Una semplice, tragica, pretesa di superiorità
Le pulsioni più mostruose del paese si ritrovano a Verona. Bisogna reagire, perché il seme dell'oppressione non si estirpa mai una volta per tutte
La nera vena del mondo, quella pulsante odio, confluisce a Verona. Dopo le tante parate delle sentinelle in piedi, i vari Family Day, le marce paramilitari delle d/estreme ecco la prima prova molto muscolare dell’epoca leghista.
Dal 29 al 31 marzo 2019 Verona, con il patrocinio della “Presidenza del Consiglio dei ministri – ministro per la Famiglia e la Disabilità”, ospiterà il tredicesimo Congresso Mondiale delle Famiglie (World Congress of Families, Wcf), che riunisce il movimento globale antiabortista, antifemminista e anti-Lgbtqi, tutti considerati degli attentatori della famiglia naturale e la causa di un imminente crollo demografico. Parteciperanno associazioni ed esponenti politici della destra radicale, cristiana e integralista da tutto il mondo ma anche tre ministri del governo italiano (il ministro dell’interno e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, il ministro per la famiglia e la disabilità Lorenzo Fontana, il ministro dell’istruzione Marco Bussetti), oltre al presidente della Regione Veneto Luca Zaia, al senatore leghista Simone Pillon (promotore del vergognoso disegno di legge su diritto di famiglia, separazione e affido condiviso dei minori), la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e il sindaco di Verona Federico Sboarina.
Un concentrato di fanatismo razzista, xenofobo, suprematista, fobico di varie diversità di genere e sessuali. Nel loro caso forse non possiamo però nemmeno parlare di omo e transfobia perché la loro non è paura – che rappresenterebbe una spiegazione/giustificazione scientifica – quanto piuttosto una semplice, tragica pretesa di superiore purezza.
Per la città scaligera non è assolutamente una novità perché da anni è a tutti gli effetti il laboratorio riconosciuto delle nuove destre. Solo la sedicente “sinistra” istituzionale non se ne era mai accorta o aveva preferito non vedere, ma i segnali c’erano tutti già dal 1995, quando il consiglio comunale veronese discusse e in parte deliberò su aborto e omosessualità, rifiutandosi di recepire le regolamentazioni europee varate nel 1994 con interventi nel dibattito che sostenevano che le donne erano destinate alla riproduzione e a essere sottomesse, mentre gli omosessuali essendo bestie andavano tenuti su un’isola. Ci fu una risposta molto forte da parte delle Strisce, il collettivo Lgbt che su quelle assurde dichiarazioni si formò dando vita a una delle manifestazioni unitarie più grosse che la città ricordi, denominata Alziamo la Testa. Durante quei giorni le Strisce si staccarono di fatto da Arcigay di cui facevano parte perché aveva avuto un atteggiamento morbido o neutrale di fronte a un evidente attacco alle libertà e ai diritti.
Col tempo quella divaricazione interna al movimento Lgbtq portò a posizionamenti chiari e significativi rispetto a temi che ci riguardavano molto da vicino, quali la laicità, il proliferare delle nuove destre e l’antifascismo. Quel posizionamento fu uno spartiacque tra la parte radicale e quella moderata e mainstream del movimento. Erano gli anni o meglio i decenni in cui tutta l’attenzione era concentrata sull’ottenimento di una legge sui matrimoni e unioni civili, facendo dimenticare quanto si muoveva intorno a noi, compreso il proliferare sempre più evidente dei nostri aguzzini che avevano ripreso a seminare odio. Eppure nelle nostre retrovie non si riusciva, paradossalmente, a trovare una spiegazione al dilagare della violenza omo/transfobica che pian piano pose l’Italia al primo posto in Europa per crimini d’odio. Incredibile ma vero, successe perfino che una delegazione Lgb (non c’erano trans) formata da personaggi conosciuti della componente mainstream del movimento nel 2008 si recò in visita a CasaPound dichiarando poi che quelli erano bravi ragazzi e il problema era piuttosto legato alle provocazioni degli antagonisti. Tutti episodi che se si riuscissero a leggere con la dovuta attenzione e serietà, ci offrirebbero una visione più ampia di cosa è successo in questi anni e soprattutto una più corretta consapevolezza del perché dell’esplosione delle nuove destre e del perché questo evento sia adesso ospitato proprio in Italia.
Il collettivo Facciamo Breccia che di quella resistenza si fece interprete e portavoce produsse numerose fanzines e altro materiale sulla rinascita, qualora fossero mai scomparse, delle nuove destre legate all’ultra fondamentalismo cattolico. Facciamo Breccia nacque nel 2005 ed era composto da attiviste e attivisti trans, omosessuali, lesbici, queer, femministe che avevano come obiettivo la laicità, l’autodeterminazione e l’antifascismo – tre piani molto intrecciati tra di loro. Il collettivo, oltre a diversi Pride, organizzò tra il 2005 e il 2010 molte manifestazioni, la più conosciuta delle quali era il NO VAT che si svolgeva ogni anno a Febbraio nell’anniversario della firma dei Patti Lateranensi.
Ora è giusto, giustissimo che si lanci l’allarme ed è politicamente sensato dare una risposta perché il recinto si è aperto e le vacche son scappate, quindi non è più tempo di lasciar correre. Per quanti vivono e agiscono con la visibilità che contraddistingue il loro essere diversi dal modello dominante – transessuali, omosessuali, zingari, neri e tutte le sfumature del non bianco – la percezione del pericolo è sempre più forte. Dopo vent’anni di berlusconismo, e di una sinistra ridotta al solo anti-berlusconismo, c’è rimasto poco del tessuto socio-culturale di questo paese e ciò ha spianato la strada alle pulsioni più mostruose fino allo sdoganamento politico senza remore da parte del governo salviniano dei peggiori umori del paese. Stiamo assistendo (anche io in prima persona) a comportamenti e atteggiamenti aggressivi diffusi in un modo che prima mai nemmeno avremmo immaginato. La rabbia sociale per il peggioramento delle proprie condizioni materiali, per la povertà e l’insicurezza sociale crescente, come altre volte nella storia, viene fatta sfociare in pregiudizi, razzismo, rancori verso determinate categorie, rappresentate come l’origine di tutti i mali. Il fatto che questo governo autorizzi e incentivi “l’uomo qualunque” a esternare il proprio razzismo e odio verso le diversità è il marcatore di senso della nostra epoca, così come il Nero Cabaret che si svolgerà a Verona ne è apice e sunto. Arriveranno, come nelle storie più tragiche, veri e propri criminali con sulla coscienza milioni di atti violenti, persecuzioni, morti che la società moderna e contemporanea pensava appartenessero al passato.
Ma, a volte ritornano! Sono i cultori delle identità forti, centrali, maschie! I suprematisti della razza. Sono quelli che riconoscono solo il proprio centro seminando la paura dei confini, delle frontiere, delle sfumature ibride presenti nella nostra società.
I Wcf finanziano studi (tutti ovviamente screditati) per correlare le famiglie omogenitoriali a un peggior stato nella crescita dei bambini, per creare un nesso tra il matrimonio tra persone dello stesso sesso e aumento della pedofilia e per associare l’aborto ai problemi di salute. Hanno costruito con cura una fantomatica teoria del “Gender” che nei fatti non esiste ma secondo loro agirebbe soprattutto nelle scuole per corrompere e deviare bambini e adolescenti. È la stessa scienza a sconfessarli eppure si sentono i rappresentanti naturali della specie, della famiglia naturale, dell’identità naturale.
Sono fuori tempo? Non sembra perché saranno in piene forze a Verona. Però sono fuori dal mondo, quello stesso che li espellerà come un brutto tumore.
La coscienza della resistenza, la sua essenza è quella di restare vigili perché il seme dell’oppressione non viene estirpato una volta per sempre ma ricresce: guai a dormire sugli allori delle conquiste passate. Durante una della mie recenti presentazioni del libro AntoloGaia, il preside di facoltà di una nota università del Centro Italia, dichiaratamente gay e di sinistra, mi contestò giudicando il mio allarmismo fuori luogo e fuori tempo. Secondo lui i nostri diritti erano acquisiti, non correvano rischio. È la stessa identica retorica della delegazione Lgb andata in visita a CasaPound.
A cinquant’anni esatti dalla Rivolta di Stonewall, iniziata con l’irruzione della polizia nel locale gay di New York e ritenuta il punto di partenza del percorso di liberazione dei movimenti Trans, Lesbici e Gay, nella manifestazione di Verona lanciata da Non una di meno sarà necessario affermare che indietro non si torna e piazzare un’asticella per materializzare e visualizzare la nostra liberazione.
*Porpora Marcasciano, presidente onorario Mit (Movimento identità trans), è autrice tra l’altro di L’aurora delle trans cattive (Alegre, 2018), AntoloGaia (Alegre, 2015) e di Favolose narranti (Manifestolibri, 2008).
La rivoluzione non si fa a parole. Serve la partecipazione collettiva. Anche la tua.