Rappresaglia contro l’Unrwa
I paesi occidentali hanno sospeso i finanziamenti all'Agenzia dell'Onu che si occupa di rifugiati in Palestina. È una scelta che suona come una vendetta dopo il recente pronunciamento della Corte internazionale di giustizia
Appena un giorno dopo che la Corte internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di fermare l’uccisione di civili a Gaza – ritenendo plausibile l’accusa secondo cui il paese potrebbe violare la Convenzione sul genocidio – i paesi occidentali, guidati dagli Stati uniti, hanno sospeso i finanziamenti per l’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi, meglio conosciuta come Unrwa.
È stata una mossa sorprendentemente vendicativa, uno sfrontato atto di punizione collettiva nel contesto della carestia a Gaza, dove più di due milioni di persone dipendono dall’Unrwa per la sopravvivenza di base. L’Unrwa gestisce rifugi per oltre un milione di persone, fornendo cibo e assistenza sanitaria di base ai palestinesi sfollati. Circa tremila membri dello staff, la maggior parte dei quali rifugiati palestinesi, continuano a operare a Gaza sotto gli incessanti bombardamenti israeliani (Almeno 156 lavoratori dell’Unrwa sono stati uccisi da Israele negli ultimi tre mesi, e Israele ha anche bombardato innumerevoli rifugi e scuole dell’Unrwa, uccidendo migliaia di civili sfollati).
La sospensione degli aiuti all’Unrwa ha sbalordito i funzionari delle Nazioni unite. «La guerra continua, i bisogni si aggravano e la carestia incombe – ha affermato il capo dell’Unrwa Philippe Lazzarini – È una macchia per noi tutti». Il segretario generale dell’Onu António Guterres ha lanciato un appello ai paesi contribuenti affinché non puniscano i «due milioni di civili di Gaza che dipendono dall’assistenza fondamentale dell’Unrwa», mentre Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni unite per i territori palestinesi occupati, ha avvertito che il taglio dei fondi dell’Unrwa «è apertamente una sfida» all’ordine della Corte internazionale di giustizia di consentire l’assistenza umanitaria a Gaza.
La decisione è arrivata dopo che Israele ha accusato diversi membri dello staff dell’Unrwa di coinvolgimento negli attacchi di Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre. Sebbene Israele abbia precedentemente accusato l’Unrwa di aiutare Hamas, all’inizio di gennaio un ex funzionario israeliano è arrivato al punto di chiedere lo smantellamento dell’Unrwa, affermando che «sarà impossibile vincere la guerra se non distruggiamo l’Unrwa, e questa distruzione deve iniziare immediatamente», il tempismo delle accuse di Israele suggerisce che si tratti di una punizione per la sentenza della Corte internazionale di giustizia. Gli Stati uniti, la Germania e l’Ue sono i maggiori sostenitori dell’Unrwa, contribuendo a oltre il 60% del suo finanziamento complessivo.
L’ultima capitolazione dell’Occidente nei confronti di Israele sottolinea la sua continua complicità nei crimini di guerra di israeliani: i governi degli Stati uniti e dell’Unione europea stanno effettivamente affamando i rifugiati palestinesi in una Gaza devastata dalla guerra, mentre elargiscono miliardi in aiuti militari e finanziari a Israele. Con armi e sostegno occidentali, Israele ha finora ucciso oltre ventiseimila palestinesi a Gaza, tra cui oltre tredicimila bambini. Centinaia di palestinesi sono stati uccisi da Israele dopo la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia della scorsa settimana.
La tragica ironia è che l’Unrwa è stata fondata dopo la Nakba del 1948 – l’espulsione di massa di 750 mila palestinesi che accompagnò la fondazione di Israele – per sollevare Israele dai suoi obblighi nei confronti dei rifugiati che aveva cacciato dalle loro terre e case. Gaza ha sopportato il peso maggiore del trasferimento, con 250 mila persone sradicate che si sono riversate nella piccola striscia. Il resto si stabilì in Cisgiordania e nei paesi vicini Libano, Siria e Giordania.
Otto campi profughi furono creati a Gaza in seguito alla Nakba. La crisi era così profonda che il primo dicembre 1948 le Nazioni unite istituirono un’agenzia speciale per aiutare i rifugiati palestinesi, la United nations relief for Palestine refugees, che in seguito diede vita all’Unrwa. Dieci giorni dopo, l’11 dicembre, l’Assemblea generale delle Nazioni unite approvava la Risoluzione 194, che chiedeva di raggiungere una soluzione definitiva per garantire il diritto dei rifugiati palestinesi al ritorno alle loro case (Israele ha ignorato la risoluzione, ma da allora è stata ribadita dall’Assemblea generale delle Nazioni unite quasi ogni anno).
La risoluzione 194 fece venire i brividi lungo la schiena alla leadership israeliana, che era ancora perseguitata dallo spettro del ritorno dei palestinesi. Pertanto, quando un anno dopo l’Unrwa fu fondata da una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni unite per portare avanti programmi di soccorso diretto e di lavoro per i rifugiati palestinesi, Israele fu tra i principali paesi a sostenere la risoluzione, insieme agli Stati Uniti e ai paesi arabi.
Israele era ben consapevole che l’Unrwa non era stata istituita per risolvere la crisi dei rifugiati, ma la crisi dei rifugiati israeliani. Mentre di tanto in tanto i leader israeliani si scagliavano pubblicamente contro quello che consideravano il pregiudizio anti-israeliano dell’Unrwa, l’agenzia era una manna dal cielo internazionale per Israele, alleviando sia i dubbi morali che gli obblighi finanziari.
In quel periodo, leader israeliani come David Ben-Gurion e Moshe Dayan ammisero che i rifugiati palestinesi avevano subito una grande ingiustizia da parte di Israele ed erano vittime di guerre e violenze, per questo le loro lamentele dovevano essere affrontate se Israele voleva bloccare il loro ritorno. I leader israeliani si rendevano anche conto che i campi profughi sparsi lungo i confini di Israele avrebbero rappresentato un pesante fardello per il futuro dello Stato. Di conseguenza, e sotto la crescente pressione internazionale, Israele era pronto a discutere la questione del risarcimento e del rimpatrio, a condividere con i paesi arabi e la comunità internazionale l’onere finanziario dei rifugiati e persino a consentire il ricongiungimento dei rifugiati con le loro famiglie in Israele. Allo stesso tempo, Israele ha continuato a incoraggiare l’integrazione dei rifugiati negli stati arabi ospitanti, cosa che era al centro della missione dell’Unrwa.
E così, con un forte mandato e finanziamenti internazionali, l’Unrwa iniziò le operazioni nel maggio 1950. L’agenzia operò anche in Israele fino al 1952, e godette del sostegno di Israele a lungo. Nel 1967, Israele chiese all’Unrwa di continuare il suo lavoro in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, e regolarmente espresse la sua approvazione per la sua missione umanitaria nei paesi arabi ospitanti. Non ci furono praticamente proteste israeliane quando, nel 1996, l’Unrwa trasferì il suo quartier generale da Vienna a Gaza, dove allora viveva un quarto dei rifugiati palestinesi.
Ma ora, mentre Israele colpisce Gaza con una furia genocida, l’Unrwa starebbe commettendo il peccato di cercare di mantenere in vita i rifugiati palestinesi. E invece di lavorare per prevenire i crimini di Israele a Gaza, i governi occidentali, guidati dall’amministrazione Biden, hanno rivolto la loro ira contro le vittime, prendendo di mira un popolo la cui sopravvivenza ora dipende dalla carità internazionale (L’Unrwa accetta ancora donazioni da privati).
Se Israele desidera davvero spazzare via l’Unrwa, l’unica alternativa è garantire il ritorno dei rifugiati palestinesi alle loro case in Israele. Nelle parole dello storico Ilan Pappe, «la risoluzione [194] chiedeva il ritorno incondizionato dei rifugiati palestinesi. L’Unrwa potrà essere smantellata solo se tale risoluzione verrà rispettata».
*Seraj Assi è uno scrittore palestinese. Vive a Washington e ha scritto My Life As An Alien (Tartarus Press). Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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