Gli otto mesi di sciopero dei postini francesi
Dalla repressione di un militante sindacale all'organizzazione del lavoro, questo conflitto ingloba molteplici dimensioni delle lotte contemporanee. Un'intervista ai tre militanti più attivi tra i lavoratori in mobilitazione permanente
Da più di otto mesi, i lavoratori e le lavoratrici delle Poste Hauts-de-Seine sono in sciopero. Dalla repressione di un militante sindacale all’organizzazione del lavoro, passando per il contenuto stesso del lavoro e la critica della precarietà, questo conflitto ingloba molteplici dimensioni delle lotte contemporanee. E al di là di una lotta di settore, i lavoratori in sciopero delle Poste non solo costruiscono un legame con altri settori combattivi ma anche con delle lotte che oltrepassano la questione del lavoro. Abbiamo intervistato Xavier, Gael e Ibrahim, i tre militanti più attivi e carismatici tra i 150 postini in sciopero.
Come è iniziata la vostra lotta? Cosa vi ha spinti a mettervi in sciopero? Come è andato il primo periodo di questo conflitto? E quali sono state le evoluzioni principali dalla scorsa primavera?
Brahimi Ibrahimi: Il punto di partenza di questo sciopero, è l’autorizzazione data sabato 24 marzo 2018 da Muriel Pénicaud, ministro del Lavoro, al licenziamento di Gaël, che è il segretario del sindacato Sud Poste 92. Da lunedì 26 marzo, 150 postine e postini del 92 sono in sciopero. La sera del 26 marzo, 500 persone si riuniscono davanti al Ministero del Lavoro con la partecipazione di rappresentanti di varie forze sindacali e politiche, fra cui Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise. Da gennaio a marzo 2018, all’avvicinarsi della minaccia del licenziamento di Gaël, abbiamo portato avanti una campagna molto ampia in difesa di Gaël, grazie alla quale abbiamo ricevuto il sostegno di un vasto numero di personalità del movimento operaio e del movimento sociale, come Elie Domota dell’Union Générale des Travailleurs de Guadeloupe e del Lkp, deputati del Partico comunista francese e della France Insoumise, di un membro della direzione del sindacato confederale Cgt… Come spiegare che 150 persone si mettono in sciopero per difendere un rappresentante sindacale… e essere ancora in sciopero 9 mesi dopo? La nostra organizzazione sindacale ha una particolarità: in pieno sciopero, abbiamo ottenuto la percentuale di suffragi quasi più alta di tutte nel nostro dipartimento, in occasione delle elezioni professionali che riunivano tutte le organizzazioni e i dipartimenti, difendendo un orientamento radicale, che rimette esplicitamente in discussione il potere direttivo del datore di lavoro. Quindi siamo allo stesso tempo ampiamente maggioritari e molto radicali. I legami di solidarietà creati nel corso di molteplici conflitti che abbiamo portato avanti dal 2009 sono una delle ragioni della portata e della durata dello sciopero. Gaël é vittima di un accanimento inaudito: la procedura che ha condotto al suo licenziamento è cominciata nel 2010, il suo licenziamento è stato rigettato varie volte dai tribunali, dall’Ispettorato del Lavoro che ha dichiarato che Gaël è oggetto di «discriminazione sindacale» e anche da Xavier Bertrand, il ministro del lavoro di Sarkozy! Le Poste hanno fatto sistematicamente appello e sono riuscite a vincere otto anni dopo grazie al benestare di Pénicaud. Oggi le Poste sono fra le aziende più repressive del paese: il semplice fatto di prendere la parola davanti ai propri colleghi è represso brutalmente. Le Poste hanno inflitto un totale di 14 anni di sospensione disciplinare dal lavoro ai rappresentanti sindacali della Regione Parigina dal 2010. Solamente Olivier Rosay (militante Sud a Parigi) ha ricevuto un totale di 7 anni di sospensione!
Gaël Quirante: Lo sciopero è stato prorogato in Assemblea Generale, e dal secondo giorno della mobilitazione, tutte le rivendicazioni legate alle condizioni di lavoro sono state messe sul tavolo dagli scioperanti. L’obiettivo dello sciopero diventa duplice: sia ottenere la mia reintegrazione che opporsi alle nuove riorganizzazioni che moltiplicano il carico di lavoro e spezzano il legame in precedenza forte tra postine-postini e la popolazione. Con l’instaurazione della «pausa meridiana», si ha un aumento quasi del doppio della giornata di lavoro, e del triplo del carico di lavoro (distribuzione dei pacchi e della pubblicità oltre alla posta). Risultato: niente più pause per sé, e niente più tempo per gli altri. Il contatto quotidiano con gli utenti sparisce a causa della mancanza di tempo, sotto pressione dei ritmi di lavoro che si velocizzano… eccetto quando questo contatto è monetizzato! Il servizio «Occuparsi dei propri genitori» è emblematico a questo riguardo: chiunque paghi alle Poste x euro al mese avrà diritto a una visita cronometrata di 6 minuti (!) del postino presso una persona anziana della propria famiglia. Il tema della precarietà è allo stesso modo essenziale: l’assunzione a tempo indeterminato dei precari (soprattutto degli interinali) costituisce uno degli obiettivi chiave dello sciopero. Per fare fronte al ritardo della posta accumulata dall’inizio dello sciopero, 40 interinali sono stati assunti a tempo indeterminato: è un conquista di cui siamo fieri.
Xavier Chiarelli: 150 scioperanti, è poco e molto allo stesso tempo. È il triplo della quantità media di scioperanti durante i conflitti degli ultimi anni alle Poste. Lo sciopero conta l’adesione del 20% delle postine e dei postini del dipartimento e tocca vari centri postali, quando la grande maggioranza delle mobilitazioni alle Poste si svolge in un solo stabilimento per volta. Lo sciopero è maggioritario a Boulogne-Billancourt, Levallois, Asnières, Gennevilliers e Neuilly. Lo sciopero nazionale dei ferrovieri e degli studenti tra aprile e giugno scorsi ha aperto una situazione in cui diventava possibile uno scontro rilevante con il governo Macron. È anche il momento in cui si verificano altri 3 scioperi a oltranza insieme a quello del 92° alle Poste, nel 13°, nel 35° e nel 33°, degli scioperi animati da militanti Sud-Ptt con un orientamento simile al nostro. Con la fine dello sciopero dei ferrovieri e degli altri scioperi dei postali all’inizio dell’estate, ci ritroviamo quindi isolati. La direzione, che in quel momento aveva lasciato intravedere una possibilità di aprire al negoziato, ritira tutto a fine luglio. Noi in Assemblea Generale facciamo la scelta di prepararci a passare il periodo estivo in sciopero, dandoci come obiettivo il tentativo di prolungare lo sciopero fino alla riapertura delle scuole e, se possibile, di rinnovare i rapporti con altri settori mobilitati. È ciò che abbiamo fatto!
Il vostro sciopero dura da ormai circa otto mesi e conta 150 lavoratori e lavoratrici solo nel 92° dipartimento: come fate su questa scala a tenere in vita per così tanto tempo la vostra lotta? Come fate a raccogliere i finanziamenti necessari a sostenere il vostro sciopero e cosa implica questo in termini di contatti, impegni e dispendio di energia? Poi, a quali tramiti giuridici vi appellate per concretizzare il vostro diritto di sciopero? E in quale maniera la Loi Travail di Macron e le ordinanze hanno cambiato il quadro normativo e i rapporti di forza che da esso discendono?
Xavier: Nel nostro sciopero, siamo soliti dire: «scioperare senza cassa di resistenza, è come andare in campeggio senza tenda». Raccogliere continuamente finanziamenti è semplicemente vitale quando si prendono normalmente in media dei salari da 1.300 euro… ma a partire dal primo mese di sciopero le Poste hanno messo tutti gli stipendi a 0 euro. Quindi per poter resistere, organizziamo delle collette durante le manifestazioni, prendiamo contatto per telefono, mail, Facebook con centinaia di organizzazioni sindacali, politiche, associative… allo scopo di sollecitare delle donazioni. È un lavoro compiuto dagli stessi lavoratori in sciopero e non solamente dai militanti sindacali. Senza questa partecipazione attiva, sarebbe impossibile garantire uno stipendio all’insieme degli scioperanti… Una precisazione: siamo noi stessi in sciopero in quanto rappresentati sindacali. Noi versiamo il nostro salario alla cassa di resistenza, che viene poi suddivisa equamente fra tutti i lavoratori in sciopero. In questo modo, viviamo la stessa situazione degli scioperanti, oltre alla partecipazione alle azioni, alla presa di decisioni in Assemblea Generale.
Gaël: Per quanto riguarda il tema dell’uso della legge e del diritto di sciopero e più in generale del nostro rapporto al lavoro istituzionale e giuridico nel quadro del conflitto: prima di fare qualcosa,non ci chiediamo «Abbiamo il diritto di farlo?». Proviamo a «forzare il destino» e a far avanzare il diritto. Ne è un buon esempio la questione del mio licenziamento. A dire il vero, sono vari anni che ci prepariamo a questa possibilità. Il nostro sindacato ha deciso molti mesi prima dello sciopero di prepararsi a mantenere il mio intervento nei centri postali anche qualora fossi stato licenziato. Abbiamo cominciato a porre in risalto un’idea semplice presso i nostri colleghi di lavoro: non sta al padrone decidere chi ha il diritto di rappresentare i lavoratori. E quindi, che anche se mi hanno licenziato, devo poter continuare a svolgere la mia attività militante. Abbiamo deciso di mantenere il mio intervento costi quel che costi. Vi posso dire che quando abbiamo spiegato questa cosa, non avevamo tanto seguito negli ambienti militanti, anche in quelli a noi molto vicini… E tuttavia, lo sciopero ha ottenuto un’avanzamento assolutamente essenziale: le Poste hanno avviato un’azione giudiziaria nei miei confronti per tentare di vietarmi l’accesso ai centri postali dal momento che ero stato licenziato. A due riprese, i tribunali hanno respinto la domanda delle Poste ritenendo che nella mia attività militante, ero soggetto alle stesse regole e che avevo gli stessi diritti di un rappresentante sindacale facente parte delle Poste, a partire dal momento in cui la mia organizzazione sindacale mi dà il mandato di delegato sindacale. Se questa giurisprudenza venisse confermata, costituirebbe un punto di appoggio per i militanti nelle altre aziende: quale interesse avrebbe un padrone a licenziare un rappresentante sindacale se quest’ultimo può continuare a intervenire sul luogo di lavoro? In questo senso, la mia reintegrazione è vinta a metà: faccio sempre parte dell’azienda… in quanto rappresentante sindacale!
Brahim: La Loi Travail non ha direttamente sconvolto le norme in vigore alle Poste. Ciò è dovuto allo statuto particolare dell’azienda: si tratta di una società privatizzata ma per ora controllata dallo Stato e ancora parzialmente disciplinata dalle norme che regolano il settore pubblico, dove la Loi Travail non si applica. Ma l’adozione della Loi Travail, le sue leggi e l’Ordinanza Macron hanno dato fiducia alla direzione delle Poste per lanciare una nuova offensiva, precisamente quella contro la quale ci battiamo in questo sciopero, ovvero le «riorganizzazioni innovative», dove si chiede ai postini di non distribuire più solamente la posta, ma anche i pacchi, di effettuare i «nuovi servizi» che non hanno nulla a che vedere con il loro mestiere… Il solo ambito in cui la Loi Travail si applica alle Poste è quello concernente la riduzione dei diritti dei Comitati di igiene sicurezza e condizioni di lavoro Chsct: è più difficile che in precedenza «bloccare» istituzionalmente i progetti patronali attraverso questi organi.
Nel contempo, avete instaurato legami con altri postini in lotta o, più globalmente, con altri settori del mondo del lavoro che si battono per migliorare le loro condizioni di lavoro. Perchè ritenete che ciò sia così importante?
Brahim: In marzo e in aprile, 4 scioperi a livello dipartimentale hanno interessato simultaneamente le Poste: a Bouches-du-Rhône (regione di Marsiglia, seconda città francese), a Gironde (regione di Bordeaux, 5ª città), a Ille-et-Villaine (regione di Rennes, 10ª città francese) e nel 92°. Sono i compagni di Sud che hanno diretto tutte queste lotte, con la stessa determinazione a condurre scioperi che andassero oltre lo sbriciolamento centro per centro. Noi abbiamo certamente stabilito dei legami fra noi, partecipato reciprocamente ai presidi degli uni e degli altri, organizzato varie conferenze telefoniche… Ma uno dei nostri limiti, è che non siamo riusciti a oltrepassare lo stadio di scioperi portati avanti indipendentemente gli uni dagli altri e di andare verso una generalizzazione dello sciopero al di là di questi 4 dipartimenti in quel momento.
Gaël: Dall’inizio del nostro sciopero, abbiamo cercato sistematicamente di stabilire delle relazioni con altri settori del mondo del lavoro: i ferrovieri, Goodyear, i lavoratori della logistica con i nostri compagni della Cgt Geodis Calberson (filiale della Snfc), i compagni di Monoprix, di New Look nel commercio, di Psa nell’automobile… Relativamente a questo aspetto noi ci adoperiamo per partecipare ancora ad azioni congiunte con altri settori con tutte le nostre forze come scioperanti, non solamente come delegati sindacali. Per noi la convergenza delle lotte non è qualcosa di ulteriore ed eventuale, ma un elemento essenziale nel rapporto di forze. Ad esempio, noi abbiamo dato vita a un altro lungo sciopero nel 2014 (174 giorni) contro la precarietà e le ristrutturazioni. In questa occasione abbiamo costruito una forte alleanza con la mobilitazione dei lavoratori a contratto determinato dello spettacolo e dei precari. Siamo stati invitati a un tavolo di negoziazione con la Direzione Generale del Lavoro avente a oggetto lo statuto dei lavoratori dello spettacolo e dei disoccupati: immaginate la faccia degli alti rappresentanti dello Stato quando i rappresentanti sindacali dei lavoratori a termine dello spettacolo hanno spiegato loro che un postino in sciopero partecipava alla riunione! I lavoratori con contratto a termine e i precari di quel settore hanno giocato un ruolo decisivo nel dirigere la lotta del 2014 verso la vittoria, quando nel luglio 2014 hanno deciso di bloccare per conto dei postini in sciopero il centro di smistamento postale di Gennevilliers, un centro strategico. Qualche giorno dopo, veniva firmato il protocollo di cessazione del conflitto… È passando per esperienze di questo tipo che i nostri compagni e noi stessi abbiamo visto che l’azione congiunta di più settori influiva direttamente sul tipo di rapporto di forze che sei capace di imporre sul tuo luogo di lavoro e ovviamente sull’impatto che puoi avere come settore sulla situazione più generale.
Durante la scorsa primavera siete entrati in contatto con varie componenti del movimento sociale: studenti universitari, collettivi antirazzisti, gruppi autonomi, etc. Quali sono le sfide legate a questi rapporti?
Xavier: Riunire gli scioperi e i differenti movimenti sociali, i diversi fronti di lotta ci rinforza vicendevolmente. Per esempio, la nostra azione condivisa con il Comité Adama il 5 luglio per lanciare insieme la manifestazione del 21 luglio evidentemente costituiva una volontà da parte nostra di appoggiare una lotta di particolare importanza. Inoltre, la netta presa di posizione contro le violenze della polizia che abbiamo reso pubblicamente allora, e la lotta contro gli abusi della polizia contro Nordine uno dei scioperanti proprio durante questa azione hanno dato una visibilità ulteriore allo sciopero. Prendere posizione, «fare politica», tutto ciò non divide, non indebolisce la lotta, ma al contrario la rafforza!
Brahim: Abbiamo anche dato una mano agli studenti di Nanterre, aiutandoli a bloccare gli esami che il loro rettorato voleva organizzare nonostante la votazione dello sciopero in Assemblea Generale di massa. Abbiamo dimostrato che siamo pronti, in linea con le nostre forze, a prendere la difesa di tutte quelle e quelli che subiscono attacchi. Chi semina, raccoglie.
Siamo fermamente convinti che il movimento operaio deve prendere posizione su tutti gli aspetti che toccano la popolazione, come la questione del razzismo, del sessismo, dell’omofobia…
Nel 2016 e nel 2018, ci sono state due mobilitazioni contro le riforme governative che iniziando dal mondo del lavoro, chiamano in causa uno spettro molto ampio dei rapporti sociali esistenti. Secondo voi quali sono stati i punti forti e i punti deboli di questo ciclo di lotta? Come considerate/vedete il vostro posto nei movimenti sociali contemporanei? La mobilitazione della scorsa primavera si è dimostrata decisiva per la vostra battaglia e voi da parte vostra avete giocato un ruolo importante…
Gaël: La particolarità del periodo attuale, è che almeno dal movimento contro «la Loi Travail et son monde» del 2016, una serie di persone provenienti da tradizioni militanti molto diverse, o che non militavano prima hanno iniziato a ritrovarsi e a lottare e a lavorare insieme: dei gruppi militanti della Cgt originari del movimento operaio tradizionale come la Cgt Goodyear o Info Com Cgt, dei giovani dai movimenti autonomi o libertari, dei militanti trotskisti, dei militanti di forze politiche come la France Insoumise… nel 2016 e nel 2018 si sono ritrovati a spingere nel senso della generalizzazione dello sciopero, a organizzare dei cortei comuni dove gli striscioni erano mischiati nelle manifestazioni per fronteggiare la repressione della polizia, a bloccare insieme aziende toccate da movimenti di sciopero… Questa «avanguardia militante larga» ha cominciato a trovare poco a poco un linguaggio comune a partire da esperienze comuni.
Xavier: Una delle manifestazioni di questo nuovo modus operandi, è la formazione di Front Social, un coordinamento di sindacati incluso il nostro, di fronti di lotta, di militanti politici che sono stati capaci di organizzare delle manifestazioni durante le elezioni presidenziali e all’indomani stesso dell’elezione di Macron, e che continuano a tentare di unire le lotte. Delle lotte che sono ben più numerose di quanto si creda ma che per il momento sono molto sparpagliate.
A questo proposito, quali sono i rapporti che intrattenete con il sindacato, sia a livello settoriale, con la federazione di Sud-Ptt? Quali sono il loro ruolo e la loro importanza? In cosa e come vi sostengono? Ci sono degli attriti?
Brahim: Il problema numero uno delle lotte alle Poste è la frammentazione. Si tratta probabilmente di una delle grandi aziende con il grado di conflittualità più alto in Francia… ma gli scioperi sono essenzialmente convocati stabilimento per stabilimento e anche sito per sito, servizio per servizio. Una delle ragioni, è che la direzione ha dato avvio alle sue riorganizzazioni in maniera deliberatamente scaglionata. Esattamente al fine di impedire una reazione collettiva e generale.Ma bisogna proprio ammettere che per il momento, non si vede alcuna iniziativa da parte di una qualunque federazione sindacale per tentare di unire le lotte esistenti ed estenderle, di preparare le condizioni per una mobilitazione nazionale. Non pensiamo che sia facile, ma comunque se ne avverte veramente il bisogno: alle Poste ci sono appena stati due suicidi in meno di un mese, se ne erano registrati 50 nel 2016, diverse decine dal 2012… e nessuno oggi indice uno sciopero! Che cosa si aspetta?
Gaël: Siamo in periodo di elezioni sindacali: in questa occasione le nostre federazioni sindacali sono capaci di fare uscire materiale nazionale, a colori, volantini, manifesti, brochures… Ovviamente è legittimo e indispensabile ma perché non dispiegare gli stessi sforzi per indire uno sciopero? Non fosse altro che una giornata, convocando dappertutto delle Assemblee Generali e proponendo l’inizio dello sciopero ad oltranza? È proprio sul tipo di iniziative da prendere su scala nazionale contro la strategia della direzione, sulla necessità di elaborare un piano di battaglia nazionale che c’è un dibattito all’interno del movimento sindacale e della nostra federazione sindacale Sud-Ptt, che è la più combattiva e quella maggiormente coinvolta nell’appoggio agli scioperi.
Xavier: Le mobilitazioni in corso delle postine e dei postini del Canada e del Belgio sono a questo proposito un esempio reale per noi perché sono state organizzate a livello statale. Speriamo che la riuscita del nostro sciopero costituisca un incoraggiamento a imitarli!
Ritorniamo in conclusione sul vostro sciopero: qual è il rapporto di forze attualmente? Quali sono le prospettive di lotta?
Gaël: Le Poste hanno registrato una serie di battute d’arresto in poco tempo: il nostro risultato elettorale è un colpo duro, i quadri hanno spinto affinché la maggior parte dei colleghi votassero pensando che ciò avrebbe fatto diminuire la nostra percentuale… e invece come risultato siamo aumentati del 4% per arrivare al 51,86% dei voti, con più dell’86% della partecipazione, il tasso più elevato a livello nazionale! La mia terza comparizione in tribunale il 13 dicembre scorso secondo le Poste doveva servire a comprimere il mio intervento sindacale… ma la vicenda rischia di assumere un andamento sfavorevole alle Poste, visto che il giudice, piuttosto che accoglierne le argomentazioni, ha proposto una mediazione tra i lavoratori in sciopero e la direzione. La direzione è stata costretta ad annullare nuovi progetti di ristrutturazione in dicembre per paura che i centri postali coinvolti aderissero allo sciopero. Le Poste sono anche state appena condannate a pagare pesanti ammende perché incapaci di giustificare il calcolo del carico di lavoro dei postini. Secondo i nostri calcoli, tra le assunzioni di dipendenti a tempo indeterminato per cercare di ridurre i ritardi di consegna della posta, le guardie giurate e gli uscieri presenti tutti i giorni nei centri, le condanne in tribunale, le spese per gli avvocati, il costo dei reclami dovuti all’impatto dello sciopero, le ristrutturazioni che le Poste non hanno potuto realizzare… il nostro sciopero costa loro almeno 5,5 milioni di euro. Con la crisi politica e le mobilitazioni sociali attorno ai Gilets Jaunes, metteremo in atto una politica di raggruppamento di tutti i settori militanti con i quali siamo in contatto dall’inizio del nostro sciopero. Proponiamo una giornata di sciopero e di manifestazione comune a partire dal rientro dalle vacanze in gennaio. In questo contesto, non c’è da stupirsi che le Poste mostrino dei segni di debolezza e che abbiano recentemente annunciato di volerci fare delle proposte. Nell’attesa di vedere se decideranno di aprire delle trattative reali, noi restiamo determinati e in lotta, compreso durante le Feste!
Per sostenere lo sciopero
FATE UNA DONAZIONE ALLA CASSA DI RESISTENZA DELLE POSTINE E DEI POSTINI DEL 92°:
Via bonifico: sul conto SUD POSTE HAUTS DE SEINE: IBAN FR76 4255 9100 0008 0033 2571 214
Per donare online:
– https://www.lepotcommun.fr/pot/kgmfkl66 (en UE)
– www.paypal.me/supportpostalworkers (hors UE)
Via assegno: inviate i vostri assegni intestati a SUD Poste 92, ragione «solidarité grévistes au dos» a Sud Poste 92, 51 rue Jean Bonal 92250 La Garenne-Colombes
Per informarvi, la pagina Facebook di Sud Poste 92
*La Plateforme d’enquêtes militantes è un collettivo di co-ricerca che pratica l’intervento nei movimenti sociali francesi. Qui la versione originale dell’articolo.
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