Le cause giuste e le giuste cause: storia di un licenziamento
Un nostro compagno perde il lavoro in nome della "concorrenza". E Jacobin Italia diventa il motivo per tagliare una testa. Una vicenda che non avremmo voluto raccontare
«C’è voglia di far saltare qualche testa? Arriva Jacobin». In questo modo, ormai sei mesi fa, annunciavamo il lancio del nostro progetto editoriale. Con l’ambizione di contribuire a ri-tracciare il campo di battaglia, a dividere a ciò che viene artificialmente rappresentato come unito, a individuare gli interessi dell’1% che detiene ricchezze e potere e quelli del 99% che potrebbe trasformare il mondo. Eppure la prima testa che provano a far saltare, con un colpo del tutto inaspettato, è quella di uno di noi.
I fatti. Alessio Melandri è il direttore creativo di Jacobin Italia. È suo il lavoro che tutte e tutti avete potuto vedere sfogliando il primo numero della rivista, di cui ha curato il progetto grafico apprezzato da tanti. Ed è sempre lui che coordina il lavoro dei nostri illustratori. Alessio è grafico e art director di Edizioni Alegre, l’editore della rivista, fin dalla nascita della cooperativa editoriale. Di Alegre è anche socio nonché membro del consiglio di amministrazione. Che Alessio ricopra questi ruoli non è mai stato un segreto. Il suo nome è scritto sul sito, sui libri, su ogni catalogo della casa editrice. È pubblico anche il suo ruolo di socio della cooperativa.
Nel frattempo, per quasi quattro anni Alessio lavora, con contratto a tempo indeterminato, per l’Editoriale Novanta, il gruppo editoriale che tra l’altro pubblica il settimanale Left e il mensile Il Salvagente. I direttori responsabili di queste riviste conoscono fin dall’inizio la storia di Alessio. Sanno del suo impegno per Alegre e non esprimono nessuna perplessità. Alessio lavora con un contratto e una retribuzione da grafico, ma la passione e la professionalità che è capace di mettere in tutto quel che fa sono per chi, come noi, in ciò che fa ha uno scopo politico-culturale, ben più rilevanti delle mere mansioni definite dal contratto.
Fino all’uscita di Jacobin Italia le sfaccettature che costituiscono l’esperienza professionale di Alessio convivono. La sua poliedricità non comporta alcun problema, sembra esserci massima fiducia e disponibilità. Noi di Jacobin Italia, d’altro canto, per impostazione politica preferiamo il mutuo soccorso alla concorrenza. Figuriamoci se ci mettiamo a farla tra testate di sinistra, nulla è più distante dalla nostra cultura. In quello che abbiamo definito “un paese senza sinistra” sarebbe un controsenso, una roba d’altri tempi.
Anche per questo a settembre, prima della nostra uscita, contattiamo e nella gran parte dei casi incontriamo le redazioni di alcune testate – il manifesto, Internazionale, Micromega e, appunto, Left – per spiegare il nostro progetto, proporre iniziative in comune, collaborazioni tra autori, scambi pubblicitari, forum su temi editoriali o politici. L’incontro tra alcuni membri del nostro Desk con la redazione di Left si tiene nella mattinata di mercoledì 19 settembre. Tutto fila liscio, per alcuni di noi si trattava anche di rivedere vecchi compagni e colleghi. Noi raccontiamo quello che stiamo per fare con Jacobin Italia, si respira un clima più che cordiale, positivo e propositivo.
Tutto bene dunque? Purtroppo no. Succede che mentre il primo numero di Jacobin Italia arriva sugli scaffali delle librerie, l’editore e amministratore unico di Editoriale Novanta recapita tramite avvocato ad Alessio prima un richiamo disciplinare e poi un licenziamento immediato, adducendo la “giusta causa”. Il licenziamento in tronco avviene senza alcuna richiesta di chiarimento verbale con l’interessato, nemmeno una parola. La “giusta causa” della quale parla la lettera in nessun modo mette in discussione l’estrema disponibilità al lavoro di Alessio, il suo impegno riconosciuto, il costante mettersi in gioco. La contestazione, e il conseguente licenziamento, sono sconcertanti: la colpa di Alessio sarebbe quella di aver lavorato per un editore definito “altamente concorrente”.
Prima quello stesso editore non dava fastidio. Adesso, il motivo del licenziamento e l’oggetto del contendere diventano proprio il fatto di aver prestato la propria arte per Jacobin Italia. È la nostra rivista, la “giusta causa” del licenziamento. Poco importa che Left sia un settimanale e Jacobin Italia un trimestrale, che il primo sia distribuito in edicola e il secondo unicamente in libreria e che quindi sostenere la natura concorrenziale dei due prodotti appaia quantomeno bizzarro. Non importa nemmeno che nel nostro primo numero esca una pubblicità di Left, così come una nostra pubblicità esca sul loro giornale: strano modo di essere “altamente concorrenti”.
Ma soprattutto in quella lettera di licenziamento non vi è traccia di rispetto e dialogo con un proprio lavoratore. È il minimo che ci si dovrebbe aspettare da un editore di una pubblicazione che nel proprio claim pubblicitario si autodefinisce “unico giornale di sinistra”, riducendo così questa parola a puro marketing.
Siamo sgomenti per Alessio e la sua famiglia. Ci lascia l’amaro in bocca un licenziamento avvenuto “a causa nostra” e con le peggiori modalità padronali, senza nemmeno un tentativo di dialogo e col rifiuto di venire incontro al lavoratore anche in sede di conciliazione. Questa storia adesso finirà in tribunale. Noi sappiamo bene da che parte stare e vogliamo esprimere tutta la nostra solidarietà ad Alessio, il cui lavoro ci teniamo stretto per i prossimi numeri. Che, ne siamo certi, Alessio sarà in grado di rendere ancora più sfolgoranti del primo. E siamo sicuri anche che il suo lavoro continuerà a contribuire a far tremare l’1% che detiene il potere, di qualunque tipo e sotto qualunque veste si presenti.
La rivoluzione non si fa a parole. Serve la partecipazione collettiva. Anche la tua.