
L’antifascismo europeo nel ciclo reazionario
Un convegno della Fondazione Rosa Luxemburg Stiftung ha messo insieme forze politiche diverse per capire i tratti comuni delle nuove destre, analizzarne le insidie e ragionare sul modo in cui contrastarle
A pochi mesi dalle elezioni politiche tedesche, che hanno visto una crescita vertiginosa dell’estrema destra di Alternativa per la Germania (AfD), la fondazione Rosa Luxemburg legata alla sinistra del partito Die Linke ha organizzato un convegno internazionale sulle strategie antifasciste dal titolo Good Night Far Right.
Rappresentanti parlamentari, esponenti dei partiti, esperti del mondo accademico e dei movimenti antifascisti militanti si sono incontrati per affrontare la portata europea e mondiale di un «ciclo reazionario» come quello attuale, mettendo a confronto le esperienze di vari paesi, compresi alcuni di Asia ed America-Latina, per cercare soluzioni utili ad arginare questa deriva devastante.
«Da Trump a Milei, da Netanyahu alla Meloni: l’estrema destra è in ascesa in tutto il mondo – è stata la traccia di apertura del convegno – prendendo il controllo di parlamenti, governi, discorsi pubblici e, in alcuni casi, persino dominando le strade. La Germania non fa eccezione con le ultime elezioni che si sono focalizzate prevalentemente sulle questioni di politica migratoria, condizionate anche da un clima di forte tensione per i tragici attentati che hanno colpito la popolazione in diverse zone del paese, finendo per essere strumentalizzati dall’AfD, che ha così avuto gioco facile a spostare il discorso politico massicciamente a destra».
La strategia della tensione in salsa tedesca ha colpito su paura e odio di tipo razziale per far apparire la «forza e l’ordine» come l’unica soluzione; mentre la crescente disgregazione sociale, che deriva anche da questa polarizzazione, viene costantemente acuita dai tagli massicci alla spesa pubblica.
«Ovunque l’estrema destra prenda il potere, i diritti faticosamente conquistati dai gruppi emarginati vengono ridotti o aboliti in un batter d’occhio – hanno dichiarato in apertura della conferenza le portavoce della Fondazione Rosa Luxemburg – e i principi fondamentali della democrazia sono in pericolo in molti luoghi, come si vede dalle politiche regressive e sovraniste di governi come quelli ungherese, italiano, slovacco, finlandese e svedese, in termini di repressione del dissenso, minaccia allo stato di diritto e crescita di povertà e diseguaglianze».
Perciò il programma si è articolato fra sessioni di approfondimento, prevalentemente strutturate in modalità laboratoriale, e assemblee plenarie con incontri mattutini dedicati allo scambio internazionale tra parlamentari e membri di partito, ai quali ha preso parte anche l’eurodeputata Ilaria Salis, testimone diretta della persecuzione disumanizzante e fascistoide del governo di Viktor Orban.
Fra gli appuntamenti del convegno anche un workshop sulla Politica della Memoria in tempi di spostamento istituzionale a destra con attacchi revisionisti alla cultura del ricordo e la necessità di un lavoro educativo, di mantenimento dei cippi commemorativi e dell’attivismo per contribuire a rafforzare una cultura antifascista. Altrettanto significativo l’incontro per Capire la fascistizzazione – strategie per l’antifascismo sociale, curato da Steven Forti dell’Università Autonoma di Barcellona, Gonzalo Armua del Frente Patria Grande in Argentina e Lia Becker della fondazione Rosa Luxemburg, per comprendere se questa fase possa condurre davvero a una fascistizzazione della società a livello internazionale, anche per i legami con un sistema neoliberista di tipo autoritario. Consistente lo spazio dedicato a interventi antirazzisti e femministi con un approccio intersezionale e lo studio di movimenti di protesta da Free All AntiFas, a My Body My Choice, fino a Black Lives Matter. Altrettanto rilevante l’attenzione ai temi della crisi climatica e alle posizioni retrive dell’estrema destra nell’ambito della politica ambientale ed energetica, oscillanti fra il negazionismo e la persecuzione di climattivisti, definiti anche alle nostre latitudini come «eco-vandali» o peggio. In questo ambito si è particolarmente distinta l’esperienza dell’America latina con la partecipazione di esponenti di Pacto Historico dalla Colombia, del Partido Comunista del Cile, del Frente Amplio del Costa Rica e del Movimento dei Lavoratori agricoli Sem Terra del Brasile, che hanno inquadrato l’estrema destra come un sintomo violento del sistema economico di sfruttamento e impoverimento della maggior parte della popolazione, con tecniche repressive che consentono la massimizzazione del profitto e l’espansione del potere delle élite locali e globali.
Particolarmente sentito poi, specie nel contesto tedesco di censura delle proteste fino ai divieti e agli arresti di massa, è stato il panel sulla Soppressione delle prospettive palestinesi con la prevalenza della «ragion di stato» nella presunta lotta all’antisemitismo in Germania, fino alle sue estreme conseguenze, a scapito della libertà di manifestazione per denunciare il genocidio in corso a Gaza.
Fascismo digitale e social network della «galassia nera»
Negli ultimi anni l’estrema destra è diventata mainstream, non solo in termini di successi elettorali, ma già prima per lo sviluppo di una propaganda insistente, che grazie all’utilizzo di canali digitali e social network, ha permesso di amplificare la diffusione di un discorso sempre più pubblico, facendo leva su teorie cospirazioniste a sfondo razzista, come la «grande sostituzione» di tipo islamofobo, o sulle più recenti campagne sulla «remigrazione», rilanciate da Generazione Identitaria.
Basti pensare alla divulgazione virale di messaggi xenofobi a Belfast ai primi di agosto, dopo l’omicidio di due bambine – strumentalmente attribuito a un richiedente asilo, senza poi alcun fondamento –, con video e meme di assalti alle moschee, scontri con la polizia o pestaggi a migranti, che giravano nelle chat delle varie piattaforme come Telegram o VK, inneggiando all’esplosione della violenza, agitate anche da un post di Elon Musk sul suo social X a proposito di una «guerra civile inevitabile».
Fra gli arnesi più martellanti del repertorio della nouvelle droite, ripresa poi dai neocon statunitensi, anche quello del suprematismo bianco, di stampo patriarcale ed etnonazionalista, mirato come di consueto all’individuazione di un nemico minaccioso, additato perciò nelle cosiddette ideologie «gender» o «woke». Oltre al piano culturale, ancora incentrato sulla triade «dio, patria e famiglia» per la comunità-destino dell’estrema destra; riflessi «sovranisti» si registrano su quello socio-economico, a difesa dalla globalizzazione della ricchezza, sulla produzione nazionale in contrasto alle lobby straniere e alle tecnocrazie finanziarie, soprattutto dopo la crisi dei debiti sovrani nei paesi dell’euro dal 2009, riedita poi contro le restrizioni e il controllo statale pervasivo durante la pandemia, infiltrando con le «mascherine tricolori» i gruppi No Vax
La propaganda di quei gruppi è diventata trasversale, tracimando dalle sottoculture delle piccole case editrici o dei raduni estremisti e finendo per alimentare le retrovie di eserciti di troll pronti a scatenare tempeste di odio in rete, fino a flirtare con il perbenismo reazionario, venduto al grande pubblico televisivo.
Il lessico fascista è cambiato anche scrollandosi di dosso il reducismo nostalgico come sentimento predominante in favore di nuovi miti, a definire una «purezza» etnica e culturale da difendere o recuperare contro vari capri espiatori: l’immigrazione, le invasioni razziali anti-bianche, la corruzione dei valori tradizionali da parte di femministe e Lgbtqi, l’Islam e i suoi agenti, dal terrorismo alla «sinistra islamica».
In questo senso l’estrema destra rappresenta spesso un rigurgito di risentimento da parte di chi sta perdendo i propri privilegi, o teme di perderli, un vittimismo espresso anche in termini di rabbia e frustrazione. Del resto, l’onnipresente conservatorismo – la difesa dei valori e delle culture tradizionali, il mito delle «identità nazionali» minacciate, l’incubo della rispettabilità borghese minata dalle «deviazioni» di genere, il terrore dei nuovi costumi incarnati dalle orde di immigrati – esprimono paura e ripiegamento sul passato, senza possedere un’idea di futuro, al centro delle aberrazioni del primo fascismo.
Particolarmente rilevante nel convegno è stata perciò l’attenzione all’influenza della disinformazione costruita ad arte dall’estrema destra sul dibattito politico, dalle fake news, all’utilizzo di piattaforme digitali e social media per la propaganda su canali mirati come Discord, o alcuni forum come Iron March, utilizzati anche per la radicalizzazione di cellule pronte all’azione – come nel caso dell’Organizzazione di Agal e della divisione Werwolf in Italia –, emulando la deriva stragista intrapresa da nuove leve di terroristi di mezzo mondo: da Breivik a Oslo, fino ad altri «lupi solitari» a Poway, Halle, o Hanau, irretiti da processi di gamificazione tramite simulatori di guerra.
Per questo fra le strategie di contrasto a simili fenomeni continuano a svolgere una funzione determinante gli osservatori antifascisti per il monitoraggio dell’estrema destra – dei componenti locali, dei legami con organizzazioni nazionali e con network internazionali –, come strumento funzionale a conoscere la tipologia e l’entità delle organizzazioni fasciste quindi, a mappare la loro collocazione nello spettro politico, per una consapevolezza del fenomeno in termini di estensione e ramificazioni.
Gli osservatori mirano infatti anche a smascherare l’indicibile nelle relazioni scandalose fra figure istituzionali e squadristi impresentabili, denunciando pubblicamente fatti e vicende che creano imbarazzo all’estrema destra che si atteggia a classe dirigente anche mediante tecniche di fact-checking. A proposito, fra le attività proposte nel convegno anche un workshop di una delegazione italiana sul monitoraggio della «Galassia Nera», un progetto dell’Anpi con la mappatura dei social network, per sviluppare capacità di analisi della propaganda e delle nuove forme d’interazione dell’estrema destra.
Il passato prossimo dell’estrema destra
E se in questa fase le frange più estremiste sembrano soccombere di fronte alla supremazia di camerati più accreditati nel contesto istituzionale – come nel caso italiano di Casapound e Forza nuova, che dal 2019 sembrano aver rinunciato alla via elettorale, fino all’attuale declino fra chiusure di sedi, faide interne e frammentazione in una galassia di sigle –, in realtà la distanza tra l’estrema destra istituzionale e le organizzazioni più eversive è preoccupantemente breve. Non ci sono solo i parenti di terroristi neri cooptati negli apparati statali – come Emanuele Merlino o Isabella Rauti – lo spoil system in certi casi ha riguardato anche rampanti giovani di sodalizi più volte accusati di vari crimini, come per alcuni esponenti di Casapound. I partiti di estrema destra impiegano così squadristi come consulenti e ricercatori, quando non proprio come braccio armato, nel caso del protagonista della sparatoria del 2018 a Macerata Luca Traini già membro di Forza nuova e con esperienze come «scorta» di Matteo Salvini. In cambio neofascisti stagionati invitano i loro seguaci a votare, sostenendo così la lunga marcia dell’estrema destra attraverso le istituzioni, fino a minacciare attraverso il conflitto d’interesse, la concentrazione dei poteri, la repressione di libertà e diritti anche la stessa democrazia che l’ha aiutata a raggiungere il potere.
Qui la matrice neofascista è legata a doppio filo con l’eredità politica missina in termini di rigida fedeltà atlantica e di perno nel sistema capitalista, fino a trasformare l’opposizione al potere sovranazionale europeo in una prospettiva di «Europa delle nazioni sovrane». A riprova di questo sodalizio persistente in salsa neofascista, fra i casi più eclatanti di recente c’è senz’altro quello dell’organizzazione Gioventù Nazionale di Fratelli d’Italia con il retroterra antisemita, le apologie del nazifascismo, le simpatie per il terrorismo eversivo e la violenza politica smascherate dall’inchiesta di FanPage.it. Altrettanto allarmante è poi l’utilizzo strumentale delle organizzazioni neofasciste a fini provocatori e repressivi da parte dei camerati al potere, come nel caso della manifestazione della Rete dei Patrioti e di Casapound a novembre scorso a Bologna – parte della campagna neofascista «difendi la tua città» con il pretesto del degrado – autorizzata dall’apparato ministeriale a pochi passi dal luogo della strage neofascista del 1980, con il chiaro intento di scatenare una reazione popolare e criminalizzare l’antifascismo.
Dopo aver esteso la base elettorale in modo più ampio rispetto ai tradizionali movimenti neonazisti o suprematisti bianchi, optando invece per un’immagine più accettabile, l’estrema destra ha così guadagnato legittimazione, prima sociale e poi istituzionale, mediante quel processo di sdoganamento o dédiabolisation come nel caso francese, che ha permesso al Rassemblement national di Marine Le Pen di raggiungere quota 31,5% dei consensi elettorali. In tutta Europa, e non solo, i partiti di estrema destra di matrice populista e anti-immigrati sono quindi entrati nei parlamenti o addirittura arrivati al governo, fino all’apogeo del sodalizio transatlantico del 2024 con la trasposizione dello slogan trumpiano Maga in Make Europe Great Again. Con buona pace di chi riteneva simili formazioni una semplice valvola di sfogo, tutto sommato gestibile, per il malcontento verso le crescenti diseguaglianze, i partiti sovranisti sono riusciti a mettere all’ordine del giorno discorsi nazionalistici ed elitari, grazie anche all’abile uso del web, fino a influenzare i maggiori avversari politici come conservatori e progressisti.
Così, mentre le élite economiche e le forze politiche centriste o democristiane si sono ridotte a stringere patti con l’estrema destra senza pensarci due volte – basti pensare all’appoggio esterno al nuovo governo francese da parte del Rassemblement national, o al ruolo concesso nella seconda Commissione europea di von der Leyen a esponenti dei Conservatori e Riformisti (Ecr) come l’italiano Raffaele Fitto –, garantendo loro l’accesso alle posizioni decisionali, i progressisti e la sinistra sono apparentemente impotenti di fronte a questo sviluppo. La convergenza politica sul nuovo Patto per immigrazione e asilo Ue deciso a livello europeo lo scorso anno, rappresenta del resto un altro passaggio emblematico di questo avvicinamento.
Restano le solite contraddizioni tipiche della deriva fascista: all’opposizione si caratterizzano come espressione di una rivolta regressiva contro il neoliberismo imperante; ma una volta al potere si schierano con le tendenze neoconservatrici e autoritarie, senza cambiare sostanzialmente la politica economica liberista. Qui risiede la saldatura fra le ripetute crisi del capitalismo globalizzato, con le interruzioni delle filiere produttive, le restrizioni di frontiera alla mobilità e il ricorso a politiche protezionistiche, ulteriore elemento funzionale all’estrema destra nell’accreditamento come garante del processo di concentrazione dei profitti a scapito della classe lavoratrice.
Buonanotte estrema destra!
Con l’auspicio di creare uno spazio di confronto sulle strategie antifasciste in una fase profondamente reazionaria, il congresso ha rappresentato un’occasione di incontro fra delegazioni internazionali, che hanno fatto del confronto con organizzazioni e governi di estrema destra la loro priorità nei rispettivi contesti, opponendosi ai rigurgiti sovranisti e post-fascisti, in mezzo alla riduzione degli spazi democratici e alla polarizzazione dell’opinione pubblica. Al centro la prospettiva di utopie realizzabili in termini di soddisfacimento dei bisogni collettivi, ricorrendo quindi anche a un antifascismo popolare, che sia accompagnato dalla partecipazione diffusa e da narrazioni che possano mobilitare un riscatto delle proprie condizioni di subalternità e paura.
«Si tratta di affrontare i problemi delle persone – ha affermato nel panel conclusivo Ines Schwerdtner, parlamentare della Linke eletta nel collegio più a est del Brandeburgo – problemi che la destra stessa sta creando, ad esempio con il terribile progetto di militarizzazione dell’Unione europea, in particolare in Germania, presentato come una promessa di potenza a fronte però di tagli sociali». E proprio dal contesto politicamente più ostile di una Germania orientale, che da ex Repubblica socialista si è trasformata nel principale bacino di voti per l’AfD – che propaganda servizi pubblici riservati però agli autoctoni tedeschi –, viene questa fiducia in una persistente resistenza verso «un’alternativa basata sulla speranza e sulla possibilità di un cambiamento reale e collettivo» dopo che «la rapida privatizzazione dei servizi e la criminalizzazione del disagio sociale hanno lasciato cicatrici che si sentono ancora oggi».
«Dobbiamo essere presenti sul territorio, parlare con le persone, non limitarci a sperare che arrivi un momento antifascista come durante l’ultima campagna elettorale, ma praticare l’antifascismo quotidiano – ha proseguito la deputata della Linke – Dobbiamo imparare non solo a contrastare queste derive, ma anche a costruire aspettative e risposte che parlino ai giovani e più in generale a tutte le persone, canalizzando le loro aspirazioni e frustrazioni in una visione più profonda di un mondo migliore».
Nella notte buia delle democrazie, le lotte contro la crisi climatica, la guerra e per la giustizia sociale restano al centro del confronto fra esperienze di carattere internazionalista sulle strategie antifasciste nello sviluppo di progetti e reti che invertano la tendenza, per «mettere a letto» l’estrema destra.
Partendo da un piano municipale, sia a livello istituzionale che basato sul ruolo dei movimenti popolari, nel rispondere agli attacchi speculativi sui beni comuni, in termini di resistenza sociale e alleanze fra comunità, l’antifascismo si delinea attraverso le lotte quotidiane di tutela dei diritti e con l’impegno collettivo per l’affermazione della solidarietà transfrontaliera offrendo una vera alternativa, tramite pratiche creative e cura radicale di sé come modo per sostenere alleanze durature tramite la resistenza creativa, facendoci ancora guidare dalle stelle.
*Tommaso Chiti, attivista e coordinatore regionale del progetto Antifascist Europe della fondazione Rosa Luxemburg, è laureato in Studi europei alla facoltà Cesare Alfieri dell’università di Firenze.
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