I curdi sotto attacco
Scene di rivolta nelle strade di Parigi sono state usate per criminalizzare i curdi francesi. Ma la loro rabbia arriva dopo una serie di omicidi razzisti e dopo il rifiuto delle autorità francesi di fare piena luce su questi attacchi terroristi
Venerdì 23 dicembre la comunità curda di Parigi è stata colpita da un nuovo attacco razzista. Armato di pistola, il sessantanovenne William M. ha attaccato il Centro culturale curdo Ahmet-Kaya nel distretto Strasbourg-Saint-Denis. Arma in mano, ha ucciso Emine Kara, che era una leader del movimento delle donne curde in Francia; il musicista Mîr Perwer; e Abdurrahman Kizil, un comune cittadino. L’assassino è stato infine neutralizzato dai clienti del parrucchiere (curdo) di fronte al centro culturale. La polizia non è intervenuta se non dopo che era già stato preso dai civili. La strage arriva dieci anni dopo il precedente assassinio di tre attivisti dello stesso centro culturale parigino, quella volta da parte di un agente dei servizi segreti turchi.
I primi indizi di ciò che si cela dietro questa atrocità c’erano tutti. Già alla fine del 2021, armato di spada, William M. aveva aggredito e ferito alcuni migranti accampati. Ecco il primo elemento: l’autore è un razzista radicalizzato che aveva agito già precedentemente. Ma ci sono anche fattori politici più ampi che hanno preparato il terreno a questo attacco: la banalizzazione del discorso pubblico che disumanizza gli immigrati e le minoranze; il loro utilizzo come comodo capro espiatorio in tempi di crisi sociale; il costante attacco islamofobo contro i «nemici interni»; il discorso razzista sulla «grande sostituzione»; e la diffusione di azioni di piazza da parte di gruppi fascisti violenti, cui si contrappone poca o nessuna repressione statale. Per fare solo un esempio: il governo francese prepara una nuova legge sull’immigrazione ancora più restrittiva, dando tutto l’aiuto possibile ai gruppi di destra che oggi fanno a gara nelle loro provocazioni xenofobe.
Un caso isolato?
Coloro che preparano il terreno per questi attacchi possono facilmente prendere le distanze dal «gesto solitario di un individuo squilibrato». Ma sicuramente hanno creato il bersaglio perfetto da consegnare a questi fanatici radicalizzati. I Macroniti e i loro partner di destra cavalcano l’ondata di panico morale artificiale – per esempio, negli ultimi mesi, un’ondata di transfobia – pur rimanendo molto più discreti riguardo alla violenza dell’estrema destra. Non c’è un’attenzione simile sui recenti attacchi alle manifestazioni di France Insoumise, o sugli assalti agli attivisti di sinistra nelle strade di Lione, una città in cui i fascisti sono stati in grado di tenere senza problemi una manifestazione (vietata).
Tuttavia, l’odio razzista non è sufficiente a spiegare questo evento. Ci sono, almeno, legittime domande e forti sospetti su altri fattori in gioco, soprattutto dopo gli elementi rivelati dal giornale di sinistra francese L’Humanité. Si scopre così che William M. aveva pianificato il suo atto per un momento in cui era stato programmato il raduno di una sessantina di attivisti curdi (fortunatamente, il loro incontro è stato posticipato di un’ora all’ultimo minuto). È arrivato direttamente al centro culturale. Se la sua motivazione era un cieco odio razzista, perché non ha attaccato i tanti esercizi commerciali frequentati da persone di origine immigrata nello stesso quartiere, che sono molto più facilmente accessibili del centro culturale? Come interpretare il fatto che abbia agito in modo così mirato solo una settimana dopo il suo rilascio dalla detenzione (incarcerato per l’attacco con la spada)? L’ombra del regime turco, o almeno di alcuni dei suoi servizi, incombe inevitabilmente su questo caso.
Impunità
In questo contesto il ministro degli interni francese di estrema destra Gérald Darmanin si è recato al centro culturale dopo l’attacco e si è rifiutato di incontrare i leader delle associazioni curde.
Rilasciando dichiarazioni dal posto, ha insistito sul fatto che i suoi servizi segreti non conoscevano l’individuo che era stato arrestato (anche se aveva attaccato i migranti con una spada nel 2021!). Darmanin ha cercato di presentare questo attacco come l’atto di un individuo isolato e squilibrato, che non ha preso di mira specificamente i curdi, promettendo anche di «fare tutta la luce possibile» sulla vicenda.
Questo messaggio ha suonato come una sinistra ripetizione delle parole di un altro ministro degli Interni altrettanto spregevole, Manuel Valls, che aveva fatto le stesse promesse dopo un precedente attacco nel 2013. Ma se l’uomo che ha ucciso i tre attivisti Fidan Doğan, Sakine Cansız e Leyla Söylemez dieci anni fa è stato arrestato ed è morto in carcere, ci sono ancora molte aree grigie nel caso. Rimane ammantato di segretezza per «questioni di difesa» nazionale, in particolare per quanto riguarda il coinvolgimento dei servizi segreti turchi.
Durante l’ultimo decennio, la mancata revoca di questo «segreto della difesa» ha suscitato una forte e comprensibile sfiducia nei confronti delle autorità francesi tra i curdi del paese. In questo contesto, la visita di Darmanin e il suo disprezzo per i leader curdi, nonché il contenuto stesso del suo discorso, hanno acceso la polveriera della rabbia e innescato una rivolta tra i tanti giovani curdi presenti, che si sono scontrati con la polizia per tutta la serata. La polizia di Darmanin ha disimparato qualsiasi altra forma di mantenimento dell’ordine pubblico (come si è visto anche con il pestaggio dei tifosi alla finale di Champions League di quest’anno) e si è quindi accontentata di lacrimogeni e attacchi ai manifestanti. Scene simili si sono verificate a Marsiglia, dove una manifestazione pacifica è stata caricata dalla polizia.
Il giorno successivo, il 24 dicembre, la manifestazione unitaria per chiedere giustizia è stata, ancora una volta, presa di mira dall’uso massiccio di gas lacrimogeni. Pertanto, l’unico intervento del dipartimento di Darmanin è stato quello di reprimere coloro che si erano radunati dopo l’attacco omicida contro tre loro compagni. L’incompetenza istituzionale e il razzismo si sono sovrapposti perfettamente.
Alla fine, due cose emergono dopo questo attacco. In primo luogo, c’è urgente bisogno di un’offensiva antifascista unitaria e realmente attiva per fermare la corsa precipitosa della Francia verso la banalizzazione del discorso razzista e della violenza fascista. Si tratta di un problema strutturale: non c’è dubbio che se la Francia continua nel suo corso attuale, individui o gruppi radicalizzati commetteranno nuovi attacchi omicidi.
E poi c’è un secondo aspetto, più specificamente legato al contesto curdo. Alla manifestazione del 24 dicembre, prima dell’uso massiccio di gas lacrimogeni, il deputato pro-Macron Sylvain Maillard ha promesso che il governo francese avrebbe «fatto tutta la luce possibile» su questo attacco. Per avere un briciolo di credibilità, le autorità francesi potrebbero iniziare togliendo il segreto sul triplice omicidio avvenuto dieci anni fa.
* Emre Öngün è attivista a Parigi, ha lavorato per la campagna di France Insoumise. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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