Europee, sinistre divise alla meta
Il quadro politico in vista delle europee vede la sinistra indebolita, salvo alcune eccezioni, e con maggiori divisioni interne rispetto al passato. Ecco come le forze politiche si preparano alla scadenza dell’8 e 9 giugno
Mentre in Italia si gioca alle figurine realizzando sulle Europee dell’8 e 9 giugno un grande sondaggio diretto sul gradimento di governo e opposizioni, le elezioni guardate nel loro insieme sono invece interessanti per capire le dinamiche di fondo del continente e in particolare, dal nostro punto di vista, quel che succede e succederà a sinistra.
Il quadro sinottico che emerge non è dei più confortanti. Dominano scontri, lotte interne, la tendenza a eliminare le forze meno allineate e più riottose ad assorbire i dettami dell’Europa liberista. Si sente l’influenza molto forte delle pulsioni reazionarie o cosiddette populiste, termine quanto mai impreciso per definire le singole forze. L’Europa che uscirà dalle urne del prossimo giugno sarà senza dubbio più spostata a destra, anche perché in quella direzione vanno anche molte delle forze della socialdemocrazia e perché alcune delle esperienze che hanno prodotto delle novità nell’ultimo decennio sconteranno delle battute d’arresto.
Francia
Partiamo dal paese più denso di implicazioni politiche, per la sua movimentazione interna e soprattutto per la novità, disastrosa, che produrrà la sera del 9 giugno: la Francia. La vittoria netta del partito di Marine Le Pen, Rassemblement National, è scontata, gli ultimi sondaggi la danno stabilmente sopra il 30%. Circa il doppio del partito del presidente della Repubblica Emmanuel Macron, che con la lista Besoin d’Europe è stimato tra il 15 e il 17%. A fronte di un risultato così impetuoso si dovranno contare le diverse forze della sinistra, che alle ultime elezioni politiche si erano riunite nella lista Nouvelle union populaire et sociale, formata da Partito socialista, Partito comunista, Ecologisti e France Insoumise, il partito di Jean-Luc Mélenchon. La Nupes era stata in grado di sfiorare il 27% e di sfidare quindi apertamente la destra di Le Pen. Questa volta i suoi componenti si presenteranno in forma distinta e il tema principale della campagna elettorale è, a sorpresa, il ritorno dei socialisti. La loro lista, guidata da Raphael Gluksmann, figlio del filosofo Alain, preso in prestito dal movimento Place Publique e che i sondaggi danno tra il 12 e il 15%, dovrebbe essere la prima a sinistra. Alle scorse europee i socialisti avevano ottenuto appena il 6,2% mentre alle ultime presidenziali la loro candidata, Anne Hidalgo, era stata spappolata da uno striminzito 1,75%. La novità per i socialisti francesi è rilevante tanto più che la France Insoumise, il partito che ha finora guidato la sinistra tutta, oscilla tra il 7 e il 9%. Il sorpasso riapre i giochi su chi potrà guidare le danze in vista delle presidenziali che in Francia rappresentano sempre l’appuntamento decisivo. E questo anche perché a sinistra di queste forze non ci sono proposte dotate di massa critica, con i comunisti che correranno per ottenere il loro 2% e i partiti dell’estrema sinistra, Npa e Lutte ouvrière, che oscillano tra lo 0,5 e l’1%. Sulla base dei sondaggi attuali, la Francia consegnerà quindi al voto l’impennata dell’estrema destra (alleata di Salvini, non di Meloni), la sconfitta di Macron, la divisione a sinistra con la possibile riemersione dei socialisti (al cui interno si intravede un redivivo François Hollande che non disdegna la possibilità di tornare per le presidenziali del 2027).
Spagna
La Spagna ha un quadro abbastanza simile, anche se con una presenza della socialdemocrazia ormai consolidata attorno alla figura di Pedro Sánchez. Il premier spagnolo, anzi, ha approfittato delle accuse di corruzione, a quanto pare prive di fondamento, contro la moglie per tenere il paese con il fiato sospeso per cinque giorni, annunciando una «pausa di riflessione» di fronte a una sorta di «golpe» provocato dall’estrema destra. Cinque giorni in cui le forze del Psoe e le associazioni affini, hanno manifestato ampiamente per sostenerlo al grido di «Pedro no te vayas», rafforzandolo così in una coalizione di governo che già traballa soprattutto per le difficoltà con gli indipendentisti catalani. Il 12 maggio si voterà proprio in Catalunya e il Partito socialista si prospetta come il vincitore del voto fiaccando le forze autonomiste di Erc e Junts per Catalunya, lista guidata di nuovo da Carles Puidgemont.
Le elezioni regionali costituiscono però anche un passaggio per testare la solidità del nuovo progetto di sinistra lanciato alle scorse elezioni da Yolanda Díaz, Sumar. La formazione politica, a metà tra nuovo soggetto e federazione di partiti, aveva ottenuto un buon risultato alle politiche, ma ha dovuto scontare una serie di crisi a ripetizione. Prima la rottura con Podemos sulla scia dell’estromissione delle sue figure di punta dal nuovo governo di Sanchez. Una di queste, Irene Montero, dirigente della prima ora e anche compagna dell’ex leader Pablo Iglesia, non riconfermata dal nuovo governo Sánchez, guiderà la lista di Podemos alle Europee. Se Sumar e Podemos saranno concorrenti l’8 giugno, la competizione non si avvertirà invece in Catalogna dove, per non disperdere forze, Podemos non si presenterà, mentre Sumar sosterrà la lista Catalunya en Comú che comprende anche l’ex sindaca di Barcellona Ada Colau. Ma, in una corsa a ostacoli che sembra infinita, Sumar deve fare i conti anche con l’insoddisfazione dei partiti che l’hanno fatta nascere, come Más Madrid ma soprattutto Izquierda Unida la quale, tra l’altro, terrà il proprio congresso con quattro candidati al ruolo di coordinatore federale, ma tutti d’accordo, seppur con varie sfumature, sulla necessità di smarcare il partito da Sumar. Sotto accusa sia il ruolo troppo preponderante, ed elettoralmente per ora non premiante, dell’entourage di Díaz, sia la scarsa attenzione alle posizioni della sinistra su temi come le armi all’Ucraina e la collocazione europea.
Germania
Divisioni anche in Germania dove la sinistra di die Linke ha subito la scissione a opera di Sahra Wagenknecht, deputata molto quotata e dal forte appeal mediatico che ha creato una lista che porta il suo nome, Alleanza Sahra Wagenknecht (Bsw in tedesco) e che è accreditata di oltre il 10% nei sondaggi mentre la Linke farà fatica ad arrivare alla soglia del 4%. La distanza tra queste due liste è stata più volte segnalata da Jacobin e certamente la posizione opposta sul tema dei migranti è sintomatica di una divisione profonda: Bsw chiede una gestione più severa nei confronti dell’immigrazione (recentemente ha chiesto di tagliare i sussidi a coloro che si son visti respingere la richiesta di asilo) puntando, con parole d’ordine contro i grandi patrimoni e i «ricchi», a togliere consensi all’estrema destra dell’Afd. La Linke risponde candidando come capolista la «capitana» Carola Rackete resa famosa dalla forzatura nel porto di Lampedusa contro il divieto di sbarcare imposto da Matteo Salvini alla sua Sea-Watch. Le divisioni non porteranno bene, ma in generale tutta la variegata sinistra tedesca, compresa la moderatissima socialdemocrazia, è data perdente dai sondaggi che prevedono un bel balzo in avanti dell’estrema destra di Afd.
Belgio
In Belgio potrebbe tenere banco la sorpresa del Partito dei lavoratori, il Ptb, di origine marxista-maoista. Il 9 giugno si vota anche per il Parlamento e il partito guidato da Raoul Hedebouw è dato, in Vallonia, intorno al 14% mentre nelle Fiandre al 9% circa. Nel primo caso è distante, ma non troppo, dai socialisti che con Paul Magnette (autore di un recente Manifesto Ecosocialista) si collocano al 21% ma non così distanti dal corrispettivo socialdemocratico delle Fiandre, il Vooruit, che sta intorno all’11%. «In un panorama depresso per la sinistra europea, la salute del Ptb rappresenta un’eccezione» ha scritto il quotidiano francese Mediapart in un recente reportage che ha messo bene in mostra la situazione di questa novità politica. Il Ptb non è un partito che può essere paragonato alle esperienze di sinistra più recenti, come Podemos o Syriza, nati sull’onda della grave crisi del 2007-2008 e sull’impatto delle risposte micidiali dell’Unione europea. Ha radici più antiche, negli anni Sessanta e Settanta, un vecchio impianto marxista-leninista e poi maoista che è stato rinnovato nel tempo anche con una forte proiezione sociale e vanta molteplici candidature operaie e sindacali. Potrebbe essere risucchiato nel gorgo delle alleanze governative, se risultasse decisivo per formare una coalizione con socialisti ed ecologisti (anch’essi intorno all’11%), ma su questo punto Hedebouw non si sbilancia ancora e lascia intendere che coalizioni si possono formare solo a fronte di punti di intesa molto forti che oggi non sono visibili.
Grecia
La situazione greca potrebbe essere infine quella più divisiva con la recente spaccatura di Syriza, con la formazione di Nea Aristera (Nuova Sinistra) che avrà una propria lista. Gli ultimi sondaggi danno la vittoria piena della destra al governo, Nuova Democrazia con il 31,3% (alle politiche aveva raggiunto il 40%), seguita da Syriza al 15,9% (17,7 alle politiche), mentre continua la rinascita dei socialisti del Pasok, terzi con il 13,4% (dall’11,8%). La Nuova Sinistra, è data al 3,8% e sembra che la sua strategia sia quella di risultare decisiva in caso di una coalizione delle varie sinistre. Rotta di libertà, partito dell’ex presidente dell’Assemblea dei deputati Zoe Konstantopoulou, è accreditato dai sondaggi al 5%, Mera di Varoufakis sarebbe al 2,3%. E non sembra un grande avanzamento per la sinistra greca, dopo gli anni al governo.
Regno Unito
Il paese di Re Carlo non voterà per le europee ma vota già tra il 9 e il 12 maggio per le Amministrative e poi in autunno alle elezioni politiche. I sondaggi da mesi danno la netta vittoria dei laburisti di Keir Starmer che distanzia i Tories di circa 20 punti. Risultato dovuto soprattutto ai disastri in sequenza – si ricordi la stagione di Boris Johnson/Liz Truss – compiuti dai conservatori inglesi che da una reale spinta alla svolta politica. Anche perché Starmer non nasconde la voglia di tornare al blairismo, dimostrata con la progressiva marginalizzazione della sinistra interna e con proposte politiche che, ad esempio sulla guerra, non si discostano molto da quelle del premier Sunak. Le amministrative, con il rinnovo dei Consigli comunali e di molti altre istituzioni intermedie, tra cui grandi città come Londra, Manchester, Liverpool governate già dai laburisti, offrono il primo segnale visibile. A sinistra non ci sono molte alternative rispetto al Labour all’interno del quale si vedrà se la sinistra, dopo la sconfitta di Jeremy Corbyn e la sua estromissione, sarà in grado di formare gruppi interni più forti di quelli attuali e porre così le basi per una possibile rivincita. Se novità ci saranno a sinistra in Europa per il momento non verranno da qui.
Italia
Infine, l’Italia. La situazione è nota. Giorgia Meloni punta al plebiscito personale con l’indicazione a mettere il proprio nome – Giorgia – sulla scheda e cercare di rafforzare la propria posizione dentro il centrodestra. A sinistra, con la riuscita della raccolta firme da parte della lista Pace, Terra e Dignità di Michele Santoro (sostenuta anche da Rifondazione comunista), a sinistra del Pd questa affiancherà l’Alleanza Verdi Sinistra distintasi finora per un grande dinamismo nella scelta delle candidature in particolare con la candidatura di Ilaria Salis, attualmente detenuta in Ungheria. Per entrambe le liste non è scontato superare la soglia del 4% necessaria per eleggere una rappresentanza al Parlamento europeo. Che i rapporti siano complicati lo dimostra anche il colpo a effetto di Potere al popolo che, ormai distintasi da Rifondazione comunista con cui aveva lanciato un anno e mezzo fa l’Unione popolare intorno a Luigi De Magistris, e contraria alla scelta della lista di Santoro, ha dato indicazione di voto, «disinteressata», per Ilaria Salis. Il Pd, più che alle prese con la delegazione europea, sarà impegnato a vagliare la solidità della segreteria di Elly Schlein che se sarà molto al di sotto del risultato del 2019 (22,7%) si vedrà ampiamente contestata. Il M5S si colloca in questa zona del campo, per quanto rifiuti la denominazione di sinistra, ma, con il posizionamento della parola «Pace» nel simbolo, punta a contendere alle altre forze una quota dei voti dell’opinione pubblica contraria alla guerra.
L’ibridazione tra centro tecnocratico e nuova destra
I sondaggi europei dicono che la forza complessiva di Popolari e Socialisti sarà modificata lievemente al ribasso, ma registrano l’avanzata della destra conservatrice (il partito europeo di Meloni) e dell’estrema destra di Le Pen, Vox o i portoghesi di Chega. A farne le spese soprattutto liberali e Verdi, che sembrano pagare le posizioni di sottomissione alla socialdemocrazia, l’appoggio alla Nato o la scarsa incisività sul fronte ecologista. Nel vivo di un’emergenza climatica mondiale, con movimenti giovanili in piazza anche con contestazioni radicali, la flessione dei Verdi indica che in quel fronte esiste più di un problema.
Il Gruppo europeo Left, che raccoglie la sinistra senza altri aggettivi (anticapitalista, comunista, antiliberista) potrebbe compensare perdite e nuovi ingressi, ma non darà un segnale di svolta o di inversione di tendenza. Un’Europa che si sposta a destra, quindi, senza che le élites che la governano perdano le leve del potere. Questa ibridazione del centro tecnocratico con là nuova destra offre l’ennesima prova della capacità mimetica del presunto liberalismo, la natura di classe della Ue e il vero volto della destra che pretende di contestare i «poteri forti» senza fingere di non esserne ormai una parte decisiva.
*Salvatore Cannavò, già vicedirettore de Il Fatto quotidiano e direttore editoriale di Edizioni Alegre, è autore tra l’altro di Mutualismo, ritorno al futuro per la sinistra (Alegre) e Si fa presto a dire sinistra (Piemme).
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