
Pensieri sul referendum Atac aspettando il 763
Domani a Roma la consultazione proposta dai Radicali per privatizzare il trasporto pubblico. Ma basta andare alla Cecchignola per scoprire cosa succede dove le linee sono già in mano ai privati
Domenica 11 Novembre 2018 si vota a Roma per il referendum consultivo sul destino di Atac, l’azienda di trasporto pubblico locale.
Il comitato promotore del referendum ha proposto due quesiti che mirano alla liberalizzazione/privatizzazione della parte (circa il 70%) della rete del trasporto romano rimasta pubblica. Ad oggi infatti, è bene ricordarlo, delle linee autobus (che rappresentano l’80% del trasporto pubblico), circa il 30% è stato già affidato a Roma Tpl, un soggetto privato che si trova a gestire gran parte delle linee autobus nella periferia della città.
In effetti, si ha la sensazione che molti di quelli che animatamente si schierano a favore del referendum – dai Radicali a gran parte del Partito democratico, soprattutto a livello nazionale – abbiano una conoscenza piuttosto astratta dei trasporti pubblici a Roma – come Carlo Verdone che, in un video-appello comodamente seduto sul divano parla delle “foto” di autobus in fiamme. O forse, meno ingenuamente, questi soggetti sono gli stessi che da anni si fanno portatori di un’idea di politica economica ben precisa, secondo cui le imprese private sarebbero l’unico soggetto capace di generare ricchezza ed efficienza, contrariamente al settore pubblico, portato al collasso spesso dalle loro stesse cattive amministrazioni.
Viaggiando dalla Cecchignola
È forse utile allora provare a calare i quesiti in una realtà concreta. L’esempio che proponiamo qui è quello della Cecchignola, quartiere di periferia di Roma Sud situato tra le vie Laurentina ed Ardeatina. In questi mesi, gli abitanti del quartiere hanno dato vita a una mobilitazione a fronte dei continui disservizi. Cosa dovrebbero aspettarsi da una vittoria del sì è referendum? È bene specificare che si tratta di ipotesi, perché, come detto, si tratta di un referendum consultivo, che pertanto non avrà effetti diretti, e che l’amministrazione potrebbe decidere di ignorare. In ogni caso, con la vittoria del SI, è probabile che l’amministrazione comunale sia chiamata a tenerne conto.
Il quartiere Cecchignola è servito da due linee autobus, 763 e 721, entrambe gestite da Roma Tpl.
Negli scorsi mesi i cittadini del quartiere hanno dovuto affrontare il tentativo di soppressione della linea 763 perché, secondo uno studio dell’agenzia Roma Servizi per la Mobilità l’utenza effettiva del servizio era troppo poca e ne risultava un costo di esercizio eccessivo derivante da un grande numero di chilometri/vettura erogati “a vuoto”.
Lo studio è stato duramente contestato dal Comitato di Quartiere Cecchignola, che ha ritenuto non attendibile una raccolta dati svolta in Giugno, un mese che, senza l’utenza delle scuole, non può essere considerato un mese “tipico” dell’utenza media durante l’anno. La protesta non si è ancora conclusa, ma varie dichiarazioni pubbliche da parte di esponenti del M5S del IX Municipio e di Roma Capitale, oltre all’approvazione di un atto contrario alla soppressione da parte del IX Municipio, lasciano presupporre che possa essere riconosciuto ai cittadini di aver esposto un principio corretto: il trasporto è pubblico e, in quanto tale, deve essere garantito a tutti, anche ai quartieri poco popolosi di periferia. È importante notare che questo non è un problema della sola Cecchignola: le modalità di espansione urbana di Roma, almeno dai primi anni del secondo dopoguerra, hanno creato diverse aree a bassa intensità abitativa, che rendono per inciso strutturalmente diseconomico costruire delle linee di metropolitana, e comunque più costoso che in aree normali coprire il territorio con servizio su gomma. E infatti, tornando alla Cecchignola, le autorità stanno al momento studiando diverse soluzioni che permettano di tagliare i costi della Linea 763. Il problema è che questa logica non può che tradursi in soluzioni – come riduzioni di corse, di orari o di percorso – che invece mettono proprio in discussione quel principio di diritto alla mobilità. Non un principio astratto ma una questione profondamente materiale, che riguarda principalmente quelle fasce di società che vivono in periferia e per le quali la riduzione o l’eliminazione del trasporto pubblico si traduce in una forma di impoverimento. Pur tralasciando la fondamentale questione ecologica, completamente tralasciata in un dibattito schiacciato sui costi di gestione, la compressione degli spazi di intervento pubblico si abbatte proprio su chi un mezzo privato o più mezzi privati per famiglia non se li può permettere. Non sono beni di lusso, ma strumenti che contribuiscono alla partecipazione sociale di ampie fasce della popolazione, già di per sé relegate ai margini sociali e geografici delle nostre metropoli.
Tornando alla Cecchignola, di miglior sorte non gode la Linea 721, che è dotata di appena due vetture ”navetta” di dimensioni ridotte. Questi mezzi hanno all’incirca 14 sedute, Roma Tpl non ha però grande disponibilità, per usare un eufemismo. La situazione è tale che, se una vettura si dovesse guastare, non sarebbe possibile sostituirla. L’unica “soluzione” compatibile coi costi sostenuti da Roma Tpl è che l’intera linea (che copre una distanza di ben 12 chilometri) sia coperta da una sola vettura circolante, fino all’eventuale riparazione della vettura guasta. Quella di un guasto non è un’ipotesi astratta: a renderlo plasticamente, con ironia tutta romanesca, è stata l’installazione, ad opera del Comitato di Quartiere, di un campanello da bicicletta su una vettura del 721, rimasta senza campanelli per la prenotazione della fermata.
Il privato concreto: Roma Tpl
Queste sono le condizioni in cui si trova la grandissima maggioranza dei quartieri di periferia, in gran parte gestiti da Roma Tpl, esempio di soggetto privato cui i promotori del referendum vorrebbero affidare l’intero servizio di trasporto pubblico romano. Quando si parla di esperimenti di affidamento del servizio ai privati, non si può contrapporre una descrizione realistica della disastrosa gestione pubblica di Atac a un privato ipotetico. Bisogna essere altrettanto realisti nel raccontare che quello delle liberalizzazioni “alla romana”, regolate e gestite da una classe politica incapace e compromessa con i privati che dovrebbe controllare, è un esperimento già abbondantemente effettuato e fallito. Le conseguenze negative le hanno sperimentate sia i cittadini che i lavoratori. Verdone potrà forse star tranquillo, perché magari non saranno licenziati: potrebbero però non vedere per mesi lo stipendio, come succede a quelli di Roma Tpl, che non a caso scioperano più di quelli di Atac. E mentre le loro ripetute mobilitazioni faticano a trovare risposta con l’operatore privato, il paradossale risultato delle campagne contro Atac è di esasperare i cittadini (che spesso non sanno nemmeno che le linee sono già privatizzate) e aizzarli contro gli autisti in sciopero,
La concorrenzialità della gara che il comitato Mobilitiamo Roma vanta come ragione fondativa del suo referendum non è altro che una mera illusione. Il servizio pubblico per essere tale presuppone che il Comune mantenga in mano bigliettazione, scelta dei percorsi, fermate e frequenze, ossia i quattro pilastri che fanno sì che il trasporto sia pubblico: una volta vincolati questi aspetti è impossibile valutare quale operatore sia migliore di un altro, a meno di proposte finanziariamente più vantaggiose che taglino inevitabilmente gli stipendi agli autisti o alla manutenzione, e dunque al servizio.
Inoltre, anche ammettendo che la gara veda un effettivo vincitore senza corsi e ricorsi al Tar (che hanno sospeso da 5 anni la gara Tpl della regione Toscana), il servizio pubblico non verrebbe comunque erogato in un regime di concorrenza. Chi vincerebbe il lotto comprendente il 721 e il 763 avrebbe il monopolio totale delle linee, senza possibilità di scelta alternativa per l’utente. E se il privato fallirà, come sta già facendo la Roma Tpl, non solo alla Cecchignola, tutti i cittadini della Capitale d’Italia resteranno a piedi.
Il ruolo del servizio pubblico
Se anche il privato dovesse riuscire a razionalizzare i costi, tagliando su linee, corse e personale, non si rispetterebbe comunque quella che è la vera “missione” del servizio pubblico. Come scriveva già anni fa Giacomo Gabbuti su Il Corsaro a proposito di Cotral che gestisce i bus per i pendolari verso la capitale: “La Cotral non è certo amata dai suoi clienti, ma c’è un motivo ben preciso per cui non la mollano: non possono permettersi di andare in auto, e non esiste nessun privato disposto a fornire i servizi di trasporto pubblico locale che Cotral garantisce al prezzo sostenibile dai pendolari [….] La corriera serve a tutti e ogni riduzione delle corse comporta costi per la società. Se poi si considera l’unica alternativa concreta – migliaia di automobili private in più sulle strade del Lazio – sembra verosimile considerare anche il trasporto pubblico un bene pubblico. Ma il corollario di “bene pubblico”, anche se non viene espressamente pronunciato, è che per lo Stato sia una perdita secca. Questo non vuol dire rassegnarsi ad una gestione sconclusionata delle aziende pubbliche. Le aziende possono, in primo luogo, fornire servizi efficienti – e le aziende di trasporto romane non lo fanno; possono ridurre i passivi evitando di pagare – come fanno le aziende romane – stipendi milionari a dirigenti dalle dubbie qualità; ma il fatto che un’azienda che opera nell’interesse pubblico sia in perdita non può costituire una sorpresa”.
Il ragionamento sui costi e l’efficienza viene compiuta rimuovendo completamente quanto il trasporto pubblico a Roma sia necessario a liberare la città dal traffico, a ridurre l’inquinamento (tema che dovrebbe essere centrale, alla luce dei recenti eventi metereologici), e anche a fermare la “strage silente” – una vera emergenza sicurezza, raccontata da un recente rapporto della Polizia Locale di Roma Capitale, che parla di 22.685 incidenti, 7.903 con feriti, che in 107 casi hanno avuto esito mortale. Risolvere il problema della mala gestione di Atac non porterà investimenti, che il privato, in una città come Roma, non avrà mai interesse a fare.
*Luca Santolamazza, laureato in scienze politiche e laureando in economia dello sviluppo è il Presidente del comitato di quartiere cecchignola. Carlo Andrea Tortorelli, laureando in ingegneria civile è Blogger per Odissea Quotidiana.
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