Amadeus ha ragione
Il Festival di Sanremo è di tutte, da sempre. Dunque perché non lasciare un po’ di spazio anche agli uomini? Il fatto che sia condotto da un uomo calvo e brutto è già di per sé un segnale
Io non capisco perché se la stanno prendendo tanto con Amadeus. Ha fatto un discorso sincero, che chiaramente gli veniva dal cuore. Era emozionato per un sogno che si avvera, quello di presentare il Festival di Sanremo, e si sa che gli uomini le emozioni forti non le sanno gestire. È per questo che non ricoprono quasi mai ruoli di potere, come la conduzione di un festival televisivo: non sono razionali quanto le donne.
Ma io me le immagino, a viale Mazzini. Ti arriva uno così, con quel pizzetto scultoreo, quell’aria lì un po’ frescona, e che non gliela dai una possibilità? Soprattutto in questi tempi di quote blu. Io sono contenta gliel’abbiano data, anche se adesso le altre gli renderanno la vita difficile. D’altronde, se lo doveva aspettare: è sempre così quando apri la strada, quando sei un uomo in un mondo di donne.
A dire il vero sono molto stupita che non sia scoppiato a piangere dopo le critiche – o forse lo ha fatto, magari di nascosto, chiuso in bagno per non farsi vedere dalle colleghe. Ha dato prova di grande sangue freddo di fronte alla gogna mediatica, ribadendo che lui è responsabile solo di quello che dice, non di quello che vogliamo fraintendere noi, accecate dai nostri pregiudizi secolari.
È stato bravo, ma su questa storia dei pregiudizi non so se sono d’accordo. Mi fa pensare che ci sia dietro del livore personale. Basta guardare le figure femminili dello spot che ha pensato per il festival: donne che zittiscono un piccolo Amadeus stonato e brufoloso, prefigurazioni austere e censorie di quello che sarebbe venuto. È evidente che si è legato al dito qualche episodio del passato, però non è giusto generalizzare. Non tutte le donne sono così! Molte di noi lasciano gli uomini liberi di cantare, di esprimersi e persino di lavorare – certo, dopo che hanno finito di cucinare e stendere il bucato.
Comunque sia, non lo condanno per essersi lasciato un po’ andare. Molti studi sostengono si tratti di una predisposizione biologica maschile, tipo le danze dell’accoppiamento o la ruota dei pavoni: un atteggiamento esagerato dovuto al fatto che gli uomini spesso sono costretti a fare di più per dimostrare di valere tanto quanto le loro compagne. Io li capisco, perché anche quando riescono ad arrivare in luoghi importanti, come la televisione pubblica, quasi sempre li mettono a parlare di calcio. Si pensa che un uomo possa parlare solo di altri uomini.
E invece gli uomini possono parlare di tutto! Io ne sono convinta. Non al livello delle loro colleghe, ovvio, ma il tentativo è comunque encomiabile. E Amadeus lo sta dimostrando: invece di dargli addosso, dovremmo complimentarci con lui, perché sta facendo capire alla società italiana – da questo punto di vista un po’ retrograda, dobbiamo ammetterlo – che un uomo può essere molto di più di «un ragazzo che parla di sport».
E poi bisogna ricordare che il mondo dello spettacolo è particolarmente duro con gli uomini. Degli attori si guardano soltanto la tartaruga e i bicipiti, e per avere successo la strada è lunga e difficile: carriere bloccate da torme di registe e produttrici famose, che si dice arrivino a chiedere favori sessuali in cambio di parti importanti. Mi pare si chiami «tetto di cristallo», so di uomini che ne hanno scritto in passato, ma io non ho mai letto nulla al riguardo – l’ho solo sentito dire da altri uomini arrabbiati. I miei amici maschi, ad esempio, mi hanno fatto notare che anche quest’anno non ci sono registi candidati all’Oscar, ma solo registe. È un caso? Forse sì, forse no, chi può dirlo. Personalmente ritengo che se non sono stati candidati registi maschi è perché non ce n’erano di abbastanza bravi, ma tutto può essere.
D’altra parte è difficile farsi un’opinione su queste questioni, specialmente perché non riguardano direttamente noi donne, che infatti non ci pensiamo quasi mai, ma gli uomini. Però in effetti suona un po’ strano che il festival di Sanremo vada avanti da ben settant’anni e ancora si parli di «presenza maschile», mentre è scontato che sia sempre una donna a condurre il festival. Parliamo ancora di «valletti», di «mori» e di «biondi», come fossero soprammobili. E guardate che anche gli uomini ne parlano così! Anzi, sperano sempre di essere belli quanto il valletto di turno – e noi lì a rassicurare i nostri fidanzati e mariti che lo sono molto, molto di più!, malgrado la pancetta incipiente. Poi non si possono certo stupire se ne commentiamo soprattutto gli attributi fisici. Come tutti i soprammobili, l’importante è che siano belli, no? Mia nonna lo diceva sempre, che gli uomini sono più affascinanti quando stanno zitti. E infatti: per una volta che uno parla, guarda che polverone.
Magari certe divisioni esistono per un motivo, non saprei. Però Amadeus sta facendo bene a scardinare questi vecchi tabù, ribadendo che la presenza maschile non solo è importante, ma dev’essere quasi pari a quella femminile. Certo io mi occupo di politica, e non di spettacolo, ma penso che sia un passo avanti – basta che poi non ne stiamo troppo a discutere, altrimenti perdiamo del tempo.
Credo che bisogna essere ragionevoli, e accontentarsi di quello che c’è senza fare troppo rumore: il fatto che il festival della canzone italiana sia condotto da un uomo calvo e brutto è già di per sé un segnale. Sanremo è un’istituzione nazional-popolare, come la pizza margherita e il caffè della moka, quindi è di tutte, da sempre: delle cantanti, delle conduttrici, delle giornaliste. Perché non lasciare un po’ di spazio anche agli uomini? Forse è arrivato il momento di fare il «passo indietro» che ci chiede Amadeus. Lasciamogli questa soddisfazione! Tanto, finito il Festival, tornerà come tutti a lavare i piatti.
*Gaia Benzi è attivista e ricercatrice di letteratura italiana. Ha scritto per Micromega, Dinamopress, CheFare e Nazione Indiana.
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