«Aiutateci a diffondere la verità su Gaza»
La femminista palestinese Mariam Abudaqa era in Francia quando Israele ha distrutto la sua casa. Il governo francese ha cercato di espellerla, lei non smette di denunciare i crimini di guerra
A settembre, la nota attivista palestinese Mariam Abudaqa è arrivata in Francia per un giro di conferenze. Era venuta a parlare come femminista, invitata anche all’Assemblea nazionale dal partito di sinistra La France Insoumise. Ma Abudaqa è stata rapidamente coinvolta nel dibattito francese sull’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre e sulla crisi a Gaza causata dalla ritorsione di Israele. Il 9 ottobre, il presidente del parlamento ha bloccato la decisione di farla parlare all’Assemblea nazionale. Una settimana dopo, la settantaduenne Abudaqa è stata arrestata alla stazione ferroviaria Saint Charles di Marsiglia e le è stato ordinato di rimanere agli arresti domiciliari fino alla sua eventuale espulsione dalla Francia.
Nel contesto della repressione generale contro la solidarietà con la Palestina, il ministero degli Interni francese ha giustificato l’espulsione di Abudaqa sulla base della sua appartenenza al Fronte popolare per la liberazione della Palestina, un gruppo incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione europea. Il provvedimento affermava inoltre che la presenza di Abudaqa era «tale da alimentare tensioni, odio e violenza tra le comunità e causare seri problemi all’ordine pubblico» e che lei era pericolosa data «la crescente minaccia terroristica in Francia».
Eppure, venerdì scorso, un giudice amministrativo ha respinto l’ordine di espulsione di Abudaqa, stabilendo che «il ministero degli Interni ha gravemente, e in modo manifestamente illegale, violato la [sua] libertà di espressione e di movimento». A Gaza, Abudaqa è una delle principali sostenitrici del femminismo e della liberazione palestinese. Ha parlato della crisi a Gaza con Harrison Stetler di Jacobin. Dana Katkhoda ha tradotto dall’arabo.
Sei in Francia dall’inizio di quest’ultima crisi. Essendo una persona così impegnata con gli abitanti di Gaza e con il movimento di liberazione palestinese, com’è stato osservare tutto ciò da così lontano?
Prima di tutto, sono felice di poter trasmettere la voce della mia famiglia e dei miei cari a Gaza. Ma mi sento impotente nel guardare tutto questo massacro in tv. Ricevo chiamate da persone a casa e provo un grande dolore. Brucio dentro: non riesco a dormire e non posso mangiare. È difficile quando un essere umano perde ciò che conta di più: la famiglia, i genitori, la casa. Ciò che sta accadendo ora è un crimine. Ma non è un crimine normale: è insondabile. È al di sopra di quanto chiunque possa immaginare. Ecco perché il mondo ha bisogno di svegliarsi. Siamo di fronte a crimini contro l’umanità. Non è possibile che un essere umano possa vedere ciò che vede a Gaza e accettarlo. Non è possibile restare in silenzio di fronte a questi crimini, o essere neutrali, o schierarsi con l’oppressore. Il nostro popolo è oppresso e lo è da settantacinque anni: massacrato, espulso, bloccato. Ma siamo ancora in piedi, perché abbiamo il diritto alla giustizia. Perché questa è la nostra terra.
Sei riuscita a rimanere in contatto con la famiglia, gli amici e i compagni a casa?
Sono in contatto con loro, ma poiché non c’è né internet né elettricità, scrivo loro e aspetto che rispondano. Trentuno membri della mia famiglia sono stati martirizzati. Ieri [martedì 24 ottobre] altri quattro sono stati martirizzati. Mio fratello mi ha chiamato ieri e mi ha detto che le nostre case sono tutte in macerie. La mia casa è stata distrutta. Sono sempre in contatto perché altrimenti morirei! Aiuta solo sentire una parola da loro. I miei contatti in Cisgiordania mi hanno detto che in Francia esiste un movimento che sostiene il mio caso. Oltre a tutto il dolore che stanno provando, sono preoccupati per me! Ogni minuto succede qualcosa e voglio assicurarmi che stiano bene. Non sappiamo cosa succederà. Ma provo a rimanere in contatto, leggo i nomi dei martiri e vedo le loro foto dai notiziari palestinesi, e mi fa male il cuore.
La tua espulsione dalla Francia è stata sospesa da un giudice, puoi descrivere la tua esperienza dal tuo primo arresto e detenzione del 16 ottobre?
La Francia in cui sono arrivata era un posto di cui avevo letto molto: un grande paese, con libertà tra cui la libertà di parola e di avere opinioni diverse. Purtroppo, e senza alcuna ragione, non mi è stato permesso di dire la mia verità e mi hanno messo agli arresti domiciliari. Ma è possibile che non esprima la mia opinione mentre il mio paese viene ridotto in cenere? È possibile che mentre la mia famiglia sta morendo io non ne parli?
Le ragioni addotte non sono valide. Hanno detto che appartengo a un’organizzazione terroristica chiamata Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Non siamo contro gli ebrei, né i cristiani, né i musulmani. Siamo contro l’occupazione e quindi quello che mi è successo è strano. Sono stata in molti altri paesi e non ho mai visto questo tipo di trattamento. Sono femminista e combatto per i diritti delle donne. In Occidente si parla incessantemente dei diritti delle donne e dei diritti dei bambini, ma immagino che ciò non valga per noi palestinesi. Mi hanno cancellato il visto e, per fortuna, quando ho avuto un avvocato, ho vinto la causa.
Una persona dovrebbe essere in grado di esprimere la propria opinione e dire la verità. Non bisogna aver paura della verità. Anche se non sei d’accordo con l’opinione di qualcuno, devi comunque ascoltarlo. Questo è ciò che si intende per pluralismo: che gli esseri umani siano in grado di esprimere le proprie opinioni indipendentemente da ciò che sono. E con tutte le esperienze che ho avuto nella mia vita, so che rimarrò resiliente perché sono palestinese. Un giorno la verità emergerà e coloro che hanno detto la verità avranno vinto.
Israele sta cercando di spacciare il bombardamento, l’assedio e la prevista invasione di terra di Gaza come una guerra contro Hamas. Figure del governo di Benjamin Netanyahu hanno parlato del desiderio di porre fine al governo di Hamas e di «cambiare l’equazione» a Gaza. Cosa significa in concreto?
Sono tutte bugie. Possiamo vedere le immagini provenienti da Gaza, eppure molti nel mondo preferiscono restare ciechi. La resistenza palestinese non è Hamas. Il popolo palestinese viene da settantacinque anni di occupazione, violenza e disumanizzazione. Il mondo ci ha promesso che è nostro diritto esistere su questa terra e ci riconosce. Abbiamo ambasciate in tutto il mondo, eppure siamo uno Stato occupato.
Cosa stanno aspettando che facciamo? Arrenderci e consegnare la bandiera? Che Israele continui a ucciderci e che si resti a guardarli mentre lo fanno? Non è giusto. Hamas fa parte del popolo palestinese, ma non tutti i palestinesi fanno parte di Hamas. Guardate le persone che muoiono in Cisgiordania, a Nablus e Jenin o sotto il blocco di Gaza. Tutto il nostro popolo vive l’agonia dell’occupazione, della povertà, della disoccupazione e dell’assedio.
Da quanti giorni va avanti il conflitto? Gli ospedali sono stati bombardati e non funzionano più. Hanno distrutto luoghi di culto musulmani e cristiani. Hanno distrutto scuole e rifugi. Hai fatto tutto questo per Hamas? Hamas è un ospedale? O una chiesa?
In settantacinque anni, cosa ha fatto per noi il diritto internazionale? Il mondo intero vede che ciò che sta accadendo è ingiusto, che il diritto internazionale si applichi in altre parti del mondo ma non in Palestina. Il diritto internazionale non ha alcun significato se si permette che ciò accada a Gaza. Quando migliaia di palestinesi vengono assassinati col fosforo bianco e sotto migliaia di bombe, continuano a dirvi che i terroristi siamo noi.
Chi sono i terroristi? È l’occupante o coloro che vengono occupati? Se vogliono la pace, allora il problema in Palestina deve essere risolto in conformità con il diritto internazionale. Non vogliamo nulla tranne la nostra libertà. Non siamo contro nessuno. Non siamo noi i terroristi. Siamo un popolo che vuole la propria libertà e sovranità.
Sebbene ci sia stata un’ondata di solidarietà per gli abitanti di Gaza da parte delle popolazioni del Medio oriente e oltre, i governi di Europa e Stati uniti non chiedono un cessate il fuoco. Invece, hanno dato il via libera alla guerra punitiva di Netanyahu. Cosa non capiscono gli occidentali di questa crisi?
Penso che la grande maggioranza sia dalla nostra parte, ma i governi [occidentali] hanno obiettivi diversi. Il sionismo viene dall’Europa, non dimentichiamolo. Chiunque voglia fingere neutralità, invocare la soluzione dei due Stati e poi stare al fianco delle forze di occupazione, in realtà si schiera da una parte. Sono complici di questi crimini di guerra. Il silenzio della comunità internazionale è ciò che ha reso più forte l’occupazione. Pertanto non siamo sorpresi. La verità però sta venendo fuori. L’attacco a Gaza sta mandando in frantumi lo status quo. Il mondo vede cosa significa per i governi occidentali «risolvere» il problema palestinese: cancellarlo. Ma la nostra gente continuerà a resistere. Ciò che ci sta accadendo si viene a sapere lo stesso. Non abbiamo bisogno che ci mandino denaro o aiuti in cambio dell’omicidio e della violenza contro di noi. Vogliamo la nostra libertà e vogliamo ciò che il diritto internazionale afferma essere un nostro diritto.
Gaza resiste ancora. Perché? Perché ciò che sta accadendo a Gaza è la verità. Questa verità, non importa quanto tempo passerà, rimarrà la nostra verità. La nostra vittoria non è solo per Gaza, ma per l’intera Palestina e per tutte le persone libere del mondo. Il pericolo del fascismo riguarda tutti noi e vogliamo proteggere il mondo da questo. Non miriamo a danneggiare nessuno, ma non vogliamo una pace falsa.
È in atto un genocidio del popolo palestinese. Coloro che conoscono gli orrori del passato non dovrebbero essere quelli che li commettono contro di noi. Verrà il giorno in cui si renderanno conto della catastrofe che hanno creato.
Sei venuta in Francia per raccontare ad altri attivisti cosa fai in quanto femminista in Palestina. Nei giorni, nelle settimane e nei mesi a venire, cosa c’è più bisogno che faccia per Gaza il movimento di solidarietà internazionale?
Sostegno politico e diffusione della verità: queste sono le due cose più importanti. Ciò di cui abbiamo bisogno non sono tanto aiuti umanitari, ma politici. Abbiamo bisogno del sostegno dei movimenti giovanili, sindacali e femministi, affinché si mobilitino per il bene delle loro controparti a Gaza. Avremo bisogno di una campagna per ricostruire Gaza e di sostegno legale e di diritti umani per i prigionieri durante l’occupazione. Abbiamo bisogno che ogni voce possibile ci sostenga, sia dal mondo dell’arte che da quello dello sport, degli affari e della politica. Quando il nostro popolo riceve sostegno dall’estero, non sente di combattere da solo. Direi che ogni voce è importante. Abbiamo bisogno che le persone vengano a vedere e a documentare ciò che sta accadendo: per smascherare le bugie raccontate dall’occupazione.
*Mariam Abudaqa è una delle principali femministe palestinesi. Harrison Stetler è giornalista freelance e insegnante, vive a Parigi. Questo testo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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