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Si può fare
State cercando di convincere le autorità accademiche che interrompere gli affari con i complici del massacro a Gaza è possibile? Parlate loro del modello rappresentato dal Trinity College di Dublino
Gli studenti del Trinity College di Dublino, negli ultimi anni molto noto anche per essere al centro delle fiction di Sally Rooney, hanno organizzato questa settimana un accampamento di protesta in solidarietà con il popolo palestinese.
Negli Stati uniti, università come la Columbia e l’Università della California, a Los Angeles, hanno risposto a mobilitazioni simili chiamando la polizia a disperdere e arrestare violentemente i manifestanti. Il Trinity, invece, ha dialogato con i manifestanti e raggiunto un accordo sul disinvestimento dalle aziende israeliane.
È una sensazione strana: non solo abbiamo vinto, ma abbiamo raggiunto l’obiettivo. Com’è successo?
Ovviamente il merito va agli studenti, quei presunti chiacchieroni con la memoria da pesci rossi che saltano da una causa sociale all’altra. In realtà, almeno dal 2015, portano avanti costantemente una campagna sul boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (Bds). Durante questi anni, hanno sviluppato competenze e trasmesso memorie istituzionali, subito battute d’arresto e sanzioni universitarie e ottenuto vittorie: disinvestimento della Student union (Su), sostegno dell’Su al Bds, disinvestimento dei college dalle aziende produttrici di armi.
Tutte queste vittorie, non c’è bisogno di aggiungerlo, sono state liquidate come insufficienti e prive di significato da persone a cui – non c’è altro modo di dirlo – non piacciono studenti e studentesse. Gli studenti hanno saggiamente ignorato queste persone.
L’attuale SU del Trinity è una campagna radicale. Possiede le competenze e i repertori d’azione necessari per l’azione diretta. Inoltre, le persone che si difendono da sole, facendo campagne su affitti e canoni, tendono anche a difendere gli altri. Ciò ha permesso che conducessero azioni e attività educative coerenti e dirompenti in risposta alla complicità dei college nel genocidio israeliano. Dopo quello che è successo in Columbia, un accampamento del Trinity College e un confronto tra gli studenti con le autorità universitarie erano abbastanza inevitabili.
Anche i dipendenti dell’università sono stati importanti, in particolare le forme di solidarietà tra lavoratori e studenti hanno permesso agli studenti di non essere isolati. Da un lato, studenti e studentesse si sono trovate bene con gli addetti alla sicurezza del campus. Dall’altro, il ramo del Trinity di Academics for Palestine ha offerto pieno sostegno all’accampamento.
Prima di ciò, il nostro gruppo ha mobilitato e informato il personale dell’università con lettere aperte, discorsi accademici e contatti personali. Abbiamo scritto agli organi amministrativi e incontrato la rettrice, Linda Doyle, l’analogo dei presidenti universitari statunitensi come Minouche Shafik della Columbia. Abbiamo anche organizzato le nostre manifestazioni, separate dai gruppi di studenti, ma sempre insieme a loro.
Ciò ha contribuito a garantire che anche i lavoratori che non erano d’accordo con i disordini creati dagli studenti – ci sono state lamentele per le innocenti panchine ammucchiate per impedire le visite al Book of Kells – capisse che c’erano buone ragioni per protestare. Che le loro azioni erano legittime.
Esiste una comunità universitaria e anche questa è importante. Dopo che le autorità universitarie hanno minacciato di imporre un’enorme multa di 214.000 euro agli studenti per aver causato disordini, gli ex studenti del college si sono organizzati e hanno chiesto che la sanzione fosse revocata. I membri del Trinity (accademici di spicco) si sono riuniti e hanno sollecitato un compromesso.
L’ultimo fattore da considerare è l’amministrazione del college. Questi elementi hanno fatto sì che la repressione con la forza, che abbiamo visto in altri campus, non fosse un’opzione praticabile. Il Trinity College non avrebbe mai piazzato i cecchini sui tetti. La leadership del college, a suo merito, era preoccupata per la sicurezza dei manifestanti.
Questi dirigenti non sono stati ideologicamente anti-palestinesi e, ancora una volta, il contrasto con altri campus è netto. Sono sinceramente inorriditi dal massacro di Gaza. Hanno parlato con noi e, anche se ammetto che non la pensavo così in quel momento, ci hanno ascoltato, almeno con un orecchio.
Ciò ha significato che quando le normali attività sono state interrotte, hanno scelto di farle riprendere escludendo uno Stato genocida piuttosto che ampi settori della comunità universitaria e – mi piace pensare – le loro stesse coscienze.
Il Trinity sta dunque assumendo nei confronti dell’apartheid in Israele la stessa posizione modello che aveva in precedenza nei confronti dell’apartheid in Sudafrica. Spero che tutto ciò sia utile a chi cerca di convincere le proprie università ad assumere lo stesso ruolo.
*David Landy insegna sociologia al Trinity College di Dublino. È autore di Jewish Identity and Palestine Rights: Diaspora Jewish Opposition to Israel (Zed Books, 2011) e ha scritto sui movimenti sociali in Irlanda e all’estero. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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