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Tra le gente di Annonay

Juliette Gache Léontine Gallois 13 Marzo 2023

La lotta francese contro la riforma delle pensioni vista dalla cittadina operaia dalla quale proviene Olivier Dussopt, il ministro di Macron accusato di rinnegare le sue origini socialiste

È una giornata fredda e piovosa ad Annonay, poco a sud di Lione. Nonostante la pioggia, nel grande parcheggio della stazione centrale degli autobus si sono radunate più di diecimila persone. Su uno striscione appeso sopra la folla, spesse lettere nere dicono: «Dussopt, socialista un giorno, traditore ogni giorno». Il riferimento è a Olivier Dussopt, ex sindaco della città, oggi ministro del lavoro francese. I manifestanti che si oppongono alla sua riforma delle pensioni hanno mostrato il loro sgomento nelle proteste da record in tutta la Francia negli ultimi due mesi.

«Ci sentiamo traditi – sostiene Sebastien Chaneguier, rappresentante sindacale dei dipendenti del municipio di Annonay – Ha dimenticato da dove viene».

Dussopt era un tempo l’amato sindaco del Partito socialista di Annonay, la sua città natale di sedicimila abitanti. Da sindaco, era considerato un sostenitore dei valori progressisti in un’area deindustrializzata. Ora, da membro del governo del presidente centrista Emmanuel Macron, è diventato il volto di una riforma storicamente impopolare, che mira ad aumentare l’età pensionabile da sessantadue a sessantaquattro anni. Molti ad Annonay vedono la proposta di riforma, e il ruolo di Dussopt, come un profondo tradimento nei confronti loro e delle sue radici socialiste.

Eletto due volte sindaco di Annonay sotto la bandiera del Partito socialista, nel 2007 l’allora ventinovenne Dussopt è diventato il membro più giovane dell’Assemblea nazionale. A quel tempo, aveva la reputazione di leader disponibile e comprensivo. «Quando era sindaco, era un vero sindaco di sinistra», dice Chaneguier, impiegato del municipio negli ultimi ventisette anni.

Come molti locali, Chaneguier ricorda il lavoro di Dussopt per riqualificare la piazza centrale, la sua visione a lungo termine per far rivivere una città rurale in declino, la sua affabilità e i suoi modi concreti. Sulla base di questa storia Dussopt è stato clamorosamente rieletto in parlamento con quasi il 60% dei voti lo scorso giugno.

Dussopt ha continuato a fare affidamento sulla sua famiglia operaia e sul suo background rurale come garanzia delle sue intenzioni di sinistra. È più di un semplice omaggio a un lontano passato: il garage dei suoi genitori è fallito negli anni Novanta e sua madre è finita a lavorare in una fabbrica di forniture mediche. Nel 2010, mentre era ancora un deputato socialista, Dussopt sfidò l’allora ministro del lavoro di destra, Éric Woerth, opponendosi con veemenza al suo tentativo «ingiusto» di aumentare l’età pensionabile da sessanta a sessantatré anni.

Ma quando Dussopt si è unito ai centristi di En Marche con Macron! dopo la prima elezione del presidente nel 2017, i suoi sostenitori hanno iniziato a vederlo cambiare. Lo scorso maggio è stato nominato ministro del lavoro ed è diventato il volto dell’attuale disegno di legge sulla riforma delle pensioni, sostenuto soprattutto dalla destra. Alzando l’età pensionabile fino a sessantaquattro anni, il governo di Macron spera di ridurre il deficit delle finanze pubbliche riducendo gli investimenti dello stato nel sistema pensionistico.

Gli oppositori affermano che la riforma colpirà soprattutto coloro che si aspettavano di andare in pensione nei prossimi anni, così come lavoratrici e lavoraotori poveri, che spesso iniziano a lavorare presto e hanno un’aspettativa di vita più breve.

Una riforma contrastata

Ad Annonay, Christelle Veillet, quarant’anni, badante in una casa di riposo e madre di tre figli, manifesta per la prima volta nella sua vita. «Puliamo i culi, ci prendiamo cura degli anziani. È un lavoro duro», dice sotto il suo ombrello. «Essere una badante a sessantaquattro anni, con un bastone, dover cambiare e gestire le persone, sarà un po’ complicato, non è vero?».

Dussopt ha tentato di mettere a tacere le critiche dei suoi ex sostenitori di sinistra. «È una riforma di sinistra», recitano a caratteri cubitali accanto al suo ritratto sulla copertina dell’edizione di domenica scorsa del quotidiano nazionale Le Parisien. Fin dall’inizio, il governo ha insistito affinché la riforma portasse la pensione mensile a 1.200 euro. Ma dopo i fact-checking di economisti e giornalisti, Dussopt ha ammesso che la misura avvantaggerebbe solo tra i diecimila e i ventimila nuovi pensionati ogni anno.

Il governo ha continuato a sostenere che la riforma delle pensioni è essenziale per ridurre il deficit, sottolineando il fatto che meno persone pagano nel sistema rispetto al numero crescente di pensionati. Ma gli oppositori sostengono che non sono stati presi in considerazione altri modi per bilanciare il sistema, come l’aumento dei contributi sociali delle aziende al sistema pensionistico.

La riforma delle pensioni è stata a lungo una patata bollente nella politica francese. Nel 2019, il primo tentativo del presidente Macron di cambiare il sistema ha scatenato massicce proteste e lo sciopero dei trasporti più lungo nella storia del paese. La pandemia di Covid-19 ha sospeso i suoi piani, ma dopo la sua rielezione nell’aprile dello scorso anno, la riforma delle pensioni è tornata in cima alla sua agenda.

Tuttavia, il numero record di manifestanti in tutta la Francia dimostra l’attaccamento delle persone al proprio sistema pensionistico. Tra i più avanzati in Europa, consente agli anziani francesi di essere tra i meno minacciati dalla povertà in tutto il continente. La riforma delle pensioni è bocciata da oltre il 70% dei francesi, secondo i sondaggi. Per la prima volta da anni, i sindacati di diversi settori e credi politici sono fortemente uniti.

Ex socialisti

Alla radio pubblica nazionale il giorno dopo la protesta, Dussopt ha affermato che il disegno di legge sulla pensione «avrebbe potuto essere approvato da un governo socialdemocratico».

La sua retorica illustra una traiettoria che non è unica nel recente panorama politico francese. Dopo le prime elezioni di Macron nel 2017, dichiarando di unire «sia la sinistra che la destra», molti sindaci e parlamentari locali hanno lasciato il fatiscente Partito socialista per unirsi a lui. È una tendenza spiegata nel lavoro dal sociologo Rémi Lefebvre. Dice che En Marche! offre un’opportunità per i funzionari socialisti con ambizioni nazionali di professionalizzazione, riconversione e promozione. Questi cambi di casacca sono anche sintomatici di conflitti interni al Partito socialista e della polarizzazione tra diverse visioni della socialdemocrazia.

«Il suo comportamento rappresenta ciò che fa perdere interesse alla politica», ha detto Christophe Goulouzelle, del partito di sinistra La France Insoumise, che ha perso contro Dussopt alle elezioni parlamentari del 2022 nel collegio di Annonay.

Durante l’elezione del nuovo primo segretario del Partito socialista un mese fa, Olivier Faure e il suo oppositore si sono scontrati sull’alleanza con La France Insoumise e altri partiti di sinistra. Dopo la clamorosa sconfitta dei socialisti alle ultime elezioni presidenziali, Faure ha scelto di unirsi in coalizione con La France Insoumise, Verdi e Comunisti per creare un gruppo parlamentare forte contro Macron e il Rassemblement National di estrema destra. Questa coalizione, nota come Nupes, ha guidato l’opposizione parlamentare alla riforma delle pensioni.

Un’azione efficace

Ad Annonay, il settore industriale rappresenta quasi un terzo dei posti di lavoro, in calo rispetto al 40% di dieci anni fa. Il più grande datore di lavoro privato è uno dei bastioni del sindacato Confederazione generale del lavoro (Cgt), il produttore di autobus di proprietà italiana Iveco.

«A quarantadue anni ho già problemi di salute, a causa dei movimenti ripetitivi», dice Erika Loursac, operaia dello stabilimento Iveco e membro della Cgt, avvolta nel suo piumino rosso. Come madre, dice che sciopera anche per mostrare ai suoi figli che la vita non è solo lavorare. «Preferisco perdere 200 euro di reddito questo mese [con lo sciopero] piuttosto che due anni della mia vita», dice.

Altri manifestanti sono arrivati dalle città circostanti su autobus appositamente noleggiati per l’occasione. La mobilitazione è stata innescata in un contesto di sconvolgimento sociale sul potere d’acquisto e l’aumento del costo della vita. Le politiche di Macron e il degrado dei servizi pubblici si sentono ancora più intensi nelle città di piccole e medie dimensioni come Annonay. In una trentina d’anni non è arrivato un solo treno in questa zona.

Nel 2018, la città e i suoi dintorni sono già stati teatro di numerose proteste di gilet gialli e di occupazioni di rotatorie. I manifestanti hanno attirato l’attenzione sul senso di degrado sociale e disconnessione delle élite urbane che le classi medie e basse della Francia rurale hanno provato per decenni. Per le parti più radicali della sinistra, la riforma delle pensioni è un’ulteriore prova che Macron è un presidente dei ricchi, disconnesso dalla realtà della Francia di provincia.

«Non siamo qui solo per la pensione, siamo qui anche per il sistema sanitario, che è sull’orlo del collasso», dice Yannick Boulet-Decourt, un settantenne bibliotecario in pensione, alzando la voce per farsi sentire in mezzo ai cori dei manifestanti. «È un’opportunità per noi di affermare le nostre rivendicazioni, sull’accesso alle cure, sul sistema di emergenza sovraccarico, sull’istruzione e sugli insegnanti che sono allo stremo», aggiunge. Ha fatto campagna elettorale per l’ultima elezione del municipio di Dussopt nel 2014. «Sono estremamente delusa», dice.

All’inizio della giornata, i sindacalisti avevano tagliato l’elettricità in alcune zone di Annonay e dintorni come azione simbolica. Alla radio pubblica nazionale la mattina dopo, Dussopt ha detto: «Se l’obiettivo è tagliare l’elettricità della mia città mentre sono a Parigi, non sono sicuro che sia molto efficace». I sindacalisti che lo fanno pensano esattamente il contrario.

*Juliette Gache è una giornalista indipendente residente a Parigi. Ha scritto per Courrier International. Léontine Gallois è una giornalista indipendente residente a Parigi. I suoi articoli sono apparsi sul New York Times e su L’Humanité. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

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4h

Se pensate che in nome della fantomatica «cancel culture» qualcuno stia manipolando i libri dovreste leggere quanto scrive l'Associazione dei bibliotecari americani sulla campagna oscurantista in atto. Spoiler: non c'entra la sinistra
https://jacobinitalia.it/la-censura-viene-da-destra/

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30 Mar

Nel solo 2021 negli Stati uniti le macchine hanno causato circa quarantatremila morti per incidenti. Ma ormai le accettiamo in quanto sfortunato ma inevitabile costo della vita moderna
https://jacobinitalia.it/le-auto-distruggono-la-citta/

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29 Mar

Grazie anche a @JacobinItalia per la ripresa dell'intervista con @PabloIglesias per la rivista @ctxt_es su "Questa guerra non finisce in Ukraina", che per l'appunto è in corso di traduzione all'italiano. https://twitter.com/JacobinItalia/status/1641011347340025858

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29 Mar

La guerra definisce l'ambiente ideale per produrre nuovi fascismi e per cancellare ogni istanza di liberazione. Basterebbe questo per lottare per la «pace costituente» di cui parla Raúl Sánchez Cedillo con Pablo Iglesias
https://jacobinitalia.it/senza-rivolta-il-pacifismo-e-sconfitto/

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