
Il socialismo di Oscar Wilde
In pochi ricordano che il grande scrittore irlandese, oggi noto per gli aforismi e per aver ridicolizzato la morale vittoriana, era autore di un pamphlet contro oppressione e lavoro salariato
Che Oscar Wilde trovasse molte cose ridicole nei valori convenzionali della tarda società vittoriana è evidente a chiunque abbia sfogliato qualche pagina del suo lavoro. Ciò che è meno noto è che il drammaturgo e poeta immaginava che una società molto diversa fosse non solo desiderabile ma possibile, e scrisse un saggio – L’anima dell’uomo sotto il socialismo – in cui esponeva le sue convinzioni politiche. Uno degli aforismi più citati da Wilde – spesso riprodotto senza riferimento alla fonte – è contenuto in quell’opera: «Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte delle persone esiste, ecco tutto».
Wilde ha avuto una vita intensa, anche se breve. Nato nell’ottobre 1854 a Dublino, a Westland Row, ma cresciuto principalmente nella vicina Merrion Square, Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde era figlio di due tra i più eccentrici – e intelligenti – della Dublino del diciannovesimo secolo. Suo padre, William Wilde, era un chirurgo pioniere e un’autorità medica, che accettò un cavalierato nel Castello di Dublino, la sede del dominio britannico sull’isola d’Irlanda. Ciò non impedì a sua madre Jane Wilde di trascorrere gran parte della sua vita cercando di rompere quel legame con la Gran Bretagna. Folklorista, poeta e saggista, scrisse utilizzando lo pseudonimo italiano di Speranza.
La nazione e la giovane Irlanda
La famiglia in cui è cresciuto Wilde era attraversata da intense discussioni politiche, incoraggiate da Speranza che vedeva la casa come una sorta di salotto politico. La suffragista Millicent Fawcett fu invitata lì da Speranza a «a spiegare cosa significa libertà femminile», in una città dove la questione del suffragio femminile non avrebbe ottenuto per alcuni decenni i successi che aveva riscosso nell’isola vicina.
Come poeta, la produzione di Speranza è apparsa sulle pagine di The Nation, un giornale seperatista allineato con il movimento della Giovane Irlanda. Il titolo – Young Ireland, and so the Young Irelanders – si riferiva ai movimenti emergenti nazional-repubblicani che dilagavano nel continente negli anni Quaranta dell’Ottocento, in particolare alla Giovane Italia di Giuseppe Mazzini.
In rottura con il nazionalismo costituzionale conservatore di Daniel O’Connell, i giovani irlandesi annunciarono la seconda rivoluzione francese sostenendo che «le dinastie e i troni non sono importanti come la metà delle officine, le fattorie e le fabbriche. Piuttosto possiamo dire che dinastie e troni, e persino i governi provvisori, sono utili nella misura in cui assicurano la correttezza, la giustizia e la libertà a coloro che lavorano». Il movimento condusse un’insurrezione abortita nel 1848 sullo sfondo della carestia e della fame, e la poesia di Speranza incoraggiava alla rivolta chi «sveniva dalla fame».
Speranza, poi citata da James Connolly nelle pagine di Labour in Irish History, ospitò spesso nella casa di famiglia veterani del movimento Young Ireland, cosa che Wilde ricordò in seguito: «Per quanto riguarda gli uomini del ’48, guardo al loro lavoro con riverenza e amore, perché sono stato davvero educato da mia madre ad amarli e riverirli, come un bambino cattolico farebbe con i santi della cattedrale».
Un diverso tipo di separatismo: Wilde in America
Wilde parlò di quei giovani irlandesi durante un tour di conferenze negli Stati uniti nel 1881, quando il giovane poeta intraprese un viaggio attraverso il paese per tenere delle conferenze sull’estetismo, ma poi scoprì che il pubblico era invece attratto dalla possibilità di ascoltare il figlio di Speranza.
Alcune delle dichiarazioni di Wilde davanti al pubblico statunitense oggi sembrano sconcertanti, tra cui la sua generosa lode alla Confederazione e l’insistenza sul fatto che «noi in Irlanda stiamo combattendo per il principio di autonomia contro l’impero, per l’indipendenza contro la centralizzazione, per i principi per i quali il Sud ha combattuto». Wilde visitò il quartiere francese di New Orleans con l’ex generale confederato Pierre Gustave Beauregard, «l’uomo che ordinò di sparare il primo colpo durante la guerra civile», e sostenne che Jefferson Davis era l’americano che desiderava incontrare più di ogni altro.
La simpatia di Wilde per la causa del Sud rivela diverse cose, principalmente il desiderio del giovane poeta di dire al pubblico locale ciò che voleva sentirsi dire. Non c’erano mormorii simili a New York, per esempio. Il tipo di separatismo sposato dagli stati del Sud era in contrasto con gran parte di ciò che veniva predicato nelle pagine di The Nation, naturalmente, ma c’era qualcosa che Speranza ammirava nella Confederazione, e non era la sola.
Shaw e il fabianesimo
Nella Londra del 1880, Wilde divenne famoso come giornalista e drammaturgo. Come redattore del Woman’s World dal 1886 al 1890, pubblicò articoli sulla questione del suffragio e invocò l’uguaglianza tra i sessi nella società, poiché «la coltivazione di tipi separati di virtù e di ideali di dovere negli uomini e nelle donne ha portato l’intero tessuto sociale a essere più debole e malsano di quanto dovrebbe».
La rivista, come ha notato la ricercatrice Eleanor Fitzsimons, sostenne «la femminista radicale sudafricana Olive Schreiner, che si è mobilitata per un maggiore accesso alla vita politica e la fine del doppio standard dei genere», e aveva toni decisamente progressisti.
Si parla molto del fatto che Wilde avesse firmato, su richiesta di George Bernard Shaw, un appello per chiedere clemenza per gli anarchici condannati perché implicati nella rivolta di Haymarket negli Stati uniti nel 1886. Il suo collega dublinese in seguito raccontò che «da parte sua fu un atto completamente disinteressato; e gli ha assicurato la mia stima nei suoi confronti per il resto della vita».
Il socialismo di George Bernard Shaw aveva origine nel suo impegno nella Fabian Society di Dublino, ma si era sviluppato – ed era stato contestato – nei suoi anni in Inghilterra. Shaw rimase impregnato dalle idee fabiane e nel 1890 scrisse di essere ancora convinto del fatto che «il socialismo potesse essere messo in pratica in modo perfettamente costituzionale dalle istituzioni democratiche».
Il fabianesimo a Dublino aveva pochi seguaci – in una città in cui l’aspirazione all’autonomia dell’Home Rule dominava tutte le questioni politiche e metteva in secondo piano le questioni sociali – ma le cose erano diverse a Londra. Un incontro a cui parteciparono sia Shaw che Wilde nel luglio 1888 ebbe un effetto innovativo su Wilde: l’ex amante e agente letterario di Wilde Robbie Ross ha insistito sul fatto che fu l’ispirazione per il saggio di Wilde del 1891, The Soul of Man Under Socialism. Si trattò di un lavoro che Shaw commentò in modo pungente, sostenendo che «era molto spiritoso e divertente, ma non aveva niente a che fare con il socialismo».
L’anima dell’uomo sotto il socialismo
Shaw forse non riconobbe il socialismo nel saggio di Wilde, perché stava ricercando il socialismo che considerava familiare, derivato dal suo impegno passato con le idee marxiste.
Wilde era stato sempre più influenzato dagli scritti anarchici di Peter Kropotkin, cosa analizzata dettagliatamente dallo storico anarchico George Woodcock, biografo di entrambi gli autori. L’ammirazione era reciproca, Kropotkin in seguito espresse a Robbie Ross il «più profondo interesse e simpatia» di cui godeva Wilde all’interno della comunità anarchica, e lodò The Soul of Man Under Socialism come un’opera contenente parole «degne di essere scolpite».
Per Woodcock, il saggio di Wilde rappresenta «il contributo più ambizioso all’anarchismo letterario durante gli anni Novanta dell’Ottocento». In esso, Wilde delinea la sua convinzione nella necessità dell’abolizione della proprietà privata:
Una volta che verrà abolita la proprietà privata avremo un individualismo vero, bello e sano. Nessuno sprecherà la sua vita accumulando cose e simboli per cose. Ognuno vivrà. Vivere è la cosa più rara del mondo. La maggior parte delle persone esiste, ecco tutto.
Il saggio di Wilde non evocava tanto un nuovo ordine e il progresso della causa del lavoro, ma si schierava per l’abolizione del lavoro salariato, sosteneva che «il socialismo ci avrebbe sollevato da quella sordida necessità di vivere dipendendo da altri che, nella condizione attuale delle cose, preme su quasi tutti». L’opera contiene anche una critica alla filantropia, come qualcosa che serve solo a trattare i sintomi di ciò che sta facendo ammalare la società: un’economia capitalista che ci nega il tempo di vivere.
The Soul of Man Under Socialism non è una polemica arida, contiene alcuni dei migliori aforismi di Wilde, da «la carità crea una moltitudine di peccati» a «è meglio prendere che mendicare». Sfortunatamente, questo testo è andato in stampa proprio nel momento peggiore della vita di Wilde.
Prigione e aldilà
Come ha notato Neil Bartlett, erano trascorsi solo cinque giorni dalla condanna per «grave indecenza» di Wilde nel maggio 1895 prima della pubblicazione di The Soul of Man (il titolo originale). Era una piccola tiratura di poche dozzine di copie, ma la sua pubblicazione «solo cinque giorni dopo la condanna di Wilde fu clamorosa. Proprio nel momento in cui veniva messo a tacere, qualcuno era determinato a far esprimere Wilde nella sua forma più apertamente radicale, quella che avrebbe dovuto continuare a essere ascoltata».
Dal matrimonio di Wilde con la scrittrice irlandese Constance Lloyd erano nati due figli, ma i due diventarono sessualmente estranei dal momento della nascita del secondo. Wilde in seguito scrisse in privato che «non poteva capirmi, e io ero annoiato a morte dai legami a vita», pur riconoscendo che lei «mi era meravigliosamente fedele». A quel punto, Wilde aveva intrapreso una relazione omosessuale con Robbie Ross.
Una successiva relazione con Lord Alfred Douglas alla fine portò Wilde sul banco degli imputati, dove fu selvaggiamente interrogato da Edward Carson, che poi sarebbe divenuto noto come la principale voce dissenziente contro l’Home Rule per l’Irlanda. Entrambi erano laureati al Trinity College e dublinesi, anche se Wilde notò ironicamente che Carson «senza dubbio eseguirà il suo compito con l’ulteriore aggravio di tutta l’amarezza di un vecchio amico». La storia ricorda Carson come l’uomo che divise l’Irlanda, ma fu anche la rovina di Wilde. Lo stato di diritto pochi anni dopo contava meno per Carson, quando minacciò uno spargimento di sangue contro l’approvazione dell’Home Rule.
L’incarcerazione, dal maggio 1895 al 1897, produsse l’opera più toccante e riflessiva di Wilde, la lettera De Profundis. È un lavoro che cattura la profonda angoscia mentale della prigionia e il crollo della propria individualità, ma contiene anche un senso di sfida: «Quando sono stato messo in prigione per la prima volta alcune persone mi hanno consigliato di provare a dimenticare chi ero. È stato un consiglio rovinoso. È solo realizzando quello che sono che ho trovato un qualche tipo di conforto».
Uscito di prigione, Wilde – che viveva sotto il nome di Sebastian Melmoth – visse i suoi ultimi anni in esilio in Francia. Il suo fedele amico ed ex amante, Ross, avrebbe garantito la continuazione delle sue pubblicazioni, inclusa nel 1912 un’edizione di The Soul of Man Under Socialism. Ross ha inoltre commissionato allo scultore Jacob Epstein la tomba di Wilde nel cimitero di Père Lachaise. Molto è stato scritto sul lavoro di Epstein, condannata come volgare al punto che la polizia francese ha insistito perché venissero coperti i genitali dell’angelo che offendevano la sensibilità di qualcuno dentro l’amministrazione municipale parigina. Ma che dire dell’iscrizione sul monumento?
Lacrime sconosciute riempiranno
l’urna della Pietà per lui. Avrà
i lamenti degli uomini esiliati,
per gli esiliati esiste solo il pianto
Con il passare del tempo, Wilde non è più una figura in disgrazia, né di lutto. Nell’Irlanda della fine del ventesimo secolo, è diventato una figura di ispirazione per una generazione di attivisti irlandesi per i diritti dei gay, sfidando la concezione – come lo scrittore Declan Kiberd ha notato in alcune «anime essenzialiste» – secondo cui «si può essere gay o puoi essere irlandese, ma non puoi essere entrambi allo stesso tempo». Nella memoria popolare, Wilde viene ricordato come il grande autore satirico della sua epoca, ma è stato uno scrittore per tutte le età, e il suo lavoro fornisce ancora molto da riflettere sulla società, su com’è e come potrebbe essere.
* Donal Fallon è uno storico e conduttore del podcast Three Castles Burning. È coautore di Revolutionary Dublin: A Walking Guide (Collins Press). Questo articolo è uscito su JacobinMag. La tradizione è a cura della redazione.
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