L’urgenza di comprendere il mondo
Alain Touraine ha indagato una società in cui cultura, educazione, informazione e comunicazione hanno progressivamente superato la produzione dei beni materiali, che nell'era precedente erano centrali
Il sociologo francese Alain Touraine è scomparso il 9 giugno, all’età di 97 anni. Ci lascia una visione del mondo e delle società in continua trasformazione attraverso l’azione e le idee degli attori e dei movimenti sociali. Ha ottenuto riconoscimenti internazionali per il suo lavoro sulla società postindustriale e sui nuovi movimenti sociali ed è stato un acuto teorico della modernità. Rimane uno dei sociologi più influenti in molti paesi europei e in America Latina. Attraverso la sua vita personale (sua moglie Adriana Arenas era cilena) e intellettuale, Alain Touraine è stato strettamente legato all’America Latina. Erano a Santiago durante il governo di Salvador Allende e assistettero al colpo di stato di Pinochet nel 1973. Quindici anni dopo, la sua opera principale sull’America Latina La parole et le sang ritrasse il continente pochi anni dopo la caduta delle dittature militari.
Nato nel 1925, Touraine si laureò in storia all’Ecole Normale Supérieure nel 1950. Nei due decenni successivi ha dedicato le sue ricerche alla società industriale e al conflitto sociale che l’ha attraversata. Il lavoro era allora al centro della vita sociale e Touraine gli attribuiva la massima importanza. Tuttavia, dalla fine degli anni Sessanta, fu anche tra i primi a cogliere il cambiamento radicale che avrebbe portato la società postindustriale. Non che i conflitti sulla distribuzione delle risorse e del tempo nelle fabbriche fossero finiti, ma in questa società emergente cultura, educazione, informazione e comunicazione hanno progressivamente superato la produzione di beni materiali come elemento centrale nell’orientamento della società e come posta in gioco dei conflitti sociali. Il dominio non si giocava solo nel mondo del lavoro, ma anche in settori come l’istruzione, i consumi e l’informazione. Anche la resistenza e la trasformazione della società, di conseguenza, si sviluppavano in queste arene. Con l’espansione dell’accesso all’istruzione superiore e al consumo di beni materiali e culturali, nel 1968, i lavoratori iniziarono scioperi di massa, le persone nell’Europa orientale, gli studenti afroamericani negli Stati Uniti e gli studenti in Messico chiesero la democrazia e gli studenti di tutto il mondo proclamarono una rivoluzione creativa e culturale contro un modello sociale, culturale e politico.
Touraine ha studiato questa società post-industriale che stava emergendo davanti ai suoi occhi attraverso i movimenti sociali che l’hanno prodotta: il maggio 1968, i movimenti studenteschi, femministi ed ecologisti degli anni Settanta e il sindacato polacco Solidarnosc. Progressivamente ha dato sempre più spazio e importanza al «soggetto personale», l’individuo che cerca di diventare autore della propria vita e attore etico della società, fino a considerare questo soggetto personale come un attore storico centrale nel nostro mondo. Ciò ha portato Touraine a percepire presto la crescente importanza dell’affermazione di dignità e della richiesta di rispetto nei movimenti contemporanei. Considerava il movimento indigeno messicano zapatista sorto nel 1994 come una delle incarnazioni più chiare di questa lotta. La centralità dell’affermazione della dignità di fronte a sistemi e regimi oppressivi si estenderà a tutti i continenti con le rivoluzioni e le rivolte cittadine che hanno segnato il decennio degli anni 2010, dalle rivoluzioni arabe alla rivolta cilena del 2019 e alla ribellione delle donne del 2022 nell’Iran. La costruzione e l’affermazione di questo «soggetto personale» si gioca anche in ambiti meno visibili, comprese la vita quotidiana e i conflitti interni degli individui, attraverso «le resistenze dell’entità singolare nei confronti della produzione di massa, del consumo di massa e delle comunicazioni di massa attraverso i mass media. Non possiamo opporci a questa invasione attraverso principi universali ma solo attraverso la resistenza della nostra esperienza singolare», come scriveva nel 2002.
La società era cambiata drasticamente dal mondo industriale in cui Touraine era cresciuto e che aveva studiato con tanta energia. Non solo nelle questioni materiali o con i nuovi media e flussi di informazioni che il suo allievo Manuel Castells ha analizzato così brillantemente. Anche i principali «orientamenti culturali» della società erano cambiati. Come ha spiegato Touraine nel 2005, «è diventato difficile credere che, [come accadeva nella società industriale] solo integrandosi nella società, nelle sue norme e leggi, gli esseri umani possano diventare individui liberi e responsabili». Nel nostro mondo, non sono più la società e il sociale i criteri per definire il bene e il male, ma l’individuo-soggetto nella sua libertà creativa e come autore della propria vita e della propria etica. Tuttavia, negli ultimi decenni, nuovi «poteri totali», per usare le sue parole, mirano a prendere il controllo sulla vita e sugli orientamenti culturali delle persone fino all’intimo degli individui, e sono sorti movimenti reazionari con il vecchio richiamo all’ordine e all’identità per opporsi all’emancipazione dei soggetti etici nella nostra epoca di tarda modernità, a cui ha dedicato il suo lavoro negli ultimi quindici anni.
Touraine ha continuato a lavorare instancabilmente fino alla fine, con la forza delle sue idee e la sua capacità di cogliere eventi essenziali, spinto dalla sua urgenza di comprendere questo mondo. A 97 anni, il suo pensiero era vivace come sempre. E, come sempre, stava lavorando al suo prossimo libro. Lascia un mondo in subbuglio. Ci mancheranno le sue analisi per aiutarci a capirlo. Ma ci lascia anche strumenti analitici e concettuali, una visione del mondo non come puro sistema di dominio, ma come prodotto di attori in conflitto per orientare questa società e rivendicarne i valori.
*Geoffrey Pleyers è professore di sociologia all’Université Catholique de Louvain e ricercatore al Collège d’Etudes Mondiales di Parigi. È vicepresidente della International Sociological Association. La traduzione è di Lorenzo Zamponi.
La rivoluzione non si fa a parole. Serve la partecipazione collettiva. Anche la tua.