Le pagine mancanti dei libri di testo: Giorgio Marincola
Partigiano somalo-italiano, partecipò alla Liberazione e fu ucciso a 22 anni nell’ultima strage nazista compiuta sul territorio italiano. Ma fino a pochi anni fa il suo nome era assente nella memoria nazionale
Pubblichiamo un estratto dei Materiali per una didattica decoloniale, usciti sul numero 9 di Jacobin Italia. In questo estratto le autrici dei materiali lavorano su una pagina rimossa della storiografia della Resistenza, fondamentale a una genealogia del razzismo e dell’antirazzismo in Italia. Il testo è accompagnato da alcuni interrogativi a partire dai quali stimolare il dibattito in classe e da una piccola cronologia che permette una lettura critica della storia (post)coloniale italiana e delle forme con cui precede e attraversa la storia del fascismo, attualizzando le ragioni di una Resistenza antirazzista nel presente.
Giorgio Marincola nasce in Somalia nel 1923, da Giuseppe, maresciallo di fanteria calabrese stanziato con le truppe italiane in Somalia dal 1919, e Aschirò Hassan, una giovane donna somala nata nel 1901. Due anni dopo la nascita di Giorgio, nel 1925, viene alla luce la sorella, Isabella.
Dal 1889 circa l’Italia esercitava una forma di «protettorato» sulla Somalia mentre la vicina Eritrea viene occupata e dichiarata colonia Italiana nel 1890. Nel dicembre del 1923, a pochi mesi di distanza dalla nascita di Giorgio, la Somalia viene affidata al Conte Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, quadrumviro della marcia su Roma, avvenuta l’anno precedente. Sia Giorgio che Isabella, dunque, nascono in un contesto coloniale e fascista ed entrambi, poiché riconosciuti dal proprio padre, sono, per diritto di sangue cittadini italiani. Cittadini, italiani neri.
Nel 1926 Giuseppe decide di lasciare la Somalia e porta con sé i due bambini per farli crescere in Italia, poiché non ritiene che Aschirò Hassan, una donna africana, sia in grado di crescere i suoi figli. A causa di questa decisione, Giorgio non avrà più modo di vedere sua madre. Una volta arrivati a Roma, nel giugno del 1926, Giuseppe sposa a Roma la sorella di un suo commilitone, Elvira Floris, e Giorgio viene mandato a Pizzo Calabro, dal fratello di Giuseppe e la moglie Emilia, che non avevano figli. Giorgio rimarrà in Calabria fino al 1933, quando lo zio muore. Verrà quindi fatto tornare a Roma dove, nel frattempo, Elvira Floris aveva dato alla luce una bambina di nome Rita nata nel 1928 e Ivan nato nel 1929. Se l’infanzia di Giorgio in Calabria sarà un periodo di grande serenità, lo stesso non si può dire per Isabella che subisce le continue violenze fisiche e morali della matrigna, che non tollerava di dover crescere una bambina nera, frutto del tradimento del marito con una donna africana.
È a Roma, nel 1938, quando si iscrive al primo anno di ginnasio nella zona Esquilino, che Giorgio fa la conoscenza del professore di Storia e Filosofia, Pilo Albertelli, docente noto per le sue posizioni spiccatamente antifasciste. È il Professore che instilla in Giorgio e i suoi compagni un pensiero critico di dissenso verso il regime e una passione per il concetto di libertà. Un giorno del 1938, mentre si discute Kant, due agenti della polizia fascista entrano in classe e ordinano al professore di seguirli in questura per un interrogatorio. Il professore intima loro di andarsene e di non disturbarlo poiché sta facendo lezione. Quando i due agenti escono, Albertelli smette di spiegare Kant e invita gli studenti a riflettere su quanto accaduto: «È inutile continuare questo argomento, ciò che avete visto vale più di qualunque lezione: non lo dimenticate». Le lezioni e gli esempi di Albertelli saranno fonte di grande ispirazione e ammirazione per Giorgio che da lì a poco comincerà l’attività di resistenza insieme al professore e altri compagni.
Il liceo termina nel 1941 e Giorgio insieme agli amici decide di iscriversi all’università e studiare medicina. Nel frattempo, l’anno precedente l’Italia è entrata in guerra e Roma, dove Giorgio vive con Elvira Floris, le sorelle e il fratello (Giuseppe è spesso assente per motivi di servizio e verrà poi fatto prigioniero di guerra dagli inglesi), subisce gravi bombardamenti. Nel 1943 la casa di famiglia viene danneggiata e la famiglia Marincola viene portata insieme ad altri sfollati a Montorio Romano. Giorgio invece comincia a operare all’interno del Partito d’azione dove ritroverà il professor Albertelli che purtroppo verrà arrestato da lì a poco. Dopo venti giorni di torture, verrà fucilato nella strage delle Fosse Ardeatine, insieme ad altri 334 ostaggi, il 24 marzo 1944.
Agli inizi di giugno 1944 gli Alleati entrano a Roma e, nonostante Giorgio contribuisca alla liberazione della propria città, decide comunque di continuare l’attività di resistenza. Si fa paracadutare tra Ivrea e Biella dove, dall’agosto del 1944 fino agli inizi del 1945 si occupa principalmente di azioni di sabotaggio delle linee ferroviarie e automezzi tedeschi usando il soprannome Mercurio.
Nel gennaio del 1945 viene arrestato durante un rastrellamento nazifascista nella zona collinare a est di Biella. Qui, dando le false generalità di Renato Marino, viene condotto a Biella, nella famigerata Villa Schneider, un grazioso edificio liberty del XIX secolo, famoso luogo di reclusione in cui si operavano terribili forme di torture e violenza. Al piano superiore della villa, era stata installata una radio, Radio Baita, usata per fini propagandistici di informazioni antipartigiane a cui i prigionieri venivano obbligati a partecipare. Una sera di gennaio 1945, la voce di Giorgio viene trasmessa dalle frequenze di Radio Baita. Alla domanda sul perché un italo-somalo combattesse con la resistenza Giorgio, di fronte ai propri aguzzini, risponde con parole che rimarranno scritte nella storia: «Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla carta geografica… La patria non è identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i popoli del mondo. Per questo combatto gli oppressori…». Nell’udire queste parole, la trasmissione viene interrotta mentre si sentono, per pochi istanti, il rumore delle botte che colpiscono il corpo di Giorgio.
A febbraio viene trasferito a Torino per poi essere deportato nel campo di concentramento di Bolzano. È alla fine dell’aprile 1945 che il Lager verrà consegnato alla Croce Rossa Internazionale mentre le SS si dileguano. Scrive un compagno di prigionia di Giorgio riguardo quella giornata: «La libertà una favola bella, buona solo ad illudere bambini. Ma invece non era una favola, ma una radiosa realtà che ci aprì le braccia un lunedì, il 30 aprile».
Nonostante sia finalmente libero e abbia la possibilità di essere portato in Svizzera dalla Croce Rossa, Giorgio decide di unirsi di nuovo alla resistenza partigiana e si incammina, insieme al compagno Vittorio De Merio, verso la Val di Fiemme. All’interno del Lager avevano preso contatti con partigiani trentini e sapevano che i tedeschi erano sempre più accaniti verso la popolazione civile. È proprio Vittorio che ricostruisce gli ultimi cinque giorni di Giorgio in una lettera che verrà poi consegnata alla famiglia Marincola. Riguardo la liberazione dal Lager e il desiderio di Giorgio di continuare la lotta contro la violenza nazifascista, Vittorio, scrive: «Fosti tu a risvegliarmi il mattino seguente, seduto sul letto: ‘Vittorio’, mi dicesti ‘Non ti sembra ignobile finirla così?’. Ti guardai perplesso. ‘Raus’ e disegnasti nell’aria la frusta che ci aveva martoriato la carne per tanto tempo, che tanti compagni aveva ucciso».
Il 4 maggio 1945 a Molina di Fiemme, nell’ultima strage nazista compiuta sul territorio italiano, un camion tedesco che mostra la bandiera bianca della resa, apre inaspettatamente il fuoco e Giorgio viene colpito a morte, all’età di ventidue anni. Proseguendo a Stramentizzo le SS uccidono undici partigiani e dieci civili. Nella notte tra il 4 il 5 maggio un fotografo viene inviato sul luogo della strage e il corpo di Giorgio verrà identificato come il «cadavere inspiegabile»: un medico sudafricano? Un partigiano afro-americano? Un «mulatto» internato nel Lager di Bolzano? Nessuno sapeva spiegare a chi appartenesse quel corpo. Quel che è certo è che non poteva essere italiano, visto il colore della sua pelle.
Nel gennaio del 1946, l’Università di Roma conferisce alla memoria di Giorgio Marincola la laurea ad honorem e nel 1952 viene decorato dalla Repubblica italiana con Medaglia d’Oro al Valor Militare. È nel 2008 con la pubblicazione del libro Razza Partigiana di Carlo Costa e Lorenzo Teodonio che la storia di Giorgio riceve finalmente attenzione.
L’assenza di memoria nazionale verso questa storia e il razzismo subito in Italia, saranno fonte di grande dolore per Isabella che fino all’ultimo giorno di vita, continuerà a porsi una domanda: «per quale paese è morto mio fratello?».
Anche se da vent’anni ormai una nuova generazione di studiosi e studiose in Italia cerca di produrre riflessioni critiche sul periodo coloniale e postcoloniale italiano, è nel 2020, a seguito della morte di George Floyd e delle fortissime proteste del movimento Black Lives Matter su scala globale che il nome di Giorgio Marincola è finalmente riconosciuto dall’opinione pubblica italiana. Antar Marincola, il figlio di Isabella, non ha mai smesso di far conoscere la storia di suo zio Giorgio ed è proprio nell’agosto del 2020, dopo una petizione partita online e sostenuta da varie associazioni, che a Roma, il Campidoglio, ha votato favorevolmente una mozione che propone di intitolare a Giorgio Marincola una nuova fermata della Metro C che verrà terminata nel 2024. Ciò che sembra incredibile però è che questa fermata della metropolitana si trova nei pressi di un viale denominato Viale Amba Aradam, luogo in cui i soldati fascisti in Etiopia uccisero 20.000 persone con l’uso di gas tossici.
Dibattito per la classe
Dopo aver letto questa storia sembra importante porsi alcune domande:
– se celebrare il fascismo è oggi un reato, per quale ragione esistono ancora nelle nostre città delle vie, strade, piazze e statue che commemorano le stragi e i massacri compiuti dall’Italia fascista?
– Cosa bisognerebbe fare a riguardo?
– E perchè nè Isabella ne Giorgio vengono visti come italiani?
– Che cosa rende una persona «italiana»?
Cronologia
1882: Con l’acquisto della Baia di Assab inizia la presenza coloniale dell’Italia in Eritrea
1889: L’Italia proclama il protettorato sulla Somalia
1890: L’Eritrea viene dichiarata Colonia Italiana
1896: Battaglia di Adua considerata la più pesante sconfitta coloniale di un paese europeo in Africa
1911: Guerra Italo-Turca. L’Italia inizia la sua contrastata presenza in Tripolitania e Cirenaica, creando la colonia di Libia
1922-1931: Repressione italiana della rivolta in Cirenaica capeggiata da Omar al-Mukhtar. Largo ricorso all’internamento dei civili in campi di prigionia
1935-1936: Guerra d’Etiopia. L’Italia fascista invade l’Etiopia facendo ricorso ad armamenti vietati dalle convenzioni internazionali, tra cui i gas asfissianti
1936: Battaglia di Amba Aradam. I soldati fascisti uccidono 20.000 etiopi con l’uso di armi tossiche
1937: Il regime fascista emana la prima legge a carattere razziale, che punisce legalmente le relazioni sessuali tra uomini italiani e donne africane.
1937: In risposta al fallito attentato ai danni del viceré Rodolfo Graziani, civili italiani, militari e squadre fasciste scendono nelle strade di Addis Abeba e uccidono circa 30.000 civili etiopi
1938: Pubblicazione de “Il manifesto della razza” ed entrata in vigore delle leggi razziali contro gli ebrei
1939: Introduzione delle “Sanzioni penali per la difesa del prestigio di razza di fronte ai nativi dell’Africa italiana”
1940: Introduzione delle “Norme Relative ai Meticci”
1940: Mussolini dichiara guerra a Francia e Gran Bretagna.
1941: L’esercito italiano è sconfitto dall’esercito britannico sull’Amba Alagi e poi definitivamente a Gondar.
1943: Occupazione delle forze alleate in Libia
1943: Armistizio di Cassabile. L’Italia proclama la resa agli alleati
1945: Ultima strage nazista in territorio italiano, il 4 maggio. Resa della Germania nazista quattro giorni dopo
1947: Trattato di Parigi. L’Italia perde formalmente il possesso delle colonie
1950: Le Nazioni Unite assegnano all’Italia l’amministrazione fiduciaria della Somalia (Afis) per dieci anni. Si replicano ampiamente le politiche coloniali del passato
1960: Indipendenza della Somalia che si costituisce una repubblica il primo luglio
E la storia continua…
*Angelica Pesarini è docente di Sociologia alla New York University di Firenze dove insegna «Black Italia», un corso dedicato all’analisi delle intersezioni di razza, genere e cittadinanza, ed è Associated experts per Razzismo Brutta Storia (Feltrinelli).
La rivoluzione non si fa a parole. Serve la partecipazione collettiva. Anche la tua.