
Dal voto al movimento
A New York le candidate e candidati appoggiati dai Dsa hanno trasformato le loro campagne elettorali in percorsi di mobilitazione sociale, organizzazione e mutuo aiuto tra le persone
A New York, durante la campagna elettorale, è successo qualcosa di straordinario: Alexandra Ocasio-Cortez e gli altri deputati socialisti appena eletti, vicini ai Democratic socialists of America, si sono impegnati a trasformare la campagna elettorale nei loro distretti in uno strumento di mobilitazione socialista non elettorale.
Per la sinistra, c’è sempre il rischio che le politiche elettorali si trasformino in accordi sottobanco tra addetti ai lavori, mettendo in luce divergenze su quali compromessi siano accettabili mentre le energie degli attivisti vengono cooptate dal Partito democratico. Di solito nelle elezioni si cerca di ottenere un incarico istituzionale, col rischio di perdere tutto il resto. Ma quest’anno a New York i socialisti hanno fatto una scelta radicalmente diversa: hanno usato la campagna elettorale – e il potere dei deputati socialisti, una volta eletti – per organizzare le loro comunità.
Justine Medina è un’attivista politica impegnata nella campagna del 2020 per la rielezione di Alexandria Ocasio-Cortez (Aoc), la deputata socialista del Congresso che rappresenta alcuni distretti del Queens e del Bronx. Medina mette in evidenza che molti dello staff di Aoc hanno un «background di movimento» come attivisti e organizzatori e che «pochi anni fa non si sarebbero impegnati nelle campagne elettorali». Pertanto la campagna è stata qualcosa di più che provare a rieleggere una deputata socialista democratica (che già non è una cosa non da poco negli Stati uniti). Gli attivisti che si sono impegnati per Aoc hanno visto un’opportunità più grande: quella di contribuire alla costruzione di un movimento.
Aoc e il suo team si sono impegnati in una campagna socialista nel corso di una pandemia letale e dentro una recessione economica altrettanto devastante. Era evidente che la comunità di Aoc avesse bisogno di aiuto. Considerato che Aoc è una personalità pubblica molto popolare e ha un carisma fuori dal comune, era anche chiaro che si trovasse nella posizione migliore per mettersi al servizio della comunità. La campagna ha raccolto più di un milione di dollari in aiuti alimentari, ha consegnato undicimila pacchi di cibo e distribuito alla comunità più di centomila mascherine.
La campagna di Aoc ha anche investito forze consistenti nel far capire agli elettori l’importanza di essere registrati nel censimento per votare. Ha dedicato almeno un milione di dollari e gran parte delle proprie energie umane, dal primo giorno delle primarie fino all’ultimo giorno in cui si poteva registrarsi, discutendo in pubblico e col porta a porta nella comunità, per spingere le persone a registrarsi al censimento, aiutandole a comprenderne l’importanza.
«Era questo che facevano soprattutto gli attivisti di base», dichiara Nina Luo, direttrice dell’organizzazione politica della campagna di Aoc. «Si impegnavano nella registrazione al censimento, ogni giorno, tutti i giorni». È stata una mossa saggia da parte di Aoc, immaginando che probabilmente i centristi e l’ala conservatrice si sarebbero dati da fare per riorganizzare i numeri del suo distretto elettorale, frammentandolo al fine di escluderla dal suo seggio (cosa che avrebbe tolto un seggio alla città di New York e ridotto la rappresentanza anche a livello federale).
Ma ci sono altre ragioni per cui una deputata progressista eletta dovrebbe sottolineare l’importanza del censimento: il distretto elettorale di Aoc ha un reddito medio-basso e, considerati i suoi bisogni, è escluso da molti finanziamenti. Ogni persona che si registra nel censimento porta da 4 a 6mila dollari di risorse governative alla comunità, che possono andare a finanziare scuole, parchi, strade, ospedali, case, e altro ancora.
La squadra di Aoc ha fatto anche qualcos’altro di inusuale: ha usato la campagna elettorale per contribuire a sviluppare le capacità di mobilitazione della comunità. «Per noi era importante non limitarci a fare un lavoro di base, volevamo trovare il modo per continuare a rendere il movimento qualcosa di continuativo, che producesse un movimento perpetuo di rinnovamento, com’è tipico dell’attivismo. Tutto questo con l’ovvia contraddizione che le campagne elettorali hanno una data di scadenza fissata e la partecipazione si riduce drammaticamente dopo le elezioni», dice Medina. E qui è arrivata l’idea di fare dei workshop per alimentare le capacità di organizzazione degli elettori.
Subito dopo l’esplosione dei primi casi di Covid-19, la campagna ha cominciato a rispondere ai bisogni urgenti di una comunità colpita dal virus e dalle sue pesanti ricadute economiche. Gli attivisti si sono impegnati soprattutto nell’organizzare un sostegno alimentare alla comunità e hanno creato un workshop on line attorno al concetto del mutuo aiuto. «Alla deputata è piaciuto molto», dichiara Luo. «Ha raggiunto molte persone. Il mutuo aiuto è un’idea che è già presente nelle comunità radicali ma non è così popolare tra le persone comuni. Grazie alla piattaforma mediatica di cui dispone la deputata Aoc, abbiamo avuto un’audience molto ampia, a cui altrimenti sarebbe stato difficile arrivare. Così stiamo spiegando quest’idea alle persone e cerchiamo di farlo in maniera da mettere in rilievo che si tratta di solidarietà, non di carità. Cerchiamo insomma di spiegare i principi che stanno alla base del mutuo aiuto».
La campagna ha preso una considerevole accelerazione dopo le primarie, quando si è dedicato molto tempo tra gli attivisti del distretto per identificare i principali bisogni della comunità nell’ambito della mobilitazione. Aoc voleva che identificassimo delle tematiche che fossero «sentite in maniera vasta e profonda, dove si potesse insegnare qualcosa che poteva fare la differenza, materialmente, nella vita delle persone», spiega Luo.
Il team di Aoc ha organizzato dei workshop molto partecipati sul tema della difesa dagli sfratti, dell’organizzazione sul posto di lavoro – assieme a Labor Notes e Emergency Workplace Organizing Commitee (Ewoc); altri workshop erano volti a difendersi dalla gentrificazione del quartiere o dalle leggi che colpiscono i migranti. Nel corso dell’estate, per rispondere alle diffuse preoccupazioni sulla chiusura delle scuole, gli attivisti hanno organizzato dei workshop – con successive sessioni di monitoraggio – per permettere ai genitori di organizzare delle forme socializzate di cura dei bambini.
Sono stati degli esperimenti, dice Medina, e non sempre i risultati sono stati quelli che gli organizzatori si aspettavano. «Si imparano quali cose si possono fare in una campagna», dice, «e anche quali sono i limiti concreti che ci troviamo di fronte». Ad esempio, gli attivisti avevano pensato di fare più attivismo, di portare più elettori a impegnarsi nella campagna elettorale, di formarli in maniera migliore… magari riuscire a organizzare tutti gli affittuari di un condominio. «Ma non abbiamo avuto le forze», dice Medina.
La campagna ha insegnato che è possibile fornire alle persone alcuni strumenti, alcune capacità per organizzarsi ma, almeno stavolta, non è stato possibile fare di più. Ma nel futuro, secondo Medina, se altri volontari e altri elettori faranno esperienza nel campo dell’attivismo, chissà che non sia possibile?
Madina dice che questi progetti hanno contribuito a mostrare che il socialismo può essere una filosofia in azione, «che può aiutare le persone a prendere possesso, letteralmente, delle proprie vite». A proposito del workshop sull’organizzazione sul posto di lavoro, chiede in maniera retorica: «Qualche altro deputato ha mai fatto qualcosa del genere?».
Aoc non è stata l’unica rappresentante socialista eletta a seguire questa via, anche se lei aveva a disposizione più denaro e un’immagine più carismatica nei media per amplificare questo approccio. A New York sei socialisti sono stati eletti come rappresentanti nel governo dello stato ed entreranno in carica a gennaio – per formare quella che Jabari Brisport, appena eletto come senatore in quello stato, ha definito «il tavolo da pranzo socialista di Albany». E anche loro hanno fatto un lavoro di base simile.
La senatrice socialista in carica Sonia Salazar, Brisport e la deputata socialista dello stato di New York Emily Gallagher, tutte persone elette nei quartieri di Brooklyn, hanno dato importanza al censimento e hanno promosso tavoli per formare gli elettori sull’importanza della registrazione e della partecipazione elettorale. Anche i candidati delle cariche statali hanno distribuito cibo e mascherine nei loro distretti.
Colpisce che abbiano tutti usato le campagne elettorali e le proprie piattaforme per promuovere attivismo e idee socialiste. Zohran Mamdani, deputato dello stato di New York appena eletto, ha di recente usato il suo account twitter per reclutare nuovi membri per i Democratic Socialist of America (Dsa). Un’esplicita affiliazione socialista da parte di deputati eletti sarebbe già qualcosa di eccezionale in tempi ordinari, ma l’impegno di tutti e cinque questi deputati eletti appoggiati dai Dsa su un progetto socialista sembra davvero qualcosa di più profondo (ci sono almeno sei socialisti tra i rappresentanti eletti nello stato di New York, includendo anche Emily Gallagher, che però non fa parte dei Dsa).
Questi cinque politici si sono coordinati e hanno progettato di usare i loro nuovi ruoli per costruire un movimento, così come ha già fatto Aoc. All’inizio di ottobre i nuovi rappresentanti eletti appoggiati dai DSA – Marcela Mitaynes, Phara Souffrant Forrest, Brisport e Mamdani – assieme a Salazar, che era già in carica, si sono riuniti nel corso di un fine settimana. Volevano discutere della strategia per le prossime battaglie legislative, ma anche pianificare il modo migliore per usare i propri ruoli per accrescere la forza dei Dsa nelle comunità e nello stato. Tra i piani emersi c’era quello di usare i loro uffici distrettuali come centri per organizzare la comunità. Una visione molto simile a quella della campagna di Aoc, con un potenziale che sembra di maggior durata.
Mentre gli uffici dei rappresentanti eletti in ambito legislativo si concentrano su tematiche che hanno a che vedere con la legislazione, gli uffici distrettuali si concentrano su tematiche più vicine ai bisogni degli elettori: aiutare gli inquilini nei problemi con i padroni di casa, sistemare le buche nelle strade, risolvere i problemi degli immigrati, affrontare le difficoltà della disoccupazione. I Dsa riconoscono a ragione l’importanza di tutto questo e vedono un’opportunità per la mobilitazione di base nei servizi offerti agli elettori.
Le difficoltà sul tema della casa possono alimentare l’organizzazione degli inquilini. I problemi degli elettori sul posto di lavoro possono portare alla formazione di un sindacato. I problemi individuali possono collegarsi nelle campagne legislative (ad esempio, contro gli sfratti o per la sanità pubblica universale) e gli uffici dei distretti possono contribuire a promuovere il mutuo aiuto (come ha fatto Aoc con i progetti di assistenza alimentare e di socializzazione della cura dei bambini).
Si potrà anche comunicare con gli elettori sulle questioni su cui i Dsa e i candidati stanno lavorando. Forse i volontari potrebbero fare del porta a porta al di fuori dei periodi elettorali, chiedendo alle persone non il loro voto ma un impegno contro gli sfratti, o il sostegno per gli sforzi dei Dsa per una legge sulla sanità pubblica, per il Green New Deal nello stato di New York o per tassare i ricchi. I Dsa progettano di organizzare i propri membri per mobilitare e offrire servizi agli elettori. Dato che ogni campagna elettorale ha generato una vasta ed entusiasta base di volontari, ci sono molte persone pronte a dare un mano.
Come dice spesso Aoc, la politica elettorale non rappresenta l’unica maniera – e nemmeno la più importante – per costruire una forza socialista working class. Senza un forte movimento, queste brecce nell’apparato statale da sole non basteranno. I nuovi socialisti democratici dimostrano che bisogna impegnarsi nello stesso tempo in entrambe le direzioni.
*Liza Featherstone è redattrice di Jacobin, giornalista freelance, e autrice di Selling Women Short: The Landmark Battle for Workers’ Rights at Wal-Mart.
Questo articolo è uscito su Jacobinmag. La traduzione è di Alberto Prunetti.
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