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La Ingobernable, resistenze dal cuore di Madrid
Storia e attività del centro sociale al centro della capitale dello stato spagnolo che costituisce un modello di ricomposizione delle lotte e che l’amministrazione vorrebbe cancellare. Il 28 agosto è stato fermato lo sgombero
Accompagnato da un’amica che mi fa da guida, entro nel vecchio edificio attraverso una delle porte laterali che danno sulla stretta calle Gobernador. Le altre, per motivi di sicurezza, sono chiuse con delle grosse catene. Un palazzo storico del centro di Madrid di oltre 3.000 metri quadri che pochi anni fa è stato ceduto dal Comune ad un ricco architetto. Dopo una piccola scalinata, passiamo attraverso due o tre stanze senza arredamento. «Qua metteremo la cafeta», mi spiega la mia guida mentre entriamo nella più grande. Saliamo le scale in marmo fino a raggiungere il terzo piano. Percorriamo un lungo corridoio che dà su diverse stanze, la maggior parte quasi vuote, altre piene di arredi scolastici. «Le possibilità sono enormi, ci sono tantissimi spazi diversi e un sacco di gente che ne ha bisogno e non ne trova nessuno». Giungiamo sul terrazzo che si affaccia su Paseo del Prado. La vista mi suscita una strana sensazione. Da una parte, un senso di familiarità, vedo per l’ennesima volta quei luoghi della zona che conosco da decenni: il Museo del Prado, l’Orto Botanico, la salita di Moyano, la stazione di Atocha. Dall’altra, una gradevole sorpresa, un piccolo piacere nato dall’osservare, sotto una prospettiva nuova, un paesaggio urbano che già conoscevo. Gli alberi disposti su entrambi i lati della strada raggiungono praticamente la stessa altezza dei palazzi, generando la sensazione di trovarsi alla deriva in un mare verde che attenua anche i rumori dell’intenso traffico. Perfino l’aria sembra diversa, leggermente meno densa, più chiara, rispetto a quella di qualche metro più sotto. Alzando lo sguardo, il Parco del Retiro — principale polmone del centro città — domina l’orizzonte.
«Che ne dici? Bella vista c’ha la gente per bene, eh? Non sembra Madrid».
Effettivamente, da quel terrazzo non mi sembrava di essere a Madrid. E la sensazione è stata molto simile tutte le volte che ci sono tornato. Al numero 39 di calle Gobernador è stato creato uno spazio nel quale ti senti lontano da quel centro madrileno corroso dall’inquinamento, dalla gentrificazione, dal turismo sempre più vorace, dalla polizia sempre più presente e sempre più autoritaria e dalle logiche consumistiche sempre più dominanti. Una sorta di enclave dentro la città, un microcosmo gestito dalle stesse persone che lo utilizzano, libero da atteggiamenti sessisti, classisti, razzisti, omofobi e transfobici, che pretende di fare città in maniera collettiva. Uno spazio attraversato da contraddizioni — come potrebbe essere altrimenti trattandosi di un progetto dallo spirito emancipatore? — e talvolta un po’ naif, ma costruito sui pilastri del mutuo appoggio e della solidarietà. E tutto questo avviene in una zona della città di Madrid il cui godimento è riservato a pochi, facendo diventare così la stessa esistenza del centro sociale un passo in avanti verso la redistribuzione della ricchezza, un contraccolpo al saccheggio perpetrato dalle élite.
Sì, ne La Ingo si respira di più e meglio.
Il lungo braccio della speculazione edilizia madrilena
Per capire chi siamo è necessario capire da dove veniamo. Lo spazio fisico occupato dal centro sociale La Ingobernable, costruito per ospitare una sede dell’Università a Distanza (Uned), ha successivamente ospitato gli ambulatori di medicina generale del quartiere Retiro. Solo che la posizione dell’edificio — la cosiddetta «miglia d’oro dell’arte e la cultura» di Madrid — lo rendeva troppo appetitoso per l’insaziabile mercato edilizio madrileno. E infatti, nel 2013 la sindaca Ana Botella ha firmato un contratto con l’architetto Emilio Ambasz, amico del marito nonché ex primo ministro José Maria Aznar. Il Comune si impegnava a cedere il palazzo per ben 75 anni a Ambasz, il quale si era impegnato ad aprire un museo dedicato alla sua carriera. Quella firma ha costretto migliaia di pazienti e personale sanitario a spostarsi in altri ambulatori, i più vicini dei quali erano lontani più di tre chilometri. Si chiudeva così l’ennesimo travaso di risorse pubbliche verso il privato, in un contesto di totale impunità nel quale hanno sguazzato i governi comunali e regionali del Partito Popolare per dei decenni. Una efficace dimostrazione di quel capitalismo fra amichetti che favorisce le vittorie elettorali e che riempie generosamente le tasche dell’élite locali e nazionali. Il prezzo viene pagato dalla collettività: le privatizzazioni hanno, e continuano, a distruggere l’istruzione e la sanità pubblica, i servizi sociali e l’ambiente.
A fine maggio 2017, a due anni dalla vittoria alle elezioni comunali del movimento Ahora Madrid (erede delle correnti istituzionaliste del movimento degli Indignados nato nel 2010), è stato organizzato il corteo #MadridNoSeVende, che voleva denunciare la mercificazione della città e l’attacco frontale ai diritti di chi la vive. Alla fine del corteo — che nonostante l’importanza dei suoi contenuti non ha raggiunto i livelli di partecipazione di quelli svoltisi tra il 2011 e il 2012 —, un gruppo di manifestanti si è staccato e ha liberato lo spazio in calle Gobernador, occupando l’edificio e dando il la al progetto de «La Ingobernable, centro social de comunes urbanos» («centro sociale di comuni urbani»). Questo atto di disobbedienza collettiva ha attirato l’attenzione popolare sulla situazione dell’edificio e grazie alla pressione mediatica, organizzata dal collettivo del neonato centro sociale insieme ad altri movimenti, ha finalmente costretto il Comune a recidere il contratto con l’architetto Ambasz. In seguito a questa decisione, l’amministrazione comunale guidata dalla sindaca Manuela Carmena ha deciso di risarcire economicamente Ambasz, con 1,4 milioni di euro. Questa scelta è stata contestata da La Ingobernable, perché grazie al lavoro di una commissione legale creata ad hoc all’interno del centro sociale, si era arrivati alla conclusione che da un punto di vista legale, non vi era alcun vincolo o impegno da parte dell’amministrazione nei confronti dell’architetto.
Vita comunitaria
La quotidianitàdi La Ingobernable è frutto dell’incontro dei diversi collettivi che la abitano e la gestiscono. Gruppi di persone che si riuniscono per mettere in pratica gli interessi comuni in modo autogestito e solidale. Ne fanno parte gruppi che lottano per il diritto alla casa come la Plataforma de Afectados por la Hipoteca o il Sindicato de Inquilinas; altri ecologisti, come Ecologistas en Acción o la sezione madrilena di Fridays for Future; sigle che accompagnano e lottano assieme alle persone migranti, come la Red Solidaria de Acogida; il Grupo de Apoyo Mutuo per Personas con Experiencias Psíquicas Inusuales che affronta la sofferenza psichica in modo collettivo; associazioni di lavoratrici e lavoratori precari di diversi settori, come Las Kellys e alcuni gruppi di riders; c’è anche un gruppo di hacker nato tra le mura del centro sociale. Ne La Ingobernable vengono organizzati corsi di lingue, cineforum, lezioni di ballo, attività per bambine e bambini, lezioni di box, muay thai, capoeira, yoga. Nel centro sociale si riuniscono diversi collettivi femministi e altri che si focalizzano su temi specifici come il gruppo di Boicot Israele o la Plataforma por la Auditoría Ciudadana de la Deuda, l’associazione di persone senzatetto Chupano e la Bicicrítica (critical mass locale). Questi sono solo alcuni degli oltre cinquanta collettivi che riempiono ogni giorno gli spazi del centro sociale.
Tutte queste realtà non solo si riuniscono periodicamente, ma organizzano anche dei workshop, presentazioni di libri, dibattiti, proiezioni pubbliche, concerti che fanno risuonare dentro le mura del centro sociale musiche lontane dalla scena mainstream: tutte boccate di controcultura contro l’oppressione delle logiche del mercato.
La Ingobernable è un luogo davvero particolare per il fatto di aver reso possibile la ricomposizione di diversi movimenti, che in alcuni casi nel corso degli anni e delle lotte si erano sfilacciati, facilitandone il rilancio e favorendo dal basso una rigenerazione del tessuto sociale. In molti casi questi movimenti avevano bisogno di un luogo sicuro, di appoggio, sostegno e condivisione dove potere organizzarsi e lo hanno trovato nella calle Gobernador. Così, La Ingobernable è stata la base degli scioperi femministi del 2018 e del 2019, delle manifestazioni contro il cambiamento climatico e del Pride Critico organizzato dal movimento LGTBIQ+.
È importante sottolineare come tutti questi collettivi non solo si riuniscono nelle sale de La Ingobernable, ma ne sono parte integrante. Il centro sociale non è un luogo che offre dei servizi, ma uno che favorisce l’emancipazione delle persone. I diversi collettivi si coordinano attraverso l’Assemblea Generale e i gruppi di lavoro specifici, cercano di generare linee politiche comuni e si distribuiscono i compiti, come la gestione del bar e della pulizia del palazzo. Modi di fare e di vivere lontani anni luce da qualsiasi spirito commerciale, fondati sul principio del «sola no puedes, con amigas sí» (ndr, «da sola non ce la fai, con delle amiche sì»). La Ingobernable non è solo un luogo dove sperimentare vite che non seguano gli schemi dominanti nella società; è anche un luogo in cui le stesse militanti sono costrette a mettere in discussione continuamente i loro metodi organizzativi, una prassi che è diretta conseguenza dell’eterogeneità dei collettivi che vivono il centro sociale. Si è instaurato e consolidato in questo modo un vero e proprio laboratorio politico dal basso, uno spazio comune che favorisce la messa in atto di pratiche di mutuo appoggio e partecipazione politica fuori dai partiti e dalle reti clientelari. Il progetto di La Ingobernable riprende così i fili rossi dai cosiddetti Laboratorios — centri sociali di riferimento nella capitale esistiti tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli Anni zero — intrecciandoli con alcuni di quelli provenienti dal movimento degli Indignados.
Braccio di ferro istituzionale
Lo scorso 11 maggio il centro sociale ha compiuto due anni di vita. Due anni di intensa attività, ma anche di frizioni sempre maggiori con la Municipalità «del cambiamento» guidato da Manuela Carmena. Attraverso farraginose trattative, l’assemblea del centro sociale ha cercato — senza successo — di ottenere un riconoscimento da parte del Comune. Si è tentato inoltre di assicurarsi la collaborazione istituzionale per mettere in atto un processo partecipativo che definisse le modalità e i termini della cessione. Uno degli obbiettivi a breve termine era assicurare la difesa dell’edificio de La Ingobernable anche dopo le elezioni.
Nel dibattito pubblico alcuni rappresentanti comunali hanno difeso sin dall’inizio l’attività del centro sociale, anche perché alcuni di loro avevano radici politiche affini. Altri invece, come la sindaca stessa, hanno usato toni sempre più legalitari, cercando con questa retorica di contrastare gli effetti delle accuse di essere «amiga de los okupas» mosse dalle destre attraverso i loro potenti organi mediatici. La repulsione della sindaca per gli atti di disobbedienza contro il potere, non solo ha spostato il dibattito riguardante gli spazi sempre più verso la questione della legalità, ma è giunta in diverse occasioni a minacciarne direttamente lo sgombero.
Proprio il giorno prima del secondo compleanno de La Ingobernable, il Capo di gabinetto della sindaca ha parlato di quelle «poche persone» che, «sfacciatamente», avevano occupato l’edificio della calle Gobernador. Richiamava così l’immaginario legalitario secondo il quale le persone che occupano sono dei fannulloni, parassiti senza voglia di lavorare che si approfittano delle “persone per bene”. Immagini e stereotipi che sono gli stessi usati quest’anno dalle destre nel corso della campagna elettorale.
Le parole del braccio destro della sindaca sono state spazzate via il giorno dopo dalla massiva manifestazione e dalla festa organizzate dal centro sociale. Si è così dimostrato, per chi non lo avesse ancora capito, che La Ingobernable non è un luogo utilizzato da pochi, ma uno spazio collettivo, che ospita e dà delle possibilità a quella parte della città che non si accontenta delle dinamiche imposte dal mercato. Una parte della città sempre in espansione: l’Assemblea del centro sociale ha calcolato che nei suoi due anni di vita circa 138.800 persone ci sono passate e lo hanno vissuto. Un’altra dimostrazione dell’integrazione nel tessuto della zona e della vitalità dello spazio è il recente accordo con il Comitato di genitori ed il Comitato di quartiere del distretto.
La Ingobernable è insgomberabile
I risultati delle ultime elezioni hanno permesso al cosiddetto trifachito — coalizione composta dal Partito Popolare, Ciudadanos e VOX — di prendere il potere nel Comune di Madrid. Se i loro predecessori, che come abbiamo visto erano guidati da Manuela Carmena, avevano mantenuto posizioni relativamente ambigue, anche se talvolta di netta opposizione rispetto a La Ingobernable, il nuovo sindaco Almeida ed i suoi alleati hanno dichiarato, come annunciato durante la campagna elettorale, guerra aperta al centro sociale. In una città divisa sempre più profondamente fra ricchi e poveri, il Partito Popolare individua i suoi principali problemi nel Madrid Central (un piano per la limitazione del traffico urbano e contrasto dell’inquinamento disegnato dal Comune precedente) e ne La Ingobernable.
Da dove proviene quest’odio acerrimo? In parte, dall’urticaria che provoca a qualsiasi partito neoliberista l’esistenza di spazi estranei alle dinamiche del mercato. Ma in questo caso c’è qualcosa in più: l’occupazione che ha permesso la nascita de La Ingobernable ha smascherato lo scandalo causato dal regalo di un palazzo di proprietà comunale ad un amico della famiglia Botella-Aznar. L’ennesimo sopruso da parte di un partito politico che ha rubato, secondo alcune stime, più di 122 miliardi di euro allo Stato.
Se le trattative con l’amministrazione precedente sono state poco proficue, i possibili scenari che si prospettano con quella attuale appaiono quantomeno più difficili. Inoltre, gli attuali inquilini del Comune sono portatori di un’ideologia dove tutto è dominato dalle leggi del mercato, per cui sono infinitamente più favorevoli a far ritornare l’edificio nelle mani degli speculatori. La destra è tornata al governo più autoritaria che mai, come dimostrano diverse azioni di repressione perpetrate nelle prime settimane di mandato e anche le loro iniziative simboliche: i consiglieri del partito di estrema destra VOX — di fatto una scissione del Partito Popolare — il giorno dopo la vittoria elettorale hanno postato sui loro canali social una foto del Comune con la frase «Hemos pasado» (ndt, «Siamo passati»), un palese e denigratorio riferimento al noto slogan antifascista della Guerra civile spagnola «¡No pasarán!». Dall’altra parte, in particolare da quando le minacce di sgombero hanno cominciato a materializzarsi, tanti esponenti del mondo della cultura e dell’arte si sono schierati in sostegno del progetto (tra i quali anche Silvia Federici e Toni Negri).
Grazie alla mobilitazione di centinaia di persone, il 28 agosto è stato fermato il primo tentativo di sgombero voluto dall’amministrazione locale. Gli agenti antisommossa comunali torneranno sicuramente, difficilmente il sindaco Almeida accetterà una sconfitta. Però ancora più difficile è immaginare una vera sconfitta del centro sociale. Perché La Ingobernable è ormai insgomberabile. Adesso queste esperienze sono certamente legate ad uno spazio concreto, ma le relazioni ed il progetto che si sono generati in questi due anni potrebbero continuare e svilupparsi in altri luoghi. Che piaccia o meno, non possono essere sgomberate né le idee né la forza che ci uniscono per cercare di vivere delle vite che meritino di essere vissute.
*Pedro Castrillo ha una formazione come scienziato ed è un traduttore militante di testi italiani per il giornale spagnolo El Salto
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