
Tempo scaduto per Biden
Un anno di amministrazione democratica culmina con la delusione sul soccorso alle fasce più colpite dalla pandemia e sulla tutela del diritto di voto. E il presidente crolla nei sondaggi
Penso che la tragedia sia che abbiamo un Congresso con un Senato che ha una minoranza di senatori deviati che useranno il filibuster per impedire alla maggioranza della popolazione di votare.
Dr. Martin Luther King jr., 1963
Anche quest’anno le commemorazioni di Martin Luther King jr., dal 93esimo anniversario della sua nascita del 15 gennaio alla festività nazionale del 17, sono cadute in un momento drammatico per la democrazia statunitense. Se l’anno scorso si stavano vivendo i primi strascichi dell’assalto al Campidoglio negli ultimi giorni di presidenza Trump, gli avvenimenti di questo inizio anno, culminati il 20 gennaio con l’ennesimo respingimento delle proposte di legge sui diritti di voto, il Freedom to Vote Act e il John Lewis Voting Rights Advancement Act, e la bocciatura della riforma del filibuster che avrebbe consentito a quelle proposte di legge di passare, sono forse ancora più preoccupanti perché la loro responsabilità e le loro presumibili conseguenze ricadono sulle spalle democratiche.
E non solo su quelle dei due senatori Joe Manchin (West Virginia) e Kyrsten Sinema (Arizona) che, come ancora una volta documentano David Sirota e Andrew Perez, sono i massimi rappresentanti della cospicua corruzione democratica di Washington, ma anche sulle spalle di Joe Biden, la cui incapacità, o meglio mancanza di volontà, di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale e inserite in un’agenda ormaisolo presunta, ha probabilmente raggiunto il punto di non ritorno.
A dispetto delle voci dell’informazione mainstream bipartisan che imputano a Biden di essersi spinto troppo verso quella che chiamano «l’estrema sinistra» la realtà è ben differente. Dalla firma del Rescue Plan per il Coronavirus del marzo scorso, il presidente non ha utilizzato alcune delle molte facoltà di intervento che la sua carica gli conferisce, mentre fallivano uno dopo l’altro tutti quei provvedimenti che i sondaggi hanno ripetutamente mostrato avere alti indici di gradimento tra una popolazione sempre più in affanno per le difficoltà economiche e sanitarie. Non è un caso dunque che un recentissimo sondaggio di Quinnipiac abbia visto precipitare il gradimento di Biden al 33%, persino inferiore del punto più basso di Donald Trump registrato dopo il 6 gennaio 2021. L’inerzia presidenziale sta spianando la strada alla sconfitta democratica nelle prossime elezioni di medio termine, con la conseguente riconquista del Congresso da parte di quegli stessi repubblicani che, permettendo a Donald Trump di farla franca sull’impeachment per l’assalto a Capitol Hill, gli hanno spalancato le porte alla candidatura e a una non inverosimile vittoria nel 2024.
La soppressione di voto e la nipotina di Martin Luther King jr.
In strettissima relazione con Martin Luther King jr e la lotta per i diritti civili che costituisce la sua principale eredità, il tema dei diritti di voto è stato al centro delle manifestazioni di protesta organizzate dai familiari del dr. King a Phoenix, nell’Arizona di Kyrsten Sinema, e a Washington, durante le quali hanno parlato di «no celebration without legislation» facendo eco al motto rivoluzionario settecentesco «no taxation without representation». Particolarmente incisivo e ispirante per una giovanissima generazione di attivisti il discorso tenuto a Washington nel Mlk Day dalla nipote 13enne Yolanda Renee King:
Una cosa che ho imparato dai miei nonni è che non importa quanti anni hai, non importa chi sei. Tutti noi possiamo creare il cambiamento quando scegliamo di farci avanti e parlare. […] Oggi e il giorno 22 il nostro diritto di voto è sotto attacco, perché i nostri leader eletti cercano di silenziare le nostre voci. A tredici anni io ho meno diritti di voto di quando ne avevo quando sono nata. […] Senatrice Sinema, Senatore Manchin, il nostro futuro dipende dalle vostre decisioni e la Storia ricorderà quali decisioni prenderete.
Se Yolanda ha oggi meno diritti di quando è nata nel 2008 è perché nel 2013 una sentenza della Corte Suprema li ha drasticamente ridotti rispetto a quelli del Voting Rights Bill di Lyndon Johnson del 1965.
Le due leggi attuali porrebbero dunque rimedio alla soppressione di voto che, messa in atto da anni soprattutto negli stati repubblicani come la Georgia o il Texas, è stata ulteriormente amplificata nel 2021 sia attraverso il gerrymandering, ossia la ridefinizione dei distretti elettorali a svantaggio delle classi più povere e delle minoranza etniche, sia con nuove leggi.
Il 24 dicembre scorso il Guardian riportava una ricerca che «mostra l’entità degli sforzi repubblicani per sabotare la democrazia. La ricerca identifica che almeno 262 proposte di legge sono state introdotte in 41 stati nel corso di quest’anno con l’intento di sabotare il processo elettorale». Il resoconto di fine anno dell’indagine, «condotta da gruppi pro-democrazia» rileva che «32 di quelle proposte di legge sono diventate legge in 17 stati».
Mantenere il filibuster per garantire lo status quo
Ciò che è avvenuto mercoledì 19 gennaio, ben sintetizzato dal titolo di Fox News, «La ‘nuclear option’ dei democratici fallisce, morte le proposte di legge sulle elezioni dopo che Sinema e Manchin votano per mantenere il filibuster», mette in evidenza come il filibuster blocchi la democrazia. Regola del Senato che impone la supermaggioranza di 60 voti per fare accedere all’aula le proposte di legge su cui viene invocato, il filibuster è prepotentemente entrato nel dibattito politico il 3 gennaio 2022, quando Chuck Schumer ha inviato una lettera ai suoi colleghi senatori, minacciando di ricorrere alla sua riforma anche con l’uso della nuclear option – invocabile solo da lui in quanto Speaker per costringere un voto a maggioranza semplice – se nel Mlk Day 10 repubblicani non si fossero uniti ai democratici per approvare le leggi sui diritti di voto.
Sebbene molto apprezzabile, soprattutto per aver portato alla ribalta la questione filibuster, la lettera di Schumer è apparsa anche ingenua e a tratti grottesca, non tanto per la remota possibilità di trovare consenso tra i repubblicani ma per l’utopica fantasia che Manchin e Sinema – già affossatori del piano sociale e climatico finito nel dimenticatoio democratico una volta andata a segno la trappola del piano bipartisan sulle infrastrutture, ricco di privatizzazioni e concessioni a corporation e industrie fossili – potessero una volta tanto fare qualcosa contro gli interessi propri e delle corporation.
Sia Manchin sia Sinema hanno giustificato la «sofferta» decisione di mantenere intatto il filibuster, malgrado la loro opinione favorevole al diritto di tutti i cittadini di avere accesso a elezioni corrette, adducendo la scusa della salvaguardia della democrazia americana che una modifica non bipartisan del filibuster avrebbe compromesso. La realtà è che se in passato quella regola, non inserita nella Costituzione del 1787 ma introdotta nell’Ottocento e non a caso chiamata con un termine del gergo piratesco perché veniva usato soprattutto dai politici razzisti oggi, a dispetto dei media mainstream che continuano a parlarne in termini razziali, il filibuster è il mezzo privilegiato attraverso il quale i poteri forti mantengono inalterati i propri privilegi. Così come li mantiene quella nutrita classe di lobbisti, alti dirigenti, politici, amministratori pubblici e purtroppo giornalisti che, sulla pelle della maggioranza della popolazione, si arricchiscono non per merito e capacità ma per corruzione. Proprio qualche giorno fa The Hill documentava i record di spesa raggiunti nel 2021 per corrompere:
Le più grandi compagnie della nazione e le loro associazioni di commercio si sono rivolte alle ditte di lobbying che hanno stretti legami con leader del congresso e ufficiali amministrativi per combattere le proposte democratiche per ridisegnare le industrie chiave e contrastare il consolidamento delle corporation. […] I lobbisti delle corporation hanno spinto i legislatori ad apportare cambiamenti favorevoli all’industria praticamente in ogni settore del piano sociale e climatico di Biden, inclusi i provvedimenti su tasse alle corporation, prezzi dei medicinali, energia pulita e congedo retribuito. La risicata maggioranza democratica in Congresso ha reso più facile per i lobbisti influenzare la proposta di legge.
Gli appelli di Marianne Williamson e Nina Turner
Tra le tante voci levatesi affinché il presidente Biden cambi drasticamente rotta prima che sia troppo tardi, quella di Marianne Williamson:
Non è lo sforzo repubblicano di sopprimere il voto, ma piuttosto il fallimento democratico di ispirare il voto che pone il pericolo più grave per i democratici in novembre. Il più potente antidoto alle leggi sulla soppressione di voto sarebbe che il presidente degli Stati uniti desse alla gente qualcosa per cui votare.
Come ha ribadito in diverse interviste, l’autorevole ex-concorrente alle primarie democratiche nel 2020 invita Biden a riflettere sul perché gli abitanti delle zone rurali, dove magari sono stati chiusi sei seggi su sette, dovrebbero affrontare lunghi viaggi e lunghissime code per votare per un partito che da anni non fa nulla per loro. «Se non mantieni le promesse allora è veramente difficile riuscire a ispirare le persone». Ecco perché il presidente dovrebbe utilizzare gli ordini esecutivi laddove la legislazione glielo consente, ad esempio «dichiarando lo stato di emergenza nazionale per espandere il medicare a tutti», prerogativa concessa al presidente secondo una clausola inserita nell’Obamacare che Biden dovrebbe conoscere bene essendo stato vicepresidente di Obama per otto anni, «cancellando il debito studentesco», «declassificando la marijuana dalla prima categoria» in modo da ridare la libertà alle «centinaia di migliaia di persone recluse per reati connessi alla marijuana» e, alludendo al bipartisan Infrastructure Bill di cui Joe Biden è tanto orgoglioso: «Se non si ispira la gente, come si più dire alle persone che non possono nemmeno affrontare le rate della macchina che dovrebbero essere contente perché le strade sono state messe a posto?».
Meno diplomatica Nina Turner, che sulla Cnn in un confronto televisivo con un collaboratore di Joe Manchin si è direttamente rivolta a Joe Biden con queste parole:
Il mio messaggio al presidente Biden è che ha già sprecato un sacco di tempo con queste persone, facendo il diplomatico, invitandole alla Casa Bianca. Il tempo è scaduto. Deve tenere una conferenza stampa e dire loro: «O vi mettete dalla mia parte, vale a dire che starete con me nello sbarazzarci del filibuster o vi metterò il pepe al sedere e andrò direttamente in Arizona e in West Virginia per far sapere agli americani chi sta ostacolando tutta la mia agenda. E non solo i diritti di voto». Quindi presidente Biden, si dia una mossa e cancelli il debito studentesco. Faccia queste due cose.
*Elisabetta Raimondi è stata docente di inglese nella scuola pubblica. È attiva in ambito teatrale ed artistico, redattrice della rivista Vorrei.org per la quale segue dal 2016 la Political Revolution di Bernie Sanders
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