Jacobin Italia

  • Rivista
  • Ultimo Numero
  • Articoli online
  • Eventi
  • La redazione italiana
  • Abbonati
  • Jacobinmag USA
  • Il mio account
  • FAQ
  • Abbonati
  • Rivista

Così Eni ed Enel puntano al Recovery Fund

Andrea Turco 12 Settembre 2020

Un incontro alla camera sulle priorità da destinare ai miliardi europei svela parecchie, anzi troppe, continuità col modello di sviluppo che ci ha condotto fin qui

A chi chiedere consigli «sull’individuazione delle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund», così come recita il titolo dell’incontro svoltosi a Montecitorio? A Eni ed Enel, ovviamente, sentite nell’audizione informale che si è tenuta lo scorso 8 settembre presso la nuova aula dei gruppi parlamentari. «In questi tempi così sciagurati e cupi è una boccata d’ossigeno ascoltare due eccellenze italiane che prospettano un futuro di qualità», balbetta un po’ pure il deputato Stefano Fassina, eletto con Sinistra Italiana e poi fondatore del movimento politico Patria e Costituzione, per cui è del tutto legittimo che la commissione bilancio della camera si rivolga a Carlo Tamburi, amministratore delegato di Enel Italia, e Lapo Pistelli, direttore degli affari pubblici di Eni, per immaginare un efficiente utilizzo dei 209 miliardi di euro che l’Europa, tra sussidi e prestiti, mette sul piatto per favorire la ripresa economica dell’Italia. 

Altro che discontinuità, già la scelta degli ospiti – a essere ascoltate sono le grandi aziende partecipate dallo stato, compresa Cassa depositi e prestiti che tra l’altro è il maggior azionista di Eni – fa intuire che si mira a  quella valanga di soldi per qualche inevitabile aggiustata al presente e nulla più. Un rafforzamento del sistema, insomma, all’insegna di slogan come «transizione ecologica» e «rivoluzione digitale»; parole che, mutuate dai movimenti sociali e ambientali, sono i mantra del nuovo greenwashing da parte di chi dà un prezzo a tutto, anche all’inquinamento. Un incontro che avviene mentre il premier Giuseppe Conte alla festa dell’Unità riceve applausi quando, a domanda precisa sul Recovery Fund, dichiara che «non sono qui per ascoltare qualche lobby, mi sentirò appagato solo quando li avremo spesi tutti». 

E intanto, sempre l’8 settembre, Legambiente stigmatizza una serie di emendamenti presentati dal senatore del Partito democratico Stefano Faenza che intendono ridurre al 3% i canoni a carico delle società estrattive di idrocarburi per lo sfruttamento delle concessioni e semplificazioni procedurali per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica (ci torneremo): due regali mica male al cane a sei zampe. 

La cornice generale, insomma, è un po’ più complessa rispetto all’entusiasmo manifestato da Fassina, intento ad affermare che «il settore pubblico non è un carrozzone ma può essere fonte di innovazione». Quali sono stati questi messaggi così portentosi espressi, in una decina di minuti a testa, dalle due più grandi multinazionali energetiche italiane? 

Partiamo da Enel. Tamburi, che guarda caso negli anni Novanta all’Istituto di Ricostruzione Industriale (Iri) figurava come «responsabile dei processi di privatizzazione delle grandi aziende pubbliche», punta sui dati, consapevole che l’Ente Nazionale per l’Energia elettrica è molto più avanti, rispetto all’Ente Nazionale Idrocarburi, nel processo di transizione energetica. «Al 2019 siamo il più grande operatore delle rinnovabili» dichiara soddisfatto l’ad, per poi aggiungere che sempre l’anno scorso «Enel ha prodotto poco più della metà della propria energia dalle rinnovabili (il 52%) rispetto alla generazione termica». Più in generale, sulla crisi climatica in atto Tamburi ribadisce la stella polare degli obiettivi sanciti dal Pniec, il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima che il ministero dell’Ambiente ha pubblicato lo scorso gennaio e che non è per nulla esente da critiche. La più grave pandemia degli ultimi cento anni, in ogni caso, non fa gettare il cuore oltre l’ostacolo a Enel, che sostanzialmente si limita a ribadire il proprio percorso, senza indicare nuove finalità né tantomeno suggerire altre produzioni ecosostenibili o, più radicalmente, modificare modello di sviluppo. Come al solito, la crisi per le aziende è un altro modo per perpetuare sé stesse o, meglio, «un’opportunità», come definisce il manager il decreto legge Semplificazioni in discussione alla Camera. In Italia Enel ha infatti una serie di partite aperte: a Fusina (Venezia) si attende la riconversione a gas della centrale a carbone, idem a Brindisi e La Spezia. Si mira cioè a dismettere tutti i vecchi e più inquinanti impianti entro il 2025, in un’ottica di «mix tra rinnovabili e gas» ma, sottolinea ancora Tamburi, «se le autorizzazioni non arriveranno subito gli obiettivi non saranno raggiungibili». Nessuno però in quell’aula ha fatto notare che il passaggio dal carbone al gas significa comunque una riconversione da una fonte fossile a un’altra. Se è vero che il carbone è più inquinante del gas, è ancor più innegabile che il paradigma di produzione resta uguale. Furba, questa transizione energetica, e ben poco ecologica. 

Ancora più esplicita, nella riproposizione dei soliti modelli di produzione con una spruzzata di millantata attenzione al nuovo sentire ambientale, è Eni. Prima però vale la pena soffermarsi un attimo sulla figura del designato da parte del cane a sei zampe: Lapo Pistelli è infatti un ex renziano di ferro che nel 2015 lascia l’incarico di viceministro agli esteri nel governo Gentiloni per diventare un dirigente a sei zampe. Forse proprio in virtù dei suoi trascorsi politici Pistelli è più esplicito del felpato Tamburi. «Il Recovery Fund nasce da una tragedia ma rappresenta un’opportunità pazzesca e incredibile per il nostro Paese» è il suo esordio. L’ex numero due della Farnesina fa fatica a trattenere l’entusiasmo. «Negli ultimi decenni Eni ha vinto insieme all’Italia la sfida della sicurezza energetica, ora puntiamo molto sul gas naturale e sul network di servizio», aggiunge poi, vale a dire ancora fonti fossili e una presenza maggiore sul mercato dell’energia elettrica e delle stazioni di servizio. «Da qui al 2050 c’è da fornire a 9 miliardi e mezzo di persone energia pulita e sostenibile, senza compromettere la temperatura del Pianeta»: così Pistelli sintetizza gli obiettivi futuri, che necessitano evidentemente del Recovery Fund. Così come Enel, anche Eni al parlamento illustra proposte alle quali sta lavorando da tempo, ovvero la cattura e lo stoccaggio del carbonio: il processo mira a separare la CO2 dalle altre emissioni durante il ciclo di combustione, catturare il più noto dei gas serra ed eventualmente riutilizzarlo in altri cicli produttivi, ad esempio con le alghe o la conversione a metanolo per produrre idrogeno – va comunque specificato che in questo caso si è ancora nella fase di ricerca. «Noi abbiamo l’opportunità dei giacimenti esauriti di gas offshore a Ravenna, che può diventare il più grande hub del mondo, dove si potrebbero stoccare anche i gas di Slovenia e Croazia» afferma ancora Pistelli. 

Pare difficile che la Commissione europea, e ancor di più i singoli stati membri, possano approvare un progetto così ambizioso che sostanzialmente non schioda Eni dal core business delle fonti fossili, e si limiterebbe a consegnare un prodotto «decarbonizzato» che però mantiene in vita tutta la filiera Oil&Gas. Il progetto ha in ogni caso avuto già il benestare del premier Conte, e la presentazione alla commissione bilancio è solo un ulteriore passaggio dell’attività di lobbying di Eni, con Pistelli che cita anche l’emendamento a firma Pd nel dl Semplificazioni «grazie al quale il progetto potrà partire» e la contemporanea candidatura al primo bando del Fondo per l’innovazione europeo. Come a dire che l’Europa dovrà metterci i soldi e l’Italia dovrà pensare alle autorizzazioni. Facile fare impresa in questo modo. Infine il cane a sei zampe mira ad altre leggi ad hoc, sempre nell’ottica della transizione energetica, s’intende, come l’ipotesi di un obbligo normativo per i mezzi pesanti (camion e aerei) a utilizzare parte dei biocarburanti prodotti nelle ex raffinerie di Gela e Porto Marghera. Peccato che si tratti di biocarburanti che sono alimentati con olio di palma proveniente dall’Indonesia (Gela) o deriveranno dalle nuove coltivazioni di olio di ricino in Tunisia (ancora Gela) o sono stati già multati, per pubblicità ingannevole nella sua componente biodiesel, dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato. «Siamo qui per presentare progetti immediatamente cantierabili» conclude Pistelli. Forse sta proprio qui il problema. Insieme a una classe politica che per cambiare il sistema intende affidarsi a chi l’ha ridotto così. Se sono queste le opportunità del Recovery Fund possiamo pure farne a meno. 

*Andrea Turco, giornalista siciliano, scrive di ambiente e temi sociali.

La rivoluzione non si fa a parole. Serve la partecipazione collettiva. Anche la tua.

Abbonati subito a Jacobin Italia

Ventidue

È in libreria il diciassettesimo numero di Jacobin Italia

Leggi anche ...

  • Recovery Fund, l’eccezione e la regola Giuseppe Montalbano
  • I soldi europei non bastano, occorre ripensare la società Giorgio Maran

Newsletter

Il meglio di Jacobin Italia, una volta a settimana

Iscriviti

Abbonamenti

Jacobin Italia è una rivista senza padroni, senza finanziamenti, pubblicata da un editore indipendente. Iscriviti al club dei giacobini sottoscrivendo subito un abbonamento.

  • Abbonamento Cartaceo + Digitale

    39,00 € /anno
    Acquista
  • Abbonamento Digitale

    26,00 € /anno
    Acquista
  • Abbonamento Sostenitore

    Da 50,00 € /anno
    Acquista
  • Regala un abbonamento

    39,00 €
    Acquista

Jacobin Italia Logo

Mail: info@jacobinitalia.it
Telefono: 06/45445002
Indirizzo: Circonvallazione Casilina 72/74
00176, Roma

Jacobin Italia

Jacobin Italia Follow

Avatar
Avatar Jacobin Italia @jacobinitalia ·
17 Mar

L'intreccio tra finanza ed economia reale, la crisi del digitale, il ruolo delle banche centrali e l'incidenza dell'inflazione: analogie e differenze tra Svb e Lehman Brothers
https://jacobinitalia.it/cosa-accade-alle-banche-e-cosa-potrebbe-accadere/

Reply on Twitter 1636639480298831872 Retweet on Twitter 1636639480298831872 2 Like on Twitter 1636639480298831872 9 Twitter 1636639480298831872
Avatar Jacobin Italia @jacobinitalia ·
16 Mar

I movimenti politici non si nutrono solo di teoria o interessi materiali: Furio Jesi ha analizzato il potere della mitologia (e la sua centralità nella cultura di destra)
https://jacobinitalia.it/un-marxista-a-caccia-di-miti/

Reply on Twitter 1636275285350838275 Retweet on Twitter 1636275285350838275 2 Like on Twitter 1636275285350838275 14 Twitter 1636275285350838275
Avatar Jacobin Italia @jacobinitalia ·
15 Mar

Incontro con un sociologo russo dissidente e un militante della sinistra radicale ucraina: le tensioni sociali interne, l'invio di armi, il ruolo della Nato, il rischio di una guerra mondiale e quello della prosecuzione dell'avanzata di Putin
https://jacobinitalia.it/il-cessate-il-fuoco-non-basta-piu/

Reply on Twitter 1635917411974012928 Retweet on Twitter 1635917411974012928 4 Like on Twitter 1635917411974012928 5 Twitter 1635917411974012928
Avatar Jacobin Italia @jacobinitalia ·
14 Mar

Dopo la crisi del 2008 e la promessa di vincoli più stringenti alle speculazioni, una banca fallisce e rischia di generare un effetto valanga. È il simbolo della fragilità dei colossi digitali e dei loro rapporti con la finanza volatile
https://jacobinitalia.it/perche-il-crack-di-svb-ci-riguarda/

Reply on Twitter 1635557942903668736 Retweet on Twitter 1635557942903668736 2 Like on Twitter 1635557942903668736 5 Twitter 1635557942903668736
Load More...

Privacy Policy – Cookie Policy - Powered by botiq.it

Gestisci Consenso Cookie
Questo sito fa uso di cookie, anche di terze parti, ma non utilizza alcun cookie di profilazione.
Funzionale Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici. L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.
Gestisci opzioni Gestisci servizi Gestisci fornitori Per saperne di più su questi scopi
Preferenze
{title} {title} {title}