
Il ritorno di Podemos
Intervista a Irene Montero sul primo decennio di Podemos, l’esperienza del governo, il lawfare e le sfide del futuro della sinistra spagnola
Dieci anni fa una nuova forza politica irruppe nel panorama politico spagnolo, infrangendo il sistema bipartitico e generando paura tra le élite del paese iberico. Alle elezioni del 2015 Podemos, nata un anno prima e guidata dal politologo e opinionista Pablo Iglesias, raccolse 5 milioni di voti e promise un cambiamento che avrebbe riguardato l’economia, la giustizia e il sistema mediatico. Dieci anni dopo Podemos è ancora viva, per quanto molto ridimensionata. Nel frattempo ha affrontato sfide di ogni genere, tra cui l’ingresso nel Governo, numerose cause giudiziarie e dolorose scissioni, trovandosi oggi all’opposizione di un governo di centrosinistra dopo esserne stata espulsa a fine 2023. Irene Montero, eurodeputata nel gruppo The Left, è il viso più noto di questa nuova fase di Podemos. Ministra dell’Uguaglianza tra il 2020 e il 2023 e sottoposta in questa veste a un’aggressione mediatica con pochi precedenti, Montero viene oggi vista da molti come una sicura candidata alla presidenza del Governo per le prossime elezioni. A seguito dell’uscita del suo libro autobiografico Algo habremos hecho (Navona) Jacobin Italia ha parlato con lei riguardo a questo primo decennio di Podemos, l’esperienza del Governo, il lawfare e le sfide del futuro della sinistra spagnola.
Nove anni fa Podemos raggiunse i cinque milioni di voti e sconvolse il sistema politico spagnolo. Oggi è invece una forza notevolmente più piccola, con soli quattro deputati e due eurodeputate. Nel mezzo è accaduto di tutto: guerra giudiziaria, divisioni interne, l’esperienza del Governo conclusa a fine 2023. Che cos’è Podemos oggi?
Podemos è uno strumento al servizio della gente per la trasformazione della società e l’avanzamento dei diritti in un mondo che sta cadendo a pezzi, guidato da un sistema che non funziona per la maggioranza delle persone. Siamo nel pieno di un momento «gramsciano»: il vecchio mondo sta morendo, il nuovo tarda a comparire e in questo chiaroscuro nascono i mostri. Attualmente vi sono due proposte in campo: una è la democrazia dei popoli, fatta di giustizia fiscale, ambientale, di diritto alla casa e femminismo, e l’altra, come reazione a questa richiesta di democrazia, è quella portata avanti da una cerchia di ricchi come Trump i quali non hanno neanche più bisogno della socialdemocrazia come guardiana del sistema, ma sono disposti a rompere qualsiasi regola, creando un nuovo sistema senza diritti dove esiste solo la legge del più forte e del privilegio. Ora, come dice l’ex-Vicepresidente della Bolivia, Álvaro García Linera, le volte in cui noi di sinistra cadiamo e perdiamo sono molte di più di quelle in cui vinciamo. La sinistra non vince al primo tentativo, la questione è rialzarsi dopo la caduta. Questo è quanto accade oggi a Podemos. Se guardi la storia della Spagna vedrai che dai tempi della Seconda Repubblica [1933-1939 nda] la sinistra non ha mai avuto tanto potere come in questi ultimi anni e grazie a Podemos abbiamo reso possibile l’impossibile: l’aumento del salario minimo, la legge trans, la legge contro le violenze di genere, un intervento diretto dello Stato in settori dell’economia. Pensa al prezzo del gas: all’inizio il Psoe [il Partito Socialista, nda] diceva che era impossibile intervenire per abbassarlo, due settimane dopo in tutta Europa si parlava di «soluzione iberica». Di fronte a questi avanzamenti – per quanto insufficienti – la reazione del potere economico, mediatico e giudiziario è stata tremenda, con infinite cause e persecuzioni mediatiche, ma adesso Podemos si è rialzata. Abbiamo dimostrato che per conquistare nuovi diritti serve una sinistra forte, che Podemos sia forte.
Che cosa è successo in questi anni, mi chiedi. Di solito ci chiedono quali errori abbiamo commesso. Ebbene io credo che noi abbiamo perso più voti per le nostre ragioni che per i nostri torti. Guarda per esempio ciò che è accaduto in Catalogna. Nel 2017, a seguito del referendum e della dichiarazione unilaterale d’indipendenza, mentre tutti invocavano arresti e il commissariamento dell’autonomia catalana, noi chiedevamo dialogo, indulto e amnistia. Per dire queste cose siamo stati attaccati da tutti i lati e abbiamo perso molti voti. Eppure dopo anni le nostre proposte sono diventate di senso comune. Lo stesso potremmo dire sulla nostra insistenza a voler entrare nel governo e a non voler limitarci a dare sostegno esterno al Psoe. Si sono dovute svolgere quattro elezioni tra il 2015 e il 2019 per far sì che alla fine si accettasse la nostra presenza e oggi tutti riconoscono che avevamo ragione noi a insistere su questo punto. Allora ci dicevano che pensavamo solo alla poltrona, vi erano attacchi personali durissimi, la guerra giudiziaria, la progresía mediática [i massmedia di orientamento progressista, nda] diceva che non c’erano i numeri per formare il governo. E poi una volta che siamo entrati nell’esecutivo si è fatto di tutto per cacciarci. La verità è che le conquiste sociali sono state ottenute solo quando Podemos era parte del Governo.
Podemos ha perso consensi per aver fatto ciò che doveva fare. È per questo che ci è stato fatto pagare un prezzo molto alto, per non esserci sottomessi al potere giudiziario, mediatico ed economico e per aver conservato la nostra autonomia.
Lo spazio della sinistra radicale spagnola è a pezzi. La relazione tra Podemos e le forze che compongono Sumar sono pessime. La legge elettorale spagnola, tuttavia, premia l’unità. Come ricostruire una coalizione stabile e, soprattutto, la fiducia tra i partiti dopo anni di aspre divisioni?
La tua è una domanda sul metodo, su come ci organizziamo. Io credo che la questione sia politica più che di forma. Uno stesso metodo può generare risultati diversi e diversi metodi possono tutti portare allo stesso risultato. Per me la questione è politica. Serve una sinistra forte, orgogliosa, autonoma. In un pranzo in famiglia o con amici le persone devono poter difendere orgogliosamente i servizi pubblici, devono poter dire che vi sono giudici maschilisti, che personaggi di destra come Isabel Díaz Ayuso [Presidentessa della Comunità Autonoma di Madrid, nda] realizza politche criminali. Se vi è una sinistra organizzata, autonoma, piena di speranza, le cose possono cambiare. Bisogna combattere la disperazione, la delusione per le sconfitte, il «maleminorismo» e la visione «sconfittista» della socialdemocrazia e della progresía mediática, che criminalizza il femminismo per aver esagerato, che invita al silenzio e a non fare troppo rumore. Se costruiamo una sinistra autonoma, coraggiosa e determinata, che riesca a superare la depressione e il pessimismo e che non criminalizza chi lotta per i propri diritti, la forma in cui ci organizzeremo verrà da sé.
Oggi Podemos è all’opposizione e sfida da sinistra il governo di Psoe e Sumar, per non lasciare alla destra lo spazio antisistema. D’altro canto rivendica l’esperienza di governo 2020-23, anche se come forza di minoranza dentro l’esecutivo. Infine, è evidente che senza un’alleanza di governo coi socialisti non si può far fronte all’avanzata della destra. Come si fa a tenere uniti questi pezzi, in cui si è all’opposizione al Psoe ma si rivendica l’esperienza precedente di governo? E come si può stare al governo senza cadere nel «governismo»?
Uno degli insegnamenti di questi anni in Spagna è che per realizzare trasformazioni servono potere e autonomia. Non è un tema nuovo, è una questione da sempre affrontata dai movimenti sociali ma viverla sulla propria pelle è diverso. Qual è la lezione? Che la sinistra deve conquistare potere in tutti gli ambiti, in quello sociale, nelle piazze, ma anche nel potere giudiziario, mediatico, economico, e ovviamente politico. E poi che serve autonomia. Uno dei principali problemi è che la stampa progressista, la progresía mediática, ha preferito assoggettarsi alla destra piuttosto che fronteggiarla direttamente. Ora, con questa sinistra socialdemocratica è necessaria una relazione di coordinamento: l’esperienza del primo governo di coalizione (2020-2023) ci ha visti certamente in minoranza rispetto al Psoe ma non ci siamo mai assoggettati alle loro decisioni e Podemos ha sempre agito in autonomia. Inoltre Podemos in quella legislatura ha anche lavorato in forma coordinata con i partiti della sinistra plurinazionale catalana e basca come Esquerra Republicana de Catalunya e Bildu, nonostante la contrarietà del Psoe. Nell’attuale governo Psoe-Sumar la situazione è molto diversa: non solo nell’esecutivo comanda solo Pedro Sánchez, ma inoltre è come se la destra comandasse senza governare, smantellando tutto ciò che si è costruito precedentemente. In questo modo si prepara il terreno affinché la destra conquisti anche il potere politico. La chiave per i prossimi anni è certamente che le forze differenti si mettano d’accordo ma è imprescindibile che si tratti di coordinamento e non di assoggettamento verso il Psoe. Mentre la destra cerca di far apparire l’esperienza del governo di coalizione precedente come aneddotica, la sinistra deve essere una forza stabile, che ambisce al governo, che sia autonoma e non assoggettabile alla socialdemocrazia, con la quale tuttavia bisogna cercare di coordinarsi. E che sia determinata ad andare avanti quando tutti dicono che è impossibile farlo. Il compito della sinistra non è semplice e bisogna essere disposti a pagare un prezzo alto per portarlo avanti. Quando comanda solo il Psoe vince il «maleminorismo» e di fatto comanda la destra, che continua a controllare il potere giudiziario, economico e mediatico.
Nel libro racconti ampiamente della persecuzione alla quale siete stati sottomessi tu, Pablo Iglesias e i vostri tre figli: fascisti dinanzi a casa vostra per mesi, continue cause giudiziarie, menzogne di ogni tipo. Per quale motivo credi che c’è stato un tale accanimento nei vostri confronti?
Come già spiegato, la guerra sporca contro Podemos è dovuta al fatto che abbiamo reso possibile ciò che il potere costituito riteneva impossibile. È positivo che accadano cose che il potere non desidera e quindi era giusto insistere, ne valeva la pena. Il castigo che abbiamo sofferto non era solo per noi ma era un meccanismo di disciplinamento collettivo per tutti gli altri, per far capire qual era il prezzo da pagare per portare avanti le trasformazioni sociali. A questa aggressione hanno partecipato anche la socialdemocrazia e la progresía mediática, che hanno impiegato molti più sforzi contro di noi che contro la destra. Adesso che il lawfare è rivolto contro di loro molti dicono che avevamo ragione ma quando è toccato a noi il Psoe si voltava dall’altra parte o ne approfittava, senza capire che è irresponsabile dare la mano al potere giudiziario della destra, che appena ha potuto ha preso tutto il braccio e ha attaccato il Psoe. La destra vuole tutto il potere, non ha più bisogno del Psoe, capisce solo la regola del più forte e vuole prendersi tutti i diritti conquistati dalla classe lavoratrice. Per questo motivo dico che ci troviamo in un momento profondamente ideologico. Stare in silenzio e non fare rumore, pensare che in questo modo si otterrà qualcosa è profondamente sbagliato. È necessaria determinazione e orgoglio, è fondamentale una vera battaglia ideologica contro la destra.
La tua legge sulla libertà sessuale conosciuta come Legge «Solo sì è sì», ha sofferto un boicottaggio da parte della magistratura di destra, che in molte occasioni ha sentenziato in modo difforme da quanto stabilito dal Congresso liberando decine di condannati per violenze sessuali. Come si può governare efficacemente se uno dei tre poteri si rivolta in maniera cosí palese agli altri due e senza che non vi siano di fatto meccanismi per far prevalere la volontà del legislatore?
Effettivamente uno dei problemi più grandi in questo momento in Spagna è la necessità di democratizzare la magistratura e i mezzi d’informazione, dove al momento si annidano reazionari abituati a esercitare il potere senza passare dalle urne.
Un compito imprescindibile della sinistra (ed è per questo che è necessario che sia forte, perché la socialdemocrazia non si azzarderà mai a farlo) è trasformare e democratizzare questi poteri, che trattano il Parlamento o la volontà popolare come il proprio cortile. Democratizzarli significa che è il popolo colui dal quale emana la sovranità popolare e dalla quale deriva la capacità di questi poteri di esercitare le proprie funzioni.
Un mese fa Íñigo Errejón, portavoce in parlamento di Sumar e cofondatore di Podemos prima di una traumatica scissione nel 2019, si è dimesso dopo essere stato accusato di violenza sessuale. Alcuni dicono che è stato protetto a lungo dal potere mediatico, altri che è vittima di accuse senza prove. In molti indicano che i problemi del caso Errejón (un leader che abusa sessualmente della sua posizione di potere) riguardano tutti i partiti politici. Qual è la tua opinione al riguardo?
Io credo che il femminismo sta trasformando ogni cosa. Anche se persistono i cardini della cultura dello stupro (il linciaggio verso le vittime, soprattutto quando non denunciano, l’invito al silenzio, il vittimismo degli uomini maschilisti) sempre più spesso vi sono donne nella società che costruiscono spazi sicuri per rompere il silenzio e strumenti istituzionali per non restare sole e rendere effettivi i propri diritti. Dal 2022 in Spagna esiste una legge, la Solo Sì è Sì, che assegna allo Stato la responsabilità per tutelare le vittime e cessare l’impunità degli aggressori. È molto importante rimanere in allerta dinanzi a questo tentativo del potere reazionario di reinstallare la cultura dello stupro, che è tutto questo insieme di pregiudizi e stereotipi machisti che in sostanza assegna alle vittime la responsabilità dell’aggressione sessuale sofferta. «Perché non hai denunciato prima?», «Hai chiuso le gambe?», «Hai mantenuto un rapporto con l’aggressore?». Tutte queste domande eludono la questione fondamentale, ovvero che ciò che contraddistingue un’aggressione sessuale è l’assenza di libero consenso. Da questo processo giustificazionista della violenza sessuale deriva la protezione dell’aggressore, soprattutto quando si tratta di un personaggio noto, che ha potere o che gode di rispetto sociale derivato dalla propria professione o per la sua notorietà. Il femminismo sta cambiando tutto, sta facendo venire meno l’impunità e sta creando spazi sicuri per le vittime.
In quanto a Errejón e all’errejonismo, la realtà è che essi non hanno apportato niente di diverso da quanto fatto dal Psoe, salvo essere utili al sistema per far male a Podemos e fermare le trasformazioni sociali. È una lezione dolorosa però necessaria affinché una situazione del genere non capiti di nuovo.
L’Unione europea attuale è governata da donne con un profilo guerrafondaio e estremamente contrarie al negoziato: Von der Layen, Kallas, Metsola, per non parlare di Langarde, Baerbock e altre. Come femminista che lotta contro il genocidio a Gaza e per una soluzione politica in Ucraina, credi che stiamo assistendo a un auge di una sorta di «femminismo» bellicista?
Il potere costituito, che non può eludere l’avanzamento e il potere del femminismo, cerca di cooptarlo con un discorso «donnista» [traduzione di «mujerista», nda] per il quale se sei donna sei femminista, e non è così. Ci sono state donne come Margareth Thatcher, e in tempi recenti come Von der Kayen Kaja Kallas o Metsola, che sono sostenitrici di politiche completamente maschiliste, patriarcali, belliciste, a favore dei tagli ai servizi pubblici. Ciò che propone il femminismo è che negli spazi di potere vi siano non tanto più donne (mera questione statistica), ma più femministe, nel potere politico come in quello mediatico e giudiziario. Una delle strategie del potere costituito per legittimare le proprie politiche di guerra, di austerità e di aumento delle spese militari, di assoggiogamento agli interessi militari degli Stati uniti e di partecipazione a un genocidio è dare a tutto ciò un volto femmile. Non è la prima volta, è una strategia adottata per dolcificare le politiche di guerra e che continuerà a essere usata. Tuttavia il femminismo non si lascerà ingannare, e sempre più persone sono coscienti del fatto che l’Europa ha bisogno di più femminismo, democrazia, diritti pubblici, combattere contro i fondi avvoltoio, per il diritto alla casa, contro l’austerità e il genocidio che vogliono imporci le élite. I popoli europei prima o poi si opporranno a questo progetto.
*Nicola Tanno è laureato in scienze politiche e in analisi economica delle istituzioni Internazionali presso l’Università Sapienza di Roma. Ha pubblicato Tutta colpa di Robben (Ensemble, 2012). Vive e lavora da anni a Barcellona.
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