
Dalla denuncia all’autodifesa transfemminista
Dopo una campagna della piattaforma «Obiezione respinta», una farmacia di Roma ha radicalmente mutato atteggiamento su diritto sessuale e salute riproduttiva
«Ho 37 anni, ho una laurea e insegno. Perché faccio questa premessa, vi chiederete? Perché probabilmente se avessi avuto qualche anno in meno, se fossi stata minorenne, se fossi stata straniera o semplicemente non fossi stata abbastanza informata di mio o magari solo più fragile, questa storia sarebbe andata diversamente».
Inizia così la testimonianza di F., che si è rivolta a Obiezione respinta dopo che le era stato negato l’accesso alla contraccezione di emergenza.
A febbraio 2022, nella Farmacia Lombardi/Berna di Via Palmiro Togliatti 225 a Roma, una delle farmaciste si è rifiutata di vendere a F. la pillola del giorno dopo. Nella Farmacia spiccavano santini e versetti della Bibbia appesi.
In un primo momento F., perplessa e sgomenta, era uscita dopo essere stata invitata a tornare più tardi, quando avrebbe preso servizio un altro farmacista. Poco dopo però è tornata indietro: «faccio tardi a lavoro, non ho tempo di recarmi in un altro punto vendita e il tempo è fondamentale in questi casi. Devo assolutamente prenderla il prima possibile», dunque, dopo un momento di iniziale smarrimento, torna in farmacia. A quel punto, dopo ulteriori discussioni, F. ha informato la farmacista che non poteva legalmente negarle la pillola, che una farmacia non può appellarsi all’obiezione di coscienza e che l’avrebbe segnalata all’ordine dei farmacisti e alle associazioni in difesa del libero arbitrio delle donne. Infine, F. è riuscita a prendere la pillola, ma solo dopo l’invito della farmacista a una ragazza del personale – in questo caso legalmente non autorizzata alla vendita dei farmaci – a vendere la pillola al posto suo.
A novembre dello stesso anno la farmacista in questione è stata sospesa dal servizio dal nuovo direttore della farmacia, che non aveva idea che una sua dipendente fosse obiettrice di coscienza. I versetti della Bibbia sono stati tolti dalle pareti e sono state affisse le delibere Aifa sulla contraccezione d’emergenza insieme al cartello «in questa farmacia si vende la pillola del giorno dopo».
Ma come è avvenuto questo passaggio? Il 16 novembre le segnalazioni di F. sono state pubblicate sulla piattaforma Obiezione respinta e la forza mediatica della testimonianza ha avuto molta risonanza sui social, fino a raggiungere il direttore della farmacia che, proprio grazie alla diffusione di questa testimonianza, ha preso provvedimento. Obiezione respinta (Obres) è un’organizzazione legata a Non Una di Meno e ai collettivi transfemministi pisani, nata in corrispondenza dell’8 marzo 2017, cioè del primo sciopero transfemminista, quando, in alcune assemblee, in molte avevano parlato delle difficoltà incontrate in termini di accesso alla contraccezione e all’aborto, a causa di obiezione di coscienza, obiezione di struttura e farmacie che si rifiutano di fornire la contraccezione d’emergenza.
La libertà di coscienza
In Italia, anche se formalmente l’aborto dovrebbe essere garantito dalla legge 194/78, viene spesso ostacolato e sospeso dall’obiezione di coscienza: secondo i dati del Ministero della Salute, circa il 70% dei ginecologi italiani è obiettore di coscienza, con punte del 90% in alcune regioni (92,3% in Molise). Inoltre, nel 35% delle strutture pubbliche con un reparto di ginecologia o ostetricia non è di fatto possibile accedere all’aborto, nonostante la legge 194 vieti l’obiezione di struttura, cioè che il numero di medici obiettori in un ospedale sia tanto alto da impedire di fatto l’accesso all’aborto per una generale indisponibilità del personale. Le ambiguità di una legge come la 194 poggiano molto sul suo carattere emergenziale e su una non esplicita tematizzazione del rapporto tra valore giuridico dell’obiezione stessa e libertà di coscienza – come quella che può esprimersi attraverso l’espressione di un desiderio di volontaria interruzione di gravidanza. Mentre la libertà di coscienza è un diritto che dovrebbe essere garantito costituzionalmente e dalla carta europea dei diritti dell’uomo, l’obiezione rappresenta un valore costituzionale non immediatamente configurabile come posizione giuridica soggettiva. Dunque, l’obiezione di coscienza non si presenta come valore assoluto e, ogni volta che viene invocata, dovrebbe essere soppesata alle circostanze, in modo tale da implicare alternative e non risultare limitante rispetto alla realizzazione di un bene garantito come la libertà di coscienza.
Ciononostante, e in rapporto a una configurazione di equilibri che non rende chiari i limiti dell’obiezione di coscienza, l’obiezione di struttura, che sarebbe formalmente vietata, non è monitorata e così non è vietata nei fatti. Questa problematicità, che coinvolge strutture ospedaliere e consultori, riguarda nondimeno le farmacie e l’accesso alla contraccezione. La legge 194 (articolo 9) stabilisce che, se obiettori, si è esonerati dalle «attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza», ma non dall’assistenza che precede e segue l’intervento – quindi non ci si può appellare all’obiezione per impedire la contraccezione. La disinformazione su questi aspetti è un fenomeno pervasivo ed è un tassello cruciale dell’obiezione di coscienza in generale e soprattutto di quella operata dai farmacisti che fingono di non sapere che la pillola del giorno dopo non è un farmaco abortivo.
L’esperienza di Obres
Obres ha preso vita in questo modo. La piattaforma è stata costruita gradualmente, a partire dalle testimonianze delle donne, delle persone trans e non binarie, che si sono dovute confrontare con l’obiezione di coscienza e con le altre difficoltà di accesso al diritto alla salute sessuale e riproduttiva. Grazie a chi condivide le proprie esperienze si continua a disegnare una trama di voci che, dal basso, raccontano l’aborto da parte di chi lo vive, decostruendo narrazioni morali e dicotomiche.
Crediamo infatti che ognuna debba essere libera di accedere a un aborto sicuro e gratuito a prescindere da quali siano le sue motivazioni e senza essere sovradeterminata da una narrativa che vede l’aborto come un processo necessariamente difficile e traumatico. Senza voler invisibilizzare chi ha avuto un’esperienza dolorosa, spesso i traumi relativi all’interruzione volontaria di gravidanza si legano più alla difficoltà nell’accedervi che alla pratica stessa.
Sempre a partire dalle testimonianze, è stata costruita una mappa che indica, per ogni regione, quali ospedali e consultori (ma anche, ad esempio, farmacie per la vendita della pillola del giorno dopo) rispettano correttamente la legge, garantendo il servizio di Interruzione volontaria di gravidanza. Selezionando la regione di interesse è infatti possibile capire quali enti garantiscono questi servizi e quali no (i primi contrassegnati da segnalini verdi e i secondi in rosso; il viola, invece, serve a segnalare le strutture cui ci si può rivolgere in casi di emergenza, come in un caso di violenza). In più, è anche possibile denunciare a propria volta. Chi ha avuto un’esperienza di difficile accesso all’Interruzione volontaria di gravidanza può condividerla via social, via mail o per via telefonica.
Da un lato, quindi, si può chiedere supporto; dall’altro le attiviste si occupano di aggiornare la mappa, integrando le varie esperienze e mostrando la cronologia dei fenomeni, anche per verificare se nel tempo siano o meno cambiati gli approcci delle diverse strutture, come nel caso della farmacia di Roma. Queste operazioni sono particolarmente importanti rispetto al tema dell’assenza di monitoraggio; infatti, non esiste alcun registro pubblico delle persone obiettrici nei territori e, dunque, non esiste modo alternativo alle denunce dal basso per conoscere l’impatto e la diffusione di queste pratiche subdole e violente. Inoltre, Obres agisce tramite iniziative di informazione, formazione e come piattaforma online per tutelare ogni persona che abbia bisogno di accedere all’interruzione della gravidanza e non solo. Le volontarie si rendono in questo senso disponibili ad accompagnare nel percorso di Interruzione volontaria di gravidanza chiunque chiami chiedendo sostegno. Sotto il punto di vista formativo e divulgativo, negli ultimi anni Obres ha portato avanti un discorso sulla difficoltà di accesso alla salute sessuale e riproduttiva anche in relazione a una formazione carente e non idonea del personale medico, soprattutto rispetto all’approccio a corpi non socialmente normati. Sono emerse una serie di proposte formative, tra cui, recentemente, un importante ciclo di seminari.
Alla luce delle problematiche che ancora definiscono stigma e scarsa accessibilità dell’Interruzione volontaria di gravidanza in Italia – in linea generale e in particolare in relazione alle specificità di genere, razza e classe – l’esperienza di Obres restituisce l’immagine di una mobilitazione sociale e dal basso che racconta un’urgenza collettiva e una capacità inventiva e di mobilitazione autorganizzata e autogestita. Il caso di Roma ha molta importanza all’interno di questo percorso. Dalla nascita del progetto è la prima volta che una farmacia cambia condotta impegnandosi seriamente nel contrasto all’obiezione di coscienza, prima c’erano state solo reazioni che negavano i fatti, si giustificavano o minacciavano querele. Speriamo che quello di Roma sia un precedente che faccia scuola.
*Olimpia Capitano è dottoranda in studi storici all’università di Teramo e autrice del libro Livorno 1921. Dentro e oltre la Classe operaia. Si occupa di studi intersezionali e storia sociale del lavoro, con particolare attenzione alla storicizzazione del concetto di classe e alla storia del lavoro domestico. È attivista della piattaforma Obres.
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