
L’uomo delle gaffe
Da candidato alla Casa Bianca, Joe Biden si presentava come il presidente responsabile che, a differenza di Donald Trump, avrebbe soppesato le parole. Non sembra vero, a giudicare dalle sue ultime uscite sulla guerra in Ucraina
Una delle principali critiche a Donald Trump sosteneva che, data la sua incontinenza verbale e il fatto che non era un politico professionista, le sue labbra sciolte e il suo stile a ruota libera e senza filtri erano pericolosi visto che si trattava della carica più potente del mondo. Dopotutto la diplomazia è, come il romanticismo, un gioco di segnali e indizi: la differenza è che un malinteso non si limita a lasciarti un senso di imbarazzo e rimpianto, ma si trascina anche potenziali bombardamenti e omicidi di massa.
Durante gli anni di Trump, un flusso infinito di articoli ha biasimato la sua tendenza a dire cose che non avrebbe dovuto dire, dal rivelare il numero di telefono personale di un alleato politico alla rivelazione seriale di segreti del governo, fino alla sequela di insulti e minacce da cortile a un dittatore munito di armi nucleari con cui stava litigando. La promessa a proposito di Joe Biden era che, anche se non si sarebbe occupato di mettere mano alle condizioni che hanno portato all’ascesa di Trump, avremmo almeno avuto un adulto esperto, maturo e attento al comando.
Non corrispondeva a quello che si sapeva della storia pregressa di Biden, ma è quello che ci è stato venduto. Il passaggio da Trump a Biden sarebbe stato come approdare «dal giorno alla notte, dal bianco e nero – disse un diplomatico di lungo corso – Ci sarà il controllo e la disciplina sulle esternazioni».
Eppure, a più di un mese dall’inizio del conflitto militare che coinvolge una delle maggiori potenze nucleari del mondo, il presidente ha fatto tutt’altro.
Ormai, tutti conoscono la linea che Biden pare aver improvvisato la scorsa settimana in Polonia, quando, dopo alcune bordate al presidente russo Vladimir Putin sull’invasione dell’Ucraina, ha dichiarato che «quest’uomo non può rimanere al potere». È stata, come l’ha definita Fred Kaplan di Slate, «la gaffe sentita in tutto il mondo», aspramente criticata anche da organi di stampa solitamente amichevoli, alcuni repubblicani, esperti e alleati europei, costringendo l’amministrazione a limitare i danni.
C’è una ragione per cui, anche al culmine della Guerra fredda, nessun presidente degli Stati uniti ha mai insistito apertamente sul cambio di regime in Unione sovietica. Le due parti, Russia e Stati uniti, hanno testate nucleari più che sufficienti per uccidere tutto sul pianeta, e anche uno scambio nucleare inizialmente «limitato» potrebbe portare a un massacro globale. Suggerire che il governo degli Stati uniti stia cercando di rimuovere l’autocrate sempre più imprevedibile che governa il paese non è esattamente un modo per evitare l’escalation, né per favorire il successo dei delicati negoziati per il cessate il fuoco in corso tra Mosca e Kiev.
Questo sarebbe già abbastanza grave. Ma è solo il peggiore di una serie di allarmanti errori verbali che Biden ha commesso dall’inizio della crisi alla fine dell’anno scorso. A gennaio, Biden ha suscitato uno sgomento altrettanto diffuso quando è parso segnalare apertamente che una «piccola incursione» di Putin in Ucraina non sarebbe stata punita allo stesso modo di un’invasione su vasta scala, che gli alleati hanno considerato un invito alla guerra.
Biden ha mostrato lo stesso tipo di incuria da quando Putin ha effettivamente lanciato l’invasione, ora che linguaggio diplomatico attento è diventato più vitale che mai. Solo in questo più recente viaggio europeo, Biden ha affermato che se Putin avesse usato armi chimiche, la Nato avrebbe risposto «in modo gentile» – una frase che, letteralmente, significa che la Nato avrebbe colpito la Russia con le sue armi chimiche – e poi ha chiamato Putin «un vero delinquente», un «dittatore omicida» e un «macellaio». In precedenza, il presidente in uno scambio informale con un giornalista aveva detto che Putin è un «criminale di guerra».
Putin potrebbe essere tutte queste cose e altro ancora. Ma c’è una grande differenza tra uno scrittore, un annunciatore televisivo, o magari un funzionario di basso rango che usano questi termini, e il leader di un paese coinvolto in una relazione contraddittoria e ora indirettamente in una guerra con la persona descritta. Basti pensare alla riluttanza decennale dei presidenti degli Stati uniti a riferirsi in quanto genocidio al massacro di armeni di oltre un secolo fa da parte della Turchia, per paura della risposta che potrebbe provocare da un alleato.
Quindi anche queste gaffes hanno portato all’intervento della Casa Bianca per chiarire e minimizzare le parole del presidente (sebbene in quest’ultimo caso la Casa Bianca è parsa poi cambiare rotta, con l’amministrazione che ha accusato formalmente Mosca di crimini di guerra). Come ha affermato l’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis, «un presidente degli Stati uniti che, durante una guerra atroce, non intende quello che dice su questioni di guerra e pace, e che deve essere corretto dal suo staff angosciato, è un pericolo chiaro e presente per tutti».
Lo scivolone più recente è stato particolarmente simile a quello di Trump. Parlando della resistenza dell’Ucraina con l’ottantaduesima divisione aviotrasportata dell’esercito statunitense in Polonia, Biden ha detto loro che «vedranno quando sarete lì, vedete: donne, giovani in piedi… davanti a un dannato carro armato dire ‘Non me ne vado’».
Ancora una volta, i membri dello staff della Casa Bianca, che ormai devono essere sull’orlo di un esaurimento nervoso, sono stati costretti a chiarire rapidamente che l’amministrazione non aveva intenzione di inviare truppe statunitensi in Ucraina. Interrogato sul passo falso, Biden ha spiegato di aver «parlato di aiutare ad addestrare le truppe ucraine che si trovano in Polonia», rivelando un programma di addestramento statunitense finora sconosciuto nel paese della Nato, che segnalerebbe un coinvolgimento degli Stati uniti in questa guerra più profondo di quanto si pensasse (Un funzionario della Casa Bianca ha rapidamente spiegato che Biden stava semplicemente parlando di «soldati ucraini in Polonia che interagiscono regolarmente con le truppe statunitensi»).
Incredibilmente, alcuni hanno effettivamente cercato di difendere tutto questo. I funzionari dell’amministrazione hanno continuamente spiegato che gli errori di Biden sono stati mossi da una presunta risposta emotiva all’incontro con i rifugiati e alla visione in prima persona dell’impatto della guerra di Putin (Biden è a quanto pare misteriosamente inconsapevole degli orrori che sta attualmente facilitando direttamente in Afghanistan o della brutalità della guerra allo Yemen che sta ancora sostenendo).
Jennifer Rubin, che una volta ha sostenuto che Trump potrebbe essere ritenuto legalmente responsabile per i risultati della sua minimizzazione verbale del Covid-19, ha ammonito i consiglieri di Biden di «contraddirlo» e «limitarlo». Il campione di scacchi Garry Kasparov ha commentato che «un buon modo per farlo [far cadere Putin] è dire esattamente questo», e ha deriso la marcia indietro definendola «patetica». L’ex segretario alla difesa di Clinton, William Cohen, ha detto alla Cnn che Biden aveva «perfettamente ragione» e che stava «parlando con il cuore».
Non è rivoluzionario da dire, ma è un altro esempio del curioso fenomeno per cui gli standard a cui tutti i presidenti degli Stati uniti dovrebbero essere tenuti vengono applicati a Trump ma non ad altri presidenti o funzionari degli Stati uniti. Ancora più importante è ricordare quanto questa guerra continui a essere pericolosa e il filo di rasoio su cui il mondo vacilla da quando è iniziata.
La mancanza di disciplina verbale di Biden ha portato il team della Casa Bianca, per quanto possibile, a tenerlo fuori dalla vista del pubblico e a trascorrere del tempo nella sua casa nel Delaware durante il suo primo anno da presidente. Fino a quando questa guerra non sarà finita, forse dovrebbero continuare a farlo.
*Branko Marcetic è collaboratore di JacobinMag. Ha scritto Yesterday’s Man: The Case Against Joe Biden. Vive a Chicago, nell’Illinois. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
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