cui sembra sgretolarsi il feticcio del cambiamento.
*Maria Panariello è una giornalista freelance. Ha scritto reportage per L’Espresso, Mediapart, Open Migration. il Fatto Quotidiano e Left. Con Maurizio Franco e Leonardo Filippi ha vinto la quinta edizione del Premio giornalistico televisivo Roberto Morrione con l’inchiesta Le catene della distribuzione, andata in onda su Rainews. Inoltre ha curato il focus Il (povero) diavolo nascosto nel dettaglio nel Rapporto Magna Roma per l’associazione Terra! Onlus.
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