Rap e Capitalismo: long short story
Il talent show Rythm+Flow non fa altro che commercializzare gli effetti del razzismo. Per affiancare le lotte dei neri l'hip hop, come diceva Audre Lorde, non deve usare gli «strumenti del padrone»
Tempo fa avevo affrontato la vicenda dei 2 Live Crew, partendo dalla serie TV Hip Hop Evolution che trovate su Netflix, cercando di inquadrare attraverso lo sguardo intersezionale di Kimberlé Crenshaw il problema legato alla narrazione del processo per misoginia che li ha visti coinvolti, ossia in modo ben diverso dalla lotta per la «libertà di espressione» supposta nella serie Tv.
Netflix cerca di presentarsi come una piattaforma solidale verso chi si batte in questi giorni contro la violenza poliziesca e le discriminazioni razziali prodotte dall’ideologia del suprematismo bianco, tanto da aver recentemente annunciato che devolverà ben 5 milioni di dollari a Black Lives Matter, in particolare si parla di finanziamenti a Ghetto Film School e Black Public Media, Know Your Right Camp del giocatore di football americano Colin Kaepernick e Black Girl Code.
Queste dure settimane di rivolte e manifestazioni hanno smosso qualcosa, giorno dopo giorno le strade si sono riempite di manifestanti al grido di #BlackLivesMatter, #Icantbreathe e #Saytheirname mostrandoci quanto sia ancora lungo il percorso verso una reale uguaglianza e libertà, pari diritti e giustizia economica. Ma il fatto che Netflix doni a realtà di afroamericani dei fondi per portare avanti queste lotte dà una chiara idea di come il capitalismo tenti di aggirare i problemi. Come insegna Audre Lorde: «Gli strumenti del padrone non demoliranno mai la casa del padrone», seppur ovviamente per organizzare la lotta serve anche una sostenibilità economica. Netflix però mentre sborsa dei soldi e si professa solidale con le lotte degli afroamericani non mette in discussione le narrazioni discutibili che distribuisce.
Qualche mese fa proprio su Netflix mi sono imbattuta in un talent show hip hop. Si tratta di Rhythm+Flow, un reality musicale dedicato esclusivamente ai/lle rapper, condotto da T.I., Cardie B e Chance The Rapper. I tre conduttori hanno un nome rinomato nella scena mondiale del rap, e il loro compito sarebbe quello di trovare la nuova superstar del rap americano. Gli ospiti di questa trasmissione sono Snoop Dogg, Anderson Paak, Fat Joe, Jadakiss, Killer Mike e tanti altri protagonisti della scena hip hop afroamericana: uno sforzo economico considerevole per dare credibilità a questo talent. I tre protagonisti ostentano lusso, stile, rispetto, fama. La prerogativa è cercare una figura che dal niente possa ambire a diventare come loro: una superstar! Il vincitore quest’anno è stato D Smoke e, per togliere spazio a ogni dubbio, dico subito che a me D Smoke piace – ma non è di gusti artistici che voglio parlare.
Il talent show è caratterizzato da un continuo dover dimostrare «autenticità», proprio quella che cercano i tre conduttori tra Atlanta, Chicago e il Bronx. Quando ai candidati viene chiesto «Perchè fai rap?», oppure, «Cosa ti ha portato qui?», molti non ci girano intorno. Questi ragazzi e ragazze parlano di vita vissuta, povertà, violenza, solitudine e della loro speranza di farcela (con il rap) a superare la condizione difficile di chi viene «dalla strada». Il pubblico vuole queste storie strazianti, le applaude, e il partecipante guadagna punti «autenticità». Non voglio mettere in dubbio le loro storie, ciò che trovo assurdo è che storie di discriminazioni quotidiane vengano usate da un talent show come intrattenimento, e che la soluzione proposta sia quella di far vincere, quindi di far uscire dalla marginalità, un solo rapper.
Un programma come Rhythm&Flow non è in grado, né per propria natura può avere l’intenzione, di dare soluzioni politiche, ha solo bisogno di vendere un prodotto sussumendo il disagio di chi vive ancora ai margini della società. E alla gente piace pure! A me invece sembra la maggior distopia che possiamo vivere, ossia la commercializzazione del razzismo strutturale.
Nel libro Stand for What, u.net – all’anagrafe Giuseppe Pipitone – esperto di cultura hip hop e afroamericana, affronta il ruolo del rap e dell’attivismo negli Stati uniti di Donald Trump. Nel capitolo dedicato proprio a T.I., u.net riporta interviste in cui lo stesso artista prende esplicitamente posizione a favore del movimento Black Lives Matter fin dalla sua nascita: «Voglio scatenare un dibattito che porti a un reale cambiamento», afferma T.I. «vorrei che tutti si rendessero conto che, per quanto disturbanti quelle immagini possano risultare, queste cose accadono realmente», si riferisce al video del suo pezzo Warzone. La sua riflessione continua: «L’hip hop è sempre stato un riflesso dell’ambiente di provenienza degli artisti. Per cui se vogliamo cambiare i contenuti della musica, dobbiamo cambiare anche le nostre condizioni di vita».
Questa sua presa di posizione però fa un po’ a cazzotti con l’idea alla base di talent show come Rhythm&Flow. Del resto da quando il rap – per esprimersi – ha bisogno di vincite di $250.000, si mette a servizio del capitale e la strada intrapresa porta al successo di un singolo, non alla liberazione delle vite dei neri. Il rapporto che c’è tra Rap e capitalismo è molto complesso, richiederebbe un intero saggio, io mi limito a riportare il pensiero di chi di rivoluzioni se ne intende davvero, ossia i passaggi della lettera che le Black Panther scrivono ai rapper che hanno a cuore la comunità afroamericana:
Anche se vi conosciamo solo attraverso la vostra sfera pubblica, sappiamo che molti di voi provengono da contesti di povertà, in cui avete affrontato la brutalità della polizia, la mancanza di assistenza sanitaria e molte altre forme di oppressione così come le affrontano tutte le persone di colore. […] Abbiamo scelto di focalizzare questa lettera su di voi perché i nostri nemici vi usano costantemente per contribuire a “calmare” le persone. Sperano che la condizione di classe che avete raggiunto superi le vostre coscienze razziali e di classe. Avete la possibilità di dimostrargli che sbagliano e con le vostre risorse e la vostra influenza potete essere cruciali per la sopravvivenza collettiva della nostra gente. Tatuaggi, macchine costose e jet privati non salvano nessuno da una malattia e non vi rendono a prova di proiettile. Dobbiamo provvedere insieme alle nostre azioni collettive e non illuderci nel pensare che sia più sicuro integrarsi in un maledetto sistema di avidità e disumanizzazione.
La lettera va dritta al punto, il capitalismo è la causa della tratta di schiavi, della segregazione, delle incarcerazioni di massa. Porta a una visione individualistica della vita, o peggio, usa le storie degli afroamericani per vendere un prodotto. Dal capitalismo non può partire nessun cambiamento, sarà meglio non dimenticarlo. Le Black panther propongono soluzioni per far sì che il cambiamento possa concretizzarsi realmente, riporto alcuni punti:
– Contribuiamo alla creazione di un consorzio in modo da poter sviluppare un nuovo sistema economico cooperativo in cui la proprietà sia condivisa e si rivolga ai bisogni delle nostre persone/lavoratori, non alle imprese consumistiche.
– Sosteniamo le organizzazioni nere radicali e rivoluzionarie con una storia e obiettivi raggiunti nella costruzione della nostra Comunità, che è indipendente dalle donazioni delle grandi corporation, dalle sovvenzioni statali o di fondazioni.
– Lavorate con noi e altri per creare e finanziare una piattaforma politica indipendente nera e sostenete richieste radicali per il controllo nero, i risarcimenti e la ridistribuzione della ricchezza di questo paese.
Queste sono solo un esempio delle cose che voi/noi possiamo fare per creare un fronte unito per la liberazione Nera, per cambiare le condizioni oppressive che vigono negli Stati uniti e cancellare la differenza di classe tra la grande maggioranza del nostro popolo e quei pochi come voi che hanno ricchezza e possibilità di influenza. Questa è la vostra opportunità per fare la cosa migliore per il nostro popolo ed essere dalla parte giusta della storia.
Proprio in questi giorni T.I. si è spogliato dei suoi smoking eleganti ed è sceso per strada con la comunità afroamericana di Atlanta perchè il 12 giugno un altro afroamericano è stato ucciso, Rayshard Brooks, con due colpi di arma da fuoco alla schiena per mano del poliziotto Garrett Rolfe. Le strade strabordano di persone stanche di subire il razzismo strutturale e Trump è sempre più con le spalle al muro. T.I. è lì e partecipa alle discussioni con la comunità, e nella sua ultima dichiarazione riguardo all’assassinio di Rayshard Brooks non ha usato mezzi termini: «non me ne fotte un cazzo della vostra opinione su di lui, non mi fotte un cazzo di quel che ha fatto… Non meritava di morire in quel modo. E dico a ogni poliziotto fuori da qui che sta dietro a questa merda, sei nei guai anche tu, eh…». E aggiunge «Dobbiamo organizzarci, ognuno ha bisogno di capire cosa c’è bisogno di fare, scegli il tuo scopo, e opera con scopo e dedizione. E se non lo fai in nome di Tip [T.I.], fallo in nome di Rayshard e di tutte le persone uccise per mano della polizia».
Nel 2021 è prevista la seconda stagione di Rhythm&Flow, sempre distribuita da Netflix con sempre gli stessi conduttori. Chissà se T.I. sarà sempre lo stesso, se continuerà a essere vicino alle comunità di Atlanta. Il talent show avrà nuovi ragazzi e ragazze che spereranno di diventare superstar, gli verrà chiesto perché fanno rap e potrebbero dire che è per riscattarsi dalla vita del ghetto. Vincerà solo uno di loro. Ma il rap chi rappresenta? In questo caso rappresenta il capitalismo.
Il rap ha una capacità innata di parlare di questioni razziali; ma se i rapper parlano di «fare soldi» parlano solo di riscatto della propria vita attraverso gli strumenti del padrone, e questi non salvano le comunità. Confermano solo l’American Dream: uno su mille ce la fa.
*Wissal Houbabi è nata nel 1994 in Marocco e cresciuta in Italia. Femminista intersezionale, è appassionata di cultura hip hop e cultural studies. Si esprime con la scrittura, la poesia, la calligrafia araba, il disegno e la pittura.
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