
La difesa dell’ambiente passa per la lotta alla finanza
Nessuna misura contro il cambiamento climatico andrà lontano finché rimarrà ostaggio dei capricci della speculazione
«Come facciamo a permettercelo?» Da quando la deputata Alexandria Ocasio-Cortez ha presentato il Green New Deal lo scorso mese, questa domanda è stata il chiodo fisso dei politici e degli opinionisti dell’establishment. Ma la vera domanda, in realtà, è come possiamo permetterci di non considerare gli impatti catastrofici del riscaldamento globale?
Il capitalismo non è particolarmente attrezzato a soppesare benefici a lungo termine e costi a breve termine. È per sua natura instabile, incline alle crisi. Come ha dimostrato la crisi finanziaria di dieci anni fa, le grandi dimensioni e l’interconnessione globale del moderno capitalismo finanziario hanno reso sempre più difficile afferrarlo quando precipita.
Le crisi strutturali del capitalismo sono state insabbiate per troppo tempo. Soltanto un nuovo modello di finanza pubblica potrà permetterci di muovere i soldi pubblici in modo così veloce ed efficace da de-carbonizzare la nostra economia. Abbiamo bisogno di aumentare il numero di banche pubbliche e democratizzare la Federal Reserve – cosa che ci permetterebbe di accelerare la transizione energetica concentrandoci su lavoro ed equità, grazie a mosse coraggiose quali nazionalizzare l’industria dei combustibili fossili, mettere le aziende in mano pubblica e stabilire una Green Investment Bank a livello nazionale.
In un qualunque sistema economico, le allocazioni di capitale determinano quali settori e approcci debbano essere perseguiti, e quali no. Sotto il capitalismo, ciò si realizza soprattutto attraverso le banche private e il settore finanziario. La misura definitiva del successo imprenditoriale è data dal valore azionario e dalla massimizzazione del profitto.
Negli ultimi decenni, questa dinamica ha prodotto una finanziarizzazione crescente, aprendo la strada a introiti e ricchezze ineguali, e ha aumentato la volatilità economica. Ha anche aumentato la degradazione ambientale, mentre gli investitori continuano a preferire i ritorni finanziari a breve termine – dati dall’utilizzo di combustibili fossili convenzionali e inquinanti – alle energie rinnovabili e alle altre infrastrutture ecologiche.
Assumere il controllo pubblico sul sistema finanziario è dunque essenziale se vogliamo prevenire un cambiamento climatico catastrofico. Il Green New Deal ambisce a trasformare l’industria, l’acqua, il cibo, e il settore energetico con un’ambizione che è all’altezza delle dimensioni e dell’andamento del problema. Affinché questo accada, tuttavia, abbiamo bisogno di avere il controllo pubblico sul capitale, così che il progetto del Green New Deal non sia ostaggio dei capricci della finanza privata.
Banche e finanza
Un aumento del controllo pubblico sul sistema finanziario ha bisogno di almeno due interventi, distinti ma combinati. Il primo è l’espansione su larga scala di un sistema bancario pubblico e cooperativo. Il secondo è la democratizzazione della Federal Reserve. Insieme, queste due mosse toglierebbero dalle mani delle élite private il processo di creazione e allocazione delle risorse economiche e renderebbero possibile finanziare il Green New Deal.
Le banche pubbliche sono istituzioni finanziarie gestite da una qualche agenzia governativa, corpo o compagnia che agisce in nome del popolo in una determinata area geografica. Hanno mandati specifici, come quello di supportare le community banks e i contadini (come avviene con la Banca del North Dakota). I dividendi delle banche pubbliche sono ampiamente redistribuiti – nella forma di investimenti in servizi pubblici, con costi più bassi per i consumatori, e una maggiore stabilità economica – invece di andare a ingrossare le fortune miliardarie di pochi individui benestanti.
Le banche pubbliche sono già utilizzate in tutto il mondo per finanziare infrastrutture di energie rinnovabili, trasporti pubblici e altre importanti iniziative ecologiche. Le banche pubbliche in Germania e Costa Rica, per esempio, sono servite a finanziare progetti green, e la Green Investment Bank proprietà del governo britannico (una delle prime nel suo genere nel mondo) aveva un registro di attività impressionante prima che il governo conservatore la privatizzasse nel 2017.
Combattere il cambiamento climatico è una delle motivazioni principali di molte campagne a favore di banche pubbliche in tutto il mondo, specialmente nel vitale e crescente movimento statunitense. Le banche pubbliche sono specificatamente menzionate nel disegno di legge di Ocasio Cortez sul Green New Deal. Persino gli investitori privati e le istituzioni neoliberiste stanno caldeggiando la creazione di banche pubbliche: le vedono come partner che potrebbero prendersi i rischi degli investimenti sulle infrastrutture ecologiche, lasciando a loro i profitti. Per quanto cinico e interessato, un supporto del genere da ambienti tanto distanti mostra che le banche pubbliche sono e possono essere efficaci quando si parla di prestiti green.
La seconda componente dell’aumento del controllo pubblico è la democratizzazione della Federal Reserve, la banca centrale statunitense. La Fed – che ha il potere di creare il denaro, decidere i tassi di interesse e modellare la politica economica – è strutturata in maniera assai differente dalle sue controparti in altre nazioni. Le banche della Regional Federal Reserve sono proprietà perlopiù di banche private commerciali e i presidenti della banca regionale operano nella potente Open Market Committee della Fed. Fieramente indipendente, la Board of Governors della Fed è stata tradizionalmente ostile a qualunque tentativo di stabilire un meccanismo di vigilanza governativa, incluse leggi che provano a verificare i conti della Fed (una causa che in anni recenti ha intrecciato supporti bipartisan da Bernie Sanders a Rand Paul).
La struttura della Fed l’ha resa eccessivamente favorevole ai banchieri, a scapito dei lavoratori e delle lavoratrici. Una verifica limitata alle attività della banca centrale durante la crisi finanziaria – condotta nel 2011 grazie a un emendamento introdotto da Sanders al progetto di riforma finanziaria Dodd-Frank – ha rivelato, per dirla con le parole di Sanders, come «un’istituzione che è stata creata per essere al servizio di tutti gli americani sia stata sequestrata da quegli stessi banchieri che doveva regolare». La Fed ha messo in campo tutto per salvare le maggiori banche di Wall Street mentre ha abbandonato milioni di americani al pignoramento, alla bancarotta, e alla disoccupazione.
Una banca centrale genuinamente pubblica, trasparente e democraticamente responsabile cambierebbe questo stato di cose – e potrebbe diventare un’arma potente nella lotta al cambiamento climatico. Per usare le parole dell’esperto della Fed William Greider, dobbiamo «creare una nuova istituzione pubblica che capisca davvero che il suo obbligo è nei confronti della società, non dei mercati finanziari». L’azione congressuale per riformare la Fed potrebbe «imbrigliare la capacità della Fed di creare denaro e il potere sull’attività creditizia per agevolare gli obiettivi pubblici più importanti in termini finanziari».
Una riforma dovrebbe verosimilmente includere una nuova struttura che riduca radicalmente il ruolo delle banche commerciali private, e un nuovo atto costitutivo della Fed che renda prioritari i benefici sociali e la sostenibilità ecologica, aumentando la trasparenza, gli standard di accountability, l’integrazione con altri attori decisivi per le politiche fiscali governative e gli strumenti a favore degli azionisti e della partecipazione comunitaria.
In tutto il mondo, le nazioni stanno facendo leva sul potere e l’autorità delle banche centrali per de-finanziare l’infrastruttura a combustibili fossili e finanziare la sostenibilità climatica. Per esempio, The Central Banks and Supervisors Network for Greening the Financial System (NGFS) ora consta di ventotto membri, inclusa la Banca Popolare Cinese, la Banca d’Inghilterra, e la Deutsche Bundesbank. Con una notevole eccezione: la United States Federal Reserve.
Transizione energetica
Uno dei settori che abbiamo bisogno di modificare il più rapidamente possibile è quello energetico.
Secondo uno studio del 2017 del Carbon Disclosure Project, più della metà delle emissioni globali dal 1998 ad oggi può essere ricondotta a venticinque società produttrici di combustibili fossili. Le società dei combustibili fossili hanno costruito potenti macchine politiche che si oppongono a qualsiasi cosa minacci il loro business model e il profitto degli azionisti. Rimangono in tutto e per tutto votate all’estrazione e alla combustione di quante più risorse possibili, a discapito del pericolo. La produzione statunitense di petrolio e gas è schizzata all’85% tra il 2010 e il 2018, rendendo gli Stati uniti il maggior produttore di petrolio e gas in tutto il mondo.
Nazionalizzare l’industria dei combustibili fossili è il modo più efficace – e, a questo punto, probabilmente l’unico – per sconfiggere l’opposizione delle corporation e gestire la progressiva e ordinata diminuzione dei combustibili fossili.
Come potrebbe accadere? Un’opzione potrebbe essere, per il governo federale, quella di rilevare la gran parte delle corporations statunitensi dei combustibili fossili attraverso il “quantitative easing” – lo strumento usato dalla Fed per salvare Wall Street durante l’ultima crisi finanziaria, quando ha creato più di 3,5 trilioni di nuovo denaro circolante.
Promulgando regolamenti robusti ed eliminando le sovvenzioni nella fase iniziale del Green New Deal, l’azione di governo farebbe precipitare il valore azionario delle società di combustibili fossili. Lo stato potrebbe allora comprare queste stesse società a un prezzo relativamente basso – che rifletta il loro effettivo valore considerando tutto ciò che non possono bruciare.
L’obiettivo esplicito sarebbe quello di usarne la proprietà per preparare il settore all’obsolescenza: bloccando le nuove esplorazioni, chiudendo le attività prima che le riserve attualmente in uso si esauriscano del tutto, ed eliminando le esportazioni di combustibili fossili dagli Usa. Questo progressivo abbandono potrebbe includere una serie di programmi e investimenti che assicurino una transizione giusta a quei lavoratori e a quelle comunità che attualmente si basano sull’estrazione di combustibili fossili.
Inoltre, si potrebbe dare vita a una Green Investment Bank (o più d’una) di proprietà pubblica – magari attraverso la nazionalizzazione e la conversione della già esistente banca di Wall Street – e gli azionisti delle società di combustibili fossili, specialmente i fondi pubblici e pensionistici, potrebbero essere incentivati a cambiare settore di investimento. La Green Investment Bank potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nell’investire sul settore delle energie rinnovabili, che a sua volta potrebbe accompagnare il declino delle società di combustibili fossili mantenendo comunque un adeguato rifornimento di energia in modo da soddisfare la domanda. In questo modo, i soldi pubblici usati per comprare l’industria dei combustibili fossili potrebbero essere re-investiti per finanziare un sistema energetico nuovo e più pulito, anziché semplicemente andare a ingrossare le tasche degli investitori.
Altra cosa fondamentale per il Green New Deal sarebbe cambiare la proprietà dei mezzi di produzione, trasporto, e distribuzione dell’energia – una fetta considerevole della quale è sotto il controllo monopolistico di fornitori privati. Un po’ come per le industrie di combustibili fossili, questi fornitori privati hanno operato con obiettivi a breve termine, distorto le politiche energetiche e indebolito i regolamenti in modo da sussidiare i loro profitti e puntellare un business model che prevede una crescita continua della domanda energetica e una produzione tutta incentrata sui combustibili fossili.
Le strategie climatiche tradizionali basate sul mercato, come la deregolamentazione del monopolio della fornitura, si sono rivelate insufficienti e, in alcuni casi, controproducenti. Mentre la deregolamentazione ha reso in alcune situazioni le energie rinnovabili più competitive, solo pochissimi utenti hanno cambiato il loro storico fornitore, e i mercati deregolamentati spesso sono tornati indietro attraverso il consolidamento e il controllo corporativo. In generale, gli schemi dell’accumulazione capitalistica, dell’estrazione di ricchezza e del controllo elitario rimangono inalterati. Gli incentivi frammentari, i mercati deregolamentati, e i regolamenti facilmente aggirabili non sono sufficienti per il lasso di tempo che abbiamo a disposizione – tralasciando tutte le questioni relative alla giustizia, all’equità e alla democrazia.
Rendendo pubblici i fornitori di energia, potremmo catalizzare lo sviluppo delle energie rinnovabili e allo stesso tempo redistribuire ricchezza e potere. Questi fornitori a controllo pubblico non avrebbero l’imperativo di far fare profitto agli azionisti, potrebbero reinvestire i profitti nella comunità e, criticamente, essere controllati dai loro proprietari-utenti anziché da un piccolo gruppo di benestanti.
Il Green New Deal potrebbe dare alle città, alle nazioni, agli stati e alle tribù nazionali l’autorità legale, la capacità tecnica e un pacchetto di meccanismi di finanziamento e investimento pazienti, grazie alla Community Ownership of Power Administration (Copa), simile alla New Deal’s Rural Electrification Administration (Rea) – che ha aiutato le comunità a creare aziende pubbliche e cooperative di fornitori di energia elettrica e ha portato a un rapido e massivo aumento dell’elettrificazione rurale – e a un network di banche pubbliche locali, statali e nazionali.
Mentre la Rea non ha mai avuto intenzione di affrontare l’eredità delle discriminazioni razziali, la Copa sarebbe pensata per risollevare le comunità che arrancano sotto il peso di ingiustizie strutturali. Le comunità povere e le persone razzializzate hanno la tendenza a portare il peso più grande dell’inquinamento esistente e del sistema energetico estrattivo. La Copa si concentrerebbe su strategie che costruiscano ricchezza comunitaria (per esempio, procedure di appalto localizzate, lo sviluppo di una forza lavoro adeguata a una transizione equa, e accordi di lavoro incentrati sui diritti di lavoratori e lavoratrici) in queste comunità – e al contempo lasciare spazio all’inventiva locale. Il programma potrebbe anche includere corsi di aggiornamento, linee guida e incentivi per dare vita a istituzioni che favoriscano il community empowerment e la partecipazione democratica (consigli d’amministrazione multilaterali, assemblee territoriali, processi di progettazione/bilancio partecipati, e strumenti online/digitali per coinvolgere e garantire la trasparenza).
La Copa potrebbe rinvigorire la proprietà pubblica, ma per farlo avrebbe bisogno di un capitale consistente. Questo potrebbe derivargli non soltanto da prestiti e donazioni che la Copa potrebbe gestire direttamente (come ormai fanno la gran parte delle agenzie federali), ma anche attraverso banche pubbliche a livello locale, statale e federale che potrebbero finanziare campagne di municipalizzazione, acquistare pezzi dei servizi pubblici, e offrire servizi bancari e finanziari a basso prezzo. Questi nuovi strumenti potrebbero anche coordinarsi con le banche pubbliche locali per determinare le necessità ulteriori delle comunità e di questa transizione energetica – per esempio, identificare e finanziare interventi centrali per l’efficienza energetica, la modernizzazione infrastrutturale, e la resilienza ai fenomeni atmosferici.
Il Green New Deal e la proprietà pubblica
Finanza ed energia sono il cuore pulsante della società moderna. Attualmente sono gestite per favorire pochi privilegiati; tuttavia, ci stanno conducendo rapidamente alla rovina.
Oggi ci troviamo a un bivio. Da un lato c’è la catastrofe climatica incombente; dall’altro c’è la prospettiva di un’altra crisi finanziaria nel momento in cui l’infrastruttura energetica che si basa sui combustibili fossili diventerà inutilizzabile.
Il nostro compito è di evitare entrambi gli esiti – e forgiare un nuovo cammino fatto di sostenibilità economica e ambientale. Sotto il controllo pubblico, potremmo usare i soldi e l’elettricità per dare energia a una vita migliore e più sana per tutti e tutte, per proteggere il mondo naturale, e per costruire un sistema economico più equo e democratico.
Trasformare radicalmente due dei settori più potenti dell’economia capitalista, la finanza e l’energia, potrebbe sembrare impossibile. Ma in caso contrario il Green New Deal non andrà lontano.
*Johanna Bozuwa è ricercatrice associata al Democracy Collaborative, si occupa principalmente delle modalità di transizione da un’economia basata sui combustibili fossili e sulla costruzione di comunità resilienti fondate sulla democrazia energetica. Thomas M. Hanna è direttore di ricerca al Democracy Collaborative e autore di Our Common Wealth: The Return of Public Ownership in the United States.
Questo articolo è tratto da JacobinMag, la traduzione è di Gaia Benzi.
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